P d L
Nella inchiesta che About Art sta conducendo sulle esperienze e sulla politica culturale di alcune tra le più significative gallerie d’arte, oggi la parola passa a Francesca Antonacci, figlia d’arte, come tiene a sottolineare, nonché titolare, insieme a Damiano Lapiccirella, anch’egli erede di una lunga tradizione antiquariale, della Galleria Al Fine Art – Antonacci Lapiccirella di Via Margutta; le vicende della nota Galleria romana s’intrecciano dunque con quelle delle famiglie, e rimandano ad eventi -che la nostra interlocutrice non ha mancato di richiamare- che hanno senza dubbio segnato le vicende del mercato dell’arte nel nostro paese e non solo, con esperienze buone o a volte meno da cui però poter estrarre consigli e raccomandazioni soprattutto per poter superare quelle incongruenze legislative che frenano le attività commerciali in questo campo, in tempi in cui le incomprensioni tra commercianti e istituzioni appaiono molto difficili da mediare
-Prima di entrare nel tema dell’ intervista che mi hai gentilmente concesso vorrei chiederti qualcosa sulla fiera internazionale d’arte che si è aperta il 5 Marzo a Maastricht, che è la più importante del mondo, e dove la vostra galleria Antonacci Lapiccirella Fine Art partecipa da tempo, perché come certo sai molte attività in cui si prevede forte afflusso di persone sono state cancellate o rimandate a causa del Covid – 19
R: La Fiera è in pieno svolgimento e so che l’organizzazione monitora giornalmente la situazione ed è in costante contatto con le autorità competenti; del resto una email prima dell’apertura comunicava ai partecipanti che tutto era sotto controllo. L’inaugurazione anche se con una partecipazione relativamente minore rispetto agli anni precedenti è stata un successo. Per quello che riguarda il nostro stand è stato molto apprezzato e, nei primi due gionri di apertura della Fiera, abbiamo realizzato importanti vendite: due opere sono state acquisite da due musei degli Stati Uniti ed altre vendute a collezionisti europei; un vero successo che ci ha molto gratificato considerando la qualità e l’originalità delle nostre proposte.
-Senza contare i riflessi economici per voi venditori.
R: Dal punto di vista del mercato probabilmente una contrazione sarà inevitabile; molte persone, collezionisti, curatori, soprattutto dagli USA, probabilmente rinunceranno a visitare TEFAF, ed in effetti alcune disdette le abbiamo già avute anche noi. Ma di questo potremmo parlare solo a fiera conclusa. Devo però rilevare che eravamo, Damiano ed io, a New York a gennaio per un viaggio di lavoro, quando si è cominciato a parlare del corona virus in Cina, e l’aeroporto era pressoché deserto, il nostro volo praticamente vuoto. Considera che TEFAF Maastricht per il nostro settore è l’appuntamento più importante dell’anno quindi, meno visitatori meno possibilità di contatti e di lavoro.
-Passiamo al tema della nostra conversazione: la Galleria d’Arte ; quando hai iniziato questa avventura, e grazie a chi ?
R: Innanzitutto va detto che la mia famiglia opera nel settore dell’antiquariato dal 1916, posso quindi dire con orgoglio di essere figlia d’arte, come anche Damiano Lapiccirella con cui condivido la Galleria. Siamo in pochi a poterlo dire, mi vengono in mente non più di dieci antiquari italiani che hanno una storia simile a quella della mia famiglia. La prima galleria, quella ‘storica’, nasce a Roma in via del Babuino al n.154 ed era molto grande, con quattro ampie vetrine e due porte d’accesso e, quando mio padre ampliò l’attività, prese anche tutto il primo piano del palazzo. Gli oggetti trattati all’epoca del mio bisnonno e di mia nonna erano il riflesso del gusto dell’epoca: mobili rinascimentali, porcellane e argenti, paramenti ed oggetti sacri; il fondatore e titolare era mio nonno Emanuele Efrati, dopo di lui la prese in mano mia nonna paterna, Luigia Efrati, sviluppandola, ma il vero carattere internazionale glielo diede mio padre Giuseppe Antonacci.
–Quando subentrò tuo padre?
