di Arabella CIFANI, Franco Monetti, Giulio PEDRANI
1 La pittura piemontese del Settecento è, a tutt’oggi, una galassia poco conosciuta al di fuori di una ristretta cerchia di esperti e, soprattutto, a parte poche lodevoli eccezioni, non acquisita ancora dal sistema della storia dell’arte nazionale. Ci auguriamo pertanto che, come ci si sorprende e ci si interessa per ritrovamenti di pittori romani, napoletani o veneti anche minori di questo secolo, la storia dell’arte italiana incominci ad interessarsi anche della pittura in Piemonte, che ebbe come tutte le regioni italiane punte di alta qualità e artisti mediocri; capire più a fondo, precisare e definire nelle sue componenti la storia artistica di un territorio complesso, anche per la sua posizione geografica, come quello del Piemonte, appare necessario.
E’ sempre un momento di interesse storico-artistico, a volte anche importante, quando è possibile legare opere certe ad un autore sconosciuto o quasi. Le opere vengono sempre a contraddistinguerlo, negativamente o positivamente, ponendolo in rapporto con altre esperienze artistiche coeve similari, che sovente inducono a confusioni; le nuove opere consentono infatti nuove liaisons, nuove proposte, nell’arcipelago della storia dell’arte del Settecento in Piemonte.
Accade pure per il pittore Giovanni Antonio Arambourg (1).
Sono poche le notizie che di lui ci sono giunte, tutte raccolte da Alessandro Baudi Vesme. Il 19 agosto 1772 l’architetto Giuseppe Piacenza, scrivendo da Torino a Luigi Crespi bolognese sul suo libro Descrizione delle sculture, pitture ecc. (Bologna 1772), precisa rigidamente a proposito di evitare di nominare pittori assai mediocri:
“Si poteva per esempio a p. 15 passare sotto silenzio il cattivo quadro venuto da Torino per la chiesa delle Salesiane, essendo stato fatto nel 1752 da un cattivissimo pittore per nome Giovan Antonio Aranbourg del Villar in Savoia, che morì circa due anni sono, ed era de’ più cattivi pittori di Torino”.
Nel 1776 Francesco Bartoli menziona un suo quadro presente nella Chiesa della Visitazione di Torino: “Nel primo altare alla destra, il Sacro Cuore di Gesù adorato dagli angeli è dell’Aramborgo Torinese (Notizie di pittura ecc., I, p. 56) (2). Il pittore è poi ricordato da Modesto Paroletti in Turin et ses curiosités: “peintre de Turin peu connu” (p. 371).
Un catalogo di vendita – continua Vesme – ha proposto un suo disegno in 4°, che raffigura “il ritratto di un giovane principe”.
Vesme dichiara infine di aver trovato sul pittore un solo documento del 19 novembre 1731 nei Conti della Real Casa, nel quale risulta pagato lire 24 “per aver ingranditi da due parti e riaggiustati tre quadri grandi di sopraporte per il regio servizio” (3).
Da ricordare, infine, che il padre del pittore, di nome Michele, come vedremo, è ricordato come membro della Congregazione di Carità di Rivalta di Torino nel 1719 (1991) (4).
Nel 1996 si erano portate alcune precisazioni sul pittore, rimaste ferme, senza possibilità di attribuzioni di opere. Nel 1735 Giovanni Antonio Arambourg appare per la prima volta come “Cantoniere” della città di Torino ed è sempre segnalato in seguito con l’appellativo di pittore. Abita nel cantone di San Carlo e a lui è affidata la direzione del cantone (o isolato, quartiere) di S. Antonio da Padova.
Prosegue dal 1736 al 1742 come cantoniere. Nel 1743 risulta abitare nel cantone di S. Baldassar e dirige sempre il cantone di S. Antonio da Padova; così ancora nel 1744, 1745, 1746, 1747 e 1751 (quando non appare però più il cantone dove abita).
Nel 1754 abita sotto S. Felice, casa Richelmi, e dirige i cantoni di S. Felice e S. Maria. Negli anni 1755-1763 non appare dove abita, ma dirige sempre i due cantoni di S. Felice e S. Maria. Dal 1764 al 1769 abita sotto S. Eusebio e dirige sempre S. Felice e S. Maria. Nel 1769 il suo cognome e nome risultano sbarrati, segno che cessò dall’ufficio di cantoniere (5).
Si possono ora aggiungere, dietro nostra ricerca specifica, altre notizie circonstanziate sulla figura di Giovanni Antonio Arambourg.
