Don Chisciotte protagonista nella pittura francese; stima record per un dipinto dell’anonimo Maître des Cortèges

di Giulia SANTORO

L’esordio del Don Chisciotte in pittura

La Francia rappresenta una delle nazioni in cui il Don Chisciotte aveva trovato i suoi più entusiasti e fedeli lettori. Bisogna infatti considerare che il periodo dell’egemonia militare e politica della monarchia spagnola durante il “Siglo de Oro” fu anche l’epoca in cui l’Europa subì una fortissima influenza culturale e letteraria da parte della Spagna. E ciò è testimoniato dal clamoroso successo che ebbero i romanzi spagnoli in Francia, e in particolare i libri di cavalleria, come Amadís de Gaula che nel XVI secolo era stato più volte tradotto in francese. Don Chisciotte trovò quindi in questo paese un ampio terreno fertile per il suo successo.[1]

E non è un caso che l’esordio dell’ingegnoso hidalgo in pittura avvenne proprio in Francia tramite un’opera di cui si ignora sia l’autore, sia la datazione, sia l’attuale collocazione, ma che molto probabilmente costituisce il primo dipinto incentrato sul romanzo di Cervantes. Comparso ad un’asta di Sotheby’s nella sede di New York con una stima tra i 200,000 e i 300,000 dollari, attualmente questo quadro è in collezione privata.

Maître des Cortèges, Don Chisciotte e Sancio Panza, 1640-1660, collezione privata

In esso vi è raffigurato Don Chisciotte a cavallo del suo “nobile” destriero Rocinante, in procinto di prendere la lancia dal suo scudiero Sancio Panza, in sella al proprio asino Rucio.

Il cavaliere indossa la sua armatura a piastre d’acciaio, ma ha già in testa “l’elmo del Mambrino”, che in realtà è un catino da barba rovesciato che aveva preso da un barbiere ambulante. Sullo sfondo a destra vi sono alcune figure davanti a una locanda che, come narrato nel romanzo, nella percezione di Don Chisciotte appare come un grande castello. Indubbiamente è un riferimento all’episodio della “prima sortita” del protagonista, quando egli si rifugia in un’osteria dove si farà nominare cavaliere; si riconoscono il porcaro che con un corno annuncia l’arrivo dello strambo ospite, l’oste davanti alla porta e le due prostitute. Sulla sinistra vi sono, invece, alcune figure lontane intente a lottare tra di loro: probabilmente si tratta di una piccola raffigurazione dell’episodio della liberazione dei galeotti ad opera di Don Chisciotte, e la conseguente zuffa con le guardie.

L’autore di questo dipinto è il cosiddetto Maître des Cortèges, nome convenzionale dato ad un artista attivo nella metà del Seicento, che probabilmente faceva parte della cerchia dei Frères Le Nain. L’alta qualità delle sue opere dove emerge una straordinaria resa realistica e scultorea degli animali, lo distinguono dagli altri seguaci più prosaici dei fratelli. Due grandi tele sono attribuite a lui: una raffigurante una processione (cortège) con un ariete conservata presso il Philadelphia Museum of Art, e l’altra che rappresenta ancora una processione, ma con un toro, oggi in deposito al Musée Picasso a Parigi.[2]

Questi dipinti sono un perfetto esempio di quella pittura di genere che trovava nel mondo rurale e contadinesco la principale fonte d’ispirazione, sviluppatasi dapprima nelle Fiandre, ma che avrà un ampio seguito in Francia nel corso del XVII secolo.

Rosenberg menziona un’altra versione di quest’opera chisciottesca, anch’essa di collezione privata.[3] Come emerge dall’immagine riportata, essa è leggermente diversa nei dettagli del paesaggio, dove la linea d’orizzonte è più alta e nel quale emerge al centro un’altra scena che si scorge in lontananza, ma non facilmente identificabile.[4]

Maître des Cortèges, Don Chisciotte e Sancio Panza, 1640-1660, collezione privata

Queste due tele testimoniano indubbiamente la fortuna che ebbe il Quijote in Francia, dove la prima versione francese del romanzo era stata pubblicata nel 1618, tradotta da François de Rosset.[5]  Ed è proprio sul frontespizio di questa traduzione che emerge per la prima volta la canonica iconografia di Don Chisciotte e Sancio Panza: essi vengono raffigurati mentre cavalcano fianco a fianco sullo sfondo di un paesaggio convenzionale, e le loro fisionomie e attributi sono un esplicito riferimento alle descrizioni di Cervantes.[6]

