Gianandrea Sirani, una storia da riscrivere: la pittura da camera e d’altare; novità e aggiornamenti

di Massimo PULINI

Pubblichiamo la seconda parte del saggio che Massimo Pulini, uno tra i più noti ed importanti studiosi di pittura seicentesca bolognese, ha dedicato alla figura e all’opera di Gianandrea Sirani, con numerose novità ed aggiornamenti che gettano una nuova luce su questo artista spesso sottodimensionato nel panorama degli studi sul periodo barocco. La prima parte, dedicata al “pittore di recitativi  rifinitore di incompiuti reniani” è sul penultimo numero di About Art (cfr https://www.aboutartonline.com/pulini/ ); questa seconda parte inquadra un altro aspetto della produzione dell’artista felsineo e si collega alla prima in senso cronologico. Ringraziamo l’autore per aver concesso ad About Art questo importante inedito studio
  1. Gianandrea Sirani:

La Pittura da camera e d’altare

La seconda parte di questo intervento su Gianandrea Sirani (Bologna 1610 – 1670), dopo la cinetica sequenza dei recitativi, riguarda scene ancora più intime e circoscritte a un teatro di prossimità, che potrebbe anche dirsi ‘da camera’. Il taglio verticale è eseguito su formati che al tempo venivano chiamati “tela imperatore”, termine che deriva dai repertori iconografici di monarchi del passato rappresentati di solito a grandezza naturale e fino alla cintola.

Malgrado il taglio verticale di questi quadri, poco adatto a sviluppare un racconto, resta ancora, nelle figure che frequentano il proscenio, una consapevolezza di sentirsi osservati, la coscienza di svolgere una parte stabilita a interpretazione di un vero e proprio repertorio. Non di rado lo spazio è corredato da tendaggi che rifiniscono la scenografia, stipulando una sorta di convenzione tra autore e pubblico, quasi fossero elementi che tracciano virgolette prima e dopo una parola dal doppio senso.

Inizio con due raffinatissimi dipinti che sembrano passarsi il testimone sul medesimo tema, insieme affettuoso e simbolico, domestico e mitologico. Un’inedita Venere e Amore (foto 32)

32) Gianandrea Sirani, Venere e Amore, Milano, collezione privata.
33) Gianandrea Sirani, Venere e Amore, Bologna, Fondazione Cassa di Risparmio
34) Gianandrea Sirani, Venere, Karlsruhe, Staatliche Kunsthalle inv. 1761

vede il figlioletto mostrare alla madre una freccia, come se le stesse chiedendo di saggiare quanto sia acuminata la punta del dardo (Milano, Studiolo)[1], mentre nell’altro, già noto, la dea si è impossessata dell’arma e si rivolge a noi, tenendo il figlioletto alato sul grembo[2] (foto 33). Entrambe le giovani madri sono colte con uno sguardo fisso, sovrappensiero, tutte e due accennano a tenerezze nei modi, ma la loro attenzione è rivolta altrove, forse stanno riflettendo sulle conseguenze dell’innamoramento, lasciando così trasparire i concetti racchiusi nella pittura, in forma davvero delicata. Credo sia una Venere, anche se la vediamo senza il figlio arciere, quella che si trova a Karlsruhe (foto 34) e che già Zeri riteneva di Gianandrea[3].

35) Gianandrea Sirani, Giuditta con la testa di Oloferne, già Francia, mercato antiquario, 6 dicembre 1987

Una delle iconografie più fortunate di Gianandrea è di certo la Giuditta con la testa di Oloferne alla presenza della fantesca (foto 35),  l’abitudine alla duplicazione, acquisita nelle stanze di Guido, portò Gianandrea a divenire copista di sé stesso[4] (foto 36), lo dimostrano proprio invenzioni riuscite come questa, della quale si conosce una traduzione incisoria e varianti anche scalate in periodi distanti tra loro, fino a un esemplare dai toni accalorati che va al passo con le ultime opere del Sirani (malgrado sia transitato come opera di Cerrini)[5] (foto 37).

 

 

La torsione della longilinea Giuditta e il suo sguardo, anch’esso gettato verso l’esterno del quadro, si pone come una delle soluzioni poetiche più efficaci, usata pure per contesti molto differenti.

