di Nica FIORI
L’imperatore Claudio rivalutato storicamente all’Ara Pacis
A Roma gli imperatori sono sempre di moda, né potrebbe essere altrimenti, visto che il fascino della città deriva in gran parte dal suo passato imperiale.
A pochi mesi di distanza dalla conclusione della mostra su Traiano, che ha riscosso grande successo nei Mercati di Traiano, è ora il turno di Claudio, il quarto imperatore, la cui discussa figura viene approfondita e rivalutata storicamente nel Museo dell’Ara Pacis, monumento simbolo della pace augustea.
Nato a Lione nel 10 a.C., figlio terzogenito di Druso e Antonia minore, Tiberio Claudio Druso, o più semplicemente Claudio, arrivò alla bella età di 50 anni, vivendo in maniera appartata e sfuggendo a tutte le tragedie che avevano colpito la sua famiglia (la giulio-claudia). Sebbene beneficiasse di riflesso del fascino guerriero che ammantava il fratello Germanico, scomparso prematuramente in circostanze sospette, veniva considerato solo un uomo di cultura, tutt’altro che brillante (da giovane era malaticcio, balbuziente e claudicante), inadatto alle cariche pubbliche e quindi innocuo dal punto di vista politico. Quando nel 41 d.C. una congiura di palazzo pose fine alla giovane vita di Caligola (il figlio di Germanico e quindi nipote di Claudio) i pretoriani scovarono l’unico esponente in vita della dinastia e lo acclamarono imperatore.
Lione, l’antica Lugdunum, ha dedicato a questo imperatore una mostra che si è conclusa il 4 marzo e che ora è ospitata a Roma in una nuova versione arricchita di opere conservate nelle collezioni capitoline e di installazioni sonore e visive che drammatizzano le testimonianze dell’antichità. La mostra “Claudio Imperatore. Messalina, Agrippina e le ombre di una dinastia“, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e da Ville de Lyon, è curata da Claudio Parisi Presicce e Lucia Spagnuolo, con la collaborazione di Orietta Rossini. Di grande interesse storico e archeologico sono le opere esposte, provenienti da importanti musei internazionali, come pure i plastici di monumenti architettonici e i calchi (tra cui quelli del Museo della Civiltà Romana) che suppliscono là dove non è possibile ammirare gli originali.
L’allestimento delle varie sezioni, che ha come fil rouge proprio il colore rosso che allude all’impero,
è basato su un gioco di luci e ombre, di contrasti visivi che rendono fin troppo abbaglianti alcuni pezzi, mentre le didascalie risultano poco leggibili.
La mancanza di finestre e l’andamento tortuoso del percorso rendono l’atmosfera un po’ soffocante e cupa, come presumibilmente doveva essere la vita a corte contrassegnata da intrighi di palazzo e assassinii tramati nell’ombra. Ombre richiamate del resto dallo stesso titolo dell’esposizione romana, cui va il merito di delineare una figura di imperatore meno negativa di quella trasmessaci dalle fonti antiche, mettendo in evidenza le sue doti di amministratore dell’impero, capace di promuovere riforme economiche, come quella dell’annona, e grandi lavori di utilità pubblica.
Pensiamo in particolare all’Acquedotto Claudio, raffigurato in un dipinto di Ippolito Caffi, e al Porto di Claudio, nell’attuale Fiumicino, che, rivelatosi soggetto a insabbiamenti, sarebbe stato poi ampliato da Traiano con un altro bacino più interno al Tevere. Queste architetture di epoca claudiana sono tutte caratterizzate dall’uso del bugnato, e quindi stilisticamente riconoscibili. Sotto il suo principato, durato 14 anni, viene conquistata la Britannia e vengono acquisite altre quattro province.
Anche le sue capacità oratorie sono messe in luce, in particolare con un reperto di straordinario interesse storico proveniente da Lione: la Tabula Claudiana,
su cui è impresso il suo famoso discorso tenuto in Senato nel 48 d.C. sull’apertura ai notabili galli del consesso senatorio. Il testo viene letto da una voce in latino (e tradotto su uno schermo in italiano e in inglese), frase dopo frase, mentre in contemporanea viene illuminata la parte dell’iscrizione relativa sulla tavola bronzea.
L’imperatore appare in nudità eroica, con un drappeggio all’altezza delle anche e delle gambe, in una statua proveniente dal Louvre, ma probabilmente si tratta di una statua di Caligola riadattata col volto di Claudio; è in mostra un suo ritratto conservato a Roma nella Centrale Montemartini ed è raffigurato anche in un prezioso cammeo dal Kunsthistorisches Museum di Vienna. Sono invece di fantasia i dipinti che raccontano avvenimenti della sua vita, come quello del parigino Charles Lebayle, “Claudio acclamato imperatore” (1886), che, rifacendosi al racconto di Svetonio, mostra Claudio pauroso e nascosto dietro una tenda, dopo l’uccisione di Caligola, nel momento in cui viene scoperto da un pretoriano.
Un altro dipinto ottocentesco, di Raffaele Postiglione, “L’imperatore Claudio nella casa di Valerio Asiatico”, rappresenta il sommario processo a Decimo Valerio Asiatico, liberamente ispirato al racconto di Tacito, dove Asiatico è in ginocchio supplicante, mentre un littore lo minaccia con una lancia al cospetto di Claudio, di Messalina e del senatore Suillio.
