di Mario URSINO
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera dell’amico, oltre che valoroso collaboratore di About Art, Prof. Mario Ursino, scritta immaginiamo di getto dopo aver letto il nostro articolo sull’ultimo numero della rivista (cfr. https://www.aboutartonline.com/michelangelo-conteso-pm-chiede-la-confisca-di-un-crocifisso-attribuito-al-grande-artista-una-storia-non-priva-di-ombre-inquietanti/ ). Mario sostiene, come il lettore vedrà, la totale estraneità del sig. Angelo Boccardelli alla misteriosa vicenda collegata al Crocifisso attribuito da Heinrich Pfeiffer (ma a quanto ci consta solo da lui) a Michelangelo Buonarroti, ora sottoposto a confisca; una estraneità che l’amico Ursino evince sulla base dei suoi ricordi personali collegati al Boccardelli-artista, uomo a suo giudizio mite ed ingenuo, per il quale, quando era pittore pressoché sconosciuto, ebbe incarico di organizzare una mostra a San Marino, che in effetti ebbe luogo nel 1993. I fatti che portarono Boccardelli in carcere per 5 anni e poi all’assoluzione, di cui abbiamo riferito, avvennero però molti anni dopo, quando il rapporto tra loro, dopo la mostra bolognese, si era interrotto. Rimane invece in piedi la vicenda che naturalmente continueremo a seguire, nonostante alcuni strani avvertimenti di querele arrivatici (naturalmente per interposta persona) in questi giorni.
Caro Direttore,
ho letto il tuo articolo apparso sul recente numero di About Art sulla vicenda del piccolo crocifisso attribuito a Michelangelo, oggetto di una drammatica contesa non ancora del tutto risolta.
Quelle notizie le avevo già, in parte, apprese da un articolo apparso su “Libero” l’11 febbraio 2011 [fig. 1] e mi turbarono molto, anzi ne rimasi talmente sconvolto che non osai approfondire, come forse avrei dovuto. Insomma preferii dimenticare. La ragione è questa: moltissimi anni fa, avevo conosciuto i due principali protagonisti della vicenda, Angelo Boccardelli e Giacomo Maria Ugolini, che preferisco considerare autentiche vittime della criminalità organizzata che voleva impossessarsi ad ogni costo della scultura appartenuta all’ambasciatore Ugolini, e dopo la sua scomparsa nel 2006, al suo erede Angelo Boccardelli, come hai riferito con il tuo editoriale redazionale sulle recenti cronache giudiziarie ancora in corso. Conobbi entrambi agli inizi degli anni Novanta nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna, allorquando l’esimio diplomatico, allora rappresentante della Repubblica di San Marino in Egitto e Giordania, volle presentarci il suo protetto, ancorché segretario e assistente, che era un appassionato pittore giustamente degno di essere conosciuto.
Il gentiluomo ebbe talmente garbo nel sostenere il giovane artista pressoché sconosciuto, che io fui incaricato di fornire un supporto scientifico per una sua mostra a San Marino, sotto l’egida dell’Università di Bologna “Alma Mater Studiorum” [figg. 2-3], e in onore dell’allora Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros Boutros-Ghali, amico dell’Ugolini; e così l’illustre e apprezzato personaggio della politica internazionale fu presente alla inaugurazione della mostra.
Fu davvero un lancio ufficiale del giovane Boccardelli, persona mite, estremamente garbata, un sognatore, divorato dalla passione per la pittura, ispirata soprattutto ai colori e alle forti impressioni dei paesaggi nilotici, durante i suoi numerosi soggiorni in Egitto al seguito e al servizio del diplomatico sanmarinese. Lo si evince dalla poche parole che egli volle premetterre in apertura del catalogo: “Non ricordo più quante volte io abbia percorso la grande strada del Nilo. Ho dimenticato ormai il tempo, i tanti volti, i nomi, ma ho formato dentro di me la visione dei fiori, l’immagine di ogni canneto, i colori di certe ore del giorno, e dei tramonti, i paesaggi senza confini nelle differenti stagioni” (si vedano alcuni suoi dipinti che riflettono perfettamente le sue parole [figg. 4, 5], In viagggio…alba sul Nilo, In Viaggio…la notte, Estate sul Nilo, Autunno sul Nilo). Poi nel catalogo, le presentazioni di rito del suddetto Segretario Generale dell’ONU, Boutros-Ghali, del Rettore dell’Università felsinea, Fabio Roversi Monaco, di Emma Rossi, del Dicastero della Pubblica Istruzione di San Marino, e dell’ambasciatore della Repubblica egiziana a Roma, Ahmed Abou El Gheit.