Prima i documenti civili. Della famiglia del pittore conosciamo la dote della madre Giovanna Vigna e un altro seguente documento a complemento di essa; inoltre la dote della sorella Caterina del 1724.
La dote della madre costituisce una fonte primaria per la conoscenza della famiglia del pittore. Il primo documento del 29 aprile 1698 narra che in seguito alle guerre nelle Valli di Luserna nel Pinerolese, la Contessa della Montà, “Prima dama d’honore di Madama Reale”, si era caricata di sei figliole nubili, per “farle Cattolizare”; tra di loro anche Giovanna Vigna la futura madre del pittore, che la contessa aveva fatto educare “nella Dottrina Cristiana” nel “Monastero d’Agosta”. Essendo Giovanna ora in procinto di sposarsi, la contessa, in accordo con la Contessa della Morra, procura alla sposa una buona dote e un buon fardello di nozze; lo sposo Michele Arambourg aggiunge alla dote lire 236; il documento costituisce un preciso termine post quem per la data di nascita del nostro pittore.
In un secondo documento dotale di molti anni dopo, precisamente del 15 ottobre 1714, il marito Michele, figlio del fu Giovanni Antonio, del Villar di Moriana, riconosce di aver ricevuto dalla moglie Giovanna la sua dote e ancora altre importanti somme (lire 800) in più partite. Dal documento si apprende anche che il nostro pittore portava il nome del nonno paterno (6).
Documento familiare significativo è pure il testamento del padre e della madre del 19 giugno1727. Michele del “fu Giovanni Antonio del Luogo del Vilar in Moriena” e Giovanna “figliola del fu Giovanni Vigna”, “oggidì abitanti nel Luogo di Rivalta” fanno il loro ultimo testamento. Sono ancora in buona salute; ordinano per la loro morte messe e lasciano alla Compagnia di Santa Croce di Rivalta lire 15. Eredi particolari sono la figlia Cattarina moglie del negoziante Bernoc, a cui vanno lire 400, e gli altri due figli Giovanni Antonio e Giuseppe Michele. Il padre e la madre si nominano eredi universali l’un l’altro in caso di rispettiva morte (7).
Passiamo poi ai documenti riguardanti più direttamente il pittore, che ci trasmettono anch’essi numerose utili notizie e ce lo restituiscono dalle pieghe del tempo. Due sono i testamenti riemersi del pittore. Un primo testamento brevissimo è del 15 agosto 1734. “Giovanni Antonio Aramborgo della presente Città Pittore Accademico in essa residente figliolo del fu Signor Michele” detta il suo testamento infermo a letto in presenza di numerosi testimoni. Lascia alla moglie “consorte amatissima” l’usufrutto su tutte le sue sostanze e lascia erede universale il figlio piccolo, che sarà curato dalla moglie, Giuseppe Enrico Battista Michele.
Un secondo testamento del 27 agosto 1734, sempre in presenza della malattia che l’ha colpito, è dettato nella casa dei padri “Agostiniani Scalzi detti di San Carlo”, abitazione del testatore, parrocchia di San Eusebio, cantone di San Carlo. E’ anch’esso breve, ma rivelatore. Ci riconferma il nome del padre, Michele, ormai defunto e quello della madre, ancor vivente, Giovanna Vigna; inoltre il nome della moglie, Maria Battista Teresa, a cui lascia la maggior parte degli scarsi beni; infine il nome del figlio Enrico Battista Michele e del fratello Giuseppe Michele (o Michele Giuseppe). Il testamento ritorna espressamente sul fatto che è “nativo di questa Città [Torino] e Pittore qui abitante” e che possiede “beni stabili a Rivalta, e Villar di Morianna” (8).
Segue per importanza la “Divisione tra li Signori Giovanni Antonio, e Giuseppe Michele frattelli Arambourg” del 3 maggio 1735 a Torino. Mancato il padre Michele, i due figli Giovanni Antonio, pittore, e Giuseppe Michele, sarto, si dividono l’eredità loro lasciata; la sorella Cattarina, moglie del signor Giuseppe Bernocho, ha già avuto quanto le spettava. Vengono divisi i beni della cascina di Rivalta, che sono descritti partitamente ad uno ad uno (9).
