Alla “Nuova Pesa” i ritratti “Visti da vicino” di Renato Barilli, un grande critico d’arte, un grande artista (fino al 19 aprile)

di Mario URSINO

Dell’amicizia e dei volti raffigurati nei ritratti di Renato Barilli

fig 1

Non deve sorprendere, anche se per me è una sorpresa, scoprire che un eminente storico e critico d’arte e della letteratura, una volta concluso il suo ciclo ufficiale di docente universitario di estetica, di storia dell’arte contemporanea all’Università di Bologna, e infine professore ordinario di Fenomenologia degli stili al Dams, Renato Barilli [fig. 1] ritrova e riprende la sua precoce e giovanile attività pittorica, con una serie di ritratti di amici e conoscenti, frequentati o incontrati nella sua Bologna, a Milano. Venezia, Roma, o altrove, e che con l’arte hanno consuetudini, o ne sono addirittura protagonisti.

Cosicché si possono ora ammirare questi suoi recenti lavori in una mostra, Visti da vicino. Quaranta protagonisti del mondo dell’arte [fig. 2], già presentata a Milano al Museo della Permanente nel novembre 2018, e ora nella romana galleria La Nuova Pesa. Centro per l’arte contemporanea, diretta da Simona Marchini, che, a distanza di trent’anni, ritrova Renato con l’empatia che era nata già nel tempo passato, come lei stessa ricorda nelle affettuose parole di presentazione del catalogo di questa mostra (21 marzo-19 aprile 2019).

fig 2

Barilli, nel testo della sua autopresentazione (secondo una tradizione letteraria frequente tra gli artisti del Novecento italiano, come i pittori-scrittori Lorenzo Viani, Mario Sironi, Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, suo figlio Ruggero Savinio, tanto per citare i primi nomi che mi vengono in mente), dicevo, Renato tiene a precisare che egli non è “affatto un dilettante” “dell’ultima ora”, ricordandoci di aver frequentato in gioventù dapprima la Scuola d’arte, e poi l’Accademia di Belle Arti nella sua Bologna, parallelamente al conseguimento della laurea in lettere all’Università della medesima città. Questa forte propensione multidisciplinare nell’apprendimento Barilli l’ha esercitata, inutile dire, anche nella professione, come critico militante, nell’insegnamento, nel dialogo con le Biennali veneziane, nel curare e organizzare mostre, lanciare artisti di inedite tendenze artistiche, va ricordata al riguardo la sua mostra-battesimo dei Nuovi Nuovi nel 1980 presso la Galleria d’arte moderna di Bologna. Sterminata la sua bibliografia nella storia e nella critica d’arte, nella letteratura, come già detto, e persino con studi sull’utilizzo del computer e dei media nel campo dell’arte. Insomma uno studioso a vasto raggio, molto noto per questa sua straordinaria e incessante vitalistica versatilità. Molto pacata, sedimentata nello scorrere degli anni invece, è la delicata galleria dei ritratti di amici, colleghi, artisti, eseguiti a tempera su carta, non di grandi formati, in una figurazione apparentemente ingenua, ma densa, stilisticamente personale, di rimandi, a mio avviso, a toni, timbri e tremori di pennellate che caratterizzano l’opera di grandi maestri del Novecento italiano e internazionale che aleggiano sulle sue pitture.

Penso inevitabilmente a Giorgio Morandi, al comune humus felsineo, se guardiamo i pochi ritratti del grande maestro di via Fondazza, dal giovanile Ritratto della sorella Dina, del 1912 [fig. 3] ai suoi Autoritratti del 1924 e del 1930 [figg. 4-5], e nei simili colori impastati e terrosi delle numerosissime “nature morte” che lo hanno reso celebre, e che, in certo qual modo, caratterizzano anche le opere di Renato Barilli. Un altro riferimento, se non è troppo azzardato, potrebbe essere scorto nei ritratti di Lucien Freud (1922-2011), con le dovute differenze, certamente più drammatici in quei volti incisi, molto emotivi dipinti dall’artista inglese, che dichiarava:

Non avrei mai potuto inserire in una mia opera nulla che non fosse di fronte a me”; si vedano al riguardo, il Ritratto di Hockney [fig. 6],

o dell’Uomo con la camicia bianca [fig. 7], nella loro prepotenza espressiva, ma comunque dipinti con quei colori terrosi (già in Morandi, e poi in Barilli) a connotare la presenza di persone e cose, molto crude, e ripeto, drammatich nella pittura di Lucien Freud, viceversa temperate, informali, fluide nella resa amicale, in quella di Renato Barilli.

La sua prima personale avvenne nel 1962, come Renato stesso ci ricorda nel testo dell’autopresentazione:

navigavo lungo una rotta che appunto tentava di incrociare Fautrier con  primi oggetti abbozzati, ancora flosci, incerti proprio come feti alla loro prima apparizione, da Oldenburg, di cui a dire il vero non avevo ancora una precisa conoscenza. Questa la traiettoria dall’unica mostra monografica che feci, come atto conclusivo di quella mia breve stagione…”.