Nel Martirio di Santa Lucia (foto 38) passata a Londra da Christie’s come opera di Elisabetta[6],

38) Gianandrea e Elisabetta Sirani, Martirio di Santa Lucia, già Londra, Christies 3 luglio 2013
39) Mauro Gandolfi (da Gianandrea Sirani), Ratto di Proserpina, Collezione privata

la posa diagonale della figura muliebre permette all’artista, malgrado lo spazio limitato e ovale, di stratificare il racconto per tornanti ascensionali, fino all’etereo angioletto che al posto della palma alza con la mano una coroncina di rose. Di recente è riemerso, in una collezione privata, un curatissimo disegno di Mauro Gandolfi raffigurante un Ratto di Proserpina (foto 39), che a mio avviso riproduce un’opera, di ubicazione sconosciuta, da riferire al Sirani[7].

Fratelli, separati di solo qualche anno, appaiono poi un Apollo (foto 40) con la cetra in mano e un David con la testa di Golia (foto 41), entrambi sembrano attratti da qualcosa o qualcuno che sta alla loro sinistra, di nuovo fuori dall’inquadratura[8]

42) Gianandrea Sirani, Re David, Vienna Dorotheum 15 aprile 2008

 

All’asta Dorotheum di Vienna e giustamente ricondotto al Sirani[9] è transitato un Re David (foto 42) sorpreso a recitare un ruolo malinconico, che da monologo interiore diviene un muto dialogo col divino. Il soggetto è essenziale, eppure il suo contesto storico ed esotico, ispira a Gianandrea dettagli che assurgono a un racconto quasi fiabesco: la corona in testa, la barba fluente ma non canuta, le vesti sontuose che stratificano una sartoria regale, dal damasco al serico, dai soppanni cangianti alla compattezza geometrica delle pieghe.

43) Giovanni Andrea Sirani, San Girolamo, Collezione privata, già Mercato antiquario, 26 maggio 2009

Resta il teschio e lo sguardo al cielo, ma gli abiti sontuosi hanno lasciato il posto agli attributi di un eremita nel San Girolamo (foto 43) transitato nel mercato antiquario il 26 maggio del 2009[10].

Più sobrie sono invece le vesti di un San Marco Evangelista (foto 44) che si trova nella prestigiosa collezione Thyssen-Bornemisza di Madrid, curiosamente esposto come opera di Carlo Maratta[11]. Si tratta in realtà di un dipinto che corrisponde perfettamente ai caratteri del nostro artista bolognese, anche se l’errore di attribuzione risulta significativo e anche onorevole, lasciando intuire quanto la matrice reniana si sia innervata, a quel punto, su elementi della generazione successiva e di altra apertura.

44) Gianandrea Sirani, San Marco evangelista, Madrid, Thyssen Bornemisza,. (come Carlo Maratti)
45) Gianandrea Sirani, San Giuseppe col Bambino, Monza Musei Civici come cerchia di Reni
46) Gianandrea Sirani, San Giuseppe col Bambino, Collezione privata

Lo stesso classicismo che cerca vaghezze di tocco nelle chiome argentee e negli incarnati lo ritroviamo in due dipinti, anche questi inediti per Sirani, raffiguranti entrambi un San Giuseppe col Bambino in braccio, il primo conservato con la generica dicitura di ‘scuola di Reni’ nei Musei Civici di Monza[12] (foto 45) e l’altro si trovava nell’anonimato in una collezione privata, quando qualche anno fa mi venne mostrato[13] (foto 46). La bellissima fisionomia, la finezza di tocco e di pensiero di quest’ultimo non è purtroppo restituita dalla fotografia di cui dispongo, ma è sufficiente per riconoscere il modello presente in una pala del Duomo di Faenza, una Madonna col Bambino, San Giuseppe, san Lorenzo e Filippo Neri (foto 47) già attribuita al Gessi, ma giustamente ricondotta a Gianandrea Sirani da Angelo Mazza[14].

47) Gianandrea Sirani, Madonna col Bambino, San Lorenzo, Filippo Neri e San Giuseppe, Faenza, Duomo
48) Gianandrea Sirani, Annunciazione, Rimini, San Giuliano

Lo stesso studioso tolse dal catalogo di Elisabetta per restituirlo al padre anche la bella Annunciazione della chiesa di San Giuliano di Rimini (foto 48).

Particolarmente importanti sono queste aggiunte recenti perché, come si è potuto intuire anche dal saggio precedente, non molto numerose sono le opere d’altare del Sirani, che fu impegnato soprattutto in dipinti da cavalletto e assolse richieste da palazzo, quasi la sua fosse considerata più una ‘pittura da camera’ che da concerto sacro. Dimostrò invece capacità di orchestrazioni sinfoniche, anche di vasto respiro e di colta composizione, come nel dipinto della Certosa di Bologna (foto 49). La Cena in casa del fariseo dispiega infatti una sapienza prospettica che si può dire veronesiana, ma c’è il meglio del classicismo bolognese in ogni singola figura, negli oggetti, nelle architetture e negli ariosi panneggi.