Ecco ancora altri documenti di interesse: due atti di vendita e una dote; i tre documenti, insieme considerati, pongono chiaramente in luce la situazione economica mediocre del pittore e della sua famiglia in questi anni, con la vendita progressiva di beni ereditari. Il 7 settembre 1754 il pittore vende, insieme con il figlio Giuseppe Michele, al signor Pietro Matolda di Rivalta una “pezza di bosco” per lire 165. Il 14 giugno 1757 è registrata la dote di Rosa Giacinta, figlia del pittore. Il padre le concede per il matrimonio lire 1500, una dote ad evidenza al di sopra delle possibilità effettive della famiglia. Il pittore cinquecento lire le versa subito al futuro marito Gioan Angelo Mellano detto Calcina. Altre mille le promette di versarle entro tre anni a venire. Purtroppo passato il tempo stabilito non è in grado di pagare il resto della dote. Il 17 maggio 1760 vende di conseguenza alcuni beni che possiede in Rivalta (un campo, un alteno e un pezzo di prato) per il valore di lire 2085, soldi 13 e denaro 4, e, con l’assenso del figlio Giuseppe Enrico, paga la quota di lire mille che ancora doveva al genero Angelo Mellano, “corriere di Gabinetto di Sua Maestà”, ritenendo per sé e per il figlio il resto (10).
Giovanni Antonio Arambourg risulta essere ancor vivo il 10 giugno 1770, quando elegge il figlio Giuseppe Antonio a suo procuratore speciale, generale per i suoi beni (11). Il 29 marzo 1772 però appare scomparso; infatti un documento di vendita del figlio Giuseppe Antonio ne afferma l’avvenuta morte; il figlio del pittore vende per lire 750 “una porzione di Casa con suoi siti, e Pertinenze situata nel luogo di Rivalta, e regione detta del Borgo”, che gli era pervenuta appunto in eredità dal “fu Signor Gioanni Antonio suo Padre” (12)
La ricerca ha portato alla luce anche alcuni documenti religiosi.
Negli atti di morte della parrocchia di San Tommaso è stato ritrovato quello della moglie del pittore, Teresa Pace, che scompare a 75 anni il 17 gennaio 1768 e il giorno dopo viene sepolta; abitava nel Cantone di S. Eusebio, Casa Cardon, al 2° piano (13). La ricerca seguente dell’atto di morte del marito a San Tommaso dal 1768 al 1772 non ha portato a esiti positivi; il suo nome neppure è stato rintracciato negli atti di morte delle parrocchie di Sant’Eusebio e di San Giovanni (Duomo) per gli stessi anni.
Negli atti di matrimonio della parrocchia di Sant’Eusebio è stato ritrovato il matrimonio del pittore, che si sposa il 6 luglio 1726 con Teresa Pace figlia del fu Antonio; il documento precisa che sono “ambi di Torino e parrocchia” (14). A Sant’Eusebio, tuttavia, non è stato trovato il suo atto di battesimo; sono solo stati battezzati altri Arambourg nel 1707 e nel 1709 (15). Invece il pittore Giovanni Antonio nasce sotto la parrocchia di San Giovanni (Duomo) il 10 febbraio 1699 e viene battezzato il giorno 14 febbraio, figlio primogenito di Michele e Giovanna (Vigna) (16).
Partendo da questi dati certi, si potrà approfondire la vicenda umana e artistica del pittore, che fin d’ora tuttavia appare chiara e delineata nelle vicende principali.
2 Negli studi sull’arte delle chiese di Villafranca Piemonte (Torino), ormai lontani nel tempo (1992), si è avuto modo per la chiesa della Confraternita della SS. Annunziata di porre in evidenza il ricco ciclo mariano qui custodito. Quattro opere, eseguite nel 1718, sono opera di Martino Cignaroli: l’Immacolata, la Nascita della Vergine, la Presentazione della Vergine al Tempio, lo Sposalizio della Vergine. Ad arricchire il ciclo furono in seguito commissionate altre due tele: la Presentazione di Gesù Bambino al Tempio (foto 1)
e la Visitazione di Maria a Santa Elisabetta (foto2).
Di queste due ultime opere del ciclo, “di mano posteriore” a Martino Cignaroli, non vi era documentazione archivistica e si era avanzato l’ipotesi che autore ne potesse essere Pietro Alessandro Trono (17). Nessun nuovo documento di committenza o di pagamento delle due opere è venuto alla luce in seguito (18).
Nel 2014, durante il restauro di queste due opere è riapparsa chiara la firma del pittore e la data della loro esecuzione nel quadro della Presentazione di Gesù Bambino al Tempio; pertanto ogni dubbio attributivo è sciolto: “[J.] A. ARAMBORGUS PIXIT [sic]. 1756” (foto 3). Le due tele a olio, ancora con le loro cornici originali, hanno grandi dimensioni: cm. 240 circa per 238 circa. Furono fatti eseguire, a cura dei confratelli della Confraternita della SS. Annunziata, 38 anni dopo le quattro del Cignaroli.
