P d L
Quello che con la dura ed imprevedibile ondata pandemica (che ci sta rovinando l’esistenza da oltre 300 giorni) non avevamo immaginato –anche se forse era prevedibile- è la crescita progressiva della vendita dei libri.
Un fenomeno che ha coinvolto un po’ tutti i paesi, dagli Stati Uniti alla Germania alla Francia e anche all’Italia, solo per restare in ambito occidentale. I vari lockdown e la normativa restrittiva con la conseguente compressione se non proprio il divieto in molti casi delle relazioni sociali ci hanno costretti a restare al chiuso favorendo ed anzi imponendo attività ristrette solo al nostro ambito e tra queste la lettura ha avuto e sta avendo sempre più spazio. Perché? Forse perché un libro che ci aiuti a vivere meglio, a superare il disagio, a far fronte ai problemi esistenziali si trova sempre, con buona pace di chi ne profetizzava la fine specie dopo l’avvento degli e-book.
Per parte nostra vogliamo proporne due che, a nostro parere, tra i tanti che appaiono pubblicizzati in vari modi, possono attrarre l’attenzione dei nostri lettori e non solo: si tratta di “Forse non tutti sanno che Caravaggio. La vita di un genio: tra arte, avventura e mistero”, scritto da Annalisa Stancanelli, edito da Newton Compton (Roma 2020), e di “Valguarnera. Una storia barocca”, scritto da Stefano Antonio Marchese, ed edito da Mandragora (Fi, 2020); del quale però ci occuperemo in un altro numero.
Si capisce subito dai titoli perché ci sentiamo di suggerirne la lettura, dal momento che entrambi i testi possono ben rientrare nell’ambito di una linea che About Art persegue fin dalla sua nascita, e che consiste nella promozione di quanto attiene all’arte e alla cultura come valori etici imprescindibili.
Va subito chiarito comunque che non siamo di fronte a testi da cui attendersi scoperte documentarie in grado di riscrivere storie già note, né acquisizioni di rilievo accademico, ma certamente a libri di sicuro valore e di grande attrattiva, tanto per le storie che vi compaiono, quanto per le modalità di una narrazione che in entrambi i casi si snoda seguendo una trama affascinante, che per la importanza degli argomenti trattati e per la ricchezza argomentativa con cui questi sono presentati sicuramente meritano che li si possa raccontare.
Il primo, frutto di un certosino lavoro di verifiche, analisi ed aggiornamenti della prof.sa Annalisa Stancanelli (Dirigente scolastico in Sicilia: una volta si sarebbe detto Preside), riprende e risistema in modo molto ben articolato tutte – o quasi- le conoscenze concernenti la vita e la figura dell’artista, Michelangelo Merisi da Caravaggio, che rivoluzionò il modo di fare e di interpretare la pittura, ponendo altresì il lettore di fronte alle contraddizioni e alle difficoltà di un’epoca che rappresentarono però per il genio lombardo anche una sorta di lievito del suo vivere e del suo operare.
Il racconto si snoda attraverso dieci “parti” a cominciare dalla nascita dell’artista e dagli anni della sua formazione come pittore, passando poi per il periodo in cui nasce la “leggenda nera”, come scrive l’autrice, della sua esistenza, vale a dire gli anni compresi tra l’ultimo in cui è ancora documentato in Lombardia, il 1592, fino all’arrivo a Roma, probabilmente non prima del 1595-96. E già qui molte sono le domande che affascinano e nello stesso tempo fanno disperare i numerosi esegeti del pittore: dove è stato in questi anni? è passato a Venezia per studio ? probabile; ha combattuto in Ungheria ? chissà; si era macchiato di un omicidio? non è chiaro).
Sono solo alcuni dei “misteri” cui richiama il titolo del volume ed ai quali non si riesce a dar conto per mancanza di evidenze documentarie. Poi l’arrivo a Roma, con i difficili esordi fino agli incontri decisivi, in particolare col cardinale Francesco Maria Bourbon del Monte che lo portò a vivere nel palazzo oggi sede del Senato e gli fece avere committenze prestigiose tanto da farlo divenire il “pictor praestantissimus”, come ebbe a intitolare il suo fondamentale volume il compianto Maurizio Marini, che la Stancanelli cita opportunamente molto spesso, insieme ad altri studiosi, come Berra, Strinati, Cuppone, Teza, Macioce, Cappelletti, Terzaghi, Vodret, Prohaska, Pacelli, Sickel, Ebert-Schifferer, Lapucci, Zuccari e altri ancora che sul Merisi hanno scritto pagine fondamentali a cui la nostra autrice correttamente si richiama, rimarcandone la validità e l’importanza, dato che in casi come questo, in effetti, laddove cioè il documento manca o latita, il rischio era di finire fuori strada con divagazioni letterarie o di altro tipo.
