di Massimo PULINI*
*(dedicato alla memoria di Andrea EMILIANI)
Fogli inediti di Simone Cantarini. Spigolature parigine e da altre raccolte
Se lo stile carismatico di Guido Reni ha generato allievi, seguaci e imitatori per più di un secolo nella storia della pittura emiliana[1] è a un suo allievo ribelle, scacciato dopo pochi anni dalla bottega, che spetta un analogo primato nel campo del disegno.
L’alunno talentuoso, che aveva instaurato un insanabile conflitto col maestro e che lo superò per qualità grafiche e per sentimento narrativo era di origine marchigiana, per questo Simone Cantarini, a Bologna, veniva chiamato il Pesarese.
A partire dall’emulo di Simone, Flaminio Torri, e dall’altro giovanissimo scolaro Lorenzo Pasinelli, che ne ereditarono la voce riuscendo a modularla in sfumature a tratti indistinguibili, il primato grafico di Cantarini si estese fino a raggiungere Donato Creti e oltre. Negli affilati disegni di Donato si avverte infatti ancora nitida l’eco di Simone, la sua eleganza di tratto e la vivida restituzione dell’esperienza e dell’espressione umana.
Ma furono influenzati dai suoi modi non solo figure nate dopo di lui,
anche un genio assoluto del disegno che era già un artista di fama europea, come Guercino, negli anni Cinquanta del Seicento mutò il suo stile indirizzandolo verso quell’esplosione sospesa di segni che era stata invenzione poetica del Pesarese.
Nei fogli dell’ultimo periodo e nelle opere incompiute dello stesso idealizzato e combattuto maestro, Guido Reni, si ritrova lo spirito irrequieto e spadaccino dell’allievo.
Proprio il divino Guido intorno al 1630, ai tempi in cui Simone bussò alla sua porta, dirigeva una vera e propria industria pittorica dall’impianto piramidale. Aveva impostato la propria bottega su precisi ruoli gerarchici, con posizioni da scalare attraverso regole di deferenza, di lavoro assiduo e di ferrea adesione al suo stile.
Questo rigido schema prevedeva luogotenenti e capimastri,
ai quali affidare la prima educazione degli allievi novizi, ma l’impresa pittorica forniva anche premi da conquistare, postazioni privilegiate per alcuni prediletti, che giungevano a godere di stanze private e incarichi autonomi.
Le invenzioni pittoriche del maestro, prima di venir consegnate ai committenti, rimanevano in bottega per il tempo necessario a farne almeno una copia fedele, condotta da collaboratori specializzati in tale pratica, al fine di mantenere memoria delle idee e per fornire modelli ai più giovani, che dovevano formarsi seguendo quegli esempi.
Malgrado tale attitudine militare Guido sapeva riconoscere il talento artistico nei suoi collaboratori e Malvasia ci informa del modo in cui Cantarini avesse fatto carte false per essere accettato nella bottega. Dovette giurare di non essere stato sotto altro maestro (anche se aveva appreso più di un alfabeto artistico in patria) e dichiarò meno anni rispetto a quelli che realmente aveva, date le ferree clausole di ammissione a cui il maestro non concedeva deroga.
Ma si può immaginare che Guido, da fine intenditore quale era, si fosse accorto sin dalle prime prove di disegno che Simone aveva già ben formato un proprio linguaggio, che ricordava sia Urbino che Venezia. Se ne era accorto, ma decise forse di allentare le sue stesse maglie per avere in bottega quel che doveva manifestarsi come un precoce prodigio di qualità. Il Malvasia riferisce che, nei primi tempi, Reni contò di trarre vantaggio dalle doti del giovane, chiedendogli di tradurre in incisione alcune sue opere, ma è noto anche il motivato rifiuto di Cantarini, che intendeva questa pratica come un processo inventivo e non di copia servile in conto terzi. Altri generi di rifiuto vengono elencati dal canonico felsineo, ed alcuni sempre relativi al campo del disegno, come quello di eseguire i propri studi in separata sede, lontano dalle sedute di nudo che coinvolgevano tutta la schiera di allievi.
Ma, a favore di quel che renderò noto, dobbiamo fare un altro passo indietro,
ai tempi in cui il giovane non era ancora entrato in contatto con Guido Reni. Sappiamo, dalle succinte note biografiche disponibili, che prima di conquistare un posto a Bologna Simone aveva ricevuto ‘rudimenti’ da Gian Giacomo Pandolfi e che un religioso servita aveva portato con sé il giovane a Venezia per poi affidarlo a Claudio Ridolfi, pittore veronese e collaboratore di Barocci, residente allora a Corinaldo, paesino incastonato nella valle del Cesano.