Le due opere (1756) appartengono alla piena maturità artistica del pittore. In esse Arambourg si esprime con un linguaggio disinvolto e articolato, in parte mediato da opere di grandi maestri conosciute tramite incisioni, come nel caso della Presentazione derivante da una celebre composizione di Sebastiano Ricci (1659-1734) incisa da Pietro Monaco e facente parte di un rara “Raccolta di cinquantacinque storie sacre” edite a Venezia nel 1743 (foto 4).
Fin dal 1992 avevamo rilevato l’ispirazione all’incisione di Ricci e, con il passare del tempo e l’avanzare degli studi, dobbiamo notare come l’uso frequente delle incisioni di maestri importanti per l’esecuzione di quadri soprattutto sacri sia un fatto ricorrente nell’arte piemontese (e non solo). I pittori minori (ma non necessariamente solo minori) usano con disinvoltura composizioni di più illustri colleghi; in questo caso, Arambourg contribuisce alla diffusione in area subalpina della vulgata della pittura di Sebastiano Ricci. Nelle due tele di Villafranca Piemonte sono presenti anche influssi dalla pittura di Pietro Alessandro Trono (1697-1781), illustre artista del Settecento piemontese con cui la pittura tarda di Arambourg ha stretta contiguità tanto da creare difficoltà attributive risolte solo dalla firma sulla tela (19).
Il frammento di percorso della pittura di Arambourg non si ferma solo in Villafranca Piemonte, continua nella non distante Rivalta dove sono presenti altre due sue opere. La prima è custodita nella chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Andrea Apostoli; l’altra si trova nella celebre Cappella dei Santi Vittore e Corona.
Il 2 aprile 1792 il papa Pio VI Braschi chiude con un suo Breve il Monastero di Rivalta ed immette il Re Vittorio Amedeo III nel possesso della chiesa e dei beni. Poco o nulla viene trasferito alla Parrocchia di Rivalta se non il titolo dei Ss. Pietro e Andrea – Apostoli, in sostituzione di quello di San Bernardino (assegnato alla Chiesa fin dal 1455). Qualche anno più tardi (settembre 1797) a seguito di una «accorata richiesta» della Comunità, la Parrocchia riesce ad acquistare, dai nuovi proprietari del monastero, l’altare maggiore, le balaustre, l’“icona”, che erano tra le preziose dotazioni della chiesa e monastero di Rivalta (20).
L’ “icona” è stata attribuita a Giuseppe Petrini, pittore luganese (21), fino alla seconda metà degli anni Ottanta del Novecento. Il dipinto si presentava, allora, in una situazione disastrosa; la parte inferiore della tela era un’unica macchia marrone. Si intravedevano, a mala pena, le figure di San Pietro e Sant’Andrea. L’Arciprete e la Comunità ne decisero nel 1986 il restauro, interpellando la Soprintendenza ai Beni Artistici di Torino e un Laboratorio, che ne giudicarono possibile il recupero (22). Il dipinto, lavato, restaurato e rintelato (foto 5), ritornò a Rivalta nel 1989.
Il dipinto è un grande olio su tela, di cm. 400 per 250; rappresenta una luminosa Vergine Assunta che sale al Cielo, circondata da un coro di angeli; in basso, le figure di San Pietro e Sant’Andrea sono assorte, in contemplazione, del grande evento.
Durante l’intervento di pulitura è emersa, in basso con chiarezza la firma “JOAN. ARAMBOUR”, che ovviamente annulla l’attribuzione a Giuseppe Petrini e restituisce l’opera al suo vero autore; non venne rinvenuta alcuna data. Occorre anche aggiungere che negli anni Trenta del Novecento, allorché il parroco del tempo, monsignor Candido Balma, fece arretrare la parete dell’abside della Chiesa parrocchiale, facendola modificare da forma piana a forma semicircolare, venne ripristinata la pregevole cornice marmorea che contorna l’antica pala d’altare.
Il quadro è opera maggiore e giovanile di Arambourg, che in questo caso dipinge una composizione complessa, con una generica ispirazione carraccesca, ma ben definito, dal colorito pastoso e pieno, ricca di figure e di dettagli. Un lavoro cronologicamente molto più antico di quelli di Villafranca Piemonte.