49) Gianandrea Sirani, Cena in casa del fariseo, Bologna, Certosa
50) Gianandrea Sirani, San Sisto papa, Crevalcore, parrocchiale

Commesse così importanti e impegnative mettevano in difficoltà anche artisti più navigati e spinge al rammarico di saperla pressoché unica nella carriera di Gianandrea, ma credo si possano ancora scoprire altri suoi cimenti d’altare, se in una chiesa di Crevalcore ho potuto ritrovare un San Silvestro papa (foto 50), celato dall’errata attribuzione a Giovanni Maria Viani (Bologna 1636 – 1700)[15].

Ancora più eclatante e sconosciuta è una pala che ho potuto riconoscere a Gubbio, entrando nella Chiesa di San Pietro della città umbra, nella quale la Madonna col Bambino mostra il simbolo degli olivetani a San Bernardo Tolomei[16] (foto 51). Il dipinto, per ragioni poco comprensibili veniva assegnato al pittore senese Giuseppe Nicola Nasini (Castel del Piano 1657 – Siena 1736),

51) Gianandrea Sirani, Madonna col Bambino mostra il simbolo degli olivetani a San Bernardo Tolomei, Gubbio, San Pietro
52) Anonimo da Gianandrea Sirani, Madonna del Rosario, incisione

ma sono evidenti sia il linguaggio che la poetica del nostro artista bolognese. Il bianco e l’azzurro delle vesti intonano un chiarore terso che, quasi in accordo alla collocazione geografica dell’opera, si pone tra il purismo del marchigiano Salvi e quello dell’umbro Cerrini, senza smarrire nulla della grazia reniana che lo ha formato. La parte alta con la Madonna, il Bambino e la gloria di angioletti dovette avere una certa fortuna e Gianandrea la usò in un’altra opera che un tempo era conservata a Savigno, in val Samoggia, come ci attesta un’incisione secentesca che la descrive come una Madonna del Rosario (foto 52)[17].

Si aprirebbe a questo punto un ulteriore capitolo dedicato alle invenzioni di Gianandrea, di cui Lorenzo Loli (Bologna 1612 c. – 1691) fu perfetto traduttore in acquaforte, ma scelgo di isolarlo da questa seconda parte per farne un testo autonomo.

Tra le poche pale d’altare conosciute e di ampio formato, merita una citazione la sontuosa e tenera Presentazione della Vergine al Tempio della Pinacoteca Nazionale di Bologna[18] (foto 53)

53) Gianandrea Sirani, Presentazione di Maria al Tempio, Bologna, Pinacoteca Nazionale

mentre comportarono imprese minori, seppur condotte con raffinatissima attenzione, la Sant’Agata in carcere, conservata nel medesimo Museo[19] (foto 54) e la Crocefissione con la Vergine, Santa Caterina e San Michele, della Chiesa bolognese di San Benedetto[20] (foto 55).

Ma i temi sacri più adatti al temperamento di Gianandrea sono quelli della contemplazione individuale, ravvicinata, come quello della Vergine col Bambino in braccio come una tela che identificai qualche anno fa in una collezione privata (foto 56), assieme a un san Girolamo già ricordato[21].

Altre due deliziose opere, raffiguranti una Madonna del Rosario, col Bambino in braccio[22] (foto 57 e 58)

 

59) Gianandrea Sirani, Vergine in preghiera, Genova, Palazzo Rosso
60) Ginevra Cantofoli, Immacolata Concezione, Bologna, Pinacoteca Nazionale

mostrano una grazia particolare, molto vicina a un’inedita figura di Vergine in preghiera, conservata nel Palazzo Rosso di Genova[23] (foto 59) e all’ Immacolata che ricondussi a Ginevra Cantofoli qualche anno fa (foto 60). Questa assonanza purista conferma la ricostruzione, che allora feci, di un alunnato di Ginevra nello studio di Sirani, ancor prima che Elisabetta iniziasse a dipingere[24].

Testimonia questa intimità del sacro un’altra Immacolata Concezione di Gianandrea, conservata alla Pinacoteca Nazionale di Bologna[25] (foto 61), che intenerisce quel che in genere Guido Reni rappresentava come altero e distante.

