di Nica FIORI
La vita di Elena, madre di Costantino, è a metà tra storia e leggenda. Di lei si ignorano data e luogo di nascita (anche se si potrebbe ipotizzare Drepanum, nell’attuale Turchia, perché questa città venne ribattezzata col nome di Helenopolis). Con tutta probabilità era di umili origini, ma, avendo dato un figlio a un uomo come Costanzo Cloro, che sarebbe poi diventato tetrarca, avrebbe acquistato prestigio e potere, a dispetto del fatto che Costanzo Cloro l’avesse ripudiata per sposare una donna nobile. Costantino, una volta divenuto imperatore, la riempì di onori ed Elena venne a vivere a Roma.
Probabilmente la sua “santità” è dovuta al fatto che le è stato attribuito, diversi anni dopo la sua morte, il rinvenimento della Santa Croce nel corso del suo viaggio in Terrasanta. Racconta Eusebio di Cesarea che, poco dopo il suo viaggio in Oriente, Elena morì alla presenza del figlio Costantino. L’improvvisa interruzione nell’uscita delle monete di Elena Augusta nella primavera del 329 prova che lei morì o alla fine del 328 o all’inizio del 329. Fu sepolta entro un grandioso sarcofago di porfido (conservato nei Musei Vaticani) nel mausoleo vicino alla chiesa dei Santi Marcellino e Pietro sulla via Labicana, corrispondente ora al primo tratto della Casilina. A 1690 anni dalla
morte di Sant’Elena, il suo mausoleo, conosciuto a Roma col nome di Tor Pignattara per la presenza di pignatte (anfore di terracotta) nella muratura alla base della volta, riapre al pubblico dopo un lungo lavoro di restauro, condotto dalla Soprintendenza Speciale di Roma, diretta da Daniela Porro, in collaborazione con la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.
Oltre al restauro si è provveduto al riallestimento del piccolo ma significativo Antiquarium all’interno del monumento. È stato così creato un percorso, come ha dichiarato Monsignor Pasquale Iacobone,
“che fonde in un unicum la visita delle catacombe e quella del Mausoleo; si viene così a creare un polo archeologico, ma anche religioso, eccezionale per la città di Roma, per i suoi visitatori e per i suoi abitanti, sicuro vettore di promozione umana per la complessa realtà sociale di Torpignattara, una di quelle periferie che tanto stanno a cuore a Papa Francesco”.
In effetti si tratta di un complesso davvero notevole, sorto nella località Ad duas lauros (ai due allori) in quella che era la tenuta labicana di Elena, che doveva estendersi tra il palazzo del Sessorium (presso Santa Croce in Gerusalemme) e Centocelle. Nella tenuta si trovava il cimitero degli Equites Singulares, la guardia del corpo degli imperatori romani, che, nella battaglia finale di Ponte Milvio per la supremazia su Roma tra Massenzio e Costantino, ebbe la “colpa” di schierarsi con Massenzio, che sarebbe uscito sconfitto dallo scontro. Era il 312 d.C. quando Costantino rimase unico imperatore della città. Tutti i possedimenti dei soldati “traditori” vennero donati alla Chiesa per la realizzazione della Cattedrale di Roma in Laterano, sul luogo della caserma, e del complesso della Basilica circiforme (completamente perduta), dedicata ai Santi Marcellino e Pietro, e del Mausoleo di Elena. Mausoleo che inizialmente doveva essere destinato presumibilmente allo stesso Costantino (che verrà sepolto invece nell’Apostoleion a Costantinopoli), visto che il sarcofago in porfido ritrovato nella tomba raffigura una scena di battaglia.
Il Mausoleo, costruito tra il 315 e il 326, presenta una pianta circolare con diametro di oltre 20 metri e un basamento articolato internamente con nicchie circolari e rettangolari. In origine era arricchito da decorazioni e sovrastato da un’imponente cupola alla base della quale, per alleggerire il peso della struttura, furono inserite delle anfore vuote, oggi restaurate e ancora visibili. La distruzione dell’edificio avvenne in un periodo tra l’XI e il XII secolo, quando il prezioso sarcofago venne trasportato inLaterano.
All’interno del Mausoleo, nel XVII secolo, furono costruite la chiesetta, pure dedicata ai Santi Marcellino e Pietro, e l’annessa canonica, ampliata nel XVIII secolo, in concomitanza con la chiusura della nicchia dove era posto il sarcofago in porfido di Sant’Elena. Seguirà un periodo di forte abbandono del sepolcro: solo nel 1836 Giuseppe Valadier realizza il contrafforte di nord-est, mentre il secondo contrafforte e la cornice di coronamento sono stati consolidati e integrati solo nei recenti restauri della Soprintendenza.