Sia il viaggio veneziano, sia la miscela veneto urbinate che gli veniva dalla più stretta frequentazione del Ridolfi, doveva trasparire da quelle prove di segno che Reni gli vide produrre.
Ormai è riconoscibile, e documentabile in numerosi fogli, lo stile di Simone antereniano. Molti disegni della collezione, che furono di Filippo Acqua e che ora si trovano a Brera, appartengono a quella prima intensa stagione.
Grazie alle accurate analisi critiche di Anna Maria Ambrosini Massari e di Marina Cellini è stato possibile ricostruire le vicende collezionistiche che portano gruppi sostanziosi di disegni, anche giovanili, a distribuirsi in varie raccolte tra Milano, Budapest, Stoccarda e Rio De Janeiro.
Ma in questa cernita e nelle ormai numerose pubblicazioni dedicate alla grafica di Cantarini è finora sfuggito un nucleo di fogli e foglietti che si trova, anonimo, malinteso e sommerso, nelle sterminate collezioni del Louvre.
Li presento qui come primizie sparse di un piccolo ideale album, che a mio avviso testimonia, meglio di ogni altro raggruppamento, il breve e precoce soggiorno veneziano di Simone, tanta è la suggestione, in alcuni di questi, verso i modi di Jacopo Palma il Giovane.
Il Palma morì nel 1628, quando il nostro aveva sedici anni ed è arduo accertare una conoscenza diretta, ma il pittore veneziano era di casa anche tra Romagna e Marche grazie alle tante opere richiestegli al tempo e collocate in quelle terre. Non è dunque azzardato che, oltre all’occasione veneziana, il Palma avesse frequentazione col Ridolfi e in ogni caso sappiamo che lo stesso pittore veronese possedeva disegni di altri artisti e, oltre agli accertati fogli di Barocci, poteva aver mostrato carte venete al giovane Cantarini.
Al Louvre gli inediti di Simone vanno cercati in varie cartelle e, quando non sono classificati in modo generico (anonimo italiano o scuola veneta), si ritrovano sotto i nomi più diversi.
I primi che presento sono equivocati per opere di Francesco Allegrini (F. 1, 2 e 3)[2], e rispettivamente mostrano studi per una Sacra Famiglia con San Giovannino (che metto prossimo ad alcuni disegni di Brera, F. 1a, Foto 1b)[3], uno relativo a una Strage degli innocenti (vicina a un foglio di Milano F. 2a)[4] e il terzo raffigura un San Sebastiano, che ritroveremo quasi identico, appena più slanciato, in un disegno conservato a Budapest (Foto 3a)[5].
Sono di piccolo formato, frammenti di carta avorio, entro cui l’immagine è vergata a penna con un inchiostro bruno e un segno vibrante, energico e continuato. Tutti hanno ombreggiature sommarie, frutto di veloci tratti paralleli che oscurano un lato delle figure e sono confrontabili con molti disegni milanesi.
La quantità di piccole opere che intendo presentare in questo articolo mi impedisce di trattenermi più di tanto su ogni singolo schizzo, ma è ravvisabile una medesima tipologia fisica, uno stesso modo di inscurire le fosse oculari e di abbozzare in modo ondivago le forme, che ritroviamo anche in altri foglietti parigini anonimi, come in uno studio per Due dee con diversi amorini (F. 4)[6]. Sempre inteso come anonimo un disegno che imposta la nobile figura di un Padre Eterno sulle nuvole con un apostolo leggente e altra figura di schiena (F. 5 e 6)[7].
Questo retro dal tema domestico ci informa di una tecnica guazzata dell’inchiostro che va ad ombreggiare in modo deciso le figure, restituendoci uno stile più raro, ma già conosciuto nel corpus cantariniano[8].
Davvero ‘palmeschi’ possono definirsi due istantanei graffi su carta azzurrata che impostano una Figura maschile inginocchiata col braccio destro alzato (F. 7 e 8)[9], ma è debitore del maestro veneto anche una Madonna col Bambino e angeli (F. 9)[10] e il probabile studio di un Gesù in cattedra tra i dottori (F. 10)[11]. Ancora nell’anonimato resta una bellissima quanto essenziale Adorazione dei pastori (F. 11)[12] molto prossima ad un disegno già conosciuto e conservato a Brera (F. 11a)[13] scorciata da un’angolazione rialzata e sotto il tetto spiovente di una capanna,
mentre è curiosamente attribuita al Passeri lo stesso tema dell’Adorazione dei pastori (F.12)[14] che presenta una composizione più studiata, compatta e frontale, ma anche più aggrovigliata e nervosa.