A Giovanni Antonio Arambourg si deve attribuire, per evidente consonanza stilistica con la pala dell’Assunta, un altro dipinto (foto 6), altrettanto storicamente importante in ambito rivaltese, conservato presso la Cappella dei Santi Vittore e Corona. Nel piccolo altare, a sinistra della navata, detto normalmente “Patrocinio dei Conti Orsini” vi è un dipinto che raffigura in alto l’incoronazione della Vergine e tre figure in primo piano: San Carlo Borromeo al centro, San Francesco d’Assisi a destra e San Giuseppe a sinistra. Sia San Carlo che San Francesco indicano l’angolo in basso a sinistra del dipinto, in cui sono raffigurati una rara visione del castello e del borgo di Rivalta con sotto lo stemma nobiliare dei Conti Orsini, a cui sono stati aggiunti la mitra ed il bastone vescovile (23).
Il dipinto è stato oggetto di restauro (1993–1994) e ricuperato da una situazione davvero difficile; in tale occasione non sono state rinvenute né firma né data (24). Questo quadro, come quello dell’Assunta, appartiene al primo periodo dell’attività di Arambourg e va datato verso il 1730 circa. Vi compaiono infatti elementi artistici ancora tardo-secenteschi probabilmente da riferire alla formazione del pittore che ancor oggi appare sconosciuta.
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Le sicure opere di Villafranca Piemonte (Torino) e di Rivalta di Torino di Arambourg sono di ineludibile importanza per la definizione della sua maniera pittorica: per la scoperta della sua formazione, per le sue fonti, per i suoi debiti artistici. Importanti anche per confronti sicuri con opere di altri artisti piemontesi del periodo e per attribuzioni di opere finora rimaste incerte o attribuite in modo errato.
Giovanni Antonio Arambourg, un pittore torinese nuovo: un piccolo passo verso una conoscenza più approfondita del Settecento artistico torinese.
Arabella CIFANI, Franco Monetti, Giulio PEDRANI Torino 26 gennaio 2020
Note
(1) Il suo cognome si presenta in diverse grafie: solitamente Arambourg, ma anche Aranbourg, Aramborg, Aramborgo, Aramborghi, Aranbourgus, ecc.
(2) In seguito è stato ricordato anche da: Luciano Tamburini, Le chiese di Torino dal rinascimento al barocco, Torino s.d. (ma 1968), p. 182: “Altri dipinti ornavano gli altari: un Sacro Cuore di Gesù adorato dagli angeli a destra, del savoiardo Giovanni Antonio Arambourg, forse eseguito nel 1752 secondo documenti citati dal Vesme ma di qualità mediocre (Schede Vesme, I, p. 39. L’Arambourg sarebbe morto nel ’54)”.
(3) Schede Vesme, I, Torino 1963, p. 39.
(4) Franco Ferro Tessior, Rivalta di Torino 1000 anni di storia, con la collaborazione di Carlo Brigatti – Ferdinando Chiorino – Luigi Gallo – Giancarlo Pignatta – Giuseppe Salmin, Pinerolo 1991, p. 318: il padre Michele faceva parte della Congregazione di Carità di Rivalta; il 12 novembre 1719 appare tra i Direttori Eletti (“Sig. Michele Arambourg”) e come Ricevidore (“Michele Arambourg”).
(5) Gabriella Merlo, Cristina Ravizza, Arabella Cifani, Franco Monetti, Gli artisti a Torino dai censimenti 1705-1806, Torino 1996, pp. 45-60 passim.
(6) AST, Sezioni Riunite (Camerale), Arch. Insinuazione di Torino: anno 1703, libro 8, ff. 339r-344r: “Dotte della Signora Giouanna Vigna futura sposa del Signor Michele Arambourg questo del luogo di Villar in Moriana et quella del luogo di S. Giouani nelle Valli di Lucenra”; notaio: Carlo Amedei di Bra. Si veda poi: anno 1714, libro 10, ff. 335r-336r: “Confesione fatta dal Signor Michelle Aranborg del Luogo del Vilar in Moriana affavore della Signora Giouana Vigna di Signor Giouani della Valle della Luserna sua Moglie”. Infine, anno 1724, libro 3, f. 815: Dote di Anna Cattarina Arambourg.
(7) Ibidem, anno 1727,7, vol. 2°, ff. 785r-786r: “Testamento delli Signori Michele et Gioanna giugalli Aramborghi”; Notaio: Gio. Francesco Vayra.
(8) Ibidem, anno 1734, libro 8, vol.°, f. 632r; anno 1734, libro 9, f. 383 r-v.
(9) Ibidem, anno 1735, libro 5, vol. 2°, ff. 1279r-1284v; notaio: Pietro Giovanni Viana.
