di Silvana LAZZARINO
Renato Mambor alla Galleria Tornabuoni Arte di Firenze, fino al 30 novembre. La sperimentazione a partire da cambiamento dello sguardo sulle relazioni esterne e interne, tra l’uomo e l’ambiente.
Tra le complesse e originali personalità del secondo Novecento Italiano, Renato Mambor attraverso la sua arte è andato oltre il significato dei contenuti espressi dalla Pop Art e oltre il senso del concettuale, per costruire un rapporto metalinguistico tra parole, immagini, cose e persone. L’arte di Mambor, che oltre alla pittura ha esplorato i diversi orizzonti visivi e rappresentativi che spaziano dal teatro al cinema, dalla fotografia alla performance, viene ripercorsa in una suggestiva mostra a lui dedicata in corso alla Tornabuoni Arte a Firenze, dove resterà aperta fino al 30 novembre 2019.
Curata da Federico Sardella e in collaborazione con l’archivio Mambor, l’esposizione mette in luce la figura poliedrica dell’uomo e dell’artista, tra i protagonisti più interessanti del gruppo della Scuola di Piazza del Popolo insieme a Mario Schifano, Franco Angeli, Tano Festa e Cesare Tacchi, che ha saputo cogliere con stile innovativo e dirompente il senso profondo della realtà contemporanea, sempre più tecnologica e sofisticata in cui l’uomo agisce spesso per automatismi. Attraverso la sua arte che riflette la sua personalità eclettica, Mambor ha avviato una sperimentazione sul rapporto tra organismo e ambiente, tra arte e vita, sul cambiamento dello sguardo e dei punti di vista, sulle relazioni interne ed esterne, su separazione e unità.
Nato a Roma nel 1936 dove muore nel 2014, Renato Mambor inizia la sua esperienza accostandosi al cinema in qualità di sceneggiatore, cartellonista e attore interpretando anche una piccola parte nel film di Fellini “La dolce Vita”, per poi sul finire degli anni Cinquanta dedicarsi completamente alla pittura partecipando a diverse mostre personali e collettive. Dopo l’esordio con la mostra del 1959 presso la Galleria Appia Antica di Roma, ottiene diversi riconoscimenti vincendo uno dei “Premi di incoraggiamento” della Galleria d’Arte Moderna, che confermeranno il suo talento come anche l’esposizione del 1965 presso la Galleria la Tartaruga di Plinio de Martiis. Dalla pittura al teatro il passo è breve: infatti a partire dagli anni Settanta Mambor si lascia incantare dalla fascinazione del teatro costituendo insieme a Carlo Montesi, Lillo Monachesi e Claudio Privitera il gruppo “Trousse” (nome tratto dalla scultura di metallo da lui realizzata) che dirige dal 1975, per arrivare agli anni Ottanta con Mario Prosperi ad una forma di teatro più tradizionale. È questa fascinazione teatrale con cui si concentra maggiormente verso una ricerca interiore, sugli aspetti cognitivi, emotivi dell’uomo a suggerirgli spunti nuovi per i suoi lavori di questi anni come per l’opera pensata per gli spazi di Palazzo Taverna su richiesta e invito di Graziella Lonardi Buontempo. Non manca l’interesse per le grandi installazioni che trovano apprezzamenti nella personale “Fermata d’autobus” nel 1995 presso lo Spazio Flaminio a Roma.
Durante l’esperienza teatrale che lo vede autore e regista incontra Patrizia Speciale che diventerà poi sua moglie. Parallelamente al teatro Mmbor si dedica alla fotografia, ai filmati, alla performance e al video ad abbracciare ogni forma d’arte, pur restando la pittura il suo amore di sempre. Così infatti affermava: “Voglio fare di tutto, ballare, cantare, scrivere, recitare, fare il cinema, il teatro, la poesia, voglio esprimermi con tutti i mezzi, ma voglio farlo da pittore perché dipingere non è un modo di fare ma un modo di essere”.
