di Francesco PETRUCCI
In occassione del trentesimo anniversario della acquisizione pubblica di Palazzo Chigi in Ariccia si terranno i seguenti eventi:
– Ariccia, Palazzo Chigi, Venerdì 3 maggio 2019, ore 18,00 inaugurazione della mostra
Donazioni, recuperi e restauri Palazzo Chigi in Ariccia: 2009-2019
– Ariccia, Palazzo Chigi, Sabato 4 maggio 2019, ore 10,00
Conferenza sul tema “Bernini: il Busto del Salvatore e la Sindone” con cui verrà inaugurata l’esposizione della mostra “La Sindone e Bernini”. Interverranno alla conferenza: Prof. Arch. Francesco Petrucci – Conservatore di Palazzo Chigi e Direttore del Museo del Barocco. Prof.ssa Emanuela Marinelli – Sindonologa. Don Domenico Repice – Sindonologo ed esperto di iconografia crisitiana. Daniela di Sarra – autrice della mostra.
Trent’anni di Palazzo Chigi in Ariccia*
Quest’anno ricorrono le celebrazioni per i trent’anni trascorsi dalla pubblica acquisizione del palazzo Chigi, con i suoi arredi e il vasto parco, che fu ceduto a condizioni di favore dal principe Agostino Chigi Albani (1929-2002) al Comune di Ariccia allo scorcio del 1988, con un finanziamento dell’ex Cassa del Mezzogiorno (Agensud).[1]
Ariccia celebra questa importante ricorrenza, che ha avuto non secondari risvolti culturali e di promozione turistica per l’intera area romana, a seguito degli imponenti restauri effettuati sull’immobile, il recupero dei suoi arredi, la sistemazione del parco, i numerosi eventi organizzati, tra mostre, concerti, convegni, etc., le prospettive di sviluppo futuro.[2]
La presenza nel palazzo del Campus universitario della Auburn University (USA, Alabama), uno degli atenei statunitensi più prestigiosi, avente come tema la rinnovata tradizione del Grand Tour d’Italie, promuovendo un master basato sulla conoscenza della cultura italiana rivolto a studenti americani, ha costituito un momento di apertura internazionale sin dal 2002.
Tra le tappe più significative l’inaugurazione, avvenuta nel 2008, del Museo del Barocco romano formato esclusivamente da donazioni, con le prestigiose collezioni Fagiolo, Lemme, Ferrari e Laschena, che hanno confermato un ruolo guida – nello specifico dell’arte romana del XVII e XVIII secolo – della dimora ariccina in ambito regionale. Numerose sono state le mostre organizzate, tutte rivolte alla valorizzazione delle collezioni chigiane e della cultura figurativa romana, con particolare riferimento a tematiche come l’estetica barocca nelle sue varie declinazioni e la consuetudine romantica del viaggio in Italia.[3]
Ricerche e studi
Iniziai a studiare l’avita residenza chigiana attorno al 1980, quando, studente di Architettura alla Sapienza, prima sostenni un esame di restauro sul cortile, poi, nel 1983, discussi la mia tesi di laurea avente come tema proprio la storia e il recupero della dimora.
All’epoca eseguii i rilievi dell’intero immobile – che sono stati alla base delle progettazioni successive – e intrapresi le prime ricerche presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, archivio Chigi, confluite nel libro Palazzo Chigi ad Ariccia, pubblicato nel 1984 con il sostegno dell’amministrazione comunale di Ariccia. Allora il palazzo era proprietà privata, appena passato nella disponibilità del principe Agostino Chigi Albani (1929-2002), dopo la morte del padre, il principe Sigismondo (1894-1982).[4]
Fui chiamato successivamente a far parte della commissione che avrebbe dovuto trattare con il principe, con cui ormai intrattenevo rapporti di cordiale conoscenza, l’acquisto del palazzo con il suo arredamento, su incarico dell’amministrazione comunale di Ariccia, fino all’acquisto del 29 dicembre 1988.[5]
Tra febbraio ed agosto del 1989, in qualità di architetto capo dell’area tecnica e responsabile dei beni culturali di Ariccia (ero stato appena assunto, vincendo il concorso), mi occupai personalmente dell’inventario dei tutti i beni mobili esistenti nella dimora, assistito da Umberto Lucidi, funzionario del settore cultura.