R: Subito dopo la guerra e volle mantenere il nome Efrati accanto al suo cognome Antonacci, per rispetto al nonno e alla madre, dando vita alla Antonacci-Efrati. Mio padre era solito fare la spola con Londra, che era -ed è ancora- il vero centro del mondo per tutto ciò che riguarda l’arte e il suo mercato, e iniziò a trattare oggetti di alto livello concentrandosi principalmente sui mobili italiani ed europei di grande qualità e gli oggetti d’arte; riguardo ai dipinti, era il periodo dei fondi oro, così come dei vedutisti del ‘700, ma interessavano anche i marmi intarsiati del ‘600, le porcellane italiane, Capodimonte, Ginori, e quelle orientali, gli argenti romani; insomma, posso dire che non trascurava nulla di bello e di qualità: sculture romane antiche risalenti al I e II secolo d.C., ma anche sculture moderne, come ad esempio sculture di Henry Moore, una, magnifica, la ricordo perfettamente; poi Adolfo Wildt ,che allora mi affascinava ma anche inquietava e altri ancora; mio padre aveva effettivamente un gusto speciale, internazionale, era sempre all’avanguardia.
-E tu allora cosa facevi? Eri già in Galleria?
R: Io allora ero iscritta a Lettere al corso di storia dell’arte alla Sapienza ma lui ci teneva molto che frequentassi oltre al negozio l’ambiente di storici dell’arte che gravitava intorno alla galleria; mi fece partecipare al gruppo di studio formato da giovani studenti che si radunavano attorno a Giuliano Briganti, una persona veramente speciale, un grande storico dell’arte che amava insegnare coinvolgendoci. Giuliano era una persona molto comunicativa, la mattina quando arrivava nella biblioteca di casa sua dove studiavamo sai cosa faceva? Buttava sul tavolo foto su foto di dipinti e iniziava a chiedere Chi è questo? Cos’e quest’altro? Oppure, visto che spesso scriveva recensioni o articoli d’arte per Repubblica, ce li leggeva in anticipo per farceli commentare. E’ stato tra i periodi più esilaranti della mia vita; io ero matricola, con me c’erano anche Anna Coliva, Luigi Ficacci, Laura Laureati, Ludovica Trezzani e molti altri, tutti divenuti storici dell’arte di prima categoria. Quando avevo 19 anni ero una ragazza desiderosa di viaggiare e imparare a diventare antiquaria; seguivo mio padre nei suoi viaggi ogni volta che potevo ma più di tutte le città amavo Parigi tanto che mio padre mi fece fare uno stage di quasi 1 anno da Bernard Steinitz, uno dei più importanti antiquari di Parigi, un’esperienza che mi servì moltissimo.
–Tuo padre ti aveva fatto conoscere persone importanti insomma, a scopo didattico, diciamo così.
R: Si, anche se il mio vero maestro è stato lui. Non era una persona che amava spiegare più di tanto ma con lui ho imparato a guardare e capire ‘l’oggetto d’arte’; quando all’inizio gli chiedevo per quale motivo aveva scelto quell’oggetto invece di un altro mi rispondeva così:
‘Guarda con attenzione e cerca di capire bene cosa c’è che non va nell’altro, cosa non è armonioso, cosa non funziona, perché tra un mobile Luigi XV autentico di grande fattura e un altro magari della stessa epoca ma non eseguito da un grande ebanista, la differenza si evidenzia in un dettaglio, dalla mossa di una gamba, da un intaglio o una doratura …’
Ecco quindi cosa mi ha insegnato, la capacità di capire l’autenticità e la qualità dell’opera d’arte oltre che attraverso lo studio, attraverso ‘l’occhio’. Nel nostro lavoro guardare e registrare mentalmente la maggior parte di dettagli delle opere d’arte è fondamentale e questo serve per capire quando non è la mano di quel pittore o quando un intaglio è stonato o ‘sordo’, in fondo sono convinta che un’ opera d’arte ‘autentica’ ci parli.
-E queste competenze acquisite nel corso del tempo adesso dove le investi, diciamo così? In quale settore in particolare?
R: Mi ritengo molto eclettica e amo l’arte a tutto tondo, certamente il campo in cui mi sono concentrata di più è quello della periodo neoclassico, ma amo allo stesso modo l’opera d’arte contemporanea, tanto è vero che recentemente con Damiano Lapiccirella abbiamo acquisito un bellissimo Cretto di Burri. Diciamo che per entrambi in primo luogo vale l’attrazione per l’oggetto.
-La vostra galleria segue insomma le regole del gusto e però non puoi negare che curate anche l’aspetto commerciale, inutile girarci intorno.
