di Francesco MONTUORI
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M.Martini e F. Montuori
Theo Van Doesbourg – Piet Mondrian – J.J.Peter Oud
DE STIJL , ALL’ ORIGINE DELL’ ARCHITETTURA MODERNA
La casa privata che l’architetto Theo van Doesburg, nato ad Utrecht, in Olanda, nel 1883, progetta in collaborazione con Cor van Eesteren nel 1920, è il manifesto per una nuova architettura ed uno dei primi edifici moderni del razionalismo europeo.
Van Doesburg e Van Esteren scompongono e frantumano l’involucro murario e lo ricompongono in linee, superfici, piani colorati, orizzontali e verticali, fra loro indipendenti, in un nuovo equilibrio fondato sulla ricerca dei contrasti, delle dissonanze, delle tensioni.
Si tratta di un’inedita unità costruttiva: accanto al problema dello spazio in cui l’edificio si colloca, viene posto il problema del tempo, del continuo rimando dinamico che ci costringe ad un’esperienza temporale per comprendere la struttura compositiva della nuova architettura.
Sono i principi del movimento De Stijl.
La data della fondazione del De Stijl coincide con la presentazione del primo numero dell’omonima rivista, il 16 giugno 1917. La formazione del gruppo e la pubblicazione della rivista sono dovuti principalmente a Teo Van Doesburg; è lui che promuove un rinnovamento figurativo, organizza una ricerca analitica e critica, compone e si misura con la pittura e l’architettura. Gli altri membri della nuova organizzazione furono i pittori Piet Mondrian e Vilmos Huszar, l’architetto Jacobus Johannes Peter Oud; nei numeri del primo anno della rivista compaiono inoltre articoli ed opere dei pittori Bart van der Leck e Gino Severini, degli architetti Jan Wils e Robert van’t Hoff , dello scultore Georges Vantogherloo.
“Scopo di questa piccola rivista è contribuire in qualche modo allo sviluppo di un nuovo senso della bellezza: essa mira a rendere l’uomo moderno consapevole delle idee nuove che sono maturate nelle Arti Figurative. Desidera porre i principi logici di una stile che va maturandosi, fondato su una più chiara relazione tra lo spirito dell’epoca e i mezzi di espressione, contro l’arcaica confusione, il “barocco” moderno.”
Del manifesto del De Stijl, al di là delle buone intenzioni, va posto in evidenza che, senza mezzi termini e con semplice chiarezza, il De Stijl intende operare nel campo dello stile, della creazione artistica puramente visuale e di renderla accessibile al pubblico. Nessuna ambizione politica di suscitare mutamenti sociali, come molte avanguardie dell’epoca ingenuamente sperarono.
Van Doesburg, artista e organizzatore
Van Doesburg è l’artista chiave che opera in un passaggio cruciale per l’architettura, quello fra il primo periodo dell’architettura moderna e il razionalismo europeo degli anni 1930-40.
I tempi erano maturi; l’opera di Frank Lloyd Wright era stata pubblicata nel 1911 a Berlino a cura dell’editore Ernst Wasmuth, provocando grande scalpore e ammirazione. Sarà appunto uno dei membri del movimento De Stijl, Robert Vant’Hoff, a diffondere per primo l’opera wrightiana realizzando due edifici presso Utrecht. Nelle sue architetture prevale l’orizzontalismo e viene raggiunta una semplificazione espressiva assai innovativa; gli va riconosciuto un contributo essenziale per il rinnovamento dell’ architettura olandese del ventesimo secolo.
Van Doesburg indicò con precisione ciò che i vari artisti avevano in comune: “la necessità dell’ astrazione e della semplificazione”. Nel colore era contenuta la profonda differenza fra l’antico e il nuovo. Il mondo chiaroscurato e sfumato trovava espressione nel sentimentalismo e nell’eclettismo ottocentesco; il mondo netto e preciso, inaugurato da Cezanne, attraverso il cubismo conduceva alla costruzione elementare, alla struttura semplice e al colore, al plasticismo architettonico fatto di contrasti e dissonanze, antigravità ed obliquità.
I quadri di Mondrian del 1917 (fig.4) e di Van Doesburg dello stesso anno (fig.5) mostrano i medesimi caratteri stilistici: rettangoli di colori fondamentali in mutuo rapporto ritmico su fondo bianco o nero; la casa privata che Van Doesburg e Van Eesteren progettano nel 1920 si riferiva strettamente a questo schema pittorico.
De Stijl e la Bauhaus
De Stijl è una rivista a scarsa diffusione in un paese, l’Olanda, non centrale per la ricerca artistica e architettonica; per questi motivo Van Doesburg cercherà di portare nella Bauhaus, allora il centro didattico più importante d’Europa, le sue riflessioni teoriche e le sue proposte.
