di Philippe CASANOVA
Con il brillante scritto che pubblichiamo, Philippe Casanova (Parigi, 1965 ) – artista francese ma ormai italianizzato – esordisce come recensore della mostra che si è aperta a metà novembre al Petit Palais di Parigi Le triomphe de la peinture napolitaine (fino al 23 febbraio 2020) nella quale emerge particolarmente la straordinaria veemenza pittorica di Luca Giordano. Considerate le predilezioni in campo artistico che da sempre Philippe mostra di avere (In tutte le sue pitture egli ha sempre mostrato il suo estro di autentico “poeta del barocco”, come testimonia la importante esposizione, ultima in ordine di tempo, di suoi lavori alla parigina Galerie Mendes) non era un caso che ad attirare in modo determinante la sua attenzione fosse proprio il geniale artista di Napoli, al quale evidentemente, lo collega -al di là dl tempo- una consonanza di idee e di pratiche che esce pienamente confermata anche in campo critico con lo scritto che segue e con il quale inizia la sua collaborazione con About Art.
Durante la sua vita ben spesa, Luca Giordano (Napoli, 18 ottobre 1634 – Napoli, 12 gennaio 1705) si era tenuto prudentemente a distanza da Parigi, nonostante le sollecitazioni ricevute dalla corte del Re. Forse aveva avuto sentore degli oltraggi fatti a Francesco Cavalli (1660), oppure dell’ esperienza neppure essa trionfale del Bernini (1665) su un palco sempre scivoloso e a volte crudele.
Quest’ anno, invece, non ha potuto dire di no, talmente di prima classe era l’invito fattogli dal comune di Parigi in una delle sue più sontuose sedi espositive! Tanto più che la mostra Le triomphe de la peinture napolitaine (fino al 23 febbraio 2020) è parte rilevante di una stagione napoletana, frutto dell’amichevole collaborazione con il museo di Capodimonte, che si è aperta a ottobre con la mostra Vincenzo Gemito (fino al 26 gennaio) e sarà l’ occasione di una sfarzosa serie di concerti e conferenze ideate da Christophe Léribault et Sylvain Bellenger (direttori rispettivamente del Petit Palais e del Museo e Real Bosco di Capodimonte).
Questa volta ha accondisceso ad essere Luc Jourdan, come lo chiamavano nel settecento questi insolenti parigini. Bisognava quindi dar loro una lezione, far capire loro cos’ è la pittura, aprir loro gli occhi sull’ evidente superiorità degli italiani nelle arti visive –e non solo- ed effettivamente ci ha pensato senza troppi giri di parole un Luca Giordano in grande forma.
Servito da una scenografia strabiliante negli ampi spazi del Petit Palais trasformati in una enfilade di stanze principesche, interrotte da cappelle recondite, celle monacali quasi tenebrose, poi nuovamente in aule nelle quali può dispiegarsi con comodo il trionfo del brio partenopeo e al di là di una Santa Romana Chiesa di buon umore che ha quasi solo delle buone notizie da impartirci.
Un San Michele arcangelo in argento, rame e bronzo (Vaccaro scultore, Vinaccia orafo) fa gli onori di casa prima di passare il testimone ad Alessandro Scarlatti che precederà il visitatore, gli aprirà le stanze di un percorso magistrale ideato da Stefano Causa (Università Suor Orsola Benincasa di Napoli), curatore della mostra e del catalogo insieme a Patrizia Piscitello (Museo di Capodimonte). Un curatore tuonante e molto sicuro di se:
“c’ est Luca Giordano et non Caravage le vrai révolutionnaire de la peinture napolitaine!”.
Un artista dapprima cupo, interamente sotto il dominio di Ribera, addolorato, meditativo, o se vogliamo giansenista, per il quale tutto è vanità e solo la sofferenza e la malattia possono risollevarci; qualche anno dopo cederà il posto ad un artista completamente diverso, il quale, dopo essersi confrontato con Cortona, Rubens o anche Mattia Preti in occasione dei suoi soggiorni a Roma o in Lombardia, conquistato da un barocco brillante, generoso, vede questa volta nell’ opulenza nulla di male, anzi, l’ anticamera del paradiso, quasi una necessaria purificazione, in una esplosione di ottimismo che non conosce limiti. Stavo dimenticando due stanze bellissime, una dedicata a San Sebastiano, l’ altra con una galleria di filosofi ed una maniera molto più realista che oscilla tra cinismo e stoicismo.
Non mancano alcune scene mitologiche, Venere o Arianna nude in un voluttuoso abbandono, dei più invitanti.
Bisogna in questi casi parlare del Tiziano, dei viaggi a Venezia, delle pennellate focose, larghe, abbondantemente e gioiosamente pastose che aprono la strada alle prodezze rococò di François Boucher, Jean-Honoré Fragonard, Louis-Jean François Lagrenée e molti altri galletti che hanno avuto la sfrontatezza di dipingere non smettendo mai di guardare oltr’ Alpe, e infine a Hubert Robert con la sua veduta della controfacciata della chiesa dei Gerolomini affrescata da Luca Giordano.
A Venezia ancora Luca prese dal Tintoretto il gusto per le tele enormi, dalle composizioni ardite, complesse e vorticose. Il passo successivo per questo Tintoretto del sud, dalle imprese ciclopiche, furono le volte e navate, dall’ Escorial di Madrid al palazzo Riccardi Medici en passant per San Gregorio Armeno ed altre numerose chiese di Napoli. Presso i Gerolomini La cacciata dei mercanti dal tempio, qualificato quale testamento dell’ artista, ci offre l’occasione di constatare che, ancora una volta ritroviamo gli oratoriani di San Filippo Neri committenti e mecenati ad un punto chiave del percorso di un artista protagonista assoluto della stagione barocca.
Le Petit Palais ospita un’ impressionante delegazione di questi splendori pittorici, fenomenali, alcuni giganteschi: oltre a Capodimonte una decina di musei francesi hanno dato il loro contributo, dal museo Fesch di Ajaccio al Louvre stesso; oppure, quando è stato proprio impossibile staccarli dalle pareti, li propongono comunque con eleganti proiezioni.
Questa mostra è favolosa, i francesi non hanno lesinato impegni per questa prima antologica di Luca Giordano, si tratta di un vero gesto di amicizia nei confronti dei cugini transalpini, attraverso la celebrazione di un loro fuori classe, un loro goleador, “Luca fa presto”, il suo nomignolo.
Le nostre relazioni hanno sempre bisogno di essere migliorate, curate, coccolate, talvolta letteralmente medicate. Aspettiamo ora di conoscere la reazione, a di là della critica, del difficile pubblico parigino.
Philippe CASANOVA Paris Novembre 2019