R: Diciamo che seguiamo le regole del ‘nostro’ gusto che ci piace trasmettere ai nostri clienti, che ci seguono e ci apprezzano per questo. Per noi il primo impatto con l’opera è emozionale, ci deve colpire, coinvolgere, poi entrano in gioco tutta una serie di considerazioni, come l’autenticità dell’oggetto d’arte, la qualità che distingue la nostra galleria e poi ovviamente la valutazione economica.
–E sotto questo aspetto, ci puoi dire quale è stato il ‘colpo’ più importante che tu e Damiano avete messo a segno, di un oggetto comprato bene e rivenduto molto molto meglio?
R: Di occasioni buone ce ne sono capitate diverse fortunatamente e il più delle volte grazie all’occhio o per aver capito in anticipo un autore; voglio farti un esempio un po’ particolare perché ci è capitato abbastanza casualmente; consultando cataloghi d’asta e navigando sul web abbiamo intercettato un dipinto strepitoso di un artista nordico più o meno ignoto ai più, attivo tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento, ma autore di un’opera davvero straordinaria che rappresentava un fiordo al tramonto (2,5 mt x 1,5) eseguito con una tavolozza di colori meravigliosi e intensi attraverso i quali esprimeva una poetica della natura tipicamente nordica ed una tecnica che ricordava molto l’espressionismo tedesco; insomma uno spettacolo di quadro che abbiamo comprato per poi presentarlo a Parigi alla Biennale des Antiquaires del Grand Palais del 2016. Ti confesso che lo avevamo pagato relativamente poco e solo in un secondo momento studiandolo, abbiamo potuto verificare che l’artista era tutt’altro che ignoto ma tra i più famosi nella penisola scandinava, soprattutto in Svezia, con una storia artistica interessante, apparteneva infatti ad un gruppo di artisti che lavoravano en plein-air, dove condividevano il desiderio di interpretare una spiritualità che poteva essere trovata solo nella natura.
-Ok e allora com’è andata a Parigi?
R: Lo abbiamo venduto il giorno dell’inaugurazione, molto molto meglio rispetto all’acquisto; ma non è finita lì perché il giorno dopo si è presentato al nostro stand il curatore del museo d’Orsay dicendoci che lo voleva per il museo; la cosa ci gratificò molto, ma purtroppo il dipinto era già stato venduto con suo grande dispiacere. Fortunatamente c’era un altro quadro che avevamo in esposizione che gli interessava comprare e che adesso è esposto nelle sale del D’Orsay!
–Ricordo che voi avete anche venduto un eccezionale modelletto di Luca Giordano agli Uffizi, quindi devo pensare che avete un canale importante con i musei, solo che a quanto mi risulta dalla inchiesta che stiamo facendo con le gallerie, quando accade qualcosa del genere la soddisfazione economica è molto minore, perché pur di fare una vendita prestigiosa si finisce di vendere al ribasso; è così ?
R: Mah, non saprei; per quanto ci riguarda, come galleria abbiamo venduto molto a livello istituzionale in Italia e all’estero; di recente ad esempio abbiano venduto un busto di Lorenzo Bartolini raffigurante Joseph Bonaparte al Museo Fesch di Ajaccio, ma anche al Getty, alla National Gallery di Washington, l’Hamburger Kunsthalle e a diversi altri. Hai citato la stupenda tela di Luca Giordano ed in quel caso alla soddisfazione di vendere un’opera così eccezionale ad uno dei più importanti musei italiani e internazionali si è unito anche il riscontro economico; devo peraltro dirti che in quel caso si era fatto avanti per l’acquisto anche un museo statunitense per cui avevamo chiesto il certificato di libera circolazione che però ci è stato negato e il dipinto notificato. Luca Giordano fu incaricato dalla famiglia Corsini di decorare a fresco la volta della Cappella Corsini nella chiesa di Santa Maria del Carmine e il nostro dipinto era il modelletto che fu approvato dalla famiglia. L’acquisto da parte degli Uffizi è stato motivo di grande orgoglio per noi ma anche, dopo la delusione di veder fallita la vendita all’estero a causa della notifica, una naturale conclusione. Questo per dire che in Italia le opere che vengono notificate non vengono acquistate dallo stato come avviene negli altri paesi.
-Si effettivamente gli antiquari e non solo loro se ne lagnano parecchio; però ammetterai che una qualche tutela vada effettuata o no?