Fu Lyonel Feininger ad informarlo sull’orientamento della scuola, sui corsi che vi si tenevano, sull’imminente arrivo, come insegnanti, di A.Meyer, Klee, Kandinsky, Schlemmer, Moholy-Nagy. Ma, fin dall’inizio, Van Doesburg diffidava, e a ragione, dello spiritualismo di Kandinsky, del Blau Reiter e in generale dell’espressionismo; derideva, e a ragione, Johannes Itten quando affermava “quando volete esprimervi artisticamente, non usate mai la testa, ma solo i sensi e il cuore”.
Nel 1919 Van Doesburg incontra Gropius e numerosi studenti della Bauhaus a casa di Bruno Taut: portò la collezione della rivista, le foto dei suoi lavori; Gropius ne fu impressionato e lo invitò a Weimar, la Bauhaus aveva bisogno di personalità come Van Doesburg; gli trovarono un alloggio. In particolare Adolf Meyer era convinto, come Gropius stesso, che il neoplasticismo di Van Doesburg costituiva la via maestra per una nuova architettura.
Nel 1921 Van Doesburg si trasferisce a Weimar; entrò nella scuola vide i lavori degli studenti e li condannò senza mezzi termini; ne discusse con i professori e si scontrò con Itten, massimo sostenitore dell’indirizzo espressionista. Bisognava ricominciare tutto d’accapo!
Gropius reagì; aveva invitato Van Doesburg ma non per sovvertire la scuola e per paralizzarla. Van Doesburg creò allora a Weimar un corso parallelo, nello studio del pittore Peter Roehl; fu frequentato da numerosi studenti della Bauhaus.
Racconterà Gropius, in una breve ed acida nota:
“Attratto dalle esperienze della Bauhaus, Teo Van Doesburg e parecchi altri artisti organizzarono una sezione del movimento “De Stijl” a Weimar nel 1922. Le preoccupazioni di Van Doesburg circa i problemi di pura forma non si accordavano all’ideale della Bauhaus di educare l’individuo nell’interesse dell’intera comunità, né al suo programma di insegnamento tecnico.”
All’inizio del 1923 Van Doesburg abbandona l’ambiente ostile della scuola di Weimar. Questo traumatica separazione come sempre succede era motivata non solo dal carattere irascibile di Van Doesburg ma da profondi motivi culturali. Le esperienze stilistiche del De Stijl dei primi anni ’20, ricche in pittura sulla conquista dell’astrazione da parte di Mondrian e centrate in architettura dalla poetica neoplastica – cosi ben rappresentata dalla casa Leonce Rosemberg del 1923, progettata da Van Doesburg insieme a Cor van Esteren.
contrastavano vistosamente con le opere ancora espressionistiche di Gropius a cominciare dalla sua più importante realizzazione di quel periodo, la Fabbrica all’esposizione del Werkbund a Colonia del 1914.
Si può sostenere a ragione che saranno invece proprio le opere degli architetti neoplastici e segnatamente di Van Doesburg ad influenzare l’opera di Gropius. J.J.Peter Oud, dopo aver visitato una mostra dei lavori della Bauhaus, scriverà a Van Doesburg: ”L’influsso del nostro gruppo è marcato in ogni aspetto della Bauhaus.” Lo stesso Le Corbusier giudicherà la Bauhaus un accademia di arte moderna influenzata dal movimento olandese del De Stijl.
Astrazione contro naturalismo
Alla rivoluzione pittorica gli artisti del De Stijl erano giunti escludendo recisamente il soggetto naturale dell’opera e adoperando esclusivamente gli elementi plastici primari; parallelo fu lo sforzo degli architetti per realizzare i medesimi principi del movimento.
L’aspirazione a superare la dicotomia fra volumi pieni e spazi vuoti, alla scala urbana, fu espressa da Piet Mondrian; Mondrian si era sempre interessato all’architettura; nel suo articolo intitolato L’uomo – La Strada – La Città per la rivista “Vouloir – Revue mensuelle d’esthetique nèo-plastique”, egli indicò che l’equilibrio dei mezzi plastici, il piano o il prisma rettangolare, si conquista grazie al rapporto di posizione fra una superficie ampia di non colore o spazio vuoto, ed una superficie minore di colore o materia. Il dualismo dei mezzi plastici è necessario in una composizione; l’equilibrio è raggiunto tramite il rapporto di posizione fra i colori e la materia ed è il risultato dei rapporti proporzionali fra pieni e vuoti. E a Van Doesburg che, in relazione ad un applicazione dogmatica dei principi neoplastici, sostenne la necessità della “neutralizzazione delle direzioni positiva e negativa per mezzo della diagonale”, Mondrian replicherà che
“Poiché queste relazioni (orizzontale-verticale) possono determinare l’elemento antagonistico alla natura, devono essere considerate l’aspetto primario del neoplasticismo.”
