Un rebus architettonico: la complicata storia del Prado e i prossimi interventi al Museo.

di Francesco MONTUORI

Migranti sull’About

di M. Martini e F. Montuori 

LETTERA DA MADRID.2

L’ AMPLIAMENTO  DEL  MUSEO  DEL PRADO

L’ampliamento del Museo del Prado, opera dell’architetto Rafael Moneo, originario della regione di Navarra, è inserito in un contesto fra i più prestigiosi della città di Madrid (fig.1).

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Non è il solo intervento di Moneo in quest’area cosi densa di musei e palazzi storici; qui si trovano il restauro del Palacio di Villahermosa, oggi Museo Thyssen Bornemisza e, a poca distanza, la stazione ferroviaria di Atocha, opere rilevanti che hanno permesso a Moneo di esercitare un ruolo autorevole ed istituzionale nel panorama culturale spagnolo ed europeo.

Inaugurato nel 1819 il Museo del Prado, opera di Juan de Villanueva, aveva già subito numerosi interventi di ampliamento, modesti ma ripetuti. Il più rilevante fra questi sono gli interventi realizzati fra il 1847 e il 1968 che hanno modificato la volumetria retrostante dei due lati simmetrici rispetto al grande abside dell’ingresso originario sul Plaza de Velàzquez.

Ma come ormai è comunemente noto gli spazi dei grandi musei non sono mai sufficienti; i magazzini per gli archivi sono stracolmi e si aggiungono di continuo nuove funzioni da assolvere come le mostre temporanee, gli spazi per conferenze, per i laboratori di restauro delle opere, ecc.

Il Ministero preposto ha elaborato, sulla fine dello scorso secolo, un piano generale per l’espansione degli spazi del Museo. Sono previste la trasformazione di fabbricati nel quartiere del Buen Retiro, fra i Jardines del Retiro e il fronte retrostante del Museo stesso. Vengono individuati gli edifici restanti dell’antico Palazzo del Buen Retiro, antica residenza secondaria e luogo di svago dei reali spagnoli: il Casòn del Buen Retiro, il Salon de Reinos ora Museo dell’Esercito, la chiesa ed il chiostro de Los Jerònimos.

Nel marzo del 1995 viene bandito un concorso internazionale per raccogliere proposte per l’ampliamento del Museo; sono selezionati dieci progetti meritevoli fra i quasi cinquecento proposti. Tuttavia, come spesso accade, la Giuria decide di non decidere. Solo nel novembre del 1998 fu affidato unanimemente l’intervento a Rafael Moneo.

Moneo aveva una lunga esperienza museologica; aveva già realizzato importanti istituzioni museali e fra questi il prestigioso Museo dell’arte romana di Merida, il Museo di arte moderna e di architettura di Stoccolma, il Museo di arte moderna di Huston.

Già nella sua relazione al concorso Moneo proponeva di limitare l’intervento al sito limitrofo della chiesa di Los Jeronimos, l’area più vicina al Museo del Pradoaffinchè l’intervento si realizzi in continuità con il preesistente museo” e favorire in tal modo il carattere unitario del nuovo assetto urbano. Il Ministero, da parte sua giunse ad un’intesa con l’Arcivescovado perchè fosse reso disponibile il chiostro della chiesa de Los Jerònimos.

Il nuovo edificio proposto da Rafael Moneo è composto da tre piani interrati collegati con gli ingressi del Museo del Prado e due livelli fuori terra costituiti dalle quattro gallerie del chiostro della chiesa e da un articolato edificio frontale che si affaccia con un  porticato sul retro del Museo stesso (fig.2)

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L’intervento non sarà tuttavia indolore. Se gli spazi sotterranei dell’ampliamento sono in continuità con il grande atrio di ingresso al Museo, la trasformazione del chiostro della chiesa di Los Jerònimos rappresenterà per Moneo una patata bollente. Essa diede il via inevitabilmente alle polemiche più feroci, come sempre accade quando si affronta il tema della trasformazione di un bene culturale. Nello scontro che si aprì la chiesa ed il chiostro furono trasformati dai mass media nel feticcio perfetto, ossia in ciò che è intoccabile, nel ben noto inavvicinabile antico splendore.

Ma antico splendore non era. Come racconta Juan Josè Lahuerta sulle pagine di Casabella, da una semplice indagine emerse che la fondazione della chiesa e dell’attiguo convento risalgono agli inizi del Cinquecento; il complesso fu distrutto durante la guerra napoleonica, quando venne utilizzato come caserma dai soldati di Murat. Finita la guerra convento e chiesa furono riutilizzati ancora come caserma della milizia, ospedale, malati di colera.