Ma cosa trova Caravaggio arrivato a Roma ? Che fosse nel 1595 – 96 –come ormai quasi tutti gli addetti ai lavori sono propensi a ritenere sulla base degli ultimi ritrovamenti documentari- oppure che fosse nel 1592, certo è che sul soglio pontificio regnava, proprio a cominciare dal 1592 (e fino al 1605) Clemente VIII Aldobrandini e la città si apprestava a diventare la capitale della cultura e dell’arte, il “gran Teatro del Mondo”, vero centro focale del rinnovamento, dove tutto poteva accadere, meta di artisti provenienti da ogni dove che “vanno e vengono” e a cui è impossibile “dar regola”, oltre che ricettacolo di vagabondi di ogni risma e balordi in cerca di avventure.
Nella capitale papalina Caravaggio trova un clima particolare dal punto di vista religioso, pervaso da una straordinaria incombente spiritualità con le inevitabili quanto obbligate ricadute sul terreno dell’arte non solamente figurativa, in un momento peraltro di mutazioni eccezionali, quando la fase di transizione dal linguaggio manierista a quello del naturalismo e poi del barocco veniva segnata da una formidabile messe di eventi e da personalità straordinarie; era infatti appena morto Filippo Neri (Firenze, 1515 – Roma, 1595) fondatore degli Oratoriani, nonché il meno noto ma all’epoca altrettanto famoso recolletto spagnolo Angelo Del Pas (Perpignan, 1540 – Roma, 1596), grande trascinatore di folle che, come il Neri, aveva affascinato e coinvolto anche numerosi artisti; di questo integerrimo frate sicuramente Caravaggio doveva conoscere quanto meno l’effige, dal momento che il suo ritratto era appeso nella bottega del siciliano Lorenzo Carli dove il Merisi venne accolto al suo arrivo a Roma: lo scrive Francesca Curti che ne ha ritrovato l’inventario con la citazione dei dipinti : “… in uno dei quali sta retratta la testa con il busto di quel padre che faceva miracoli in San Piero in Montorio” (Cfr. Sugli esordi di Caravaggio a Roma. La bottega di Lorenzo Carli e il suo inventario, in Caravaggio a Roma. Una vita dal vero, direzione E. Lo Sardo, a cura di M. Di Silvio e O. Verdi, Roma, Museo di Palazzo Venezia, febbraio-maggio 2011, Roma 2011, pp. 65-76).
In questo ambito maturarono esperienze determinanti per il Merisi e questa fase della sua vicenda umana ed artistica occupa naturalmente uno spazio importante nel volume della Stancanelli, né poteva essere altrimenti, considerata la straordinaria importanza del contesto che tuttavia appare descritto più che altro sul lato cronachistico (tanto è vero che l’autrice titola una ‘parte’ relativa ai primi anni romani come “L’inizio di una fiction”), ma forse non è un male se consideriamo che fiumi di inchiostro sono stati versati nel tentativo di dimostrare entro quali ambiti – morali, religiosi, spirituali – dovrebbe essere inserito o quanto meno studiato il linguaggio rivoluzionario del grande lombardo, tanto che la nostra studiosa avrebbe rischiato forse una inutile ripetizione di cose già note peraltro poco afferenti all’intento divulgativo del suo volume.
La Stancanelli in ogni caso è una scrittrice di vaglia e sa bene come si scrive una storia che possa appassionare un lettore, senza contare poi che con Caravaggio si era già misurata, in maniera però soprattutto romanzata, mentre stavolta la narrazione corre sul filo di eventi storicamente acclarati, citati dalle fonti d’archivio (cui anch’essa fa spesso riferimento) in cui intervengono personaggi che quasi quasi riesce a farci percepire presenti in carne ed ossa e che nella vita del pittore milanese giocarono un ruolo primario. A partire evidentemente dalla marchesa Costanza Colonna, che fu mecenate, protettrice, amica “sempre presente nei momenti cruciali della vita di Caravaggio”, il quale per la donna -che per lui si spese in tutti i modi – certamente provò un sentimento che andava ben oltre l’affetto e la riconoscenza; come pure determinante per l’artista fu il ruolo giocato da Prospero Orsi, il suo “turcimanno”(oggi si direbbe press-agent), che lo tirò fuori dalla miseria e da ambienti modesti quali quello di quel Lorenzo Carli, che pure, come si è detto, lo aiutò nei primi lavori, o del Cavalier d’Arpino con cui i rapporti furono sempre difficili, per non parlare dei nemici dichiarati quali Baglione o Salini.