Poi Barilli, come detto, ha iniziato una lunga ininterrotta vita di ricerca, studio e insegnamento. Ed ora ha ripreso con la pittura, libero dagli impegni propriamente accademici, il tempo della sua giovanile passione:

Non mi è stato difficile rientrare in esercizio (…). E dunque, un’abilità assunta in profondità nel dipingere a tempera su carta è stata per me subito ritrovata (…). Ma come, da dove ripartire? – si chiede Renato – Non potevo dimenticare che proprio il clima incendiario del ’68 aveva proclamato la “morte dell’arte”, predicando che semmai un rapporto con la realtà era da affidarsi allo strumento, lucido e freddo, della fotografia. Io in effetti mi sono attaccato a questo referto, in apparenza incontrovertibile. Infatti anche nella fase attuale parto sempre da una foto, presa da me stesso col cellulare, o inviata da amici compiacenti che me la trasmettono per email.
fig 8

Ho ricordato, a questo proposito, più sopra, che “computer e media” sono stati oggetto di studio di Barilli: e ricordo, a titolo di esempio, il suo Bergson. Il filosofo del software, Milano 2005 [fig. 8], in cui il nostro Renato affronta l’inedito aspetto del grande pensatore francese (1859-1941), premio Nobel per la letteratura nel 1927, della sua filosofia concernente fondamentalmente, come sappiamo, il concetto della durata, che corrisponde oggi “a tutti i postulati della scienza e della tecnologia dei nostri giorni, fondate, come è noto, sul totale trionfo dell’elettromagnetismo, e della sua branca più dinamica, l’elettronica.

Ma per tornare alla sua pittura, Barilli, benché studioso sempre attento verso la contemporaneità nelle sue molteplici espressioni, in codesto ritorno su se stesso, con questa galleria di ritratti, non mostra affatto incertezze stilistiche che turbavano i suoi lavori giovanili nella citata mostra del 1962, perché la pittura obbiettiva, attuale, è del tutto omogenea, nella tematica ovviamente, avendo ad oggetto personaggi del mondo dell’arte, ma soprattutto nella scelta, ripeto, della gamma cromatica, della fluida, informale pennellata, e nell’accento psicologico con cui ha raffigurato tutti questi suoi amici*, ciascuno nella sua peculiarità, (e se stesso, si vedano: Alla firma di autografi, dove, a guardar bene, affiorano alle sue spalle bottiglie vasetti esplicitamente morandiani, e Autoritratto, ripreso sullo sfondo di una parete di quadri figg. 9-10).

Ecco quindi, altri esempi di questi singolari ritratti: come sembra “apparire” il Prigioniero di libri [fig. 11] nel senso vangoghiano del termine: difatti il pittore olandese affermava in una lettera alla sorella  nel giugno del 1890:“…vorrei fare dei ritratti che alla gente di un secolo più tardi sembrino come delle apparizioni”;

e così potrebbe essere anche per il sorridente Bernard Aikema [fig. 12], professore ordinario di storia dell’arte moderna all’Università di Trento; poi l’espressione arguta di Stefano Bucci [fig. 13], redattore delle pagine culturali del Corriere della Sera; l’acuto occhieggiare del fotografo-artista Gianluigi Colin [fig. 14];

il pensoso Cesare De Seta [fig. 15]; l’attento Andrea Emiliani (1931-2019) [fig. 16], grande studioso e storico, già soprintendente ai beni culturali dell’Emilia Romagna, purtroppo  scomparso proprio in questi giorni), mentre si protende da seduto all’ascolto di qualche invisibile interlocutore; e ancora una sorridente storica e critica d’arte, Flavia Matitti [fig. 17], un enigmatico, Alessandro Mendini [fig. 18] (1931-2019), noto, architetto, designer, artista, anch’egli recentemente scomparso; poi il famoso fotografo, bolognese, Nino Migliori [fig.19], sperimentatore di svariate tecniche espressive nell’uso della strumentazione fotografica;

e Fabio Roversi Monaco [fig. 20], già Magnifico Rettore dell’Università di Bologna, personaggio che Barilli riprende, come in una istantanea, assorto lettore nel suo studio; vediamo ancora la figura allampanata dello storico gallerista romano, Fabio Sargentini [fig. 21]; il giurista umbro, l’avvocato Italo Tomassoni [fig. 22], che è anche un fine critico d’arte; ed infine, per citare i protagonisti a me più noti, e, in taluni casi conosciuti direttamente, e infine, troviamo anche le due simpaticissime e famose attrici,

Simona Marchini [fig. 23], e Milena Vukotic [fig. 24], che allietano la serie di  tutti gli espressivi quaranta ritratti in mostra eseguiti da Renato Barilli.

Mario URSINO   Roma marzo 2019

* Il sottoscritto non figura in questa galleria di ritratti, ma devo dire che il giorno della inaugurazione della mostra, Renato per dimostrarmi la sua amicizia (che sinceramente e affettuosamente ricambio), mi ha chiesto  una mia foto (naturalmente via e-mail) per fami il ritratto, e di questo lo ringrazio anticipatamente nella presente nota a lui dedicata.

La Nuova Pesa. Centro per l’Arte Contemporanea
Via del Corso, 530. 00186 Roma
Orario della galleria: dal lunedì al venerdì ore 10-13 e 16-19.30.Tel. 063610892. Fax 063222873
nuovapesa@farm.it; http://www.nuovapesa.it