Don Chisciotte e Sancio, Seconde partie de l’Histoire de l’ingenieux et redoutable Chevalier don Quichot de la Manche, edizione del 1618, Parigi, Biblioteca del Cigarral del Carmen, Toledo

Quest’immagine è stata, inoltre, una delle principali raffigurazioni dei due eroi presa in prestito e riadattata per le edizioni successive, come ad esempio, per la traduzione londinese del 1620, e ancora per la versione pubblicata da Arnold Cottinet a Parigi nel 1639.[7]

È dunque presumibile che il Maître des Cortèges, quando iniziò a dipingere la tela del Chisciotte negli anni cinquanta del Seicento, avesse assunto a modello proprio l’incisione della traduzione del de Rosset. Analogamente all’illustrazione francese, il dipinto mostra le due figure a cavallo, sullo sfondo di un vasto paesaggio con una linea d’orizzonte bassa, ma al posto dell’emblematico mulino a vento, sulla destra vi è raffigurata in lontananza una locanda di campagna; Don Chisciotte indossa il suo consueto catino da barbiere e con il suo viso smunto incarna perfettamente “il cavaliere dalla trista figura” descritto da Cervantes, mentre Sancho Panza è vestito come un contadino francese, con un mantello e un cappello a tesa larga, che chiaramente rievoca le “bambocciate” dei fratelli Le Nain.[8]

Tuttavia quest’immagine è iconograficamente ben lontana dalle stampe del Chisciotte che circolavano intorno alla metà del Seicento, dove emerge una visione canzonatoria del romanzo, con i due protagonisti che vengono delineati alla stregua di ridicoli buffoni. L’interpretazione del Maître des Cortèges si colloca, invece, a metà strada tra esaltazione eroica e degrado satirico.

Don Chisciotte sul suo Ronzinante è ritratto con la stessa dignità di una statua equestre e non vi è nulla che lasci trapelare la comicità del personaggio, ad eccezione del suo inconfondibile elmo del Mambrino; la figura di Sancio, invece, si pone come intermediaria tra azione scenica e gli spettatori, e proprio come su un palcoscenico, con il suo ghigno rivolto verso il pubblico sembra che stia prendendo in giro il suo folle cavaliere.

La scelta insolita del soggetto suggerisce che, sulla base della popolarità del Don Chisciotte in Francia, questa tela potrebbe essere stata commissionata da uno dei tanti eruditi francesi che si appassionarono al romanzo di Cervantes. Al contrario di quanto si potrebbe pensare, il romanzo fu particolarmente apprezzato dalla classe aristocratica, e spesso veniva letto in lingua originale con l’intento di imparare lo spagnolo.[9]

È inoltre suggestivo ipotizzare che potrebbe essere stato un dipinto commissionato da un mecenate spagnolo che viveva a Parigi e che desiderava una trasposizione in pittura di quello che era già considerato il più grande capolavoro letterario del suo paese.

Giulia SANTORO  Roma 21 giugno 2020

NOTE

[1] Megías J.M.L., Leer el Quijote en imagenes: hacia una teoria de los modelos iconograficos, Calambur, Madrid 2006, p. 125
[2] Rosenberg P., Tout l’oeuvre peint des Le Nain, Flammarion, Paris 1993, p. 101
[3] Ibidem, p. 102
[4] Hartau J., Don Quijote in der Kunst: Wandlungen einer Symbolfigur, Gebruder Mann, Berlin 1987, p. 27
[5] Canavaggio J., Don Chisciotte dal libro al mito: quattro secoli di erranza, Salerno, Roma 2006
[6] Lenaghan P., Imágenes del Quijote: modelos de representación en las ediciones de los siglos XVII a XIX, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Museo Nacional del Prado, Madrid 2003, p. 129
[7] Ibidem, p. 130
[8] Hartau J., Don Quijote in der Kunst: Wandlungen einer Symbolfigur, Gebruder Mann, Berlin 1987, p. 27
[9] Quaranta G., Trame dipinte, romanzi incrociati. Il ciclo pittorico del Don Quijote e altri temi letterari nel castello di Cheverny, in c.d.s., p. 5