Ancora sotto il nome incomprensibile del Passeri (forse una errata lettura di un riferimento inventariale che dava questi due fogli al Pesarese?), è un più aperto e libero studio di una scena da letteratura cavalleresca dove Due figure di soldati e una donna seduta su di un carro (F. 13)[15],
che ha una scritta tronca vergata con una grafia che vedremo ritornare in altri fogli del Cantarini, come in un inedito della Morgan Library di New York (Foto 13a)[16], nel quale la scritta risulta perfettamente leggibile nella parola ‘Amare’.
Dopo questa serie di opere a penna e inchiostro segnalo alcune sanguigne. La prima è un’altra scena di mitologia erotica che racconta una Venere in volo sul carro che scorge Adone morente (F. 14)[17] tema studiato varie volte in disegni già noti e conservati agli Uffizi, oltre che a Monaco e a Brera (F. 14a)[18].
Qui siamo già in un periodo maturo di Simone quello che riuscirà a gettare una linea di diretta influenza fin nello stile dei grandi disegnatori bolognesi del secolo successivo. In questo foglio parigino che riferisco a Cantarini, sono infatti già presenti tutti i caratteri di grazia e perfino veggenti fisionomie del più raffinato rococò felsineo.
Malgrado sia disturbata dal riaffiorare di conti scritti con inchiostro tenace sul suo retro, anche una deliziosa Madonna col Bambino in braccio (F. 15)[19], lascia scorgere lo stile di Simone, forse quello dei primi anni bolognesi, ed è molto strettamente legata a un foglio dell’album Horne (F. 15a)[20]. Ancora una sanguigna e certamente di un Cantarini appena giunto nella città emiliana è la terza sanguigna che imposta una Immacolata Concezione, attorniata da una corte d’angeli e due busti di santi ai suoi piedi (F. 16)[21] anche se è registrata come opera di Massimo Stanzione. In realtà potrebbe rivelarsi la prima idea dell’analogo tema condotto in pittura da Simone nella pala che ora si trova a Bologna nella Pinacoteca Nazionale e che è databile tra il 1632 e il 1633. Lo dimostrano anche due disegni già noti e accostati alla medesima pala, uno continua a studiare la composizione nella parte inferiore (F. 16a)[22] e l’altro ne raggruppa l’insieme (F.16b)[23].
Di limpida cultura reniana è invece un bellissimo foglio con la figura incompiuta di una Madonna col Bambino in grembo e due angeli in volo che spargono fiori, ancora registrato come anonimo nelle raccolte del Louvre (F. 17)[24]. L’eleganza di questo disegno è indubbiamente debitrice della lezione del maestro bolognese ed è frutto di un’attenzione particolare, nel panneggio e nel chiaroscuro di quanto realizzato, al punto che sembra preparatorio per una incisione. Il foglio è in relazione con una incisione attribuita a Guido Reni, e infatti risulta siglata G. R. F. (F. 17a)
È di certo confermata questa destinazione calcografica per il bellissimo foglio con Giove e Plutone (F. 18)[25], che è curiosamente attribuito a Pietro Testa, mentre ne ritroviamo una precisa traduzione in una stampa ormai famosa 18a, che raffigura Giove, Plutone e Nettuno fanno omaggio delle loro corone alle armi del Cardinal Borghese e nel suo compiuto disegno preparatorio riapparso di recente a Parigi, nel Salon du Dessin (F.18ab)[26].
Grazie a quest’opera, che conferma l’intento dichiarato di Simone di fare dell’incisione un’arte autonoma, viene documentata tra queste novità anche una fase successiva all’uscita dalla bottega di Reni e la posa del dio Plutone, col braccio destro alzato e la gamba destra retroflessa, credo confermi una ulteriore pratica legata al disegno, vale a dire la realizzazione, da parte di Cantarini, di piccoli modelletti in creta che usava da modelli di studio. Ritroviamo infatti la stessa posa, ma vista dal davanti, in uno schizzo conservato a Brera (F. 18c)[27]. Osservando attentamente il foglio milanese, oltre a ribadire questo intento, si scorge l’asta col tridente di Nettuno, come nella prima idea della carta parigina. Nel foglio che qui presento infatti quel che nella stampa diviene un Plutone, nel disegno era ancora immaginato come Nettuno. A questo proposito va segnalato che un antico inventario della collezione Aldrovandi menziona un disegno con Giove e Nettuno[28].
