di Giulia SANTORO
Quando un gruppo di artisti romani del Rinascimento penetrarono per la prima volta nelle sale in gran parte in rovina della Domus Aurea dove, dopo tanti secoli, filtrava di nuovo la luce, vi scoprirono decorazioni murali destinate a suscitare un’impressione indelebile.
Questa straordinaria rivelazione avrebbe infatti modificato la maniera di concepire e di eseguire la pittura murale decorativa a Roma e successivamente nel resto dell’Europa.
Riportate alla luce, queste sale furono subito denominate grotte dagli artisti, e le pitture che le ornavano alla grottesca o semplicemente grottesche.[1] Con tale tipo di denominazione questo nuovo motivo decorativo cominciò, partendo da Roma, la sua trionfale espansione verso il nord Europa.
Il nuovo stile si distingueva per una sorta di ornamentazione inusuale che copriva soffitti, volte e muri in un gioco di linee spiraliformi, libere e leggere. In mezzo a un mondo di uomini, animali e piante tra cui è abolita ogni distinzione, fragili candelabri ed eleganti giochi di nastri, sui quali spesso si appendono piccoli pannelli dipinti, si avviluppano e si confondono in una incessante metamorfosi per formare un insieme lussureggiante e policromo, vivacissimo nelle sue inedite probabilità.
Raffaello si servì di questi nuovi motivi per costruire uno splendente e personale universo di forme che troverà la sua più alta e stupenda espressione nelle Logge Vaticane.[2] All’inizio del Cinquecento, sotto l’influenza sua e dei suoi successori, la corrente grottesca dominerà tutte le forme dell’arte in Italia, comprese le arti applicate, ed in seguito si diffonderà nel nord Europa.[3]
Il problema delle decorazioni a grottesche, spesso condannate dai trattatisti, si inserisce nella vecchia discussione tra arte icastica e arte fantastica, e ripropone il dilemma che sta alla base della concezione di “mimesis”.[4] Se da un lato, infatti, l’imitazione degli antichi portava ad adottare le grottesche in qualità di motivo classico, dall’altro esse erano respinte in base a quella stretta imitazione della natura, già propugnata da Vitruvio.[5] Parallelo, però, al concetto dell’arte come imitazione immediata della verità, si sviluppa nel Rinascimento italiano, quello del superamento della natura, non raggiungibile solo in quanto la libera fantasia creatrice può trasfigurare le immagini al di là delle possibilità di natura, creando così figure del tutto nuove.[6]
Le grottesche tendono quindi a diventare l’espressione dell’immaginazione pura, della fantasia libera e talvolta sfrenata degli artisti, che si cimentano in forme ibride ambigue e mostruose, con un vivo senso del gioco e del capriccio, in cui vengono a combinarsi le apparenze della natura, ciò che è vivo e ciò che è inanimato, il vegetale e l’animale, il bestiale e l’umano in metamorfosi infinite. Questo non è che un esempio di quella coesistenza, durante il Rinascimento, di forme classiche e anticlassiche che, pur avendo dietro a sé due tradizioni antitetiche, risalgono entrambe all’antichità, un esempio di quella tendenza a ripudiare la teoria per la pratica, nel tentativo di cogliere e di esprimere, mediante allegorie e simboli, i segreti della natura e della vita.[7]
Dunque, nei loro virtuosismi e slanci di fantasia, le grottesche rientrano nel repertorio manieristico, cioè in un mondo che è, per molti aspetti, quello dell’artificio e del capriccio; fu infatti per opera di artisti esponenti del manierismo romano e toscano che le grottesche si diffusero in tutta l’Italia e vennero spesso inserite nei complessi decorativi di ville e palazzi.[8]
Nel corso del Seicento si assiste invece ad una nuova rielaborazione del motivo classico della grottesca, improntata verso un’intensificazione dei virtuosismi decorativi che diventano sempre più complessi e fastosi, con una forte accentuazione dei motivi spiraliformi. Le invenzioni architettoniche si fanno mano a mano sempre più improbabili per i giochi di equilibri inverosimili, e soprattutto si vanno a incrementare i trapassi metamorfici, i nessi dinamici e le concatenazioni reciproche dei soggetti.[9]
In particolare, tra la fine del Cinquecento e il primo decennio del XVII secolo le stampe con grottesche e motivi ornamentali conobbero un notevole successo. Queste tipologie di incisioni, da considerare come veri e propri libri di modelli, erano ampliamente diffuse in tutta l’Europa; ciò è, per esempio, testimoniato dalle virtuosistiche decorazioni delle volte di molti palazzi inglesi e scozzesi dove vi è un dipanarsi di grottesche che si rifanno in modo puntuale ad alcune stampe fiamminghe con incisioni ornamentali, come per esempio la serie di grottesche di Hans Vredeman de Vries, degli anni sessanta del Cinquecento, che già denunciano un gusto nuovo verso questo motivo decorativo.[10]
Questi tipi di incisioni ebbero particolare successo a Venezia e in Germania, e divennero le principali fonti di ispirazione non solo per pittori e architetti, ma anche per decoratori di mobili, armaioli, intagliatori di pietre, orafi e tipografi.[11]
Non a caso i primi esecutori di queste stampe ornamentali furono proprio artisti legati all’arte dell’oreficeria, che implicava una certa dimestichezza nel realizzare complessi motivi decorativi.