R: Gli antiquari non si lagnano perchè contrari alla tutela del nostro patrimonio, ma per come è concepita la legge che è stata approvata nel 1939, in un contesto ben definito, e mai rivista nonostante il mondo sia progredito e soprattutto abbia visto nascere l’Europa. Nei principali stati dove l’arte è considerata un patrimonio da tutelare lo Stato compra; altrimenti, ed è il caso dell’Italia, lo stato tutela grazie alle finanze dei privati a cui notifica un’opera creando loro un forte danno economico; si potrebbe studiare il modo di dare tempo allo Stato di trovare i fondi necessari per l’acquisto, anche tramite un crowdfunding come avviene oggi in vari paesi del mondo, o con altre iniziative del genere. Insomma perché notificare un’opera di Luca Giordano e non comprarla? A costo zero la tentazione è molta.
-Come siete giunti ad avere il dipinto?
R: In questo caso, oltre alla eccezionale qualità del dipinto c’era tanto altro: la straordinaria committenza, abbiamo ritrovato negli archivi la documentazione dei pagamenti dei Corsini al Giordano, lo stato di conservazione eccellente dell’opera ancora in prima tela e così via; posso dire che tutto di questo quadro era tracciato, da quando l’artista aveva ricevuto l’incarico dai Corsini fino al nostro acquisto. Se però la Soprintendenza decide che è un bene di interesse nazionale non dovrebbe limitarsi a notificarlo ma il Ministero dei Beni culturali dovrebbe intervenire con l’acquisto, altrimenti consentire che esca dall’Italia con l’augurio che arricchisca un altro museo e che l’opera venga conosciuta nel mondo ampliando la conoscenza dell’arte italiana all’estero. Aggiungo che un aspetto che non si sottolinea mai è che gli antiquari sono ambasciatori di cultura tanto quando vendono che quando comprano ritrovando e riportando alla luce opere importanti a volte date per disperse. All’estero i curatori dei musei ci considerano delle persone ‘preziose’ con cui dialogare alla pari in quanto vedono in noi la potenzialità di poter reperire delle opere per loro interessanti per colmare o ampliare le loro collezioni. Le più importanti collezioni che si sono formate nei secoli passati o anche recentemente e che oggi ammiriamo nei musei del mondo sono state create anche grazie agli antiquari. Mi auguro che il ministro Franceschini consideri questo aspetto importante del nostro lavoro.
-Te la senti di lanciare un’idea, una proposta per cercare di sbloccare questa situazione?
R: Certo, io lancio la proposta dello sgravio fiscale quando interviene una notifica che non mi consente di esportare un’opera d’arte – e attenzione, non parlo di Raffaello o Michelangelo o anche nomi minori ma significativi per la storia dell’arte e mancanti nei nostri musei- in questo caso dovrebbero essere ridotte le imposte, una sorta di art bonus al contrario, considerato che il danno economico è sensibile in quanto la vendita viene limitata al solo territorio italiano e in Italia oggi i grandi collezionisti si contano sulle dita di una mano. La possibilità di vendere all’estero è essenziale per non far morire questo lavoro meraviglioso.
-D’accordo, vedremo se riusciremo a parlarne con il ministro in qualche conferenza stampa; ma per ritornare alla Galleria Antonacci Lapiccirella, dopo il colpo mi puoi dire se, al contrario, c’è stata anche qualche grossa delusione? Qualche trattativa clamorosamente fallita, per esempio?
R: Ma sinceramente non mi pare di ricordare qualcosa del genere, posso magari dirti che in una circostanza ci siamo andati vicini; ci proposero l’acquisto di una terracotta seicentesca spettacolosa, davvero bella; aveva tutta la documentazione a posto, le indagini diagnostiche che ne garantivano l’epoca e l’originalità provenivano dall’Università di Torino, e tuttavia a guardare meglio c’era qualcosa che non ci quadrava …
-L’osservazione acuta: la lezione di tuo padre !
R: Esattamente! Fatto sta che con Damiano decidemmo di procedere con un saggio di pulitura e lentamente la materia nuova veniva fuori come il nostro sesto senza ci aveva avvertito…. qualcosa stonava dall’inizio…
-Ma come era stato possibile che l’opera avesse superato gli esami universitari ?
