di Nica FIORI
Aquileia compie 2200 anni. La mostra all’Ara Pacis
Tutti gli amanti del mosaico conoscono Aquileia, perché si tratta di un sito eccezionale, patrimonio dell’umanità dal 1998, che vanta una basilica patriarcale con un pavimento mosaicato del IV secolo. Un unicum nell’arte tardoantica per la vivacità cromatica, che stravolge la misura classica con effetti che lo storico dell’arte Sergio Bettini ha definito addirittura fauve. Un’opera eccezionale anche per la vastità, paragonabile solo ai mosaici di gusto ellenistico della Villa del Casale di Piazza Armerina in Sicilia.
Meraviglia il fatto che questa città del Friuli Venezia Giulia, un tempo importantissima, sia attualmente un comune di poco più di 3200 abitanti. La mostra “Aquileia 2200. Porta di Roma verso i Balcani e l’Oriente” che si tiene a Roma nel Museo dell’Ara Pacis fino al 1° dicembre 2019, ricorda la sua fondazione nel 181 a.C. e la sua lunga storia, stimolando i visitatori a recarsi sul luogo per ammirare un sito veramente degno d’interesse: una colonia romana situata in un punto strategico, dotata di un porto fluviale sicuro, che da iniziale centro militare diviene un importante centro commerciale collegato con i Balcani e con i mari del Nord, da dove partiva la via dell’ambra. Una città che ha influenzato artisticamente tutta la regione, con le sue officine di arti applicate, dalla ceramica, al vetro, al mosaico, alla lavorazione dell’ambra, oltre a quelle non meno attive di scultori e architetti. Dopo l’editto di Milano del 313, Aquileia diventa il centro d’irradiazione del cristianesimo nell’Italia Settentrionale e nelle regioni del Centro e dell’Europa orientale. Nel IV secolo d.C. era talmente ricca e popolosa, da essere ricordata dal poeta Ausonio come “nona tra le illustri città… per le mura e per il porto famosissima”.
La città fu anche sede di un principato ecclesiastico e di uno Stato Patriarcale, a partire dal 1077 e fino alla conquista veneziana nel 1420, mentre il Patriarcato come entità ecclesiastica fu soppresso solo nel 1751, avendo come eredi le Arcidiocesi di Udine, per la parte veneta, e di Gorizia, per la parte imperiale.
L’obiettivo primario della mostra è proprio quello di evidenziare il ruolo che Aquileia ha svolto per due millenni dal punto di vista non solo militare, politico ed economico, ma anche culturale e ideale nel bacino del Mediterraneo. È ovvio che una mostra come questa può essere soprattutto rievocativa, perché i mosaici pavimentali di Aquileia e le architetture del suo foro non si possono portare a Roma, se non con immagini proiettate e altre fotografiche, ma sono comunque presenti dei bellissimi reperti prestati dal Museo archeologico nazionale di Aquileia e i calchi del Museo della Civiltà romana, attualmente chiuso, per dare l’idea dei suoi monumenti di epoca romana, e suggestivi strumenti multimediali.
Promossa dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e realizzata dalla Fondazione Aquileia in collaborazione con il Polo Museale del Friuli Venezia Giulia e il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, la mostra è curata da Cristiano Tiussi, Direttore della Fondazione Aquileia, e da Marta Novello, Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, con un contributo di don Alessio Geretti, curatore delle iniziative culturali di Illegio, un altro importante borgo della provincia di Udine.
Il percorso espositivo ripercorre le numerose “trasformazioni” della città nei suoi momenti storicamente più significativi: l’antica città romana, l’Aquileia bizantina e medioevale e il Patriarcato, sino a giungere al periodo in cui la città fu parte dell’Impero Asburgico e infine agli anni della Prima Guerra Mondiale e del successivo dopoguerra.
Tra le diverse opere esposte grande risalto viene dato al bassorilievo definito “Applique con testa di Vento”, un raro bronzo di stile ellenistico, databile al II – I secolo a. C., che doveva far parte di un edificio del foro, presso cui è stato rinvenuto in un pozzo nel 1988.
Raffigura un volto di profilo le cui ciocche di barba e capelli mossi dal vento creano un netto contrasto con le parti perfettamente lisciate della fronte, degli zigomi e del collo. I capelli e la bocca aperta fanno pensare a un vento, forse Boreas, ma la particolare forma dell’orecchio a punta potrebbe anche far pensare a quelle creature mitologiche legate al mondo della natura, come i Fauni.
Altri elementi scultorei sono la testa di Apollo, copia romana da un bronzo di Prassitele caratterizzato da una bellezza ideale, la testa di vecchio del I secolo a.C., che è un ritratto funerario improntato a forte realismo (ad esempio nelle orecchie a sventola), e la stele funeraria del mirmillone Quinto Sossio Albo, un gladiatore raffigurato con il suo armamento completo.
Un emblema di mosaico (I secolo d.C.), che decorava il triclinio di una domus, è di impronta ellenistica e raffigura una lotta tra animali marini, che ha numerosi confronti nel mondo romano soprattutto in area vesuviana: entro un fondo azzurro, diverse conchiglie, pesci e molluschi circondano la scena centrale nella quale un polpo è colto nell’atto di assalire un’aragosta, che si avventa contro una murena, che a sua volta azzanna il polpo. La scelta del tema allude alla pescosità del mare e ben si presta alla funzione tricliniare del vano. Il pesce nel mondo romano era, infatti, considerato una pietanza raffinata, la cui presentazione nei banchetti contribuiva a sottolineare l’agiatezza del padrone di casa.