I lavori di restauro, intrapresi a partire dal 1993, hanno puntato al ripristino della sicurezza strutturale e conservativa degli antichi apparati. Il consolidamento strutturale è stato realizzato in modo diffuso, prima stabilizzando la parete nord-ovest del secondo ordine, poi consolidando i solai settecenteschi della canonica e le tamponature tarde della nicchia del sarcofago, infine sostituendo tutte le coperture. È stato poi ripreso il lavoro di Giuseppe Valadier, con la costruzione di un nuovo contrafforte all’estremità nord-ovest del secondo ordine. Negli ambienti della canonica a contatto con il muro del Mausoleo si è provveduto a demolire i solai intermedi, al fine di liberare la vista della nicchia in tutta la sua altezza. I nuovi spazi creati, illuminati da un lucernario, sono stati interessati dalla realizzazione di due ballatoi alle quote dei rispettivi livelli della canonica, che consentono la visione della muratura antica.
L’Antiquarium è stato realizzato negli spazi della piccola chiesa rurale – e dell’annessa canonica – che fu edificata nel 1632 all’interno del Mausoleo e ingrandita nel 1764. Vi sono esposti reperti marmorei che illustrano le vicende storiche dell’area, delle catacombe e del complesso costantiniano, secondo un allestimento che si armonizza, anche nei colori, con il contenitore antico. I ritrovamenti provenienti dal cimitero pagano, da quello degli equites singulares e dalla sottostante catacomba illustrano la progressiva cristianizzazione del suburbio. Sono presenti i busti degli appartenenti alla dinastia costantiniana, compreso Giuliano l’Apostata, noto per aver sconfessato la religione cristiana. Particolarmente affascinante è il plastico del Mausoleo, così come doveva essere ai tempi del suo splendore, del quale possiamo farci un’idea da una vetrina contenente frammenti di tutti i marmi pregiati, provenienti da diverse province imperiali, che lo decoravano. Un affresco con un fossore (operaio addetto allo scavo nei cimiteri), introduce inoltre alla visione delle catacombe dedicate ai Santi Marcellino e Pietro, considerate, per il ricco corredo di pitture per lo più risalenti al IV secolo d.C., una vera e propria pinacoteca dell’epoca.
Il nome di queste catacombe è dovuto ai santi martiri Marcellino e Pietro, i cui corpi sono rimasti nella loro cripta fino al IX secolo, quando iniziò la dispersione delle reliquie dei santi nelle varie chiese europee. Di questi martiri, vittime presumibilmente dell’ultima persecuzione di Diocleziano, non sappiamo quasi nulla, ma le Passioni ce li indicano come un presbitero e un esorcista, decapitati dopo essere stati costretti a scavare la propria fossa. La prima monumentalizzazione delle catacombe avviene sotto papa Damaso, ma è papa Onorio che crea una vera e propria basilichetta con abside per favorire l’ingresso ai pellegrini (all’epoca, oltre a Marcellino e Pietro, vi era venerato anche Tiburzio). L’ultimo intervento antico documentato è quello di Adriano I che risistema la scala di accesso.
Entrando in queste catacombe, riaperte al pubblico 5 anni fa dopo un accurato restauro, ci si rende conto che i dipinti, che vi sono conservati, rispecchiano gli scambi culturali di una società romana multietnica e multireligiosa, quale doveva essere al tempo di Costantino.
Gli affreschi riproducono soprattutto scene dell’Antico e Nuovo Testamento, ma anche miti pagani reinterpretati in chiave cristiana, come nel caso del cantore Orfeo, che affascina le creature viventi con la sua musica, così come Cristo lo fa con la parola. È questo un tema molto diffuso in ambito funerario, perché il cantore è immerso in un ambiente bucolico che richiama sia i Campi Elisi, sia il Paradiso cristiano.
In un cubicolo, insieme alle storie del profeta Giona e al Buon Pastore, sono raffigurati i busti delle Stagioni (motivo diffuso in ambito pagano), per esprimere, secondo quanto scrive il cardinale Gianfranco Ravasi, “un concetto più ampio della rigenerazione, che fluirà verso l’idea della Resurrezione”. Il motivo del banchetto, diffuso un po’ in tutte le religioni e che assume nel cristianesimo un significato eucaristico, è presente in più cubicoli, uno dei quali è chiamato delle due agapi, perché vi è raffigurato ben due volte. In un cubicolo sono raffigurati degli atleti, forse per rappresentare l’eroizzazione del defunto, e quindi la sua ascesa al cielo.
Nica FIORI Roma 12 ottobre 2019
MAUSOLEO DI SANT’ELENA
Via Casilina, 641
Le visite sono abbinate a quelle delle Catacombe dei SS. Marcellino e Pietro con turni di visita giornalieri alle ore 10, 11, 15 e16 (giovedì chiuso)
Prenotazione obbligatoria all’indirizzo e-mail: santimarcellinoepietro@gmail.com o ai numeri: 339.6528887 / 06.2419446