di Claudio LISTANTI
Il capolavoro verdiano ha inaugurato il 16 luglio, al Circo Massimo, la Stagione Estiva del Teatro Dell’Opera.
Uno spettacolo concepito nella piena osservanza delle disposizioni anti-covid. Una scelta coraggiosa del teatro lirico romano affidata alla regia di Damiano Michieletto e alla bacchetta di Daniele Gatti. Trasmesso in diretta televisiva, ha consentito il coinvolgimento di un notevole numero di spettatori. Con il pubblico ha partecipato anche il Presidente Sergio Mattarella
Uno degli effetti più devastanti del Covid-19 è quello di aver totalmente bloccato il cosiddetto ‘spettacolo dal vivo’ sotto ogni sua forma ma in particolar modo per l’opera lirica, una ‘tipologia’ di spettacolo che più di tutte prevede il coinvolgimento di una notevole quantità di persone, registi, scenografi, costumisti, attrezzisti, macchinisti, musicisti, cantanti, coristi, danzatori, comparse e spettatori. Tutti insieme convergono allo stesso momento, ognuno per le sue specifiche finalità, in un teatro che è un luogo chiuso per eccellenza, creando così le condizioni favorevoli alla diffusione di un virus come il Covid 19, per il quale, ad oggi, non esiste ancora un vaccino, che possa neutralizzare tutti gli eventuali contagi.
Viene con sé, quindi, che il teatro d’opera risente in maniera determinante di questo stato di fatto ed il blocco dell’attività è stato inevitabile. Ma le conseguenze sono state drammatiche perché ha penalizzato economicamente una serie di lavoratori, quelli dello spettacolo, tra i quali molti svolgono un lavoro per definizione ‘flessibile’ al quale è difficile applicare i criteri necessari alla determinazione degli ammortizzatori sociali, rendendo così il loro futuro molto incerto ma, anche, perché ha interrotto l’attività culturale che è uno dei motori che fornisce la spinta propulsiva per la diffusione della ‘Cultura’ che è una delle basi per la formazione e lo sviluppo di tutti coloro che appartengono alla società della quale facciamo parte.
In tutti si percepiva da qualche settimana la necessità di una riapertura, seppur complicata, di una forma di spettacolo come quella dell’opera lirica che fa parte, da secoli, del tessuto connettivo della cultura della nostra nazione.
Il Teatro dell’Opera di Roma, grazie all’attenta guida del Sovrintendente Carlo Fuortes e del Direttore Musicale Daniele Gatti, ha ben compreso queste necessità ed ha deciso di operare una scelta coraggiosa che consentisse la ripresa di questa attività. E’ il primo teatro, a quanto ci risulta non solo in Italia ma anche in Europa, e dare il via con una proposta di spettacolo lirico completo di tutte le componenti per la necessaria ‘rinascita’ di questa forma di spettacolo
Per finalizzare questa operazione è stato scelto uno dei capolavori più grandi del Teatro d’Opera, Rigoletto di Giuseppe Verdi, utilizzando uno degli spazi più enormi ed ariosi di cui dispone la capitale, il Circo Massimo, realizzando una struttura appositamente progettata per ospitare scene, costumi, coro, orchestra e spettatori rispettando pienamente tutte le restrizioni dettate dal DPCM attualmente in atto e, soprattutto, quel distanziamento interpersonale che, fino ad oggi, è una delle armi più efficaci contro la diffusione del virus. Ne è uscito fuori uno spettacolo ‘sorprendente’ del quale noi riferiamo dopo aver assistito alla diretta televisiva, in quanto l’attuale nostra distanza da Roma non ci ha consentito di presenziare alla recita. Ovviamente la trasmissione televisiva è del tutto differente da quella dal vivo ma, come cercheremo di dimostrare poi, in questo caso la diffusione via etere può essere considerata parte integrante delle necessità del momento, soprattutto per raggiungere quella porzione di spettatori che magari per motivi sanitari non può recarsi in teatro o, anche, per la semplice paura degli assembramenti.
Per l’occasione è stata costruita una platea contenente fino a 1400 spettatori, accessibile con sicurezza, alla quale si aggiunge un enorme palcoscenico di 1.500 metri quadrati.
La realizzazione di tutta la parte visiva è stata affidata a Damiano Michieletto, artista le cui idee sceniche stimolano costantemente discussioni tra gli appassionati e gli addetti ai lavori, personalità, forse, tra le più indicate per una operazione di questo genere per la quale ha messo in atto una soluzione a nostro parere ‘efficace’.
Il necessario distanziamento interpersonale tra tutti i partecipanti allo spettacolo ha obbligato a scelte radicali. Innanzi tutto un impianto scenico unico con la quasi totale assenza di spostamenti dei vari elementi. L’azione è stata collocata negli anni ’80 dello scorso secolo ed abbinata ad una visione ‘noir’ collocata nel torbido ambiente gangster dell’epoca con alcune automobili caratteristiche di quell’ambiente che, con la presenza di una giostra e una onnipresente nebbia di fondo, lasciava immaginare l’oscuro mondo dei giostrai spesso in mano al malaffare. Questa scelta richiamava alla lontana le torbide azioni che animano l’originale verdiano come noto inserito nella corte mantovana del ‘500.
