redazione
Nel Cenacolo di Santa Croce a Firenze, per gentile concessione del Consiglio dell’Opera di Santa Croce, è stato presentato alla stampa e al pubblico l’importante restauro del Dio fluviale, la statua realizzata da Michelangelo Buonarroti tra il 1526 e il 1527 e di proprietà dell’Accademia delle Arti del Disegno.
Lo scultore e architetto Bartolomeo Ammannati, il 28 aprile 1583, donò l’opera all’Accademia che era stata costituita vent’anni prima, nel 1563, per volere di Cosimo I de’ Medici, Giorgio Vasari e Vincenzo Borghini. Michelangelo fu il primo Accademico e fu proprio l’Accademia delle Arti del Disegno, il 14 luglio 1564, a curare i suoi funerali e costruire la sua tomba, realizzata da Vasari, nella Basilica di Santa Croce, nel luogo della memoria dove ancora oggi riposano i resti mortali del grande artista.
Opera unica nel suo genere nel corpus michelangiolesco, rarissima in assoluto in quanto appartenente ad una tipologia di cantiere destinata alla distruzione e realizzata in materiali per loro natura effimeri, deve la propria sopravvivenza all’insuperata fama del suo autore ed alla preveggente generosità di Bartolomeo Ammannati. Il Dio fluviale è un imponente torso umano, quasi a grandezza naturale, che per la suggestiva bellezza ed il valore memoriale rappresenta uno dei capolavori del Rinascimento di pertinenza dell’Accademia delle Arti del Disegno. Dal dicembre 1965 si trova in deposito a Casa Buonarroti
Il lavoro compiuto dall’Opificio delle Pietre Dure, guidato da Marco Ciatti, con la direzione di Laura Speranza per l’Opificio delle Pietre Dure e di Giorgio Bonsanti per l’Accademia delle Arti del Disegno, è stato interamente realizzato dalla restauratrice Rosanna Moradei. Lo studio della statua, le tecniche di restauro e l’abilità degli operatori hanno consentito di raggiungere anche un ulteriore obiettivo: riportare alla luce il colore originale ad imitazione del marmo.
L’iconografia a cui appartiene questo modello, agevolmente riconoscibile malgrado il suo stato d’incompletezza, è quella dei cosiddetti Dei fluviali antropomorfi, ampiamente diffusa sin dall’antichità classica. Nei documenti scritti, coevi alla realizzazione dell’opera e datati 1524, 1525, 1526, esistono testimonianze sul proposito michelangiolesco di realizzare Dei fluviali da collocare alle basi dei monumenti funebri dei duchi medicei nella Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo a Firenze. L’artista avrebbe formato dei modelli di terra a grandezza naturale, sia per ottenere l’approvazione della committenza sia, al contempo, per fornire modello di riferimento per i collaboratori. Successivamente Michelangelo rinunciò ad inserire gli Dei fluviali, e la loro esecuzione in marmo non fu mai realizzata. A metà Cinquecento esistevano due modelli in terra realizzati da Michelangelo, dei quali uno è andato perduto, mentre l’altro, progettato per stare nella parte sinistra del monumento funebre di Lorenzo, Duca d’Urbino, è quello sopravvissuto.
L’anziano dio pagano nudo, esemplare paradigmatico dell’arte di Michelangelo sia per l’anatomia muscolosa del torso sia per il suo stato di “non finito”, era motivato nel contesto religioso della Sagrestia Nuova nella Basilica di San Lorenzo in quanto, secondo l’uso antico, offriva un’indicazione di dominio territoriale.