2016, il terremoto dei beni culturali. Seconda parte del reportage sullo “stato dell’arte”(venuta giù!)

di Monica LA TORRE

La nostra intervista al responsabile della ricostruzione dei beni culturali per la Regione dell’Umbria, architetto Filippo Battoni, prosegue con la sua seconda ed ultima parte

S.Antonio Frascaro dopo la scossa del 30 ottobre

Cosa si intende per bene culturale?

Tralasciando per un attimo la governance e l’analisi amministrativa della ricostruzione, torniamo all’oggetto dell’intervista: la situazione della ricostruzione dei beni culturali.

Sant’Eutizio,primo intervento dopo scossa 30 ottobre

Come si quantifica e si connota il patrimonio artistico danneggiato dal terremoto?

«I 4000 beni culturali danneggiati dagli eventi sismici sono in massima parte, ma non interamente (90% circa) di proprietà della Chiesa. Di questi, il 70% sono chiese, il 25% conventi. Una minima percentuale residuale è costituita da palazzi comunali, teatri, e monumenti: comprese le mura urbiche. Tutti i cantieri sono finanziati con fondi dello Stato italiano, attinti dalla contabilità speciale per la Chiesa».

arch. Filipo Battoni – studio

Ricostruire ex novo?

« Molti beni sono andati totalmente perduti: ed in certi casi eclatanti si è deciso di ricostruire il monumento con le medesime caratteristiche. Ora: fermo restando a tale proposito che si può ricostruire tutto, se pensiamo a San Benedetto, totalmente ricostruito nell’Ottocento – basti pensare alla croce celtica che la dominava, capiamo come da più parti, vescovo compreso, si chiedesse un concorso di idee aperto a progetti internazionali. Ipotesi che per inciso mi trovava assolutamente d’accordo: il colpo di genio può arrivare in ogni momento, ed una simile call for papers avrebbe potuto arricchire il territorio notevolmente, tanto più che la ricostruzione avverrà anche con fondi europei, attinti dal Por Fesr. Eppure, una petizione popolare con ben 7mila firme, ed un comitato presieduto da Antonio Paolucci ha “imposto” il ripristino della cattedrale nelle forme e fattezze precedenti. Insomma, ad oggi stiamo ricostruendo un falso del XIX secolo, ovviamente più resistente, che costerà 10 milioni di euro: 6 erogati dal commissario, 4 dall’Unione».

L’iter progettuale

Ma come vengono approvati i progetti, e come vengono spesi questi fondi? «La ricostruzione è finanziata da un programma, e questo comporta che i progetti debbano ottenere una serie di pareri favorevoli. I più importanti, in conferenza regionale sono quelli della sismica e della soprintendenza. Molte delle criticità di questa ricostruzione sono passate anche dai vincoli posti in essere. Per questo, ho introdotto una pre-conferenza dei servizi, dove si analizzano e si sciolgono nodi e resistenze prima che si elabori il progetto esecutivo. Vi partecipano le soprintendenze, l’ufficio sismico della Regione, e i funzionari dei ministeri competenti a seconda del bene danneggiato e dei vincoli presenti. Servono sempre due pareri per archiviare la pratica il sismico e quello della soprintendenza. Incontrandosi prima, grazie alla riunione propedeutica introdotta già nella ricostruzione emiliana, e ripetuta con efficacia anche nelle più recenti fasi di questa ricostruzione, si evita che ci si sieda coltello in mezzo ai denti, si possono di affrontare le criticità prima della conferenza regionale, e si ottiene un notevole risparmio di tempo e denaro. Così facendo, anche se un progetto viene fermato, è ancora di massima, non è più esecutivo: quando arriva in conferenza, se non vi sono prescrizioni, viene approvato e mandato in appalto».

La modalità “privata”: soglia dei 600mila euro

Altro elemento di criticità che sta sciogliendosi, le modalità di finanziamento. «Le prime due ordinanze per il recupero dei beni culturali hanno riguardato le chiese: datate 2017, erano finalizzate a restituire un luogo di culto alle varie comunità. Pertanto, la priorità era stata data alle chiese meno danneggiate, il cui ripristino comportava una soglia di spesa inferiore a 300 mila euro. In questo modo, 50 chiese sono state sistemate e riaperte in tempi brevissimi: e soprattutto, non erano soggette ai vincoli della legge 50 del 2016, che prevede che un’opera pubblica segua determinati iter procedurali. (Per inciso, questa legge fa sì che per iniziare un cantiere servano anche 3 anni!). Paragonando le chiese meno danneggiate all’edilizia privata, si è potuto chiudere in tempi brevi un gran numero di cantieri. Nel frattempo, gli altri interventi venivano però bloccati dalla burocrazia. Fortunatamente è notizia recente che il Commissario Lignini stia predisponendo una nuova ordinanza che alza il tetto degli interventi sui i quali si può intervenire con modalità “privata” a tutti i lavori con un tetto di spesa fino a 600mila euro. Solo in Umbria, l’ordinanza porterà allo sblocco di opere pubbliche per 40 milioni di euro ed un totale di 82 interventi».

Monica LA TORRE  Foligno 9 agosto 2020