di Selene CAVALLINI
Il museo Salvatore Ferragamo, collocato nel Palazzo Spini Feroni in Piazza Santa Trinita,
propone mostre sempre molto interessanti, adombrate un po’ dai rinomati musei di Firenze che attirano da sempre numerosi turisti e cittadini; in questa occasione il museo propone un interessante percorso espositivo intitolato “L’Italia a Hollywood”: un omaggio al soggiorno americano che ha dato fama e lustro all’ingegno e alla creatività di Salvatore Ferragamo. La mostra è stata realizzata attingendo infatti al racconto autobiografico intitolato “Il Calzolaio dei sogni”,da alcune registrazioni audio nell’archivio Ferragamo e impreziosita dall’allestimento frutto del progetto di Maurizio Balò, scenografo che come ambientazione ha ricalcato gli studios del cinema americano del periodo.
Salvatore Ferragamo nacque nel 1889 a Bonito, un piccolo villaggio dell’Irpinia, e trascorse in California gli anni dal 1915 al 1927; già nel 1916 era famoso a Santa Barbara come creatore di scarpe su misura per il cinema e i suoi protagonisti e quando il cinema si traferì la sede principale a Hollywood aprì lì un Boot Shop che divenne tappa fissa dei divi del cinema.
Proprio questo periodo ‘californiano’ di Salvatore Ferragamo è stato fonte d’ispirazione per rendere omaggio non solo a lui stesso, ma anche a tutti gli italiani che in quegli anni furono la migliore colonia degli Stati Uniti godendo davvero di buona fama (Fig.1).
Avevano in effetti portato in quel territorio attività lavorative e saperi sconosciuti agli americani di allora, alcuni si affermarono nel mondo dell’editoria con due quotidiani “La Voce del Popolo” “L’Italia” (Fig.2), alcuni nella finanza fondando quattro delle principali banche di San Francisco, altri portarono i saperi popolari come i pescatori ischitano che introdussero a San Pedro le “reti scorticarie” per la pesca delle sardine, anche la multinazionale Jacuzzi fu fondata dagli omonimi fratelli proprio in California.
La mostra si apre con un interessante video in cui scorrono le immagini degli immigrati italiani in contesti lavorativi, familiari, ludici, restituendoci uno spaccato sociale che trasmette speranza, desiderio di reinventarsi, mettersi in gioco e portare un po’ della propria terra in un paese nuovo per sentirsi più vicini alle proprie origini.
Apprezzatissime dai californiani anche le architetture nostrane, a partire dal padiglione italiano progettato da Marcello Piacentini per la Panama-Pacific International Exposition di San Francisco nel 1915, lo stile architettonico italiano venne ripreso da alcuni dei più rinomati attori e protagonisti dell’epoca nelle proprie ville dove non poteva mancare un giardino all’italiana, cassettoni intarsiati o chiostri di ispirazione squisitamente fiorentina.
Il percorso prosegue mostrando l’importanza che ebbero alcuni italiani per Hollywood,
che in quegli anni stava diventando la capitale mondiale del cinema, per ogni personaggio chiave di questo fenomeno è dedicata una parete con alcune immagini e foto dell’epoca e una tipica seduta da regista con impresso il nome. Enrico Caruso fu il tenore italiano di maggior successo e quello che diede voce per primo a una registrazione su disco, al Metropolitan Opera di New York si esibì 706 volte e fu il primo cantante a vendere un milione di copie. Continuò sempre a incidere canzoni in napoletano, legittimando così la cultura meridionale e trattando tempi cari ai napoletani che avevano lasciato la propria terra (Fig. 3). Rodolfo Valentino, attore versatile, interprete di commedie e melodrammi, ironico e amatissimo dagli americani, morì in maniera prematura per una peritonite a soli trentanni e il suo funerale venne celebrato sia a Hollywood che a New York diventando il primo evento mediatico del cinema, si confermò anche in questa circostanza così il suo potere iconico.
L’interesse e il fascino per l’Italia ha così persuaso i californiani da produrre il film Romola, ambientato nella Firenze di fine Quattrocento, tra il 1492, anno della morte di Lorenzo De’ Medici, e il 1498 anno in cui Savonarola fu messo al rogo, testimoniando un forte interesse dell’epoca per il periodo rinascimentale fiorentino (Fig. 4). Impossibile non citare il kolossal Cabiria, un film dal budget esorbitante, scritto da Gabriele D’Annunzio, con scenografie mastodontiche e effetti speciali davvero innovativi per l’epoca: fu un successo travolgente che aprì la strada al cinema “archeologico”. (Fig. 5)
Anche in campo musicale gli italiani si distinsero per il loro talento, non tutti sanno che fu proprio il siciliano Nick La Rocca a dare un importante contributo alla creazione del jazz, diventando nel 1916 il leader della famosa Original Dixieland Jazz Band.
Questi erano gli italiani in California, un valore aggiunto in un luogo che li ha accolti e che è stato terreno fertile per scrivere una storia di brillanti successi.
Selene CAVALLINI Firenze febbraio 2019