di Francesca CAPPELLETTI
Mi chiedi un ricordo personale su una persona cui sono stata davvero affezionata, e che ho iniziato a frequentare agli inizi degli anni ’90, poi diradando progressivamente i contatti per vari motivi, tra cui in particolare l’insorgere dei suoi problemi di salute e il mio impegno universitario a Ferrara. Se devo dire quale è stato l’elemento probabilmente più importante che ho potuto apprendere dalle frequentazioni con lui ti dico che fondamentale per me è stata la pubblicazione del libro Le realtà del Caravaggio, risalente proprio al 1990 e considerato ormai una pietra miliare riguardo agli studi sul Merisi. In effetti questo volume in primo luogo apriva la strada all’affermazione di un metodo di approccio all’opera d’arte, insegnava un metodo del tutto funzionale alla valutazione di una figura come Caravaggio, un metodo che è quello dell’analisi non tanto del tratto stilistico ai fini attribuzionistici, pure non secondario su cui pare però che progressivamente si siano andati spostando gli studi, quanto e soprattutto sulla lezione che fornisce il testo, sui temi, di carattere letterario, religioso, etico, che l’opera riassume e che dev’essere messa in rilievo. E non a caso Calvesi oltre che grandissimo studioso di storia dell’arte è stato anche un intellettuale a tutto tondo, sempre attento al dato culturale complessivo, standogli accanto trasmetteva la sensazione che si potesse, anzi dovesse, studiare l’opera di un artista all’interno di un contesto largo, intellettualmente più alto ed ampio, in relazione alla letteratura, alla poesia, alla religione. E’ un metodo che secondo me oggi andrebbe recuperato mentre invece pare prevalere in primo luogo l’idea del riconoscimento della mano dell’artista, cosa ovviamente importante, cui anch’io mi adeguo, ma quella maniera diciamo pure ‘calvesiana’ di studiare, tenendo soprattutto conto delle tante problematiche intellettuali che intervengono nella realizzazione delle opere va ripresa e rivalutata. Calvesi come persona era di carattere riservato ma con Caravaggio si illuminava, certo erano altri tempi e la ripresa dei temi merisiani stava ormai montando ma ricordo bene cosa accadeva quando gli si lasciava un messaggio alla segreteria telefonica che riguardava Caravaggio, non facevi in tempo ad abbassare il microfono che immediatamente richiamava per sapere, per capire meglio. Uno dei miei principali rimpianti è stato di non aver potuto ascoltare le sue lezioni di arte contemporanea, perché era titolare della cattedra di moderna ed io ho partecipato solo a quelle lezioni; si sa che è stato anche un grande critico d’arte e che ha scritto pagine fondamentali sul contemporaneo; apprezzava particolarmente le opere di Massimo Pulini, che stimava moltissimo tanto come studioso -è docente di Storia dell’Arte all’Accademia di Bologna- ma anche come artista di grande spessore di cui aveva alcune opere in casa da circa vent’anni. Ecco, non aver conosciuto Maurizio Calvesi anche come studioso del contemporaneo è il cruccio che mi resta, insieme al fatto di non averlo potuto frequentare di più già da qualche anno.
Francesca CAPPELLETTI Roma 25 luglio 2020