La nuova architettura del De Stijl scaturisce dalla pittura astratta e neoplastica; De Stijl ha rotto i ponti con il naturalismo adottando i mezzi elementari dell’espressione plastica: linee verticali ed orizzontali, colori primari giallo, rosso blu e non-colori bianco nero grigio. Rapporti equilibrati ed esatti, l’ingegno umano contrapposto al capriccio ed all’arbitrio delle forme naturali; la verità della linea retta contro il pretesto della linea ondulata stile Art Nouveau; astrazione e semplificazione, temperamento matematico contro l’espressionismo “barocco”.
Nuova plasticità delle architetture
Nel 1924 quando Oud costruisce la colonia operaia Kiefoek a Rotterdam (figg.8-9) prolunga i nastri delle finestre, sul filo esterno della muratura, fino all’infinito dei fabbricati, e mantiene l’uso dei rettangoli bianchi delle pareti senza profondità, cartoni ritagliati, per accentuare la dissonanza fra vetro e parete. Elementi costruttivi bidimensionali e accostati secondo un nuovo senso dei rapporti reciproci da cui scaturisce una “nuova plasticità”.
Sempre nel 1924, Thomas Ritveld costruisce ad Utrecht la prima casa secondo i principi architettonici neoplastici.
Una creazione assolutamente elementare: il volume è scomposto in piani orizzontali e verticali assolutamente liberi, bianchi e grigi: piano è la copertura, piano il parapetto del balcone, piani i pannelli delle finestre; la continuità dell’angolo è annullata mediante la scissione dei liberi piani delle pareti angolari; montanti orizzontali e verticali con i colori primari rosso e giallo e nero attraversano le ampie vetrate e le terrazze a sbalzo.
L’opera più significativa sarà tuttavia di Teo Van Doesburg. Nel 1928 completa l’intervento per la ristrutturazione del cinema e caffè Aubette a Strasburgo, la realizzazione più importante e più completa dei nuovi principi di De Stijl.
Il palazzo dell’Aubette (rifugio) è un grande immobile di fattura neoclassica; antico edificio militare fu costruito dal 1765 al 1778.
L’intervento di ristrutturazione interna di Van Doesburg si articola su due piani del palazzo: vengono previsti al piano terreno un foyer, una sala per le feste e un caffè ed al piano superiore una sala teatrale e per il cinema; i due piani sono collegati da una scala interna che Van Doesburg affida all’estro di Hans Arp.
Quest’opera di fondamentale importanza fu presto inopinatamente ricoperta di intonaco nel 1938, in quanto l’aspetto avanguardistico non piacque ai cittadini di Strasburgo; ne restarono alcune fotografie, pubblicate da Van Doesburg nel fascicolo del “De Stijl” ad essa dedicato, che hanno permesso di ricostruirne i caratteri. Nel 1985-94 fu effettuato il restauro del foyer e della sala da ballo ed, in seguito, fu ripristinata la scala di accesso al primo piano, e riportate alla vista il salone del cinema-teatro. L’opera architettonica fu restituita al pubblico.
Van Doesburg sapeva che l’uso del colore rappresentava il contributo originale del neoplasticismo in architettura; il colore è un materiale illusionistico e permette di travalicare le dimensioni e le proporzioni degli ambienti. Nel salone del cinema-teatro scandito da piani rettangolari entro i quali trovano posto i séparés, Van Doesburg investe di colori le pareti ed il soffitto con pannelli clamorosamente impostati su dissonanze diagonali che bucano e trasformano lo spazio fisico in uno spazio senza limiti.
E’ esplicita la polemica con la simmetria ancora riutilizzata da architetti moderni come Loos, Le Corbusier, Oud e con le bianche pareti dell’architettura funzionalista europea. Le diagonali dei pannelli girano libere sui piani ortogonali e sul soffitto; distinguere le pareti non è più possibile; i contrasti e le dissonanze producono forti tensioni che concorrono ad un nuovo equilibrio. Qui il colore è luce che fa risplendere una nuova architettura.
La scomposizione-ricomposizione della scatola edilizia in liberi piani, fu la lezione fondamentale del movimento De Stijl e il suo contributo al rinnovamento dell’architettura moderna.
Mies van der Rohe, che del De Stijl non fece parte, ne fu tuttavia l’interprete più rigoroso: nel Padiglione per l’Esposizione Universale di Barcellona scompose la scatola muraria, i muri perimetrali scomparvero e lo spazio continuo, ininterrotto tra esterno ed interno, fluisce fra semplici diaframmi isolati, su cui appoggia un leggero soffitto.
L’eclettismo ottocentesco è finalmente cancellato: si apriranno nuovi spazi all’architettura europea.
Francesco MONTUORI Roma 7 giugno 2020