Moneo si troverà dunque di fronte ad un complesso frutto di restauri “creativi” e composto da elementi posticci, con l’edifico che aveva preso un aspetto  più somigliante a ciò che i restauratori pensavano dovesse essere piuttosto che a quello che era stato davvero. Quanto al chiostro si conservarono solo le quattro gallerie perimetrali.

Solo un’architettura coscientemente “possibile” e rispettosa del fragile contesto, come quella di cui Moneo era esperto da lunga data, poteva confrontarsi con un simile “fantasma”.

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Così il chiostro è stato smontato con cura, pietra a pietra, accuratamente restaurato e quindi riportato sul sito e rimontato pezzo dopo pezzo (figg.3 e 4); non più appoggiato alle sue fondamenta ma ai  nuovi spazi espositivi interrati ed impostati alla stessa quota dell’atrio di ingresso del Museo. Un lucernaio, al centro del chiostro, illumina gli ambienti sotterranei del nuovo ampliamento (fig.5).

fig 5

Così il vecchio chiostro si infila come un guanto nei locali del nuovo museo che lo accoglie con altrettanti rispettosi, ma moderni, archi della nuova muratura. Sarà destinato alla statuaria.

La nuova costruzione che si affaccia verso il grande museo di Juan de Villanueva non è tuttavia anonima né vuole imitarne lo stile settecentesco. E’ impostata su un alto basamento in pietra bianca su cui si apre il grande portone in bronzo opera di Cristina Iglesias. Dal basamento si elevano due volumi semplici, netti e chiari realizzati in mattoni rossi analogamente a quelli utilizzati nel  museo originario (fig.6).

fig 6

Si tratta di un grande cubo che ingloba il preesistente chiostro e di un corpo con pilastrature quadrangolari scanalate ad esso appoggiato che schermano una parete vetrata. Le pilastrature sono una cifra stilistica dell’architetto come dimostrano analoghe soluzioni adottate per la stazione di Atocha (fig.7)

fig 7

e per il Municipio di Murcia realizzato nel 1998 (fig.8).

fig 8

Esse sono un chiaro riferimento ad uno dei pionieri del Movimento Moderno, Josef Hoffman, che adottò questa soluzione nella Villa Primavesi del 1913 e nel padiglione espositivo dell’Austria al werkbund di Colonia del 1914 (fig. 9).

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Moneo interviene con discrezione anche alla nuova definizione spaziale del grande atrio del Museo del Prado sulla cui copertura stenderà uno splendido giardino di bosso che contribuisce con chiarezza a disegnare la continuità del nuovo ampliamento con il grande museo (fig.1)

A quanti passeggiano lungo i giardini boscosi del Paseo del Prado in direzione della stazione di Atocha sembrerà di trovarsi in una grande galleria a cielo aperto sulla quale si aprono vaste ali, a ciascuna delle quali corrisponde una struttura museale: il Prado, il Thyssen,  il Caixa Forum, la grande biblioteca del Casòn del Buen Retiro, e, a poca distanza da Atocha, il Museo Reina Sofia. Ad esse si è aggiunto il nuovo intervento di Rafael Moneo

Ma la storia non finisce qui. Un nuovo ampliamento del Museo del Prado sarà presto realizzato dall’architetto inglese Norman Foster, che si è aggiudicato il concorso insieme ad un gruppo di architetti spagnoli rappresentati da Carlos Rubio. L’intervento per nuovi 5700 metri quadri di spazi espositivi, riguarderà il Salòn de Reinos (fig.10),

fig 10

un edificio del XVII secolo un tempo ala del grande Palazzo del Buen Retiro, localizzato nello stesso quartiere del recente ampliamento e fino a pochi anni fa destinato a Museo dell’esercito. L’edificio, costruito tra il 1630 e il 1635 ospitava originariamente gran parte della collezione pittorica reale, oggi esposta nei locali del Prado.

Un nuovo, significativo investimento di ben 30 milioni di euro per la ridefinizione museologica del Salòn de Reinos; tra gli aspetti salienti dell’intervento è il nuovo ingresso destinato alla facciata orientata a sud, con la definizione di in ambiente semi-aperto in grado di proteggere la facciata originale dell’antico edificio. Foster inoltre propone di ripristinare il legame diretto tra il Salòn de Reinos e il Casòn del Buen Retiro, con l’obbiettivo di dare vita ad un centro urbano vitale.

Procede il tal modo la museificazione di una parte importante del centro storico della città di Madrid; un processo che riguarda, in diversa misura, tutti centri storici delle città europee, attraversati in corteo da truppe di turisti; le opera d’arte che riempiono i musei assomigliano sempre più alle merci di un centro commerciale che si offrono ad passante distratto. Essi sono destinati a vedere, attraverso le lenti di un museo, una realtà urbana ormai travestita da reperto storico

di Francesco MONTUORI     Settembre 2019