Ovviamente sono presenti numerosi ritratti dei componenti della sua famiglia,
tra cui quello della nonna Livia (la moglie di Augusto) raffigurata come Cerere, quello del fratello Germanico della Fondazione Sorgente Group, esposto per la prima volta, e una statua di Caligola seduto, prestata dal Louvre. Un certo spazio è dedicato alla sua città natale, Lione, della quale ammiriamo alcuni reperti del Palazzo del Governatore, e anche un plastico ricostruttivo dello stesso palazzo. Tra i fondatori di Lione viene ricordato Munazio Planco (il senatore che coniò il titolo di Augusto per Ottaviano, titolo poi trasmesso a tutti gli imperatori), con un calco dell’iscrizione del suo mausoleo (22 a.C.), noto monumento di Gaeta.
Meno rappresentato è invece il suo interesse di studioso della lingua latina e della storia delle origini. Claudio introdusse nell’alfabeto latino tre nuove lettere, da lui ideate per meglio esprimere quei suoni che potevano suscitare ambiguità (come per esempio V e U, che in latino sono resi con un’unica lettera) ma il suo tentativo non ebbe successo e sparì con lui. Sappiamo inoltre che scrisse numerosi libri tra cui un importante trattato sugli Etruschi purtroppo non pervenutoci. A testimoniare il suo interesse per quel popolo italico è presente in mostra il cosiddetto Trono di Claudio, un rilievo in marmo che raffigura la personificazione di tre città etrusche i cui nomi degli abitanti sono scritti in latino (sono quelli di Vetulonia, di Vulci e di Tarquinia).
Claudio è stato descritto dagli storici antichi come un personaggio tragico e grottesco, manipolabile dalle sue mogli e dai liberti (soprattutto Narciso e Pallante), cui diede ampi poteri. Certo i suoi matrimoni non sono stati fortunati. Ebbe quattro mogli e di queste le ultime due, Messalina e Agrippina, hanno ognuna un proprio settore in mostra. Messalina, un’aristocratica imparentata con la famiglia giulio-claudia, sposò Claudio un anno prima che lui diventasse imperatore. Lei era giovanissima e gli diede due figli, Claudia Ottavia e Britannico. Ma ben presto, insoddisfatta dalla vita di palazzo, si diede a una vita trasgressiva, tanto da passare alla storia come l’Augusta meretrix. Claudio, informato dal liberto Narciso del complotto ordito da Messalina e dal suo amante Gaio Silio per ucciderlo, decretò la morte dei due amanti.
Una bella statua ce la mostra con in braccio il piccolo Britannico e un dipinto del 1870 di Jacques–Francois-Fernand Lematte descrive la sua morte (nel 48 d.C., a soli 24 anni) negli Horti Luculliani per mano di un tribuno, sotto gli occhi della madre, secondo il racconto di Tacito, mentre alcuni filmati ci mostrano il suo successo cinematografico come donna estremamente lussuriosa.
Ben più furba e molto ambiziosa doveva essere Agrippina minore, figlia di Germanico, che sposò poco dopo Claudio, che era suo zio, e si diede da fare per favorire l’ascesa al trono del figlio Nerone, avuto dal primo marito Domizio Enobardo e poi adottato da Claudio. Nerone venne fatto sposare con Ottavia, figlia di Claudio, secondo quella consuetudine dinastica di legittimare il potere con matrimoni combinati. Insignita del titolo di Augusta nel 50 d.C., Agrippina ebbe il ruolo di reggente durante le assenze di Claudio e girò la voce che lo avrebbe fatto avvelenare – anche se ufficialmente Claudio morì per aver mangiato dei funghi – perché lui si era pentito di aver posposto nella successione il figlio naturale Britannico a Nerone, che comunque era maggiore di cinque anni rispetto al fratellastro e che per questo subentrò a Claudio come imperatore, nel 54 d.C., all’età di 17 anni. Agrippina fece erigere sul Celio un tempio al Divo Claudio, la cui apoteosi fu oggetto di satira da parte di Seneca nell’Apokolokyntosis, ovvero la trasformazione di Claudio in una zucca.
Dalla Centrale Montemartini proviene la statua in basanite (una pietra nera egiziana) di Agrippina orante, che si trovava nel Tempio di Claudio, ed è pure presente un suo ritratto in bronzo dorato proveniente da Alba Fucens, che testimonia l’interesse di Claudio per l’Abruzzo, il territorio dell’allora Regio IV, dove realizzò un canale ipogeo emissario del lago Fucino.
A proposito delle mogli di Claudio, Svetonio racconta l’episodio che, dopo aver condannato una donna rea di adulterio, Claudio avesse detto ai suoi liberti che “anche a lui il destino aveva riservato mogli tutte impudiche, ma non impunite”. Agrippina non venne mai punita per essersi “liberata” del marito, ma per ironia della sorte verrà fatta uccidere nel 59 d.C. proprio dal figlio Nerone, il quale rivelò ancora prima la sua indole sanguinaria facendo uccidere Britannico, in quanto potenziale aspirante al principato.
Claudio imperatore. Messalina, Agrippina e le ombre di una dinastia
Museo dell’Ara Pacis, Lungotevere in Augusta, Roma
6 aprile – 27 ottobre 2019. Orario: tutti i giorni ore 9.30 – 19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima). Biglietto “solo mostra” € 11; ridotto € 9; biglietto integrato Museo dell’Ara Pacis + Mostra per i non residenti a Roma € 17; ridotto € 13; biglietto integrato Museo dell’Ara Pacis + Mostra per i residenti a Roma € 16; ridotto € 12. Gratuito per gli aventi diritto