Durante la preparazione della mostra fui più volte in visita nello studio del Boccardelli, dove potevo vedere la serie di innumerevoli pitture che l’artista era in grado di eseguire con fulminea rapidità, anche tre grandi tele in un solo giorno, per come la natura di quel fascinoso e mitico paese gli si era sorprendentemente fissata nella memoria. Contemporaneamente visitai in alcune occasioni, anche conviviali, la dimora romana e quella sanmarinese dell’Ugolini. Mi colpì l’arredo sontuoso finto barocco, con collezioni talmente eterogenee, di cui non mi è rimasto alcun ricordo, tranne uno. L’ambasciatore, non posso dire se nella casa di Roma, o in quella di San Marino (tanto gli arredi erano simili sia nell’una che nell’altra casa), a un certo punto volle mostrarmi la sua cappella privata, dove, come una reliquia, spiccava sull’altare il piccolo crocifisso, sul quale egli non aveva dubbio fosse di mano del Michelangelo. Sinceramente, devo dire che non prestai molta attenzione all’opera, forse perché inconsciamente dovetti pensare che il sommo artista lavorava sempre in grande (magari sbaglio), ma la sua sigla più nota è la monumentalità del suo genio, non solo nell’opera, ma anche nel pensiero, del resto un grande storico dell’arte, Luciano Bellosi (1936-2011) dichiarò nel 2010 che tale crocefisso non poteva assolutamente essere attribuito a Michelangelo, trattandosi, secondo lo studioso, di un’opera ottocentesca. Comunque la piccola scultura è da alcuni, come ad esempio il gesuita Heinrich Pfeiffer, considerata di mano del Michelangelo. L’ambasciatore non mi riferì la storia della sua acquisizione, ma ritengo abbastanza verosimile ciò che è riportato dalle cronache sulla drammatica vicenda, che è stata la rovina della vita di Angelo Boccardelli, una volta divenuto l’erede di Giacomo Maria Ugolini. Si rimane ora in attesa della sentenza, che dovrebbe chiudere la storia di un potente raggiro ai danni della sfortunata vittima, finalmente già assolto dalle infamanti ingiurie messe in giro dalla stessa criminalità organizzata, a causa di un personaggio italo-americano, tale Giorgio Hugo Balestrieri, sul quale pendeva da anni un mandato di cattura del governo italiano; personaggio di cui l’ingenuo Boccardelli si era fidato associandosi a lui per la gestione della notevole eredità ricevuta dell’Ugolini, tra cui il crocifisso in argomento: l’avventuriero se ne era appropriato per metterlo al riparo, a suo dire, da eventuali furti di tutti gli altri beni mobili, poi effettivamente rubati nelle due dimore dell’ambasciatore. Lo sconcertante personaggio, che millantava anche attività nei servizi segreti, si servì del crocifisso michelangiolesco, quando ancora era libero negli Stati Uniti, proponendolo come oggetto di scambio per ottenere l’annullamento dei reati commessi in Italia, e la revoca del mandato di cattura, come lessi sbigottito in quell’articolo intervista di Franco Bechis sul quotidiano “Libero” del 2011, più sopra citato. Naturalmente il governo italiano non prese in considerazione un simile ricatto, e l’avventuriero è stato successivamente catturato, estradato dal Marocco e rinchiuso nel carcere di Rebibbia (cfr. Il Sole 24 ore, 27 marzo 2015). Il crocifisso è stato sottoposto a confisca per esportazione illecita di opere d’arte.
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Dopo la mostra di Angelo Boccarelli nel 1993, continuai ad avere rapporti con l’ambasciatore Ugolini che volle una grande mostra di Giorgio de Chirico a San Marino, per cui elaborai un progetto con un centinaio di opere possedute dalla Fondazione Giorgio e Isa de Chirico che sottoposi al mio maestro Maurizio Calvesi, teorizzando, in questo modo, una fase fino allora per nulla indagata, se non snobbata dalla critica, come La Nuova Metafisica [fig. 6] che fu salutata invece con grande successo nella repubblica sanmarinese. Si era nel 1995. Speravo di ripetere la singolare mostra a Roma, o in altra città italiana, ma non trovammo accoglimento per i soliti luoghi comuni sulla produzione di de Chirico in età avanzata. Solo in questi ultimissimi anni è stata in un certo senso riscoperta, e riproposta, dopo quasi mezzo secolo, da alcuni esponenti del comitato scientifico della Fondazione, e persino dall’amico Vittorio Sgarbi. Va bene. Meglio tardi che mai. Dunque, tornando all’oggetto di questa mia nota, dal 1995, non ho avuto più contatti né con Boccardelli, né con l’Ugolini. Troppo tempo era passato, fino a quando ebbi la sconvolgente notizia che aveva travolto la vita di un sereno, amabile pittore, ingenuo quanto può essere un sognatore, ma purtroppo alquanto sprovveduto nel gestire la buona eredità del suo generoso e affezionato mentore e tutore.
Mario URSINO Roma luglio 2019