Ma la cosa interessante è che l’abbondanza di pesci caratterizza anche la decorazione del pavimento a mosaico della basilica cristiana, sia pure con un diverso significato, all’epoca del vescovo Teodoro (IV secolo). Un pavimento che ammiriamo nelle fotografie del friulano Elio Ciol. Ben 153 pesci sono raffigurati in una scena di pesca, tutti diversi uno dall’altro, per rappresentare simbolicamente tutti i popoli conosciuti all’epoca e all’interno del mare si sviluppa la storia di Giona che allude alla resurrezione di Cristo, elemento su cui i catecumeni potevano meditare. Altre scene mosaicate della basilica che troviamo in fotografia sono quelle del Buon Pastore, che una volta è raffigurato con uno strumento musicale in mano, e ancora la lotta del gallo con una tartaruga, che allude forse a quella tra il bene e il male, e poi ancora il capro con basto, il bue con l’aratro, e uccelli che beccano dei vegetali. Altre fotografie di Elio Ciol, relative al paesaggio e alla statuaria del museo, sono in bianco e nero e ci affascinano per la grande capacità di creare con la luce un’aura di mistero. Ci colpisce, tra le altre, anche la foto dell’ara di Europo, con scena erotica, dove Venere, che pur dovrebbe essere abituata al sesso, si gira turbata per non vedere le ancelle che lavano Priapo bambino. Le foto di Elio Ciol, in tutto 43, sono collocate al centro del percorso, costituendo una mostra nella mostra, quanto mai necessaria per renderci conto della bellezza di Aquileia.
Una sezione presenta una preziosa collezione di oggetti in ambra rossa, tra cui anelli, collane, ciondoli, amuleti e persino pissidi e accessori da toilette, che sono espressione di quell’artigianato artistico che si era sviluppato nella città, punto d’arrivo dell’antichissima “Via dell’Ambra” proveniente dal Baltico, dove la resina fossile era raccolta. Fin dalla sua fondazione, Aquileia svolse, in effetti, un ruolo di grande rilevanza nella lavorazione e nel commercio della preziosa ambra, confermato dal ritrovamento di nuclei grezzi e scarti di lavorazione, oltre che dall’altissima quantità e dalla qualità dei manufatti rinvenuti nel sito.
Un’altra opera esposta è il rilievo in calcare con scena di torchiatura (II-III secolo d.C.), con due figure maschili, intente a far girare un grande torchio vinario. Ad Aquileia numerose sono le attestazioni di attività legate alla viticoltura e alla produzione del vino, che testimoniano la ricchezza e la varietà dei vigneti locali. Un passo di Erodiano ci racconta di come i legionari di Massimino il Trace costruirono un ponte sul fiume della città utilizzando le sole botti recuperate nei dintorni. Livia, moglie dell’imperatore Augusto, attribuiva al vino locale Pucinum, che forse è un antesignano del Refosco, la sua longevità, come riferisce Plinio il Vecchio.
Un reperto antico che in qualche modo richiama il monumento ospitante, ovvero l’Ara Pacis di Augusto, è il ritratto di Lucio Cesare, uno dei nipoti di Augusto, figli di Giulia e di Agrippa, che erano stati designati alla successione imperiale da Augusto. L’altro è Gaio Cesare, il cui ritratto è pure presente ad Aquileia. Tutti e due sono morti anzitempo e tutti e due sono raffigurati nel rilievo della famiglia imperiale della stessa Ara Pacis.
Sono relativi agli imperatori Augusto e Claudio, invece, i calchi di due grandi statue conservate ad Aquileia. Fanno parte dei 23 calchi di reperti di Aquileia realizzati nel 1937 in occasione della Mostra Augustea della Romanità (dove Aquileia era la città più rappresentata, insieme a Ostia e Pompei), oggi custoditi presso il Museo della Civiltà Romana. Sono soprattutto rilievi funerari, di un certo interesse perché ci parlano dei mestieri dei defunti (c’è anche quello di una mima). Di rilevanza storica è l’ara votiva con la rappresentazione della città di Aquileia che si inginocchia davanti alla personificazione di Roma, raffigurata con la corona turrita in testa e lo scettro in mano.
È relativa all’episodio dell’assedio da parte di Massimino il Trace, eletto imperatore nei Balcani, che combattè contro gli imperatori designati dal senato Pupieno e Balbino e venne ucciso ad Aquileia.
Nella sezione del Cristianesimo troviamo un bassorilievo in pietra calcarea del IV secolo raffigurante l’abbraccio tra Pietro e Paolo, commovente testimonianza della vitalità e della ricchezza della grande Chiesa Aquileiese e, per concludere, la mostra offre due spaccati storici sul Patriarcato di Aquileia e sul Milite Ignoto. In quest’ultima sezione è esposto per la prima volta il tricolore, recentemente donato allo Stato, che avvolse, nella cerimonia del 1921 nella Basilica ad Aquileia, il feretro del soldato scelto dalla madre di un soldato caduto e disperso, Maria Bergamas, per rappresentare tutte le vittime disperse in guerra.
Nica FIORI Roma 10 novembre 2019
Aquileia 2200.
Porta di Roma verso i Balcani e l’Oriente
Museo dell’Ara Pacis, Lungotevere in Augusta (angolo via Tomacelli)
9 novembre – 1 dicembre 2019.Ingresso da Lungotevere in Augusta (Angolo via Tomacelli) Tutti i giorni 9.30-19.30.Biglietto integrato museo +mostra €13, ridotto €11 per i non residenti; € 11, ridotto €9 per i residenti nel Comune di Roma. La biglietteria chiude un’ora prima.Per i possessori della MIC Card l’ingresso al museo e alla mostra è gratuito