Ma dentro tutta una serie di episodi assai noti, che ormai rientrano nella aneddotica e che hanno tramandato e consolidato la fisionomia di un personaggio scontroso, trasandato, abituato a risse e a frequentazioni dubbie e sconvenienti con prostitute e, forse, non solo (l’autrice allude perfino ad un rapporto equivoco – che avrebbe fatto tuonare di sdegno Maurizio Marini- con l’amico e sodale Mario Minniti), ecco però delle narrazioni molto più penetranti e sempre ben argomentate, come quella relativa a “Caravaggio e la musica” e soprattutto quella intitolata “Caravaggio ispirò i poeti”, dove il racconto si apre a temi –ad esempio quando si parla de “I misteriosi epigrammi di Silos e i quadri perduti di Caravaggio”- che oltre che per la precisa ricostruzione operata e che certamente sarà apprezzata anche dagli addetti ai lavori (per parte nostra non ci fa fatica confessare che su molte cose ci siamo potuti aggiornare)- si segnala per la sua originalità e profondità, come certo non dispiaceranno i rilievi sempre puntuali su temi ancora controversi come quello sulle “opere perdute” o su quelle non da tutti accettate, né è da trascurare la parte concernente “Le donne di Caravaggio” che culmina nel paragrafo intitolato “Caravaggio fast and furious”.
Dove invece il racconto forse meritava una trattazione maggiormente incisiva è nella ricostruzione del duello in cui trovò la morte Ranuccio Tomassoni il 28 maggio del 1606, evento decisivo che segnò in modo definitivo la vita dell’artista costretto alla fuga da Roma, dove non rientrerà più. Qui il lavoro di scavo archivistico operato da don Sandro Corradini (che però non viene citato) ha finalmente evidenziato i veri motivi che portarono allo scontro e alla morte del ternano, riassunti dallo studioso – a tutti noto come uno dei massimi esperti di ricerche d’archivio- con la formula “un omicidio preterintenzionale” scaturito da una sorta di trappola che il Tomassoni tese a Caravaggio con l’intento di punirlo per le beffe che il pittore si faceva di lui per essere stato abbandonato con una figlia appena nata da una moglie tutt’altro che fedele, offese che il ternano, un vero bullo dell’epoca, non poteva lasciar correre (Cfr. L’incidente della pallacorda : un omicidio ‘preterintenzionale’? Nuova luce sulla rissa tra Caravaggio e Ranuccio Tomassoni, in Una vita per la storia dell’arte. Scritti in memoria di Maurizio Marini, a cura di P. di Loreto, Etgraphiae, Roma-Foligno, 2015, pp. 123 -133)
Tra gli altri “misteri” raccontati c’è –citiamo- “il mistero della mattonella con a croce ottagonale … nel chiostro piccolo dei Girolamini” che oltre a “trascinare il lettori nei meandri di Napoli” trascina noi alle ultime parti del libro relative al doppio soggiorno partenopeo del Merisi –caratterizzato, il secondo, dal famoso agguato alla taverna del Cerriglio- e a quello maltese, fino ai quadri siciliani e all’ulteriore mistero della morte, laddove il dramma e la tragedia si sovrappongono ai misteri e agli enigmi; il primo riguarda la pala raffigurante la Madonna del Rosario: chi è il personaggio a sinistra che è rivolto verso lo spettatore? Perché il quadro era in vendita nel 1607 quando l’artista era già a Malta?
Anche la “parte” dedicata al soggiorno maltese si apre con una domanda:
“Perché il pittore decide di lasciare Napoli dove è pieno di commissioni?” dove effettivamente, dopo il capolavoro delle Sette Opere del Pio Monte della Misericordia, davvero i napoletani impazzivano per lui ?
E’ solo l’inizio di una narrazione che apre alle parti finali del libro, cui segue la ricostruzione della “terribile storia dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, dalla storia antica e sanguinosa” (consiglieremo qui ai lettori anche un eccellente volume curato da Stefania Macioce, I cavalieri di Malta e Caravaggio. La storia, gli artisti, i committenti, Logar Press, Roma, 2010).
E qui nell’isola si apre il “mistero delle lettere scomparse” e l’altro “mistero dell’anonimo cappuccino”, per poi in Sicilia imbattersi nell’ulteriore “mistero delle pagine perdute del Senato” per non parlare dell’ “enigma della sosta a Palermo” che in effetti fa ancora discutere ma che con tutta probabilità non ci fu.
Ed alla fine di tutto il mistero dei misteri, quello della “morte di Caravaggio nel luglio 1610”
Il libro si chiude infatti con la ricostruzione del disperato quanto vano tentativo dell’artista di tornare a Roma, dove contava nel perdono del papa Paolo V Borghese, cui erano dedicati i dipinti che portava con sé (l’autrice fa cenno anche a un “dipinto noto come La negazione di Pietro … forse uno dei quadri che Caravaggio portava sulla barca che lo conduceva verso Roma … insieme alla Maddalena e a due San Giovanni”).
Chi si era adoperato per la remissione del bando capitale?, forse “non lo sapremo mai” certo è però –citiamo ancora- che
“molti si erano mossi … si parla di un interessamento dei francesi, di Scipione Borghese, del cardinale Gonzaga, del marchese Giustiniani, di Costanza Colonna …”.
Ed invece Caravaggio morì da solo e “malamente”, proprio come “malamente aveva vissuto”.
P d L Roma 3 gennaio 2020