di Emanuela MARINELLI
Una piccola chiesa, semplice nell’aspetto esterno, racchiude un tesoro inestimabile: splendidi affreschi, tra i più importanti in Abruzzo.
Si tratta di Santa Maria ad Cryptas, che sorge in un luogo isolato, a circa un chilometro dal paese di Fossa (L’Aquila). L’edificio è uno splendido esempio di architettura duecentesca, anche se le sue origini sono più antiche e risalgono al IX secolo.
Costruita su un pendio, ha avuto bisogno di opere di consolidamento con un muro di controspinta interrato lungo tutto il lato a valle e due piloni di appoggio agli estremi della parete laterale della chiesa.
Era stata realizzata inizialmente in stile romano-bizantino con una cripta dalla quale derivò il nome; successivamente fu costruito un edificio in stile gotico-cistercense da parte di maestranze benedettine. Sono presenti, tra le pietre della muratura esterna, resti provenienti dagli edifici della città romana di Aveia, sulla quale fu successivamente costruita l’attuale Fossa.
La facciata presenta un portale ad arco acuto con leoni in pietra e pilastri, che, pur conservando le caratteristiche proprie dell’arte abruzzese, è uno dei primi esempi locali ispirato alle forme gotiche. L’interno segue il modello cistercense con una sola navata divisa in tre campate, conclusa da un presbiterio di forma quadrata. Di fronte al presbiterio la scaletta che conduce alla piccola cripta, che secondo gli storici era originariamente un ipogeo dedicato al culto della dea Vesta.
La chiesa, nota anche per la presenza di alcuni simboli templari, è stata dichiarata monumento nazionale nel 1902. Danneggiata dal sisma del 6 aprile 2009, è stata riaperta il 28 aprile 2019 dopo un attento e accurato restauro.
All’interno sono presenti due cicli di affreschi che ricoprono completamente le pareti. Il primo ciclo, risalente al XIII secolo, è opera di artisti bizantino-cassinesi e si trova nell’abside, nella parete meridionale, nell’arco trionfale e nella parete di contro-facciata; il secondo ciclo è opera di pittori di scuola toscana di gusto protogiottesco, che affrescarono la parete settentrionale riedificata dopo il terremoto del 1313.
Nel ciclo bizantino-cassinese sono notevoli le scene del Vecchio e del Nuovo Testamento. Quelle di maggior interesse per gli studiosi della Sindone sono le scene della Passione di Cristo: l’Ultima Cena, il bacio di Giuda, la flagellazione, la crocifissione, la deposizione.
Nell’Ultima Cena si nota che Gesù ha la barba bipartita, caratteristica presente anche nella Sindone; nessuno degli apostoli ha questa particolarità.
Anche nelle scene successive, come il bacio di Giuda, Cristo è sempre raffigurato con la barba bipartita.
La Flagellazione mostra la figura di Cristo molto slanciata, più alta del normale, come sembra apparire dalla Sindone.
Nella Crocifissione Gesù è rappresentato morto, con la testa reclinata sulla spalla destra, il corpo incurvato e i piedi contorti. La Madonna e San Giovanni Evangelista sono ai lati della croce.
Gli artisti bizantini sono stati influenzati da un dettaglio presente sulla Sindone per la rappresentazione della Crocifissione: nel Sacro Lino sembra di vedere una gamba più corta dell’altra. Si tratta della sinistra, rimasta più flessa sulla croce per la sovrapposizione del piede sinistro sul destro e così fissata dalla rigidità cadaverica.
A partire dall’VIII secolo Gesù non è più raffigurato rigido ed eretto, ma con il capo flesso a destra e il corpo spostato da un lato, tanto da descrivere un movimento, definito dagli studiosi come “curva bizantina”. Gli artisti, convinti per influsso della Sindone che Gesù avesse una gamba più corta, dovettero dare al bacino una curva per ottenere che i piedi fossero inchiodati alla stessa altezza.
La Deposizione è il momento più drammatico.
Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo stanno deponendo nel sepolcro il corpo di Cristo, avvolto nella Sindone. È evidente il dolore delle donne. San Giovanni avvicina la mano di Gesù al suo volto. Si nota il pollice flesso verso il basso, come si osserva sulla Sindone: la lesione del nervo che muove il pollice, provocata dal chiodo della crocifissione, lo fa piegare verso l’interno della mano.
Tutti questi interessanti dettagli avvalorano l’ipotesi che gli artisti di Santa Maria ad Cryptas abbiano visto la Sindone e si siano ispirati ad essa per realizzare le scene della Passione di Cristo.
Emanuela MARINELLI Roma 11 ottobre 2020
Per approfondire:
www.abruzzoturismo.it/it/chiesa-santa-maria-ad-cryptas-fossa-aq
http://misteriinsoluti.blogspot.com/2014/01/laquila-citta-templare-nelle.html