(10) Ibidem, anno 1754, libro 10, ff. 295r-296r: “Compra di Pietro Matolda dalli Sig.ri Gio. Antonio, e Giuseppe Padre, e Figliuolo Aramborug”; notaio: Michele Antonio Goffis; anno 1757, libro 7, vol. 2°, ff. 766r-767r: “Dote della Sig.a Damigella Rosa Giacinta Arambourg futura sposa del Sig.r Gioan Angelo Melano detto Calcina”; notaio: Pietro Giovanni Viana; anno 1760, libro 6, vol. 2°, ff. 665r-666v: “Vendita fatta dal Signor Gioanni Antonio Arambourgh al Signor Gio. Angelo Mellano”; notaio: Andrea Chiorando. Il pittore è sempre presente ai due atti.
(11) Ibidem, anno 1770, libro 6, volume 2°, ff. 779r-780v: “Procura di Giovanni Antonio Arambourg in capo a Giuseppe Antonio suo figlio”; notaio: Giacomo Teobaldo Ghio.
(12) Ibidem, 1772, libro 4, vol. 3°, ff. 2065r-2071v: “Vendita fatta dal Signor Giuseppe Antonio Arambourg a favore del Signor Giuseppe Gallo”; notaio: Giuseppe Bianco.
La ricerca nell’Archivio dell’Insinuazione di Torino (AST, Sez. Riunite), iniziata con l’anno 1700, si è protratta appunto fino al 1772. Segnaliamo qui di seguito ancora alcuni altri documenti, che potranno essere di utilità per un inquadramento più ampio della famiglia:
Anno 1742, libro 1, vol. 1°, ff. 375r-376r: “Vendita fatta dal Signor Michele Giuseppe Arambourg a favore del Signor Bartolomeo Spitalier, con quittanza della Signora Anna Cattarina Bernoc Arambourg à favore del detto Signor Michele Giuseppe suo fratello” (Torino, 1° gennaio 1742; notaio Pietro Giovanni Viana);
Anno 1744, libro 11, f. 119r-v: “Aquisto fatto del Signor Gio. Bosco dal Signor Gio. Antonio Arambourg” (Torino, 3 nov. 1744; notaio Francesco Gaetano De Bernardis); il pittore vende una pezza di prato di 48 tavole posta nel luogo di Rivalta nella regione dei Salici, a lire 288;
Anno 1751, libro 2, vol. 1°, ff. 583r-584v: “Quittanza delli Sig.ri Padre, e figliolo Arambuorghi a favore del Sig.r Reynero con vendita fatta dalli Gio. Antonio, et Giuseppe Henrico padre, e figlio Arambuorghi a favore de sudetti Arambuorghi”; notaio: Gio. Battista Burlotti;
Anno 1755, libro 1, vol. 1°, ff. 567r-569r: “Vendita fatta dal Signor Gio. Michele Arambourg a favore del Signor Giacomo Brunengo detto Pasero” (Torino, 4 dicembre 1754; notaio: Vanotto;
Anno 1755, libro 2, vol. 2°, ff. 772r-773r: “Transazione tra li Signori Brunengo detto Pasero, et Gio. Michele Aramborgh” (Torino, 23 aprile 1755); notaio; Cerruti;
Anno 1755, libro 2, ff. 261r-262v: “Vendita fatta dal Signor Gio. Michele Arambourg a favore del Signor Giacomo Brunengo detto Pasero” (Torino, 17 gennaio 1755); notaio: Gio. Antonio Vanotto;
Anno 1755, libro 8, vol. 1°, ff. 203r-204r: “Vendita del Signor Gio. Michel Aramborg a favore del Signor Giacomo Brunengo detto Pasero” (Torino, 23 giugno 1755); notaio: Cerruti;
Anno 1756, libro 4, vol. 2°, ff. 773r-774v: “Dazione in paga del Signor Gio. Michele Aramborgo a favore del Signor Gerolamo Gariglio” (Torino, 13 aprile 1756); notaio: Bartolomeo Poma;
Anno 1756, libro 7, vol. 2°, ff. 737r-742v: Dazione in paga di Gio. Lorenzo, e Fratelli Coriiassi alli Signori Margherita et Anna Margherita sorelle Rosso, Giuseppe Antonio Ming ed Elisabet Arambourg Mottetta” (Torino, 12 luglion 1756); notaio: Domenico Antonio Belliardi;
Anno 1757, libro 1, vol. 1°, ff. 339r-344v: “Vendita Margherita Ferrero Rosso, Anna Margherita Raynero Rosso, Giuseppe Antonio Ming, et Elisabet Arambourg Mottetta in persona del Signor Gio. Batta Reynero” (Torino, 10 dicembre 1756); notaio: Domenico Antonio Belliardi.