61) Gianandrea Sirani, Immacolata Concezione, Bologna, Pinacoteca Nazionale

Ritengo fortemente simbolico il gesto del Padre Eterno che tiene per le spalle la Vergine, come se la stesse accompagnando a muovere i primi passi nel cielo. Con questa scelta compositiva Gianandrea Sirani compie quasi un “uso personale” della iconografia teologica, nel sotteso rimando al rapporto con la propria figlia.

62) Gianandrea Sirani, Studio per Immacolata Concezione Parigi Louvre.
63) Elisabetta Sirani, Studio per Immacolata Concezione, Londra, Royal Collection

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A questo proposito credo sia da attribuire a Elisabetta l’angioletto che indica la Madonna, come attestazione di un contributo all’invenzione del Padre. In un disegno preparatorio, conservato al Louvre come opera di Giacinto Giminiani[26] (foto 62), le fisionomie di quel putto sembrano diverse, mentre appartiene allo stile di Elisabetta un altro foglio ispirato alla medesima composizione[27] (foto 63).

D’altro canto i primi passi della figlia in questo campo dovettero seguire le orme e le imprese del genitore, anche se fu rapido il raggiungimento della piena autonomia per la giovane Sirani. Esemplari in tal senso sono, io credo, le due redazioni dell’Assunta, nelle quali si può registrare un crescendo dell’aiuto di Elisabetta, ancora legato alla definizione di qualche angioletto nella versione piccola (cm. 80 x 60), di collezione privata[28] (foto 64),

64) Gianandrea e Elisabetta Sirani, Assunta, Bologna, collezione Daniele Lucchese Salati

mentre appare più consistente e perfino determinante, quello che la pittrice aggiunge nella grande pala (cm. 460 x 330) della parrocchiale di Borgo Panigale[29] (foto 65), nella quale anche la figura della Vergine assume una sinuosità e un contrasto timbrico che non appartengono a Gianandrea.

65) Giananderea ed Elisabetta Sirani, Assunta, Borgo Panigale, Chiesa di Santa Maria Assunta
61) Gianandrea Sirani, Immacolata Concezione, Bologna, Pinacoteca Nazionale

Questa dinamica di aiuti più o meno consistenti si ritrova in tutte le botteghe artistiche dell’epoca, ancor più se di carattere familiare come questa. La fulminea progressione qualitativa di Elisabetta la spinse ovviamente a organizzare una propria autonoma committenza, ma fu indubbiamente Gianandrea, che lo stesso Malvasia ci indica estremamente orgoglioso della figlia, a rendere noti i suoi mirabili progressi che la portarono al successo.

La premurosa e sovrastante figura del Padre Eterno nell’Immacolata Concezione  (foto 61) della Pinacoteca bolognese resta, a mio parere, la migliore rappresentazione visiva di questo rapporto, fissandone un’istantanea che lo vede presentare la figlia prediletta, ribadendone al contempo il proprio controllo.