Infatti l’amministrazione comunale non ritenne opportuno in quel momento far accedere studiosi estranei, come era stato ventilato su proposta dello storico dell’arte Marc Worsdale – che aveva contribuito al progetto di destinazione d’uso oggetto di finanziamento, suggerendo corsi di perfezionamento sul Barocco – in primo luogo per motivi di sicurezza, ma anche perché la trattativa con il principe Chigi era stata basata su un elenco di circa 700 pezzi, tra arredi e dipinti, mentre i beni presenti in situ erano molti di più e non se ne aveva esatta contezza.[6]
Ebbi comunque il sostegno e l’appoggio consultivo della funzionaria di zona della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Lazio, partecipe attivamente come consulente istituzionale anche alle varie fasi dell’acquisto, dott.ssa Almamaria Mignosi Tantillo.
Contestualmente e successivamente furono seguite campagne fotografiche sistematiche, anche da parte della stessa Soprintendenza, ma soprattutto per nostro intervento diretto, con foto di Pacifico Spadoni e del sottoscritto, poi professionalmente da parte di noti laboratori fotografici romani, come Arte Fotografica di Vito Rotondo, Irfe Colore di Augusto Naldoni e lo Studio Fotografico Mauro Coen. Con l’avvento del digitale è stata avviata una campagna topografica completa, pezzo per pezzo, ad opera di Daniele Petrucci, storico dell’arte attivo dal 1999 a Palazzo Chigi.[7]
Sin dall’apertura del museo decisi di mettere a disposizione a titolo gratuito le fotografie delle opere a tutti gli studiosi, storici dell’arte e studenti che ne facessero richiesta, senza pretendere alcun diritto di riproduzione, nella convinzione che la ricerca sia indispensabile per la valorizzazione e la conoscenza del nostro patrimonio culturale, nello specifico per la promozione di Palazzo Chigi, e come tale va incentivata e sostenuta non penalizzata.
Per quanto mi riguarda ho effettuato negli anni sistematiche indagini archivistiche e storico critiche sulle raccolte di dipinti, sculture e arredi, con sopralluoghi continuativi presso l’archivio Chigi, al tempo aperto anche per consultazioni pomeridiane. Il monumentale archivio è conservato dal 1944 in deposito perpetuo presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, dopo essere rimasto dal 1917 presso il palazzo di Ariccia, a seguito della vendita allo Stato del palazzo Chigi di piazza Colonna, oggi sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le ricerche sono state poi pubblicate in riviste scientifiche (Bollettino d’Arte, Storia dell’Arte, etc.), libri e cataloghi di mostre.[8]
Restauri dell’immobile
Nel corso dei trent’anni trascorsi dell’acquisizione, soprattutto nell’ultimo decennio del secolo scorso, sono stati eseguiti radicali lavori di restauro strutturale, architettonico e funzionale dell’immobile, che hanno reso possibile la sua completa fruibilità.[9]
Tra il 1990 e il 1992 vennero attuati radicali lavori di adeguamento statico della fabbrica, che versava in pessime condizioni, con rifacimento e consolidamento totale di tutte le coperture e delle murature, scongiurando il pericolo di crolli che eventi sismici avrebbero potuto causare. I criteri dell’intervento sono stati eminentemente conservativi, adottando materiali tradizionali secondo il principio del “costruire a regola d’arte”, evitando il cemento armato e limitando l’uso di quelle tecnologie contemporanee invasive, risultate incompatibili con le antiche strutture.[10]
Nel 1996 diressi il restauro delle facciate del palazzo, approfittando della presenza dei ponteggi per il fallimento della ditta Venturini. L’appalto prevedeva due soli fronti, ma le economie del ribasso consentirono il restauro l’intero edificio, utilizzando tinte a calce con riprese di intonaci a grassello di calce e locale pozzolana di peperino.[11]
Risalgono al 1998-1999 i lavori di ristrutturazione di tutti gli interni, per i quali ci aggiudicammo finanziamenti statali destinati al Grande Giubileo del 2000, che interessarono la sistemazione del piano mezzanini e degli altri piani del palazzo, compresa la realizzazione degli impianti elettrici, antincendio, antintrusione, riscaldamento e di due ascensori a servizio delle due ali dell’immobile.[12]
Il palazzo, in conseguenza del suo recupero statico e della completa riqualificazione, ha assunto una destinazione polifunzionale, come museo di sé stesso, sede di mostre, convegni, conferenze, concerti e di svariate attività culturali, un vero e proprio “tempio della cultura” come lo definì Vittorio Sgarbi all’epoca in cui era sottosegretario ai Beni culturali (2001).
