di Fabiano FORTI BERNINI
Prosegue fino al 17 settembre a Roma -ospitata in due sedi, Palazzo Venezia e Castel Sant’Angelo– la mostra “Labirinti del cuore. Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma”,
curata da Enrico Maria Dal Pozzolo, uno tra i massimi specialisti di pittura veneta fra l’età rinascimentale e barocca (ed. Arte’m), che riunisce complessivamente 45 dipinti, 27 sculture, 36 libri e manoscritti, nonché numerosi altri oggetti, stampe e disegni.
È un percorso coinvolgente, per la presenza di vari capolavori, ma il cuore dell’esposizione è l’opera “I due amici” di Giorgione, figura di artista particolarmente sfuggente e complessa nella storia dell’arte; l’opera è considerata da gran parte della critica uno dei suoi più significativi capolavori ma ancora, per certi versi, risulta “misteriosa”. Non si conosce l’identità dei personaggi ritratti, anche se è probabile che si tratti di due personalità della cultura del tempo, eppure è un’opera che ha segnato una rivoluzione nella ritrattistica cinquecentesca. I due giovani rappresentati mostrano due diversi atteggiamenti, seppure li unisca un chiaro e reciproco legame: quello in primo piano poggia una mano sulla guancia e con l’aria un pò trasognata e malinconica, tiene in mano un arancio amaro, detto anche melangolo, secondo una simbologia certamente efficace. Il secondo, accanto all’amico, quasi a voler far sentire anche fisicamente la sua prossimità, ha uno sguardo diverso, molto sereno.
Questo capolavoro, conservato nelle collezioni di Palazzo Venezia, diventa per la mostra, lo strumento per illustrare i rapporti tra Giorgione e Roma, ma pure il pretesto per indagare, più in generale, quelli tra l’Urbe e Venezia; il ritratto è infatti attestato a Roma sin dal Seicento, precisamente nell’inventario del Cardinale Ludovisi del 1633,
E in ogni caso, tutto l’iter espositivo riflette e induce a riflettere sull’amore, elemento portante della ricerca pittorica e intellettuale di quel tempo, espressione delle esperienze petrarchesche e neoplatoniche diffuse tra i giovani patrizi nella Venezia dell’epoca.
La prima sezione della mostra allestita nell’appartamento Barbo, a Palazzo Venezia, partendo dal dipinto di Giorgione, in relazione al suo tempo e alla dimensione romana e alle influenze esercitate sulla scena artistica dell’epoca, ci mostra anche due figure fondamentali come Pietro Barbo, futuro Paolo II, presente in un bel busto di marmo scolpito da Mino da Fiesole nel 1464-1470 e il cardinale Domenico Grimani, raffigurato insieme al nipote prediletto, cardinale Marino Grimani, nel bellissimo tondo di 127 centimetri dipinto da Jacopo Palma il Giovane .
Degni di nota in questa sezione sono il Ritratto di musicista di Tiziano del 1513 che, come scrisse Vasari, insieme a Sebastiano del Piombo tennero viva, anche se interpretata diversamente, l’eredità artistica di Giorgione. Del quale, oltre al capolavoro dei due giovani è esposta anche una bella tavola proveniente dalla National Gallery di Londra “Fetonte davanti ad Apollo”.
Notevole anche una tavoletta di 13 centimetri del grande Giovanni Bellini che ritrae un Giovane uomo, e un interessante dipinto attribuito a Giovanni Busi detto Cariani proveniente dal Louvre, che ritrae Due giovani uomini.
A chiudere la sezione, una suggestiva installazione video sonora, “Il giardino dei sogni” di Luca Brinchi e Daniele Spanò, con musiche di Franz Rosati, che prendendo spunto da alcuni dipinti di Giorgione, ricreano le visioni di un giardino cinquecentesco.
Il percorso prosegue poi a Castel Sant’Angelo, negli appartamenti papali, dove il tema dell’amore percorre corridoi e scale che occorre attraversare per giungere alle stanze dove, attraverso quadri e volumi cinquecenteschi, s’individuano le diverse fasi del sentimento. Le troviamo splendidamente rappresentate attraverso i capolavori dei grandi maestri del cinquecento: Tiziano, Tintoretto, Ludovico Carracci, Bronzino, Barocci, Bernardino Licinio e il fratello Arrigo, riunite a tentare di illustrare e di ricostruire il “dedalo” delle relazioni umane, dalla nascita del sentimento all’amore dichiarato, dal matrimonio alla perdita, fino alla nostalgia.
L’amore viene illustrato in tutta la gamma delle sue espressioni: si parte dalle “parole”, con una ricca esposizione di volumi ricchi di riflessioni e comunicazioni sentimentali, a cominciare dalla fortuna di Petrarca fino alle teorizzazioni sul tema, passando per la diffusione del volgare come strumento di “confessione” e condivisione delle emozioni. Si passa poi alla musica, cui nell’iter espositivo è dedicata particolare attenzione. La parola scritta diventa un suono cantato, che i lavori esposti celebrano con vere e proprie partiture, offrendo al visitatore un ulteriore strumento di interpretazione del soggetto ed in questo contesto, per la prima volta in Italia, possiamo vedere “Coppia in un giardino” di Vincenzo Tamagni.
In particolare per la musica vanno almeno segnalati il Ritratto di liutista del 1515, del Romanino, per il significato simbolico un bel dipinto di Paris Bordon, Ritratto di uomo con lettera ,delle collezioni di Palazzo Rosso, Genova e un Doppio ritratto di Federico Barocci.
Mentre per il tema delle seduzioni mi pare particolarmente affascinante il Ritratto di donna che mostra il petto dipinto da Domenico Tintoretto, ora al Museo del Prado; infine il tema degli “abbracci” è splendidamente rappresentato da Sofonisba Anguissola con Il ritratto di coniugi con mela cotogna.
Quella di Giorgione (Giorgio da Castelfranco, questo il suo vero nome) è una figura determinante per la storia dell’arte; non ha mai firmato alcuna sua opera e i significati simbolici contenuti nelle sue tele certe, così come in quelle a lui attribuite, sono oggetto di discussioni ancora aperte e la sua anche se brevissima carriera (morì probabilmente di peste a Venezia nel 1510), ha però donato e lasciato una grande eredità artistica che questa esposizione vuol ricordare e contribuire a diffondere.
di Fabiano FORTI BERNINI Roma luglio 2017