Massimo PULINI    Bologna 1 febbraio 2020

NOTE

[1] Gianandrea Sirani, Venere e Amore, olio su tela, cm. 135 x 105, Milano, antichità Studiolo. Si ritrovano fisionomie identiche anche in dipinti come La Sibilla Cumana ed Enea traghettati da Caronte di collezione privata fiorentina o nel Ruggiero e Angelica della Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena. Furono opere come queste a segnare un dialogo creativo simultaneo nella bottega dei Sirani. Difficile stabilire il dare e l’avere tra Giovanni Andrea ed Elisabetta e non è questo il tavolo per approfondire l’argomento, ma le opere certe del padre che seguono la morte prematura della figlia (1665) sono caratterizzate da una gamma cromatica più infuocata, rispetto a quella dimostrata dalla nostra Venere e Amore, sono quindi spinto a collocare l’opera tra il 1655 e il 1660, che corrisponde ai primi anni di attività della figlia Elisabetta.
[2] Gianandrea Sirani, Venere e Amore, Bologna, Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna (inv. 29396). Anche qui ricorre, oltre all’ovale perfetto del viso e al perlaceo trattamento dell’incarnato, lo stesso sovrappensiero della dea e il tendaggio di proscenio. Valgono alcune riflessioni che Fiorella Frisoni ne fece entro la mostra dedicata a Elisabetta (vedi Elisabetta Sirani. Pittrice eroina… 2004, pp. 234-235), quando parla di un “quadro senza ombre “e quando riferisce che queste tematiche si accompagnavano alle occasioni nuziali.
[3] Gianandrea Sirani, Figura femminile nuda (Venere), Karlrhue, Staatliche Kunsthalle (inv. 1761), cm. 103 x 98. La foto è presente nella Fondazione Zeri e catalogata al n. 54527.
[4] Gianandrea Sirani, Giuditta con la testa di Oloferne, una redazione è transitata a un’asta il 29 aprile 1993, cm. 120 x 95, come opera di Elisabetta Sirani (foto 36), mentre l’altra, di qualità leggermente maggiore è passata sul mercato francese il 6 dicembre 1987, e misura cm. 127 x 98 (Foto 35).
[5] Giuditta con la testa di Oloferne, già Milano asta Sotheby 17 novembre 2008, come opera della cerchia di Giandomenico Cerrini. Olio su tela, cm. 116,5 x 92
[6]  Gianandrea Sirani, Martirio di Santa Lucia, già Londra, Christies 3 luglio 2013, come opera di Elisabetta Sirani, olio su tela, cm. 107 x 81,5
[7] Mauro Gandolfi, Ratto di Proserpina (da Gianandrea Sirani), Bologna, Collezione privata. Ritengo che il finitissimo disegno di Mauro sia derivato da un’opera di Gianandrea e forse si tratta di quella che nel 1667 (ASBO) veniva ricordata in Collezione Linder a Bologna, vedi Fiorella Frisoni Giovanni Andrea Sirani in “La scuola di Guido Reni”, AA. VV. 1992, p.370.
[8] Gianandrea Sirani, Apollo, già Firenze aste Pandolfini, 26 novembre 2019, olio su tela, cm. 101 x 92. Mentre il David con la testa di Golia, è transitato a Londra presso Sotheby il 7 luglio 2011.
[9] Gianandrea Sirani, Re David, già Vienna Dorotheum, 15 aprile 2008, olio su tela, cm. 125 x 105. Gianandrea Sirani, David con la testa di Golia, già Londra Sotheby 7 luglio 2011 già Londra Sotheby 7 luglio 2011
[10] Giovanni Andrea Sirani, San Girolamo, Collezione privata, già Mercato antiquario, 26 maggio 2009.
[11] Gianandrea Sirani, San Marco evangelista, Madrid, Thyssen-Bornemisza (come Carlo Maratta), olio su tela, cm. 101 x 74,5.
[12] Gianandrea Sirani, San Giuseppe col Bambino, Monza Musei Civici come cerchia di Guido Reni. Olio su tela, cm. 68 x 88.
[13] Gianandrea Sirani, San Giuseppe col Bambino, Collezione privata. Particolarmente riuscita questa interpretazione della poetica degli affetti domestici, non ne conosco le misure esatte e mi venne mostrata per un parere, qualche anno fa dalla galleria Altomani di Pesaro. A quel momento il dipinto si trovava con un generico riferimento alla scuola di Reni.
[14] Si deve ad Angelo Mazza la giusta attribuzione di questa pala con la Madonna col Bambino, San Lorenzo, Filippo Neri e San Giuseppe, del Duomo di Faenza, in precedenza veniva riferita a Francesco Gessi e purtroppo questo errore torna a ripetersi anche in pubblicazioni recenti. Mentre l’Annunciazione della chiesa di San Giuliano a Rimini (olio su tela, cm. 322 x 187), era tradizionalmente assegnata a Elisabetta Sirani e sempre Angelo Mazza l’ha ricondotta giustamente alla mano di Gianandrea.
[15] Gianandrea Sirani, San Silvestro papa, Crevalcore, Parrocchiale, olio su tela, cm. 200 x 150 catalogato tuttora come opera Giovanni Maria Viani.
[16] Gianandrea Sirani, Madonna col Bambino mostra il simbolo degli olivetani a San Bernardo Tolomei, Gubbio, San Pietro, olio su tela, cm. 231 x 166, conservato finora come opera di Giuseppe Nicola Nasini, ringrazio la Diocesi di Gubbio per avermi fornito la riproduzione fotografica.