Nel riallestimento degli interni, che ho curato personalmente, mi sono sforzato di adottare criteri rigorosamente conservativi, limitando modifiche e spostamenti di opere e arredi al rispetto della stratificazione storica dell’edificio, in sintonia con antichi inventari e fotografie d’epoca.
Ho cercato di conservare le caratteristiche di vissuto delle sale, limitandone la musealizzazione alle esigenze di visita e di migliore fruizione, nel rispetto della dimora. Le opere d’arte infatti in contesti come questo non debbono essere fruite singolarmente, nella loro individualità – come avviene nei musei tradizionali, surrogato di luoghi non più esistenti, abbandonati o soggetti a cambiamenti di destinazione, che le riuniscono per scuole secondo criteri cronologici -, ma come parte di un “contesto” storicizzato. Elementi dell’arredamento e della storia dell’insieme, in relazione al gusto dei principi che l’hanno abitati nei secoli.
Tra il 2001 e il 2002 ulteriori lavori hanno riguardato alcuni interni, la sistemazione del piazzale del parco, il restauro del bastione del cortile, l’illuminazione del cortile e del piazzale del parco.[13]
Ulteriori interventi hanno interessato la ridipintura delle facciate verso piazza di Corte e quella verso Genzano, con finanziamento regionale, eseguiti nel 2009-2010 sotto la direzione dell’arch. Ombretta Renzi.
Il consolidamento strutturale del pavimento dell’altana per consentirne l’agibilità al pubblico e la costruzione di un ascensore di collegamento con il piano mezzanini destro, adibito a mostre temporanee, eseguiti su progetto e direzione dell’ing. Filiberto Saltarelli (2011-2014), hanno reso possibile l’accessibilità completa di questa zona del palazzo. Un’area di grande bellezza per la visione panoramica sull’intero territorio dei Colli Albani e la campagna romana fino alla capitale.[14]
Nell’autunno del 2017 tutti i corpi illuminanti dell’intero palazzo sono stati sostituito con luci al Led di ultima generazione, a seguito di finanziamento regionale, coinvolgendo esclusivamente manodopera comunale, allo scopo di ridurre i costi gestionali.[15]
Restauri di affreschi e arredi
Dal 1990 ad oggi si sono susseguiti interventi di restauro su dipinti, arredi e materiale grafico, curati dal laboratorio della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Roma e del Lazio, dall’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (ISCR, già Istituto Centrale del Restauro) e soprattutto con interventi diretti tramite economie del palazzo e sponsorizzazioni.[16]
Tra il 2004 e il 2005 la Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio del Lazio ha eseguito il restauro, diretto dall’arch. Marina Natoli, delle pitture murarie di Giuseppe Cades nella “Stanza dell’Ariosto”, uno dei capolavori del ‘700 romano.[17]
Nel 2013 la stessa Soprintendenza è intervenuta, con direzione dell’arch. Marina Cogotti, nella “Stanza dei Paesaggi” e nella “Stanza delle Grottesche”, facenti parte dell’appartamento neoclassico al piano nobile, danneggiate nel 1944 per il crollo del Ponte Monumentale durante l’ultimo conflitto mondiale. Sono stati eseguiti interventi preventivi di finitura dei paramenti murari adiacenti le decorazioni pittoriche e restaurato il pavimento in cotto originale, ripristinando secondo il disegno originario la parte mancante distrutta.[18]
In collaborazione con il laboratorio di restauro Art’è di Maurizio Campoli, furono eseguiti tra il 2004 e il 2006 interventi conservativi su mobili, cornici e manufatti, avviando nell’autunno 2005-2006 un monitoraggio ambientale del microclima degli ambienti e dei manufatti presenti all’interno di alcune sale, a cura della Laboconsul s.r.l.[19]