Un ulteriore inedito di Cantarini conservato senza nome al Louvre raffigura un Paesaggio con Riposo durante la fuga in Egitto (F. 19)[29],
sotto una quercia dall’alto fusto e nel declivio di una valle fluviale la Sacra Famiglia si concede una sosta che Simone restituisce con un sapore domestico, intimo, entro un saggio di naturalismo che ritroveremo in certe piccole opere pittoriche, quasi una sua produzione a parte che dimostra una spiccata sensibilità al dato naturale.
Tengo a precisare che molti altri fogli di Simone Cantarini conservati nelle raccolte del Louvre sono giustamente riferiti al Pesarese e sono stati più volte pubblicati, il presente saggio intende ampliare quella conoscenza, indagando soprattutto le marginalità, sia anagrafiche che stilistiche dell’artista. Infine a questa serie di novità parigine, riemerse anche grazie alla pubblicazione on line dell’intero patrimonio statale francese,[30] pongo uno splendido disegno, che ritengo di Cantarini, anche se figura come opera del suo allievo Flaminio Torri, racconta la storia biblica di Rebecca al pozzo (F. 20)[31], con una essenzialità e insieme una compiutezza mirabili che ritornano nell’altro foglio di analogo soggetto già assegnato al (F. 20a)[32]. Nonostante sia comprovato anche il talento grafico di Flaminio e la sua capacità di imitare lo stile di Cantarini, credo sia giusto riportare nelle qualità di Simone questa prova. Il segno di Torri risulta spesso più marcato e uniforme, come si ritrova in un foglio del Louvre classificato come anonimo italiano.
Si tratta di una Sacra Famiglia e angelo (F. 21)[33], che reca un’antica scritta francese ‘Guide’, oppure in una Sibilla (F.22)[34], transitata di recente sotto il nome di Cantarini, stilisticamente legato ad un altro foglio del Louvre giustamente riferito a Torri (F. 22a)[35].
Altro inedito parigino di Torri, che figura in anonimato, è un Profilo femminile (F. 23)[36].
Dopo questa spigolatura parigina pubblico altri disegni con l’intento di accorpare ulteriori inediti o fogli attribuiti da me in occasioni sparse e poco conosciute, inizio con il rapido studio di un Amore rimproverato da Diana davanti alle ninfe (F. 24)[37], la cui composizione la ritroviamo nello sfondo dell’incompiuto pittorico con Le ninfe di Diana disarmano Amore dormiente (Foto 24a)[38] e in uno dei tanti disegni che ne studiano l’invenzione (Foto 24b)[39]. Dello stesso soggetto presento un inedito dipinto di Lorenzo Pasinelli, anch’esso incompiuto e conservato in una collezione privata modenese (Foto 24c)[40].
Sempre al Metropolitan Museum uno studio di Figure femminili musicanti e putti (F.25)[41], considerato anonimo è invece opera certa di Simone.
Passa invece per mano di Guido Reni lo studio per uno Sposalizio Mistico di Santa Caterina (F. 26)[42], molto legato a un disegno di Rio (F. 26a)[43].
Altro tema domestico con una Sacra Famiglia, lo ritroviamo in un foglio conservato al Teylers Museum come opera di Domenichino (F. 27). Sempre riferito a Domenico Zampieri un’altra Madonna col Bambino (F. 28), nella quale l’artista restituisce una affabile quotidianità, al punto che la Vergine ha l’aspetto quasi dimesso di una giovane balia, è transitato di recente nel mercato antiquario londinese[44]. La posa riprende altri schizzi eseguiti da Simone e pongo a confronto un disegno a sanguigna conservato a Brera (F. 28a)[45].
Una dolcissima Testa di bimbo (F. 29), passata da poco tempo nel mercato italiano, come opera di anonimo emiliano della prima metà del XVII secolo, è in realtà un tenero studio, anch’esso domestico, preparatorio per la smaltata Madonna del Rosario della Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia (F. 29a)[46]. Il volto del Gesù Bambino, che benedice e dispensa il rosario in camiciola bianca, deriva dall’appunto eseguito su questo piccolo foglio, che con pochissimi segni riesce a fissare uno sguardo ribassato di mirabile intensità.