[17] Di solito le incisioni derivate da disegni di Gianandrea vennero eseguite da Lorenzo Loli, ma in questa occasione si ritrova una mano meno esperta e più dura nell’eseguire la traduzione in acquaforte dell’immagine, che indubbiamente deriva da un dipinto che a sua volta era variante dell’opera conservata a Gubbio, vedi scheda precedente.
[18] Gianandrea Sirani, Presentazione della Vergine al Tempio, Bologna, Pinacoteca Nazionale, olio su tela, cm. 272 x 193. La tela, eseguita intorno al 1643, proviene dall’Oratorio della Presentazione a Bologna.
[19] Gianandrea Sirani, Sant’Agata in carcere, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. 6990, olio su tela centinata, cm. 254 x 127,5. Originariamente all’altare Maggiore della chiesa bolognese di Sant’Agata, poi transitata in collezione Rangoni Machiavelli e quindi acquisita alla Pinacoteca Nazionale nel 1983 sul mercato antiquario.
[20] Gianandrea Sirani, Crocefisso con la Vergine, Santa Caterina e San Michele, Bologna, Chiesa di San Benedetto, eseguito in origine per la chiesa di San Marino in Bologna. Esiste una notevole discrepanza tra le misure riportate dalla scheda della Fondazione Zeri (cm. 103 x 98) e quelle della scheda conservate nell’archivio on line bewebchiesacattolica (228 x 150). Al momento non mi è stato possibile condurre una verifica diretta. Al Louvre, nel Dipartimento di Disegni e arti grafiche è conservato un bel disegno preparatorio per l’opera, riprodotto da F. Frisoni in Op. Cit. 1992, p. 366.
[21] Vedi foto 43 e nota n. 10. Entrambe le opere mi vennero mostrate da Giancarlo Ciaroni qualche anno prima del passaggio in asta e, in quel momento avevo espresso l’attribuzione al Sirani, malgrado risultassero anonime.
[22] Gianandrea Sirani, Madonna del Rosario, Ubicazione e dati tecnici sconosciuti. La foto della seconda redazione si trova nell’archivio della Fondazione Zeri di Bologna, già classificata come opera di Gianandrea anche se con un punto interrogativo, ma viene riportata l’ubicazione come sconosciuta e non si conoscono nemmeno le misure (scheda 54535).
[23] Il dipinto con la Vergine in preghiera si trova nel Museo di Palazzo Rosso a Genova, assieme a un nutrito gruppo di opere che, a mio avviso, erano incompiuti reniani ultimati da Gianandrea, vedi il mio precedente saggio su aboutartonline alle foto numero 2,3,4,5 e 14.
[24] Ginevra Cantofoli aveva vent’anni in più di Elisabetta Sirani e la ricostruzione che tentai, della sua figura artistica (M. Pulini, Ginevra Cantofoli La nuova nascita di una pittrice nella Bologna del Seicento, Editrice Compositori, 2006), la vedeva svolgere un ruolo maieutico nei confronti della giovane talentuosa. Che la Cantofoli dipingesse prima degli esordi di Elisabetta è dimostrato dal diario della stessa Sirani, dato che il terzo dipinto che eseguì, viene da lei stessa ricordato come il “Ritratto di Ginevra Cantofoli pittrice”.
[25] Gianandrea Sirani, Immacolata Concezione, Bologna, Pinacoteca Nazionale, olio su tela, cm. 246 x 157. Proviene dalla chiesa bolognese di San Paolo in Monte all’Osservanza. Ne esiste una redazione autografa nella Galleria Civica Fontanesi di Reggio Emilia.
[26] Il disegno con l’Immacolata Concezione è conservato al Louvre inv. 1236, eseguito a sanguigna su carta avorio, mm. 343 x 245 classificato tuttora come opera di Giacinto Giminiani, ma si tratta di un disegno compiuto di Gianandrea, a modello finale dell’opera o, forse, per far eseguire una incisione.
[27] Elisabetta Sirani Studio per Immacolata concezione, pennello con inchiostro bruno su carta avorio, mm. 275 x 152, Londra, Royal Collection.
[28] Gianandrea Sirani con aiuto di Elisabetta Sirani, Assunta, Bologna, collezione Daniele Lucchese Salati, olio su tela, cm. 80 x 60. Credo appartengano al pennello di Elisabetta i due angioletti in primo piano.
[29] Gianandrea e Elisabetta Sirani, Assunta, Borgo Panigale, Chiesa di Santa Maria Assunta, olio su tela, cm. 460 x 330. In questo caso l’intervento di Elisabetta risulta, a mio avviso, molto più importante e investe l’intera figura di Maria e tutti gli angioletti che sorreggono la nuvola. Forse la committenza era giunta al padre, ma l’intonazione accaldata, il contrasto pittorico e le sinuose eleganze della Vergine rimandano senza meno allo stile della giovane pittrice, che aveva già maturato uno stile robusto, ma ancora giocava entro la bottega un ruolo di collaboratrice alla carriera del genitore.