Dal 1999 ad oggi Daniele Petrucci, storico dell’arte presso il museo, ha eseguito a costo zero sotto la costante supervisione del restauratore Livio Jacuitti, restauri e manutenzioni su numerosissimi arredi, cornici e manufatti. Uno degli interventi più rilevanti è consistito nel restauro, riassemblaggio e rimontaggio di due parati completi in cuoio del XVII secolo, con i quali sono stati riallestite la “Sala dei Pavoni” e la “Sala Albani” (2011-12), a cura di Petrucci in collaborazione con Jacuitti. Le spese sono state limitate ai costi dei materiali.[20]
Tra gli interventi più recenti, l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro ha eseguito tra il 2018 e il 2019, a cura di Mariabinaca Paris, il restauro conservativo e il recupero di un importante fregio a grottesche di gusto manierista risalente alla fase Savelli, databile alla fine del XVI secolo.
Apertura al pubblico
Finalmente dal gennaio 2000 il piano nobile del palazzo è stato definitivamente aperto al pubblico, fruibile esclusivamente tramite visite guidate, data la delicatezza degli interni.
Da allora la gestione si avvale della collaborazione dell’associazione culturale “Amici di Palazzo Chigi”, formata da volontari e da giovani studenti in gran parte universitari, cui vengono affidate, a seguito di apposito addestramento e sotto il nostro costante controllo, le visite guidate e le attività di custodia, sorveglianza e biglietteria. Il Comune fornisce un contributo annuo all’associazione, sulla base delle attività programmate.[21]
Nel 2003 è stato aperto al pubblico l’appartamento al piano terra, detto “stanze del cardinale”, dopo l’estinzione dell’usufrutto al principe Chigi, l’acquisizione di ulteriori arredi chigiani e il suo riallestimento, con una mostra dedicata, finanziata dalla Provincia di Roma.[22]
Parco Chigi
Contestualmente al palazzo, anche il vasto parco di ventotto ettari, adiacente la dimora e il centro storico, è stato interessato progressivamente ad azioni di recupero.[23]
Nel 1998 ci aggiudicammo un finanziamento dell’Unione Europea (programma Raphael, progetto Chisius), in partnerariato con l’Istitut du Piemont Languedocien di Montpellier, qualificato nella progettazione di giardini storici, e l’Istitut Collective Nederland di Amsterdam, specializzato in ricerche scientifiche sulla conservazione delle opere d’arte, per interventi di recupero di arredi, analisi chimiche sui parati in cuoio e soprattutto una prima sistemazione del piazzale del parco sottostante il cortile interno.[24]
Tra il 2007 e il 2008 furono effettuati lavori di recupero e restauro conservativo del parco, finanziati dalla Regione Lazio, diretti dall’arch. Virginio Melaranci, per consentirne la pubblica fruibilità, a partire dal 2009, nel periodo primaverile-estivo. Tali interventi hanno interessato la parte a giardino prossima al palazzo, compreso il restauro e l’impegnativo consolidamento strutturale dell’Uccelliera, intervenendo anche nel cosiddetto “piazzale del mascherone”, nella parte bassa del parco.[25]
Acquisizioni, donazioni e Museo del Barocco
Il 19 novembre 1999, con i fondi residui del Grande Giubileo gestiti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, furono acquisiti presso il principe Agostino Chigi ulteriori importanti arredi di proprietà della famiglia, estinguendo l’usufrutto vitalizio relativo all’appartamento al piano terra.[26]
Numerose sono state le donazioni che hanno consentito nel 2008 di aprire al pubblico il “Museo del Barocco romano”, ubicato nel mezzanino sinistro del palazzo.
