di Silvana LAZZARINO
Il superamento del reale nei ritratti di Chuck Close tra astratto e figurativo
Tra realtà e astrazione entro un sincretismo linguistico di forme e immagini, sospesi fra realtà e astrazione, essenza e sembianza si muove la ricerca artistica di Chuck Close (Monroe- stato di Washington 1940) fra i più interessanti ed originali esponenti dell’arte figurativa americana contemporanea.
Affermatosi tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, con autoritratti e ritratti, dipinti in scala monumentale dalla riproposizione di scatti fotografici, Chuck Close associa e dispone sulla tela con rigore e precisione figure e colori scanditi da geometrie e reticolati, secondo un equilibrio compositivo- spaziale ora razionale, ora irrazionale a ricreare una visione essenziale e allo stesso tempo complessa della realtà e in particolare dei volti ritratti.
Ad affascinarlo sono in particolare i volti umani studiati e restituiti attraverso un processo di costruzione e ricostruzione a partire dall’uso della fotografia che gli permette di indagare gli infiniti modi di rappresentare lo stesso soggetto, dal realismo fotografico ai limiti dell’astrazione.
A questo artista statunitense di richiamo internazionale, la cui opera è caratterizzata da un rigore costruttivo e formale in espansione nell’utilizzo e esplorazione di diverse tecniche pittoriche, grafiche e fotografiche e tessili, comprese negli ultimi anni quelle, musive, dando spazio al mosaico, è dedicata l’esposizione aperta dal 5 ottobre 2019 presso il MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna.
Curata da Daniele Torcellini, l’esposizione “Chuck Close. Mosaics”, realizzata nell’ambito della VI edizione 2019 della Biennale di Mosaico e visibile fino al 12 gennaio 2020 , restituisce accanto alle opere a mosaico realizzate nel corso di quest’ultimo anno in collaborazione con Mosaika Art and Design di Montréal (Canada) e Magnolia Editions di Oakland (California).anche opere che sottolineano l’interesse di Chuck Close per altre tecniche extra pittoriche.
I lavori riferiti ai mosaici non possono che sottolineare la grande capacità di sperimentazione tecnica e linguistica a patire dagli stessi materiali propri del mosaico come smalti, vetri, ceramiche colorate, Sette i mosaici di grandi dimensioni, tra cui due autoritratti e i ritratti del noto musicista, cantautore e poeta Lou Reed e di colleghi artisti e amici come Lucas Samaras e Lorna Simpson.
Ad accompagnare queste grandi opere sono le fotografie polaroid, a colori e in bianco e nero, gli arazzi lavorati su telaio jacquard, un tappeto in seta intessuto a mano, una preziosa stampa pochoir in 165 colori ed un suggestivo autoritratto ottenuto con pittura a olio distribuita a mano per mezzo di stampi in feltro.
Un percorso dall’efficace narrazione figurativa iperrealista che evoca aspetti reconditi e indefiniti di una realtà interiore con risultati insoliti e suggestivi. Nel passaggio dal particolare all’universale con combinazioni di reticoli in sintesi geometriche astratte e concrete, affiorano volti visibili e invisibili di un mondo interiore che guarda all’esperienza presente, passata e futura per ridefinire possibili rapporti con l’esterno ed i suoi molteplici aspetti.
Tutta la lavorazione dei mosaici nella stazione Second Avenue-86th Street di New York che ha visto all’opera i due laboratori Mosaika Art and Design e Magnolia Editions, impegnati nel trovare soluzioni inedite sul piano formale e tecnico compresa la valutazione dei materiali rispondenti alle scelte estetiche dell’artista, è documentata da materiali video e fotografici riproposti nella seconda sezione della mostra.
Grazie al programma di arte pubblica coordinato dal dipartimento Arts & Design dell’Autorità di Trasporto Metropolitani a partire dal 1985 con cui iniziano ad essere installate opere d’arte permanenti nei passaggi sotterranei e nelle stazioni della rete cittadina, Chuck Close ha la possibilità di esplorare infatti diverse tecniche in linea con i cambiamenti sociali legati alle nuove tecnologie che trovano l’espressione più alta con le dodici opere della serie Subway Portraits, ritratti di importanti figure dell’arte, della musica e della cultura Tra questi vanno citati Cecily Brown, Philip Glass, Zhang Huan, Alex Katz, Lou Reed, Cindy Sherman e Kara Walker, visibili a quanti transitano nella stazione Second Avenue-86th Street di New York City.
Un lavoro svolto con precisione: Chuck Close, infatti, scatta numerose foto dello stesso soggetto e poi scompone ciascuna foto per riportarla sulla tela sotto forma di reticolo sì da ingrandire la dimensione del soggetto facendone emergere il particolare.
I suoi ritratti che partono da una fotografia in bianco e nero, per certi aspetti vicini al minimalismo e all’arte processuale, diventando iconici nel panorama delle sperimentazioni pittoriche della fine degli anni ’60, si aprono grazie al colore ad una più libera reinvenzione cromatica. Gli stessi volti scomposti in griglie di blocchi quadrati perdono quella coerenza figurativa recuperabile solo ad una visione a distanza.
Se dagli anni Settanta a metà anni Ottanta nei suoi dipinti dominano il bianco e il nero e la griglia sulla tela è stretta e quasi invisibile, successivamente la stessa griglia si va accentuando creando sulla tela un mosaico le cui tessere si riempiono di forme e colori e i tratti facciali ravvicinati scompaiono.
Silvana LAZZARINO Roma 12 ottobre 2019
Chuck Close. Mosaics
MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna.
Orari: da martedì a sabato 9-00-18.00 domenica 11.00-19.00, lunedì chiuso; dal 5 ottobre al 12 gennaio 2020; inaugurazione venerdì 4 ottobre 2019 ore 18,00