R: Infatti ce lo chiedemmo ancora oggi! Telefonai io stessa a Torino, riuscendo a parlare proprio con chi aveva realizzato le indagini diagnostiche il quale cadde dalle nuvole; che dire? Mai fidarsi delle macchine ma solo della propria conoscenza e sensibilità.
–E del sodalizio con Damiano Lapiccirella che mi dici? Come è nato ?
R: Damiano ed io ci conosciamo da sempre; i nostri genitori erano colleghi e amici, e, durante le Biennali di Palazzo Strozzi dove i nostri padri esponevano, mio padre e mia madre erano spesso ospiti dei genitori di Damiano. Da ragazzi io ero a Parigi mentre Damiano era basato a Londra; spesso mi recavo a Londra dove mio padre era stato tra i primi ad aprire una galleria d’antiquariato nel cuore di Mayfair e lì ci incontravamo spesso alle aste, o in giro per antiquari; eravamo entrambi ai primi passi e i primi acquisti li facemmo assieme; lo ricordo come un periodo molto divertente, avevo 19-20 anni e lui più o meno lo stesso. Dopo di che le strade un po’ si divisero: io tornai a Roma seguendo i miei studi e la galleria, lui tornò a Firenze dove aprì la sua galleria. Alla fine degli anni ’90 dopo la cessione della galleria di famiglia interruppi l’attivita per un paio di anni.
-Cosa fu che ti ributtò nella mischia?
R: Fu un’occasione importante che capitò al momento giusto, quei momenti dove ti rendi conto di come questo lavoro ti faccia innamorare e non ne puoi fare a meno: mi venne data la possibilità di occuparmi della collezione Camuccini ed entrai così del tutto inaspettatamente in un mondo fantastico, tutto ciò che amavo. Cominciai a mettere le basi, illustrandolo agli eredi, di un progetto ambizioso e pioneristico per Roma: l’idea di un’ esposizione di disegni di Vincenzo Camuccini. Mi immersi letteralmente nello studio di questi affascinanti disegni per farne una selezione; peraltro dovevo necessariamente dialogare con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna che aveva realizzato negli anni settanta un’importante mostra dedicata a questo grande artista neoclassico.
–Fu a qusto punto che pensasti di riprendere ?
R: Dopo quasi un anno di lavoro inaugurai la mia nuova galleria in via Margutta 54 con la mostra “Camuccini Finelli Bienaimè. Protagonisti del classicismo a Roma nell’ Ottocento”; fu un successo incredibile e la mostra ebbe un’enorme risonanza. La conseguenza di quel gran successo fu che Giovanni Pratesi, che conoscevo molto bene perché amico di mio padre, anche lui affascinato dalla mostra, mi telefonò per invitarmi a partecipare alla Biennale di Firenze. E cosi ripartii sotto i migliori auspici. Portai i disegni di Camuccini, una coppia di bellissime commodes, alcune sculture e vari dipinti: andò alla grande, praticamente vuotai lo stand, tanto che due anni dopo Pratesi, a cui avevo chiesto uno stand diverso, mi consigliò di non lasciare la strada vecchia per la nuova visto il successo che avevo avuto; in effetti andò molto bene anche l’edizione successiva, poi alla terza, quando cambiai lo stand, mi presentai con una mostra monografica di Galileo Chini che ebbe altrettanto successo.
–Ma tu personalmente come avevi conosciuto Giovanni Pratesi?
R: Anche in questo caso in maniera un po’ curiosa. Un giorno entra in galleria di mio padre in via del Babuino una signora con varie foto di oggetti della sua collezione privata che voleva vendere tra cui un busto di Algardi: la accolsi io e riportai la cosa a mio padre che mi disse: ‘questa cosa la curerai tu’ per spronarmi ad entrare nel mestiere dell’antiquariato. Devi pensare che avevo poco più di vent’anni e, anche se avevo già comprato molte opere in autonomia o insieme a mio padre, l’idea di trattare da sola l’acquisto di un’intera collezione che comprendeva una scultura importante dell’Algardi da una parte mi entusiasmò e gratificò ma dall’altra un pochino mi preoccupava; così decisi di coinvolgere Pratesi, andammo a visitare la collezione e la comprammo in blocco; fu per me un battesimo del fuoco.
-Per tronare a Galileo Chini, è uno di quegli artisti che hanno scritto pagine importanti nella storia dell’arte ma poi sono praticamente rimasti in ombra e l’opera di recupero che diverse gallerie come la tua stanno facendo è davvero meritoria.