Dopo la mostra sui dipinti della sua collezione, tenuta nel 1999-2000, lo storico dell’arte Maurizio Fagiolo dell’Arco (1939-2002) decise di donare 48 dipinti del ‘600 romano ed un gruppo di antichi libri del XVII secolo, allo scopi di avviare e promuovere la costituzione di un museo dedicato al Barocco romano.[27]
Nel giugno 2000 seguì la donazione da parte di Ferdinando Peretti, già socio con Jacob Rothschild negli anni ’70 della prestigiosa Colnaghi Gallery – la più antica galleria antiquaria del mondo -, direttore e fondatore della Walpole Gallery di Londra, di una raccolta di 60 disegni eseguiti dall’artista del ‘700 romano Giacomo Zoboli.[28]
Nel 2001 fu così sistemato il primo nucleo dell’auspicata nuova destinazione museale, in una saletta del torrione presso il Ponte Monumentale, al piano mezzanino sinistro, allestito secondo le volontà e la direzione dello stesso Maurizio Fagiolo dell’Arco. Nel frattempo si era andata costituendo anche una biblioteca specializzata in storia dell’arte rinascimentale e barocca, formata dai fondi Deoclecio Redig De Campos, già direttore dei Musei Vaticani, Oreste Ferrari e Beatrice Canestro Chiovenda.
Il progetto di Fagiolo, che sembrava un’utopia culturale o un sogno irrealizzabile, divenne a distanza di cinque anni dalla sua improvvisa scomparsa una realtà, quando l’avvocato Fabrizio Lemme, in accordo con i figli Ilaria e Federico, decise di donare a Palazzo Chigi la sua collezione di 128 dipinti del ‘600 e ‘700, messa assieme dagli anni ’70 del secolo precedente con la moglie Fiammetta Luly Lemme, scomparsa nel 2005. L’atto notarile di donazione è stato stipulato il 28 maggio 2007.
Sono seguite l’anno successivo altre due importanti donazioni collezionistiche: il 29 febbraio 2008 da parte di Rossana Laschena, con 14 dipinti del ‘600 e ‘700 facenti parte della collezione raccolta dal marito Renato Laschena (1929-2004), già presidente del Consiglio di Stato, tenendo fede a sue precedenti volontà; il 20 maggio 2008 con 11 dipinti e 2 disegni appartenuti ad Oreste Ferrari (1927-2007), storico dell’arte e fondatore dell’Istituto del Catalogo e Documentazione, da parte della vedova Franca Boschetti Ferrari, sempre in memoria del marito particolarmente legato a palazzo Chigi.
In conseguenza è stata aperta al pubblico, dopo un completo allestimento a cura del sottoscritto e di Daniele Petrucci, la sezione museale denominata “Museo del Barocco romano”, inaugurandola il 9 novembre 2008 con una mostra che esponeva le ultime collezioni acquisite.[29]
Numerose sono state le successive elargizioni di beni artistici da parte di privati, come gli antiquari Franco Di Castro e Ferdinando Peretti, i collezionisti Franco Scapellato, Raniero Gnoli, Vittorio Casale, Alberto Laudi, Antonio Canestro, Duccio K. Marignoli, ma anche lasciti del Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico della Guardia di Finanza o dei Musei Vaticani.[30]
Campus universitario
Dall’aprile 2002 il College of Human Sciences della Auburn University (Alabama), una delle più importanti università degli Stati Uniti, tiene presso Palazzo Chigi corsi di perfezionamento rivolti a studenti americani, al fine di diffondere la conoscenza della cultura e dell’arte italiana in ambito internazionale, una sorta di Grand Tour d’Italie in chiave contemporanea.
