di Giulio de Martino
Dissolvenze incrociate. Pittura e fotografia nei Notturni di Y.Z. Kami
La suggestiva mostra Night Paintings di Y. Z. Kami (Kamran Youssefzadeh, 1956) -pittore nativo di Teheran, totalmente estraneo al retrivo fondamentalismo che impera in Iran dal 1979, formatosi tra Berkley, Parigi e New York – ci proietta in un cosmo artistico transculturale e transnazionale.
La mostra è ospitata da Gagosian Roma, nel vasto spazio circolare di via Crispi 16. Le ampie tele – la più grande misura 335,5 cm. per 274,3 cm. – coinvolgono il visitatore in una visione avvolgente e cangiante. I colori a olio variano all’interno di uno spettro cromatico che va dal nero al blu, dall’indaco al bianco. Le forme sono biomorfiche: frattali, visibili, ma difficoltosamente delimitabili.
Nelle note alla mostra Kami scrive: «Abstraction has always been a part of my work». Dobbiamo intendere la parola astrazione non soltanto al di fuori di ogni contesto geometrico, ma anche al di fuori di ogni tensione informale, di «action painting». La via artistica di Kami è stata tutt’altra: l’incontro bruciante fra la pop art di Andy Warhol e la mistica del «corpo roteante» e del «volto dell’Altro» di Rumi e di Lévinas, l’iconografia digitale e la profezia visionaria di William Blake. Astrazione per Kami significa prelevare dal mondo della fotografia e da quello della mistica antica e della filosofia postmoderna sequenze di immagini e di idee da far transitare su tele di grandi dimensioni, che irradiano messaggi equivoci e sfuggenti.
La «sfocatura» – che è un errore o una risorsa del linguaggio fotografico – diventa nella sua pittura l’uso non rappresentativo e metaforicamente indeterminato delle forme e dei colori: volti che si vedono appena, persone prive di personalità, contorni che eccedono ogni bordo, parole che perdono il senso. Nella pittura rinascimentale e barocca, il disegno e la gradazione della luce e dell’ombra aiutavano a distinguere le figure dal fondo. Nel postimpressionismo la macchia e il colore costruiscono le forme e evidenziano gli oggetti. Nei dipinti di Kami lo sfondo e le figure si confondono: producono un continuum di vuoti e di pieni, di chiari e di scuri in cui i corpuscoli e i pigmenti che li compongono diventano identici. Tra il nome e la cosa si annida un enigma.
Se si ripercorre – grazie anche alla monografia su Y. Z. Kami, edita da Skira nel 2019, che si consulta su di un ripiano – la carriera dell’artista, si comprende quanto sia stata per lui importante l’esperienza dell’immagine riprodotta e seriale che gli fu imposta dalla pop art americana. L’immagine fotografica e serigrafica acquisiva nuova vita e si separava dal suo oggetto: diventava icona e simulacro nell’iconosfera dei segnali pubblicitari e politici. Kami ha reagito di fronte all’immagine fotografica e ha attuato un ritorno alla pittura conservando, però, l’astrazione dell’immagine riproducibile come duplicazione della realtà.
Se, nel secolo scorso, la fotografia si proponeva come l’antagonista della pittura, nel sec. XXI la fotografia analogica e poi digitale sarebbero diventate la paradossale origine della neo-arte visuale. Le fotografie – soprattutto quelle di fine ‘800 e di inizio ‘900 – si offrono agli artisti come le icone di un «dio scomparso», come i tracciamenti di un mondo dissolto. Kami ha preparato le tele con il gesso, ha selezionato con cura i colori al modo dei pittori classici, e ha guardato le immagini fotografiche come se fossero il «paesaggio della memoria» della sua pittura. La sua mente ha sgranato le foto, la sua pittura ha tracciato sul bianco le immagini e i contorni sfocati di volti e di forme. Sono emersi solidi antieuclidei e ritratti ultraumani.
Nei Night Paintings (2017-2019) i suoi due cicli pittorici precedenti – quello dei «ritratti» di memoria pop e quello dei mandala o degli arabeschi di memoria medio-orientale – sembrano trovare un’area di intersezione. Si tratta di una pittura che propone l’opposto delle tavole di Hermann Rorschach. Se lo psichiatra svizzero selezionò macchie e colori che andavano dall’amorfo all’immagine antropizzata: i dipinti notturni di Kami vanno, invece, dall’immagine nitida e formata verso lo sfocato e l’amorfo.
La «notte» – che è il tema della poesia di Rilke (1916) che è offerta ai visitatori – diventa così il linguaggio della pittura. Poco si vede, poco si distingue, ma molto si agita intorno a noi: sono i contorni incompleti che diventano l’essenza di ogni cosa.
Giulio de Martino Roma 2 febbraio 2020
Y.Z. Kami,
Night Paintings
GAGOSIAN Roma. Via Francesco Crispi 16, Roma
January 18 – March 21 2020 Hours: Tuesday–Saturday 10:30–7