di Silvana LAZZARINO
Le opere del Maestro Paolo Gubinelli dal 10 al 19 agosto 2019 ospitate presso il suggestivo monastero di Camaldoli restituiscono le infinite armonie del pensiero in luoghi dove respirare l’infinito.
Nell’attesa di qualcosa che dovrà accadere, nella ricerca di risposte sul senso più profondo di questa esistenza, conduce il ritmo infinito di segno e colore dell’opera del Maestro Paolo Gubinelli, che invita a recuperare quell’appartenenza alla circolarità di un tempo senza tempo dove si può riscoprire se stessi ritrovando l’ascolto più profondo e silenzioso dei luoghi della memoria che riaffiorano improvvisi nel caos alienante di una contemporaneità che crea distanze. Le opere su carta, vetro, ceramica di Gubinellli diventano occasione per ripercorrere il mosaico di emozioni tra armonie e tensioni di una vita in costante dove le luci si alternano alle ombre e il giorno alla notte.
Protagonista di numerose e prestigiose mostre personali e collettive in Italia e all’estero il Maestro Paolo Gubinelli, restituisce al segno la possibilità di parlare di universi interiori interagendo non solo con la carta, ma anche con altri materiali come polistirolo, vetro, plexiglas dove si imprimono ritmi di linee delicate e avvolgenti a comporre geometrie raffinate ed eleganti.
Attraverso studi di progettazione architettonica e grafica egli ha restituito, con la tecnica dell’incisione, nuova vita ai diversi materiali da lui trattati, primo fra tutti la carta, avvertita quale mezzo di espressione artistica più adatto ad accogliere le trasformazioni lasciate dal segno appena accennato o più marcato nel raccontare l’impalpabilità del tempo che sovrasta questa vita,
Alla sua opera dall’atmosfera avvolgente del segno nel suo continuo divenire a cogliere una visione intimista e onirica, fisica e metafisica oltre l’orizzonte sensibile è dedicata la mostra che inaugura il 10 agosto 2019 presso il Monastero di Camaldoli (Arezzo) L’Opera di Paolo Gubinelli, cui si accompagna il testo di Bruno Munari. Si tratta di 16 opere su carta, acquerelli e incisioni presenti nelle sale espositive del monastero, in cui il segno e il colore sono protagonisti.
Paolo Gubinelli (Matelica -Mc- 1946) inizialmente attratto dalla musica, ben presto si interessa all’arte di cui apprende tecniche e segreti grazie a incontri con grandi maestri tra cui Bruno Munari, Enrico Castellani, Mario Nigro e poi Alberto Burri, Giuseppe Uncini, Enrico Castellani e Piero Dorazio, compreso Lucio Fontana dal quale apprende come determinante sia il concetto dello spazio che resterà fondante nella sua ricerca.
Aperta alle varie sperimentazioni l’arte di Gubinelli dopo diverse esperienze pittoriche, su tela e altri materiali, con l’uso di tecniche non tradizionali, si accosta alla carta inizialmente lavorando il cartoncino bianco morbido al tatto particolarmente ricettivo alla luce, poi utilizzando la carta trasparente, entrambi incisi in modo più e meno intenso secondo strutture geometriche sensibili al gioco della luce.
Sono i tagli, le piegature e le incisioni su carta che diventano occasioni per ripensare all’attesa, alla sospensione con cui mettersi in ascolto dei luoghi più silenziosi del pensiero a ritrovare quella leggerezza con cui guardare la vita. Leggerezza che viene espressa in queste sue opere incise cui poi si accompagna anche l’uso del colore attraverso la morbidezza dei pastelli, per sottolineare accanto all’incognita sul destino dell’uomo, la magia del sogno quale formula per evadere dal caos quotidiano. Le opere di Paolo Gubinelli donano ogni volta l’armonia della vita nel ritrovare se stessi, il proprio punto iniziale dove complessità e semplicità si incontrano, e dove ripartire con quella capacità di accogliere anche ogni aspetto più semplice della stessa esistenza portatore di nuova bellezza, Bellezza del segno rigoroso, ma anche sinuoso e sfuggente, armonia del tratto continuo, e interrotto che si lascia attraversare da tenui sfumature di colore restituisce la magia del sogno possibile quale evasione dalle ombre della sera.
A proposito della leggerezza ed eleganza della sua opera così scrive Bruno Munari:
”Questi fogli appena segnati fanno venire in mente (a chi li conosce, naturalmente) i pensieri di un monaco buddista della fine del milleduecento, di nome Kenko, autore del libro ‘Momenti d’ozio’ edito da Adelphi: “Questo mondo è un luogo così incerto e mutevole che ciò che immaginiamo di vedere davanti ai nostri occhi, in realtà non esiste … Non possiamo essere certi che la mente esista. Le cose esteriori sono tutte illusioni’. Ma anche noi siamo ‘cose esteriori’ per un altro”.
Sono segni ora esili e raffinati, ora più calzanti e avvincenti in cui ripercorrere le emozioni tra stupore e sogno, smarrimento e angoscia. Le opere in mostra dove è dato risalto al segno e al colore ad esplorare il visibile dietro l’invisibile giocando sulle trasparenze visive ed emotive, seguono il percorso emotivo dell’uomo nel percepire quel senso di smarrimento nell’avvertire la propria finitezza innanzi all’infinito della Natura che apre alla rinascita.
È un segno che ora definisce verità attraverso la precisione, ora apre al cambiamento, alle possibilità della vita nel suo mostrarsi appena accennato e in divenire. Sono proprio i segni abbozzati a far pensare a possibili forme che ancora non sono definite, come anche i colori quando appena accennati aprono a diverse storie legate ai pensieri di chi ne sarà catturato.
Il segno geometrico, nelle sue ultime produzioni, da rigoroso e costruttivo ha acquistato sempre più maggior libertà attraverso l’uso di pastelli colorati e incisioni appena avvertibili a scandire l’imprevedibile moto della coscienza entro un’interpretazione tutta lirico musicale.
Nei ritmi delle Trasparenze dove il gioco di riflessi restituiti dalle sfumature di colore apre alle percezioni di sentieri indefiniti, lo sguardo si lascia catturare dalla luminosità che appartiene all’energia di cui è fatto l’universo con il suo mistero di unità e complementarità, di armonia e disordine. La bellezza, l’eleganza del segno si confonde con l’impalpabilità del colore libero e indefinito nel suo stendersi sulla superficie quasi a volerla oltrepassare nell’imprevedibilità della vita.
La sequenza dei solchi, dei segni creati da Paolo Gubinelli è in linea con l’energia della continuità della vita nel ritrovare il movimento delle onde del mare e dell’acqua di fiume che avanza e scorre, il contatto con la terra suggerita attraverso i solchi che incidono la materia e la leggerezza dell’aria insita nelle trasparenze che riflettono la luce. Si avverte un profondo lirismo nella sua opera.
Le sue opere sono esposte in permanenza nei maggiori musei in Italia e all’estero. Tra le esposizioni vanno menzionate: la 54 Biennale di Venezia Padiglione Italia presso L’Arsenale invitato da Vittorio Sgarbi e scelto da Tonino Guerra, con l’installazione di n. 28 carte cm. 102×72 accompagnate da un manoscritto inedito di Tonino Guerra.
Silvana LAZZARINO Roma agosto 2019
L’OPERA DI PAOLO GUBINELLI
Testo di Bruno Munari
MONASTERO DI CAMALDOLI, Località Camaldoli, 14, 52014 Camaldoli AR, 10 – 19 agosto
Per informazioni: 0575 556012