I movimenti scenici sono stati concepiti per evitare ogni tipo di ‘contatto’ tra gli interpreti. Lo spettacolo aveva anche altri livelli di fruizione condensati in una parte ‘video’ piuttosto cospicua che metteva in risalto alcuni momenti dell’azione scenica ripresa da tra camere mobili che riprendevano primi piani dei vari protagonisti proiettato sullo schermo collocato in fondo alla scena a benefico anche (immaginiamo) degli spettatori collocati all’estremo dell’immensa platea. Inoltre erano anche visibili azioni registrate di supporto allo svolgimento della trama, realizzate durante le prove effettuate negli stabilimenti di Cinecittà alternate ad immagini di carattere più propriamente ‘onirico’. Il coro non compariva sulla scena ma collocato agli estremi destro e sinistro dell’orchestra e la sua partecipazione era limitata esclusivamente agli interventi musicali.
Nel complesso la trama originale del Rigoletto era completamente travisata ma conservava una certa potenza drammatica in alcuni punti chiave del dramma, come l’intero atto secondo e quella parte del terzo atto nella quale Gilda viene a contatto con il ‘tradimento’ del Duca, mentre perdeva di efficacia teatrale sia la prima scena del primo atto, che evoca l’eleganza e la raffinatezza di una corte rinascimentale, sia due altri punti topici dle terzo atto, il famigerato ‘quartetto’ e la successiva scena del temporale, così come incomprensibile è risultato il finale con Gilda vestita in abito nuziale; una scelta che ha contraddetto l’idea avanzata da Michieletto di dare al personaggio i contorni di donna molto più forte ed autoritaria piuttosto che la fanciulla ‘romantica’ dai caratteri quasi ‘adolescenziali’. Per la pare visiva Michieletto si è avvalso delle scene di Paolo Fantin, dei costumi di Carla Teti, dei movimenti coreografici di Chiara Vecchi e delle luci di Alessandro Carletti con la regia delle camere live curata da Filippo Rossi.
Per quanto riguarda la parte musicale le regole sanitarie hanno imposto il distanziamento tra ogni componente dell’orchestra. Per rendere più omogeneo il suono dell’orchestra, come è stato spiegato nel corso della diretta televisiva, si è provveduto ad una sorta di ‘mixaggio’ della parte strumentale che si fondeva con un analogo intervento operato sul coro ed alla parte vocale dei solisti di canto per una fusione dell’insieme che all’ascolto ‘televisivo’ risultava, in un certo senso, sufficientemente omogeneo.
Per quanto riguarda la compagnia di canto c’è da mettere in evidenza che ognuno dei componenti è risultato apprezzabile nei movimenti imposti dal regista dimostrando una felice sintonia con il suo modo di vedere lo spettacolo ed i suoi contenuti.
Rosa Feola è stata una Gilda di buono spessore vocale, a suo agio negli abbellimenti e nel rendere la difficile parte vocale che Verdi ha assegnato a questo personaggio che richiede un soprano che possa passare con facilità dal ‘leggero’ a quelle inflessioni più ‘corpose’ e ‘drammatiche’ che si presentano con il procedere dell’opera. Roberto Frontali era Rigoletto; un cantante di grande esperienza che però ha messo in evidenza qualche segno di stanchezza e di opacità vocale. Il tenore Iván Ayón Rivas ha sostenuto la parte del Duca di Mantova con una certa facilità di emissione anche se a volte un po’ sforzate ma, ci sembra, abbia sofferto quelle caratteristiche ‘gangsteristiche’ che il regista ha riservato al personaggio. Martina Belli è stata una Maddalena avvenente dal punto di vista scenico e sicura nelle emissioni vocali. Per quanto riguarda gli altri interpreti un tantino deludenti i bassi Riccardo Zanellato Sparafucile e Gabriele Sagona Conte di Monterone, privi di incisività. Il resto della compagnia di canto era formato da Alessio Verna Marullo, Pietro Picone Matteo Borsa, Matteo Ferrara Conte di Ceprano, Angela Nicoli Contessa di Ceprano, Marika Spadafino Paggio, Leo Paul Chiarot Usciere e Irida Dragoti, giovane selezionata per la seconda edizione del progetto “Fabbrica” Young Artist Program dell’Opera di Roma, Giovanna.
Daniele Gatti ha diretto con la consueta sicurezza questa splendida partitura aprendo i vari tagli frutto della tradizione esecutiva di quest’opera restituendoci anche una linea di canto priva di molti di quegli orpelli retaggio del passato che a volte appesantiscono l’esecuzione; un Rigoletto, dal punto di vista musicale, più scorrevole e più ‘teatrale’.
La fruizione ‘televisiva’ di questo spettacolo ha dato certamente una compattezza d’insieme che ha valorizzato ogni singola componente per una apprezzabile omogeneità mentre (immaginiamo) che l’esecuzione dal vivo sia stata penalizzata dalla indispensabile amplificazione che impone un luogo del tutto privo di acustica come il Circo Massimo soprattutto per i suoi spazi sconfinati anche se cornice di straordinario fascino visivo.
Sappiamo che i giudizi su questo spettacolo sono contrastanti ma, a nostro parere, dobbiamo considerare questo spettacolo un vero simbolo della ‘rinascita’ della nostra Cultura, nobilitato anche dalla partecipazione tra il pubblico del Presidente Sergio Mattarella, una presenza che ha voluto dare un forte segnale di riscossa per una delle tradizioni musicali che contraddistingue nel mondo la nostra nazione. Un messaggio di augurio per il teatro d’opera affinché possa riprendere al più presto il suo plurisecolare cammino ma nei teatri che sono i luoghi deputati per la fruizione ed il pieno godimento di uno spettacolo complesso ed avvincente come l’opera lirica.
Video
Trailer dello spettacolo
Claudio LISTANTI Roma 19 luglio 2020