(13) “17 Genajo 1768. Arambourg Teresa moglie del Signor Gio. Antonio Arambourg d’anni 75 munita de Santissimi Sacramenti morì nel Cantone di S. Eusebio Casa Cardon 2° piano, ed il giorno seguente fu sepolta” (Liber defunctorum della parrocchia di S. Tommaso di Torino, vol. 1766-1774, f. 76r).
(14) Liber Matrimoniorum parrocchia di S. Eusebio (Torino), Libro quarto, volume 7 gennaio 1715- 24 dicembre 1741, anno 1726, f. 99r.
(15) Cfr. Liber Baptizatorum parrocchia di Sant’Eusebio; anno 1707, f. 92r: “Aramborg. Gioseppe Antonio figlio del Signor Benedetto et Angelica Francesca giugali Aramborg nato li 7 e battezato li 13 ottobre 1707. Padrino il Molto Illustre e Molto Reverendo Signor D. Gio. Antonio Bernardi. Madrina Maddalena Mariana Boucheron”. Anno 1709, f. 130v: “Aramborg. Clara Margariuta figlia postuma del fù Benedetto, et Angelica Aramborg nata li 22 battezata li 27 ottobre 1709. Padrino Signor Gioseppe Fulcheri. Madrina Signora Clara Lucretia Pigosa”.
(16) Cfr. Liber Baptizatorum parrocchia San Giovanni (Torino), anno 1699, f. 145v: “Gio. Antonio figlio di Michel, et Gioanina giugali Aramborg nato li 10, et battezzato li 14 febraro 1699. Padrini Signor Gioseppe Giacinto Gardiola, et Maria Leonora Trossarella”. Sotto la medesima parrocchia nascono anche un fratello e una sorella:
Anno 1703, f. 75r: “Baldasar Francesco figlio di Michele e Gioanna giugali Aramborgo nato li 28, e batt. Li 29 Genaro 1703. Padrini L’Eccellentissimo Signor Marchese della Pierra Baldasar Pobel, e l’Illustrissima Signora Marchesa di Trivié Irena S. Martino”.
Anno1706, 187r: “Anna Catarina figlia di Michele, et Gioanna giugali Aramborgo, nata li 23, et batt. Li 24 Genaro 1706. Padrini Michele Discalzo, et Anna Catarina Mondona”.
(17) F. Monetti, A. Cifani, Percorsi periferici. Studi e ricerche di storia dell’arte in Piemonte (secc. X-XVIII), Torino 1985, p. 100 (opere di mano posteriore”) e nota 17: “Le opere di mano posteriore, nelle pareti laterali, sono due: Presentazione di Gesù al Tempio e Visitazione di Maria a S. Elisabetta. Non se ne conoscono gli autori”;
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Cifani, F. Monetti et alii, Pittura a Villafranca Piemonte attraverso i secoli, Cavallermaggiore (Cuneo) 1992, pp. 56-57: “Due tele di avanzato Settecento completano la non indifferente raccolta di pregiati dipinti che caratterizza la Confraternita. Si tratta di una Visitazione di Maria a S. Elisabetta e di una Presentazione di Gesù Bambino al Tempio; per essi non esistono documenti d’archivio, ma è tuttavia possibile datarli e collocarli stilisticamente con sicurezza.
Le due tele rivelano una interessante confluenza di influssi veneti settecenteschi con autoctono stile piemontese; gli influssi veneti vengono confermati da un confronto fra le tela della Presentazione e l’incisione d’analogo soggetto di Pietro Monaco, tratta da un dipinto di Sebastiano Ricci facente parte di una celebre “Raccolta di centodieci stampe” la cui prima edizione è del 1736 [cfr. Incisori Veneti dal XV al XVIII secolo, a cura di Rosa d’Amico, Bologna, 1980, pp. 76-77, scheda fot. 337]. Il quadro villafranchese è l’esatta trascrizione dell’incisione del Monaco, fatto questo che consente di datarlo, con il suo compagno, intorno alla metà del Settecento. Lo stile e i colori poi rendono i due dipinti inconfondibili: certe tonalità chiare di rosa di garanza, ocra e verdino sono indissolubilmente legate al nome di un importante pittore piemontese del Settecento: Pietro Alessandro Trono. (…). Nel caso della chiesa dell’Annunziata oltre al preciso riferimento al Ricci, ineludibile è la “memoria interna” di altre sue opere: ad esempio la figura maschile sull’estrema destra della Visitazione compare identica nei tratti somatici all’estrema destra di uno dei capolavori del Trono: la Moltiplicazione dei pani e dei pesci della sacrestia della parrocchiale di San Lorenzo di Giaveno (Torino). (…)”; inoltre anche pp. 119-120. Infine, p. 56, nota 48: “Del dipinto esiste anche un prezioso bozzetto passato all’asta presso la casa d’Aste “Della Rocca” di Torino nell’ottobre del 1991”.
