Giovan Battista Crema. Oltre cento opere ne indagano la vicenda artistica alla Galleria Berardi

redazione

Originale interprete del divisionismo italiano, Giovanni Battista Crema è stato uno dei più prolifici pittori della scena romana dei primi decenni del Novecento.

INAUGURAZIONE GIOVEDI’ 27 FEBBRAIO ORE 17,30

Nato a Ferrara da famiglia facoltosa, nel “Palazzo Crema” di via Cairoli dalla suggestiva loggia quattrocentesca, Crema dimostrò già in tenera età sorprendenti doti di disegnatore, tali da spingere il padre – l’avvocato Carlo Crema, che desiderava per il figlio una carriera giuridica – a mandarlo nella bottega del ferrarese Angelo Longanesi-Cattani nel 1897. Appresi i rudimenti della pittura, il giovane decise di trasferirsi a Napoli per seguire gli insegnamenti di Domenico Morelli, allora all’apice della celebrità. Dal maestro partenopeo assorbì non solo l’abilità nell’impiego del colore, ma anche la capacità di conferire alle opere d’arte uno spiccato valore narrativo attraverso la creazione di immagini di forte impatto espressivo. Morto Morelli nel 1901, Crema si trasferì quindi a Bologna per completare gli studi con Domenico Ferri: nel 1903, finalmente, l’arrivo nella Capitale, dove rimarrà per tutta la vita. A Roma lo sedusse la tecnica divisionista, che scoprì frequentando il cenacolo di artisti gravitanti attorno all’influente figura di Giacomo Balla.

In un primo momento, condivise con loro la fascinazione per i soggetti proletari e di denuncia sociale: è del 1905 il suo primo importante successo all’esposizione annuale della Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti in Roma, dove con il trittico L’istoria dei ciechi dolorosa si impose all’attenzione della critica. Due anni dopo tenne una personale presso le sale della stessa società, con paesaggi, sensuali nudi e scene simboliche; vi tornerà con una nuova mostra nel 1914, quando organizza la “Sala dei Giovani Romani” in piena polemica con la “Secessione” e, al contempo, con i favoritismi delle giurie delle esposizioni italiane. Il suo fine spirito polemico, sfoderato sulla stampa del tempo attraverso articoli pungenti in cui attaccava artisti e politici corrotti, lo portò dopo la prima guerra mondiale – a cui aveva preso parte attiva in trincea – ad un crescente distaccamento dagli ambienti alla moda. Pur conducendo una vita più appartata, Crema continuò ad esporre e a produrre alcuni dei suoi capolavori, tra cui alcuni trittici di ricordo simbolista in cui il tocco diviso cede il passo ad una più classica pennellata indagatrice.

G.B. Crema, Il bagno delle ninfe

Fino alla fine della sua esistenza dipinse senza sosta di continuità: ritratti, paesaggi evocativi, scene simboliche e istantanee di guerra (memorabili i dipinti commissionati nel 1940 dal Ministero della Marina per documentare la vita a bordo), caratterizzati da un’inesauribile creatività e da quella sapienza tecnica che spinse un giovane Filippo De Pisis ad esclamare «in fatto di tecnica pittorica il Crema, capii, la sa lunga!» (F. De Pisis, Nell’Arte e nella Vita: il pittore Giambattista Crema, in “Gazzetta Ferrarese”, 14 aprile 1922.

 

G.B. Crema, Il vestito del battesimo

La mostra presso la Galleria Berardi presenta un centinaio di opere, tra dipinti e disegni, realizzati lungo tutto l’arco della carriera del pittore ferrarese. Tra questi, una prima versione databile attorno al 1915 della monumentale tela Danzatrici conservata nei musei civici di Ferrara, qui nelle dimensioni del quadro da cavalletto e nel formato del trittico; e ancora, il capolavoro L’eterna vicenda (1926), trittico della maturità, rappresentante un’allegoria della vita dal ricordo secessionista mitteleuropeo.

In occasione della mostra, la Galleria Berardi pubblica una monografia riccamente illustrata su Giovanni Battista Crema a cura di Manuel Carrera, con un saggio che ripercorre l’intera carriera del pittore ferrarese, ricostruita attraverso documenti e scritti autobiografici inediti

Roma 22 febbario 2020