Il percorso espositivo ripercorre l’evoluzione dell’arte di Mambor proponendo accanto ai lavori degli anni Sessanta, le opere più significative degli anni Novanta e Duemila, sino alle grandi installazioni. A partire dall’analisi del rapporto in trasformazione tra gli uomini e tra lo stesso individuo e l’ambiente, il suo discorso si sofferma sull’oggetto e sulla sua definizione mettendoli in relazione entro un‘ottica di richiamo analitico e concettuale. L’oggetto diventa il mezzo con cui viene rappresentato un concetto percepito nella sua interezza entro una visione oggettiva e precisa come accade per le figure di uomini piatte e prive di identità, stereotipate presenti ad esempio con la serie dell’“Uomo Statistico”. Nuovo punto di vista sul rapporto tra l’opera e il fruitore è l’inserimento dell’osservatore in cui si può cogliere lo stesso artista che restituisce nuovi piani di rispondenze tra le due parti.
Le opere in mostra da “Airone ferito” (1966) a “Riflettore avorio” (1992), da “Folla” (1963) ai “Protettori” (2007), da “Asciugacapelli” (1966) a “Battesimo nel colore blu” (2005), fino a “Tutti sullo stesso piano” (2011), “Fili” e l’ “Uomo geografico” (2012), sottolineano il suo costante guardare all’incontro tra l’uomo e la realtà, tra l’osservatore e l’oggetto di osservazione, con particolare attenzione allo sconfinamento tra arte e vita. Proprio sul rapporto tra arte e vita, organismo e ambiente, ha dato forma ad una sperimentazione a partire dal cambiamento dello sguardo e dei punti di vista sulle relazioni interne ed esterne, su separazione e unione. In questa ricerca egli ha inventato dispositivi di comunicazione in grado di coinvolgere lo spettatore in linea con la visione contemporanea della vita.
Affrontato e analizzato in particolare attraverso il teatro, il rapporto tra arte e vita diventa per Mambor un luogo ideale cui ispirarsi trasformando il suo fare arte in laboratorio permanente. Così la sua arte sperimenta nuove forme e presenze elaborando quel sottile confine che separa e avvicina, e talvolta confonde queste due dimensioni: arte e vita che nel teatro trovano una perfetta associazione e combinazione di idee sospese tra verità e finzione, vita e forma.
Roberto Casamonti, titolare della Tornabuoni Arte così ha sottolineato:
“Ho conosciuto e frequentato Renato Mambor ogni volta stupendomi per quanto quest’uomo, per molti versi straordinario, sapesse creare vera arte ovunque e su qualsiasi “cosa” si applicasse. Era un artista che aveva l’urgenza di esprimersi e il coraggio di farlo con i media più diversi. Lo stesso Mambor sosteneva che il lavoro di un artista andrebbe letto e considerato innanzitutto a partire dall’oggi, dagli ultimissimi elaborati e dalle riflessioni più recenti.”
Talora enigmatiche le sue opere, in mostra, creano un suggestivo gioco di rimandi tra visibile e invisibile, vissuto e immaginato, a suggerire un dialogo infinito con chi osserva le stesse opere. Guardando le opere si diventa interlocutori privilegiati per aprirsi ad un viaggio attraverso l’universo esterno sospeso tra segno e materia, idea e concetto.
Il potere dell’arte per Mambor è riuscire a ridare ad ogni azione e comportamento anche più banale e abitudinario, un nuovo senso estrapolandolo dalla seriale e meccanica quotidianità. L’arte si fa pensiero e allo stesso tempo figurazione di tale pensiero che avanza generando espressioni senza volti, senza specifiche fisionomie perché va oltre quei codici linguistici precostituiti.
Ad accompagnare la mostra un ricco volume monografico bilingue (italiano e inglese) edito da Forma e curato da Federico Sardella con testi dello stesso Sardella, di Sara Uboldi e Patrizia Speciale Mambor, oltre ad una conversazione con Gianna Mazzini scrittrice e regista, molto amica dell’artista e di sua moglie, autrice di un significativo documentario su Mambor che ne restituisce un ritratto insolito, presentato nel 2018 alla 23° edizione di Artecinema – Festival internazionale di film sull’arte contemporanea e all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.
Silvana LAZZARINO Firnze 10 novembre 2019
In Galleria la protezione del film “MAMBOR” diretto da Gianna Mazzini
Il film documentario che propone uno sguardo rinnovato sulla figura dell’artista,sarà proiettato alla Galleria Tornabuoni Arte mercoledì 13 novembre alle ore 19.50 con ingresso previsto per le 19.30. Saranno presenti oltre all’autrice e regista Gianna Mazzini e al gallerista Roberto Casamonti, anche Silvia Jop, ideatrice del progetto “Parola chiave Mambor” e Patrizia Speciale Mambor, Presidente Archivio Mambor. Il film, centrato sul forte legame tra l’uomo e l’artista invita lo spettatore a soffermarsi sul valore etico legato alle opere dello stesso Mambor viste nell’attualità di oggi, entro un percorso di continua creatività dove si intrecciano i suoi talenti tra arte, cinema e teatro.