Tale prestigiosa cooperazione si deve a Marco Antonini (1926-2019), un ariccino illustre, che aveva maturato per le sue esperienze lavorative internazionali (direttore commerciale Alitalia nel mondo, direttore della Landor in Europa), rapporti con istituzioni culturali americane.[31]
Nel biennio 2007-2008 fu ristrutturato l’appartamento di Palazzo Chigi con accesso su via del parco 149, che ospita il Campus universitario con foresteria, ambienti di servizio e sala lezioni (Joseph S. Bruno Auburn Abroad in Italy). I corsi vengono tenuti anche in una sala del palazzo.[32]
Il Campus è stato inaugurato il 21 aprile 2009, interamente arredato a cura della società Interlinea s.r.l. di Maurizio Antonini, rappresentante in Italia dell’università americana, che cura anche l’organizzazione dei programmi accademici di concerto con il College of Human Sciences.
È in fase di progettazione un ampliamento del Campus, date le crescenti richieste di studenti, che dovrebbe interessare un secondo piano ad inferiore livello, accessibile direttamente dal parco.
Mostre
Ho sempre considerato gli eventi espositivi, sin dall’apertura del palazzo al pubblico nel 2000, un veicolo fondamentale di promozione e conoscenza, lo strumento più efficace per attivare i mezzi d’informazione e comunicazione.
Sono obiettivi guida perseguiti costantemente negli anni: l’impegno a rendere note le potenzialità culturali del territorio attraverso eventi che possano avere una rilevanza regionale e nazionale; promuovere le collezioni chigiane ed i restauri mano a mano intrapresi; inserire le raccolte nel contesto del collezionismo romano, soprattutto in merito all’arte barocca, settecentesca e romantica; valorizzare le tematiche connesse al patrimonio culturale dei Castelli Romani.
A tal fine sono state attivate collaborazioni con soprintendenze, musei, la Regione Lazio e l’ex Provincia di Roma, ma anche e soprattutto con collezionisti privati.[33]
Dal 2008 ad oggi abbiamo avviato, con il patrocinio e il sostegno del collezionista Ferdinando Peretti, già distintosi come uno dei maggiori mercanti d’arte italiana al mondo, conferenze e mostre di opere d’arte nell’ambito del programma Dipinti Inediti del Barocco italiano, che prevede la presentazione di quadri da parte di studiosi di livello internazionale, specialisti sui singoli artisti e le rispettive scuole pittoriche. Abbiamo pubblicato i contributi nei fascicoli dei “Quaderni del Barocco”, presentati e scaricabili anche online sul nostro sito, facendo confluire i primi 20 quaderni in un volume.[34]
Concerti
L’ottima acustica della Sala Maestra, ove tra l’altro furono allestiti nel XVII secolo alcuni melodrammi a cura dell’Accademia degli Sfaccendati, sin prima dell’acquisto del palazzo ha stimolato e motivato l’organizzazione di concerti di musica classica.
Tra il 1986 e il 1997 gli eventi musicali sono stati organizzati dalla rifondata accademia seicentesca, di cui fui presidente. Dal 1994 al 1999 Marie-Paule Starquit ha curato la rassegna dei “Concerti del Tempietto”, mentre dal 1999 ad oggi la rassegna musicale è divenuta stabile, su livelli costantemente alti, con una stagione autunnale e una primaverile, denominata “Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati”, a cura di Giacomo Fasola e Giovanna Manci.
Sono stati realizzati in trent’anni oltre 300 concerti con la partecipazione di circa 3000 artisti (da Raina Kabaivaska, a Uto Ughi, Salvatore Accardo, Enrico e Gabriele Pieranunzi e tanti altri), anche con registrazioni musicali e la pubblicazione di CD.[35]
Cinema
Il palazzo Chigi ha una sua importanza anche nella storia del cinema italiano, avendo fornito l’ambientazione di numerosi film storici. Il grande regista Luchino Visconti fece della dimora chigiana il set principale del suo capolavoro Il Gattopardo (1962), girando tutti gli interni di Donnafugata, comprese le soffitte.
