di Massimo PULINI
François Macé de Lépinay è scomparso lo scorso 4 ottobre.
Figura di spicco della storiografia artistica francese, formatosi con André Chastel e Jacques Thuillier, negli anni Settanta era divenuto ‘pensionnaire’ a Villa Medici di Roma e aveva poi rivestito numerosi incarichi istituzionali in campo artistico, fino a divenire Ispettore generale dei Monumenti Storici e Conservatore generale del Patrimonio Francese. Dopo aver condotto importanti studi su Georges de la Tour era divenuto il più grande studioso del Sassoferrato (Giovanni Battista Salvi, Sassoferrato 1609 – Roma 1685), sul quale da mezzo secolo stava raccogliendo il materiale per una immensa monografia, che ancora non ha trovato pubblicazione. Di questo lavoro incompiuto e che forse lui stesso giudicava infinito, rimangono i cataloghi delle due mostre che curò intorno alle opere del raffinatissimo pittore marchigiano. Entrambe furono realizzate a Sassoferrato, la prima nel 1990 e la seconda nel 2017
Ebbi l’occasione e il piacere di conoscere François Macé de Lépinay tra quelle due date, nel 2009, quando organizzai, per la Galleria Comunale di Cesena, una mostra che onorava il quarto centenario dalla nascita del Salvi. Da diversi anni era già lo studioso di riferimento e quando fece visita alla mostra mi colpì il suo atteggiamento aperto e privo di gelosie intellettuali. D’altro canto il comune amico Giancarlo Ciaroni, direttore della galleria Altomani di Pesaro, mi aveva già raccontato della sua figura etica e disinteressata, della sua curiosità e dei pareri rilasciati senza pegno sulle opere che gli sottoponeva.Mi chiese di collaborare alla preparazione dell’ultima mostra: Il Sassoferrato. La devota bellezza (2017) e, tra riunioni e incontri telefonici, mi venne confermata la statura dell’uomo e dello studioso, che era autorevole senza il bisogno di esercitare l’autorità. Mi ricordava lo spirito e la benevolenza di Sir Denis Mahon, il grande studioso di Guercino e forse proprio lo stesso perfezionismo, unito alla vastità dell’argomento trattato, ha impedito a queste due illustri figure di concludere un libro monografico sull’artista che ha accompagnato la loro vita. Nel caso di Macé de Lépinay mi auguro che la signora Hélène, alla quale va un pensiero affettuoso, possa dare alle stampe quel che il marito aveva così meticolosamente elaborato.
Massimo PULINI Rimini Ottobre 2020