di Franco LUCCICHENTI
Negli ultimi decenni alcune forme di architettura hanno assunto un aspetto STRANO.
Strano significa, prendo da un dizionario, difforme dal consueto o dal normale, sì da suscitare perplessità, sorpresa o anche singolare interesse e curiosità. Ripesco da antichi ricordi i famosi versi di Leopardi (Il passero solitario): “quasi romito e strano al mio loco natio“
Questo verso anticipa, senza ovviamente volerlo, con sottile melanconia lo sradicamento dal contorno culturale e ambientale di parte dell’architettura contemporanea.
Scelgo di scrivere su progetti di alcuni musei e del loro aspetto esterno perchè il risultato estetico della stranezza è particolarmente significante. Cosa ha innescato questa notevole trasformazione? Sicuramente il passaggio, negli studi di architettura, dall’uso del tecnigrafo a quello del computer. La rete di internet ci ha permesso inoltre di entrare facilmente in alcuni territori sconosciuti della conoscenza che aprono le porte al sapere. L’idea che si forma nella mente dell’architetto ha finalmente trovato nel computer uno strumento non vincolante, congegno indispensabile per esplorare infinite possibili soluzioni. Molto è stato scritto intorno all’architettura dopo l’invenzione del calcolatore. Mi permetto comunque alcune riflessioni.
Vediamo il Centro Pompidou (fig 1).
Sembra un fabbricato, in costruzione o in ristrutturazione con i suoi ponteggi che in seguito verranno smontati. Il fatto è che non verranno smontati mai. Il mascheramento delle finte impalcature nasconde un edificio che forse non c’è. Questo dà all’opera un senso di aleatoria attesa di un risultato architettonico che verrà. Stranamente l’idea di non finito e del nascosto rende la compatibilità culturale e ambientale dell’opera meno critica.
Il Centro Pompidou visto da Montmartre appare simile a un imponente stabilimento industriale in costruzione con una monumentale parte impiantistica Nessuno penserebbe che dentro ci sono SOLO sale per esposizione di quadri, sculture e per attività culturali. Contenitore e contenuto sono estranei tra loro.
Il Guggenheim di Bilbao (fig. 2)
è dall’esterno una meravigliosa scultura fatta di lamiere accartocciate. La forte componente dinamica dell’esito formale fa venire in mente le conseguenze di un misterioso impatto. Come in altre opere STRANE comunica un senso inquietante di instabilità. Il senso di instabilità, come scelta estetica in architettura non credo abbia precedenti così estremi se non nel barocco e nel rococò. La scelta formale sembra fissare l’azione creativa dell’artista in un momento di un processo di trasformazione. La stabilità, componente fondamentale dell’edificare, è condizionata da una progettazione dinamica in divenire dall’incerto risultato. Mi piace pensare che l’architetto “strano” più o meno consapevolmente, subisca il fascino del “principio di indeterminazione” della meccanica quantistica trasferendo le incertezze spazio-temporali dello mondo sub atomico alle incertezze formali dello spazio architettonico.
Cosa custodisce lo strano edificio. A vista nessuno può dirlo. A me fa venire in mente che all’interno possa contenere un percorso labirintico oscuro e misterioso popolato da meraviglie come in alcuni “castelli delle streghe” di moderni Luna Park. In questo caso invece un’opera d’arte contiene opere d’arte. Contenitore e contenuto abitano lo stesso piano. La compatibilità culturale e formale dell’opera riguarda solo la sua funzione e potrebbe stare in qualsiai parte della terra totalmente indifferente al contesto e ai suoi condizionamenti.
Immagine di totale Instabilità trasmette il Royal Ontario Museum in Canada (fig.3).
L’edificio progettato sembra appoggiato su una costruzione neo romanica che è in realtà il museo originale che andava ampliato. Senza scomodare la “teoria delle catastrofi” che teorizza le singolarità del comportamento in natura dei fenomeni dinamici, l’aspetto è di una struttura collassata a seguito di un terremoto. Anche in queato caso l’architettura è colta in un momento di trasformazione di un processo dinamico in divenire. Lo strano è anche la STRANA coincidenza del pensiero creativo di due archistar Ghery e Libeskind. La modernità liquida teorizzata da Bauman contribuisce forse a suggerire nuove sconcertanti soluzioni estetiche nelle arti. La forma liquida è evidente simbolo di instabilità dinamica.
L’interno della parte aggiunta mantiene la poetica della destrutturazione mentre gli oggetti che custodisce dovrebbero avere un effetto stabilizzante. l’involucro destabilizzante (fig 4) stordisce un pò il visitatore. I fossili custoditi in un ambiente del museo, emersi dal passato remoto, sembrano spaesati, estranei, nonostante la sagoma dello spazio interno sia costruita per accompagnare la loro forma sembrano stare lì per caso. Forze antagoniste modellano lo spazio cercando di miscelare culture, luoghi, forme. La sintesi la farà forse il tempo.
Il Guggenheim di Abu Dhabi (fig 5) è “forma crollata”.
Un giocattolo strano si è rotto e nessuno lo può rimontare. La COSA ha stranamente un aspetto rassicurante non è andata in rovina, il processo dinamico è concluso, finalmente l’architettura si è stabilizzata fatta a pezzi ferma nello spazio e nel tempo. L’aspetto casuale o caotico della cosa è solo apparente, le radici del progetto sono nella estrema complessità della progettazione che cerca ordine e funzionalità nel disordine. Mi viene in mente una certa analogia concettuale con l’ “attrattore caotico” che in matematica fa parte della teoria del caos e che semplificando dice che un attrattore è un insieme ordinato verso il quale evolve un sistema dinamico complesso dopo un certo tempo. La matematica e la fisica partecipano all’insaputa dell’architetto anche alla parte artistica del processo di progettazione. Il lavoro di Abu Dhabi cerca ordine nel disordine diventando metafora antagonista del secondo principio della termodinamica che governa il divenire delle cose del mondo.
Il progetto del museo di Arte Contemporanea a Cagliari di Zaha Hadid (fig 6)
è architettura organica STRANA. Tra i pochi lavori che ho citato e i moltissimi ai quali non ho accennato è integrato veramente con l’ambiente e con il mitico rapporto isola-mare. La Hadid pensava ad una rappresentazione fantastica della barriera corallina. Per me non è la grotta dove la maga Circe elaborava i suoi incantesimi, nè l’antro di Polifemo dell’isola dei Ciclopi dove sbarcò Ulisse è invece un gigantesco organismo marino che riposa al sole sulla battigia. Anche questa architettura zoomorfa ha nella eleganza sinuosa della forma una dinamica instabilità. Potrebbe tornare a nuotare nel suo ambiente naturale, il mare, se la sua anatomia leggera solo nella forma non lo impedisse.
Il contrasto drammatico tra il sogno dell’architetto di governare la forza di gravità e i condizionamenti imposti del forte peso delle strutture complesse della STRANA architettura fa pensare a Icaro e alla sua mitica presunzione di potersi liberare dai vincoli della materia.
Franco LUCCICHENTI Roma aprile 2019