Nel corso di questi primi trent’anni sono stati girati a palazzo Chigi numerosi altri film di successo, a partire da L’Avaro di Tonino Cervi con Alberto Sordi (1989), tra cui La notte di Pasquino di Luigi Magni (2002), Luisa Sanfelice di Paolo e Vittorio Taviani (2003), I Viceré di Roberto Faenza (2007), Il Racconto dei racconti di Matteo Garrone (2014), I moschettieri del Re di Giovanni Veronesi (2018), oltre a serie televisive come Orgoglio o Elisa di Rivombrosa.[36]
L’amministrazione comunale, su impulso del Sindaco Roberto Di Felice, in relazione a tale tradizione, ha inaugurato a palazzo Chigi nel 2017 un “Festival del Cinema dei Castelli Romani”, incentrato su film inediti di produzione internazionale, caratterizzato da una cinematografia di qualità basata sulla ricerca espressiva.
Aperture internazionali
Numerose sono state negli ultimi anni le opere della collezione richieste in Italia e all’estero per mostre legate al ‘600 e ‘700 italiano.
Un consistente nucleo di dipinti fu esposto nel 2014 presso il Museo Nazionale del Pechino alla mostra Roma / Seicento: verso il barocco, organizzata dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali per i rapporti Italia-Cina, ove palazzo Chigi figurava come primo prestatore.
In collaborazione con il Ministero degli Esteri, per tramite di ambasciate e istituti di cultura italiani all’estero, è stata organizzata, a cura della Glocal Project e su progetto del sottoscritto, la mostra itinerante The school of Bernini and the Roman Baroque. Masterpieces from Palazzo Chigi in Ariccia.
L’evento, che ha toccato tra il 2018 e il 2019 varie capitali dell’est europeo, ha un carattere pionieristico, trattandosi della prima mostra tenuta sul tema in tali nazioni, con un enorme risvolto promozionale e di prestigio per Ariccia, selezionata in tal caso come testimonial della cultura italiana all’estero.
La mostra, costituita esclusivamente da opere provenienti da palazzo Chigi, dopo le tappe nei musei nazionali di Sofia (Bulgaria), Tbilisi (Georgia), Yerevan (Armenia) e Belgrado (Serbia), raggiungerà a giugno Sarajevo (Bosnia ed Erzegovina).
L’esposizione propone un panorama completo dei generi e degli stili pittorici che definirono l’estetica barocca, ricca di colori brillanti, effetti teatrali e contrasti chiaroscurali. Un’esposizione tematica su Roma e sul suo stile caratterizzante, simboleggiato dall’esponente di punta, Giovan Lorenzo Bernini, che dominò con la sua arte un secolo intero.
La mostra muove dai progetti architettonici del sommo artista per Ariccia, eseguiti su commissione di Alessandro VII e della famiglia Chigi, volti ad esportare a scala paesistica e in ambito periferico le sperimentazioni urbanistiche della capitale, trasformando Ariccia in “città ideale barocca”. Sono inoltre esposti manufatti e oggetti di arte decorativa berniniana presenti in palazzo Chigi.
Fanno parte dell’allestimento pannelli tematici, mentre viene proiettato a ciclo continuo un video con sottotitoli in inglese o nella lingua nazionale, su Ariccia, il palazzo Chigi e le sue raccolte.
La stessa mostra è stata richiesta per il 2020 in alcune città degli Stati Uniti d’America.
Indagini diagnostiche
Palazzo Chigi è inserito, come “centro di eccellenza”, nel progetto ADAMO del Distretto Tecnologico Beni e Attività Culturali della Regione Lazio, finalizzato ad indagini diagnostiche su vari manufatti e opere d’arte presenti in situ.
Il progetto è attuato con l’ENEA, il CNR e l’Università di Tor Vergata: coordinamento dott.ssa Roberta Fantoni, responsabile di ENEA FSN-TECFIS, Prof. Giovan Battista Fidanza, Ordinario di Storia dell’Arte Moderna, Università di Tor Vergata.
Le attività diagnostiche, che prevedono l’impiego di strumentazione portatile e di laboratori mobili, sono iniziate a fine gennaio e termineranno a inizio giugno 2019. Le analisi sono state eseguite su busti in marmo, su vari dipinti, manufatti cartacei e in cuoio, sulla sanguigna del Bernini e sulle decorazioni murarie della Stanza dell’Ariosto di Giuseppe Cades.
Francesco PETRUCCI, Ariccia aprile 2019