R: Hai ragione, ed è una cosa, questa dei recuperi su cui ho lavorato molto e ancora oggi mi appassiona molto; pensa a Sartorio ad esempio: a Tefaf esponiamo un fregio che l’artista fece nel 1906 in occasione dell’esposizione internazionale del Sempione; Sartorio è un artista di caratura altissima ma poco conosciuto all’estero. Il fregio che presentiamo è completamente documentato, ne abbiamo ricostruito tutta la genesi. Siamo curiosi di vedere che riscontro avrà a Tefaf un artista come lui che non è certo da meno rispetto a Sorolla y Bastida.
-Prima parlavamo del sodalizio con Damiano Lapiccirella, quando è che poi avete deciso di unire le forze?
R: Ci incontrammo di nuovo agli inizi del 2000 e l’occasione fu proprio quando progettavo l’evento Camuccini, lo interpellai perché poteva darmi qualche consiglio considerata la consolidata amicizia che ci univa; come ti dicevo erano un paio di anni che ero ferma e la ripresa dei contatti con Damiano fu l’inizio della nuova fase di lavoro, infatti dopo la mia mostra di esordio, cominciammo a collaborare organizzando mostre ed eventi in galleria, ne abbiamo fatte molte, soprattutto riportando alla luce artisti dimenticati ma estremamente interessanti. A partire dal 2010 con Damiano ci siamo resi conto che l’Italia cominciava ad essere meno ricettiva così abbiamo deciso di esordire sul mercato estero. Fummo i primi ad essere invitati al Salon du Dessin a Parigi, la più importante mostra dedicata ai disegni, dove presentammo degli inediti fogli di Tiepolo, Canaletto, Luca Giordano, Camuccini ed altri importanti artisti. Da allora non ci siamo più fermati.
-Dunque con Damiano lunga amicizia e poi addirittura un sodalizio ma per il resto? I tuoi rapporti con altri mercanti?
R: Ottimi! Con la maggior parte c’è una conoscenza di lunga data e, con quelli che ho conosciuto nel corso della mia attività e con la partecipazione alle fiere, ci sono rapporti di amicizia basati sulla stima e fiducia. Di carattere sono aperta e piuttosto diretta e non ho difficoltà a stabilire nuovi rapporti.
-Invece con gli studiosi, con gli storici dell’arte?
R: Ne conosco molti e con alcuni siamo in rapporti molto amichevoli, ad esempio con Francesco Leone, Fabio Benzi, Annalisa Scarpa, Claudio Strinati, Mario Scalini, Fernando Mazzocca ma ce ne sono tanti altri; in particolare posso citare Anna Coliva e Luigi Ficacci, con i quali l’amicizia risale ai tempi in cui frequentavamo lo studio di Giuliano Briganti.
-Parliamo ora un poco di Tefaf, che ha appena inaugurato il 5 marzo.
R: Che dire? E’ la fiera d’arte più importante al mondo, dove circa 300 espositori internazionali espongono il meglio dell’arte abbracciando 7.000 anni di storia. Non c’è niente di simile al mondo. Per noi è un grande impegno in quanto dedichiamo gran parte dell’anno nella ricerca e selezione delle opere, possibilmente inedite, adatte per qualità e gusto ad un tale palcoscenico.
-Per concludere, puoi dirmi in prospettiva come si orienterà la scelta della galleria che guidi con Damiano Lapiccirella?
R: La scelta è dettata sempre dall’impatto che abbiamo con l’opera d’arte; il campo d’azione va daI periodo neoclassico, che amo molto, abbracciando i pittori del Grand Tour ma anche la pittura antica, Damiano ha trattato ed ama molto la pittura del seicento e i disegni antichi. Ci interessano molto gli artisti italiani tra le due guerre a cui negli anni abbiamo dedicato molte mostre in galleria; ultimamente ci siamo appassionati ad artisti internazionali del primo novecento. A Maastricht presentiamo un capolavoro del primo ‘900. Riguardo al vedutismo, personalmente sono appassionata di Ippolito Caffi.
-Quale opera – capolavoro che presentate a Maastricht ?
R: È un dipinto straordinario di Sartorio ‘Mattinata sul mare’ del 1927,
appartenente al ciclo di Fregene, dove l’artista ritrae la moglie con i figli che giocano sulla battigia, un’esplosione di luce e colore un vero capolavoro.
P d L Roma 8 marzo 2020