Uno degli esempi più interessanti sono i disegni decorativi di Lucas Kilian (1579-1637), pittore, disegnatore ed incisore tedesco che si dedicò anche all’oreficeria. Trascorse tre anni in Italia, principalmente a Venezia, ma visse la maggior parte della sua vita nella sua città natale di Augusta, in Germania, dove morì nel 1637. [12]
Di lui si conservano otto stampe provenienti da un album intitolato “Newes Gradesca Büchlein“, contenente una serie di quattordici tavole pubblicate ad Augusta nel 1607,[13] oggi divise tra il Rijksmuseum e il British Museum.
Il soggiorno in Italia di Kilian, che visse a Venezia tra il 1601 ed il 1604, potrebbe averlo incoraggiato a realizzare queste stampe, che incorporano il motivo italiano della grottesca con elementi di decorazione turco-moresca, il tutto eseguito nel leggero e lineare grafismo che contrassegna lo stile dei disegni tedeschi.[14]
La serie di Kilian ebbe un notevole successo non solo per la raffinatezza e il virtuosismo delle grottesche, ma anche per le originali invenzioni compositive: come per esempio l’incisione con Venere e Cupido, nella quale si dipana una raffinatissima decorazione formata da linee sinuose e leggerissime, dove i personaggi stessi sono concepiti come elementi ornamentali; nell’incisione con il carro trainato da una satiro alato, il carro stesso diviene un essere mostruoso che con la sua lunga proboscide dà vita ad altri curiosi ibridi i quali a loro volta creano una meravigliosa composizione di linee curve e spirali popolate da piccole figurine di satiri.
Le grottesche classiche sono concepite da questi artisti orafi come punto di partenza per un’invenzione capricciosa ed esuberante, dove ogni singola linea si curva e si ricurva fino a formare spirali, come se fossero spinte da una forza incontrollata.
Un altro artista tedesco che rielaborò fantasiosamente il motivo della grottesca fu Christoph Jamnitzer (1563-1618), pittore, incisore ed orafo di altissimo livello nato e vissuto a Norimberga. Uno dei suoi lavori più noti furono le incisioni di ornamenti raccolte sotto il nome di “Nuew Grottesken Buch” pubblicate a Norimberga nel 1610, oggi conservate a Londra presso il British Museum. Queste incisioni ebbero un’ampia diffusione non solo in Germania, ma anche nei paesi limitrofi, e furono fondamentali per lo sviluppo di un nuovo tipo di ornamento fantastico.[15]
Il Nuew Grottesken Buch è uno straordinario repertorio di grottesche e ornamenti del primo Barocco composto da più di sessanta incisioni raffiguranti animali e ibridi mostruosi dalle più assurde sembianze: insetti, volatili, pesci, molluschi assumono forme spiraliformi fino a divenire esseri grotteschi, frutto dell’intrigante immaginazione di Jamnitzer.[16]
Tra le incisioni troviamo studi di motivi ornamentali estremamente complessi che nel loro stile riecheggiano quel raffinato e virtuosistico goticismo nordico che ha sempre contrassegnato l’arte transalpina. Vi è ad esempio una splendida incisione con una figura femminile con ali di farfalla su due volute che creano una struttura a forma di cuore, affiancata da due figure femminili nascenti da insetti.
L’artista sembra aver dato libero sfogo alla sua fantasia nel creare bizzarre fusioni tra vari animali come nelle incisioni che ritraggono guerrieri che cavalcano creature surreali, e ibridi intenti a suonare bizzarri strumenti musicali.
Nei loro febbrili movimenti, i grotteschi personaggi sembrano animati da una vera e propria scintilla di energia, e danno vita ad una virtuosistica ed allo stesso tempo vivacissima decorazione ornamentale. Questo repertorio di incisioni si può dunque considerare come un brillante tentativo da parte di un abile artigiano di conferire alle grottesche un’accezione comica e fantastica.
Questo energico decorativismo denuncia, dunque, un nuovo approccio stilistico verso il genere della grottesca, la quale non viene più concepita come erudita citazione dell’antico, ma diviene teatro della fervida immaginazione degli artisti che si confrontano con invenzioni sempre più ardite e surreali.
Giulia SANTORO Roma 5 luglio 2020