Gianna Mazzini molto amica di Mambor e di sua moglie, così ricorda quel periodo: “Roma, una quindicina d’anni fa. Lui già grande, io assai più piccola. Siamo diventati amici, e da quella volta ci siamo visti spesso: io, lui e Patrizia Speciale, la sua compagna. Accadeva che si cominciasse a parlare del mondo come se il mondo dipendesse da noi. Un giorno mi ha chiesto di fargli un ritratto con le immagini, un film. Abbiamo cominciato a lavorare insieme. Ore a parlare. Vederlo lavorare. Il rapporto si è fatto saldo. Il vero grande privilegio è stato essergli vicino nell’ultimo periodo. Il suo finale fiammeggiante, con i pensieri di quando si sta in bilico. Un combattente vero”.
“Mi restava il tesoro di un artista fantastico, stretto in una lettura troppo stretta: gli anni 60, gli uomini statistici. Gli anni 70. Quel periodo, quel gruppo, quelle opere. E invece c’erano ancora un sacco di cose da scoprire di lui, e durante quella fase di sospensione le scoperte si affacciavano continue: un taccuino, foto, qualche frase o brandelli di conversazione che mi riaccendevano la testa. Lui che sceglieva di andare fuori moda. Lui e la sua capacità di anticipare. Di aprire. Mi tornavano in mente le sue parole: ‘Fammi un ritratto di quelli che fai te, ma ci devi essere, ci devi essere proprio te’. A quel punto ho capito che il modo in cui avrei preso lo spazio che Renato mi aveva chiesto di occupare sulla scena sarebbe stata la mia voce. Ho pensato molto a chi oggi ha vent’anni, a chi non ha nessuna idea di chi Renato sia stato e di cosa abbia prodotto. Mi è sembrata la condizione ideale per capirlo. Rileggerlo da capo. Perché è il suo percorso tutto che è incantevole: la parabola dice più dei singoli punti. E la sua ultima opera, per me, è la più nuova di tutte. Renato mi aveva anche chiesto: “niente musica”.
E così è stato’. Per assistere alla proiezione è necessario prenotarsi scrivendo a info@tornabuoniarte.it..
Biografia della regista:
Cinema, teatro, letteratura, pubblicità e poi radio e documentario sono le arti con cui si è confrontata Gianna Mazzini che a più riprese ha lavorato per il settore Ricerca e Sperimentazione Rai e ha realizzato diversi documentari per Rai Educational (tra gli altri, per i programmi “La storia siamo no”i e “Vuoti di memoria”). Nel 2001 vince la Menzione Speciale al Minimum Prize, Università delle Idee di Michelangelo Pistoletto con il progetto “Quel tanto di differenza”. Insieme all’economista Giovanna Galletti è ideatrice e fondatrice di Labodif: istituto di ricerca e comunicazione, e si dedica allo svelamento dello sguardo femminile..
Si Lazz.
Dati tecnici: del film “ MAMBOR”
Paese: Italia – Anno di produzione: 2017 – Durata: 47’ – Soggetto, sceneggiatura e regia: Gianna Mazzini – Assistente alla regia: Serena Pasquali Lasagni – Montaggio: Serena Pasquali Lasagni, Luca Orgiu – Fotografia: Paolo Panno Musica: Fabrizio Gatti – Suono: Marco Giacomelli – Produzione: PSM produzioni
RENATO MAMBOR
Galleria Tornabuoni Arte
Lungarno Benvenuto Cellini 3 – 50125 Firenze. Orario: lunedì – venerdì 9.00 / 13.00 – 15.30 / 19.30. sabato 10.30 /18.30. fino al 30 novembre 2019
proiezione in galleria del Film “MAMBOR”, regia di Gianna Mazzini mercoledì 13 novembre 2019 ore 19.50. la prenotazione per la visione del film è obbligatoria scrivendo a info@tornabuoniarte.it
Per informazioni: tel: 055 6812697,
info@tornabuoniarte.it – www.tornabuoniarte.it