Caravaggio e il ritratto – Emilio Negro, Nicosetta Roio

Redazione

 

La storiografia fa esplicito riferimento all’attività giovanile di ritrattista di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, ma di questa produzione rimangono solo pochissimi numeri “certi”: quattro per la precisione, due dei quali databili con sicurezza nell’estrema fase maltese (il Wignacourt del Louvre e il Cavaliere di Malta di Pitti); degli altri due, la Fillide Melandroni è nota solo attraverso la riproduzione fotografica essendo andato distrutto il quadro; come quest’ultimo anche il quarto, l’effige di un religioso forse impropriamente identificato con Maffeo Barberini, risale verosimilmente alla prima maturità romana del Merisi. Numerose sono le problematiche che ruotano intorno a questi come ad altri ritratti che vengono più o meno credibilmente accostati alla creatività del sommo maestro lombardo, la cui maniera estremamente innovativa era stata, ovviamente, il punto di arrivo di una crescita progressiva, essendo ormai superata l’idea suggestiva che i grandi artisti nascono con una capacità espressiva connaturata e formalmente perfetta. Roberto Longhi era stato il primo a rifiutare questo romantico luogo comune trovando, nella corrente naturalistica lombarda del XVI secolo, le radici stilistiche del Caravaggio antecedenti il quadriennale tirocinio a Milano presso il maestro veneziano e tizianesco Simone Peterzano. Così, l’origine dello stile dell’artista si può riscontrare nelle numerose pitture presenti nel borgo di origine della famiglia, Caravaggio, dove Michelangelo poté vedere fin da bambino dipinti di Cristoforo De Ferrari De Giuchis, Nicola e Vincenzo Moietta, Francesco Prata, Fermo Stella, Giovanni Gastoldi, Fermo e Giovanni Battista Ghisoni, Claudio Massarolo, Giovanni Andrea e Giovanni Battista Secco: una sorta di mondo pre-caravaggesco che, assieme a quello dei “Rabish” della Val di Blenio e alla “sintonia” con l’opera di un altro grande suo conterraneo, Polidoro Caldara da Caravaggio, influenzò inevitabilmente l’evoluzione culturale di Michelangelo Merisi. Da questa giovanile formazione tutta lombarda, con frequenti riferimenti all’ambiente veneziano, compreso il mondo dell’illustrazione di Cesare Vecellio cugino di Tiziano, sembra scaturire il ritratto di fanciulla con cappello nero piumato che porta il proprio nome inscritto sulla tela: Caterina. Il quadro, di cultura evidentemente padana databile tra gli anni Ottanta e Novanta del ‘500, rivela un’impostazione ritrattistica prossima a quella della Fillide, seppure più acerba e semplificata, e un fascio di luce che sembra anticipare uno degli espedienti scenici in seguito più utilizzati da Michelangelo da Caravaggio all’interno di suoi capolavori come la Vocazione di S.Matteo in S.Luigi dei Francesi a Roma, opera tra le sue più conosciute.

Scheda

Caravaggio e il ritratto

Emilio Negro, Nicosetta Roio
editrice etgraphiae
Cartonato pp. 164,  ill. B/n e colore; cm 24×30
ISBN: 978-88-99680-08-4
E 75,00