Ripreso sempre da un bambino in posa dovrebbe dimostrarsi lo Studio di un orecchio sinistro (F. 30)[47], già attribuito ad Agostino Carracci, ma io ritengo si possa leggere l’autografia di Cantarini anche da questo semplice dettaglio e credo si tratti della stessa seduta di disegno nella quale Simone ritrasse una meravigliosa Testa di Bambino (F. 30a), ora conservata a Budapest[48]. Medesima è la costa esterna sporgente dell’orecchio e i tratti decisi della sanguigna che accennano ai capelli dimostrano tutto il piglio cantariniano.
Per rimanere nel contesto di una poetica degli affetti domestici presento un prezioso inedito con Due studi per Sacra Famiglia, che a Francoforte, nella collezione del Sammlung Staedelmuseum (F. 31)[49] figura come opera di Guido Reni. Il foglio comprende due composizioni di grande resa sentimentale, quella descritta nella parte inferiore, col Bimbo fasciato, disteso sul letto, la Vergine di schiena e il San Giuseppe in secondo piano, sembra quasi un notturno, tanto è sensibilmente curata la componente luminosa e la distribuzione delle ombre tratteggiate. Mentre la seconda composizione è solamente accennata e costruita in una prospettiva scorciata, eppure anch’essa ci racconta un momento di incantata serenità.
Sempre ingiustamente riferiti a Reni nello stesso museo tedesco sono presenti altri bellissimi esercizi grafici di Cantarini. Un disegno raffigurante l’ Attentato a San Carlo Borromeo (F. 32)[50], che si configura come il più finito dei tanti studi dedicati a questo tema, ricordo i due rilegati nell’Album Horne [51] e altri due conservati a Brera. L’insistenza e le minime varianti che emergono da questi studi ci informano dell’inclinazione a perfezionare anche le invenzioni che altri avrebbero giudicato risolte. Ritengo sia da immaginare che questo apparato di abbozzi grafici borromei fosse stato concepito alla vigilia di una pala d’altare che finora non conosciamo.
Ultimo inedito del gruppo di Francoforte è un foglio visionario e insieme spontaneo, che narra un momento conviviale in Arcadia, con Alcune figure maschili nude e satiri in un paesaggio (F. 33), tutti, sia umani che personaggi mitici, osservano meravigliati una scena che non ci è dato vedere. Forse sono spettatori di un episodio atrocemente curioso, come lo scorticamento di Marsia, in quell’Arcadia che talvolta, invece che paradisiaca sembra infernale.
A confronto presento un foglio di analogo contesto, ma dove il rapporto tra umano e divino diviene idillico, si tratta di un Satiro che suona il flauto a una ninfa (F. 33a)[52], recentemente transitato sul mercato antiquario.
Nella medesima asta, che conteneva diversi fogli di Cantarini, sono stati battuti anche altri disegni che invece non erano stati compresi, perché appartengono a un periodo più giovanile di Simone, ma costituiscono primizie di grande interesse. In particolare mi riferisco a una carta che nel recto raffigura un Giovinetto seduto (F. 34) e ritroviamo lo stesso ragazzo appoggiato al cornicione della cascina che fa da sfondo alla Adorazione dei Magi ora conservata a Bologna nella Quadreria di Palazzo Magnani (F. 34a).
Nella prima idea della composizione (F. 34b), il giovane non era contemplato ed è mia convinzione che Cantarini abbia recuperato e adattato un suo disegno di diversi anni prima, eseguito forse ancora nelle Marche, in piena suggestione ridolfiana, come dimostra anche il retro con una Figura femminile inginocchiata a terra (F. 35)[53], il soggetto sembra una ‘serva’ colta nell’atto di raccogliere uno straccio e si ricollega a diversi studi dal vero di Federico Barocci.
Anche se la sequenza di questa quarantina di disegni che ho presentato non è stata composta in ordine cronologico, ma ha seguito il flusso delle collezioni e del racconto, sono tuttavia rappresentate molte facce del poliedro di stili grafici di Simone.
Forse sono aggiunte che non accrescono di molto il genio di Cantarini, ma credo possano contribuire a far conoscere parti più intime e laterali.
Questo saggio è dedicato ad Andrea Emiliani.
Massimo PULINI Bologna aprile 2019