(18) Si veda: Chiesa Santissima Annunziata. Memorie villafranchesi dal 1621 a oggi, a cura di Luigi Capello, Moretta 2012.
(19) Cfr. nota 17.
(20) Cfr. documento dell’Archivio parrocchiale di Rivalta di Torino: «1797 – 3. 7mbre. Vendita fatta dalli Signori Deputati della vendita – Compagnia di San Paolo alli Sig..ri Parroco e Sindaco di Rivalta dell’altare principale di marmo della Chiesa del soppresso Monastero di Rivalta per £ 800 di Piem.te».
Presso l’Archivio Storico della Compagnia di San Paolo vi è una lettera, non datata, che con tono deferente si rivolge ai signori della Compagnia: “Illustrissimi signori il parroco, comunità e particolari di Rivalta avendo avuto notizia che questa veneranda congregazione sia in determinazione di levare dalla chiesa del soppresso monastero cistercense di detto luogo l’altar maggiore con l’icona dei Santi Pietro e Andrea si fanno animo di pregarla di voler concedere alla loro parrocchia mediante la corresponsione di una modica somma la quale sia compatibile colle ristrette forze della medesima» «si tratta di una chiesa parrocchiale priva di rendite e di risorse ed è per altra parte molto bisognosa di essere ornata”. “In tal modo il popolo di Rivalta non verrà ancora a provare il sensibile dispiacere e rincrescimento di veder asportare quell’altare alle di cui fonzioni da tanto tempo era solito intervenire”. La lettera è firmata da: Teol. Francesco Cristini – arciprete, Felice Charrier – sindaco, Michele Antonio Balegno – notaio, Giovanni Reversi – cerusico. Cfr. Chiara Occelli – Il Monastero di Rivalta, in: AA.VV., L’Abbazia di Rivalta di Torino nella Storia Monastica Europea – a cura di Rinaldo Comba e Luca Patria – Comune di Rivalta di Torino – Società per gli Studi Storici, Archeologici, Artistici della Provincia di Cuneo, Cuneo 2007, p. 628.
(21) Schede Vesme, III, Torino 1968, p. 826.
(22) Il dipinto fu inviato per il restauro presso il Laboratorio Nicola di Aramengo, a cura della Parrocchia dei Santi Pietro e Andrea Apostoli (1986 – 1989).
(23) Lo stemma della famiglia Orsini è bandato di rosso e d’argento, al capo del secondo, carico di una rosa del primo, sostenuto d’oro, cucito e con la fascia carica di un anguilla d’azzurro, ondeggiante in fascia.
(24) Il dipinto fu restaurato dal Laboratorio Nicola di Aramengo; cfr. Giulio Pedrani, La Cappella dei Santi Vittore e Corona. Rivalta di Torino, Pinerolo (Torino) 2015, p. 35.
Estratto di albero genealogico della famiglia Arambourg
Giovanni Antonio,
“del Luogo del Vilar in Moriena”
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Michele – Giovanna, “fu Giovanni Vigna”
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Cattarina, Giovanni Antonio Baldesar Francesco Anna Caterina Giuseppe Michele
Sp. Giuseppe Pittore, Cantoniere n. 28 genn. 1703 n. 23 genn. 1706 sarto
Bernocho
Negoziante
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Giovanni Antonio – Maria Battista Teresa Pace, fu Antonio
Pittore, Cantoniere Morta il 17 gennaio 1768, a San Tommaso (Torino)
- parr. San Giovanni (Torino),
il 10 febbraio 1699.
Sp. 6 luglio 1726,
a Sant’Eusebio (Torino).
- tra 10 giugno 1770- 29 marzo 1772
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Rosa Giacinta Altri figli:
Sp. Gioan Angelo Mellano, Enrico Battista Michele
detto Calcina, “corriere di Giuseppe Michele
Gabinetto di Sua Maestà” Giuseppe Enrico
Giuseppe Antonio