di Nica FIORI
“Tu sei un eroe antico uscito dalle storie di Plutarco”.
Così avrebbe detto il patriota còrso Pasquale Paoli rivolgendosi al giovane Napoleone Bonaparte, il cui genio politico e militare avrebbe segnato profondamente la storia della Francia e dell’Europa per decenni. In effetti il Napoleone rivoluzionario, condottiero e imperatore ha sempre avuto nel cuore una passione per l’antichità di Roma, tra Repubblica e Impero, tra libertà e autorità, come viene evidenziato nella mostra “Napoleone e il mito di Roma”, che si tiene nel complesso dei Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali fino al 30 maggio 2021.
Anche se a Roma Napoleone non arrivò mai, la città, annessa all’impero francese dal 1809 al 1814, si preparò ad accoglierlo con una trasformazione urbanistica, solo in piccola parte compiuta, che l’avrebbe dovuta assimilare a Parigi. E ora a distanza di 200 anni dalla morte, avvenuta il 5 maggio 1821 nell’isola di Sant’Elena, la città lo accoglie con una grande mostra, ideata da Claudio Parisi Presicce e curata dallo stesso Parisi Presicce e da Massimiliano Munzi, Simone Pastor, Nicoletta Bernacchio.
La sede prescelta ci sembra particolarmente idonea, perché collocata a due passi dalla colonna coclide di Traiano, che fu presa a modello per quella di Place Vendôme a Parigi, eretta per celebrare la vittoria della Grande Armata nella Battaglia di Austerlitz (2 dicembre 1805), che garantì a Napoleone il dominio sull’Europa. In realtà egli avrebbe voluto trasferire la colonna da Roma a Parigi, ma rinunciò per le enormi difficoltà tecniche ed economiche che avrebbe comportato.
Vincente ci appare anche l’idea dell’installazione al centro della Grande Aula dei Mercati di Traiano di un giardino napoleonico: una fila di cipressi che si riflettono in uno specchio. Un aneddoto vuole che Antonio Canova, giunto a Parigi per eseguire il ritratto di Napoleone, alla richiesta se a Roma si piantassero alberi per abbellire le vie, avrebbe risposto che a Roma si piantavano obelischi. Ma, secondo le più moderne tendenze urbanistiche che raccomandavano la creazione di spazi verdi nelle città, è proprio in quegli anni di governo napoleonico che a Roma si fanno grandiosi progetti per la sistemazione del verde cittadino, tra cui quelli del “Giardino del Grande Cesare”, dei quali terrà conto Giuseppe Valadier per la Passeggiata del Pincio.
La mostra ospitata nei Mercati di Traiano, suddivisa in tre macro-sezioni, si snoda tra numerose sculture, dipinti, stampe, medaglie provenienti dalle collezioni capitoline, ma anche da musei internazionali, ed è arricchita da alcuni audio e da immagini filmiche.
Nell’allestimento si è scelto come sfondo un colore blu con le api che furono adottate da Napoleone al posto dei gigli borbonici. Il riferimento è alle 300 api d’oro che erano state trovate nella tomba del re merovingio Childerico I a Tournai.
La prima macro-sezione, preceduta da un prologo sul Neoclassicismo, è dedicata al rapporto tra Napoleone e il mondo classico, seguendo la sua biografia a partire dalla formazione del giovane Bonaparte, che è ricordato in un gesso di Louis Rochet realizzato per la statua di Napoleone cadetto a Brienne, proveniente dal Musée d’Yverdon et Région (Yverdon-les-Bains).
Viene evidenziata l’adozione di diversi modelli tratti dall’antichità, utilizzati di volta in volta per trasmettere messaggi di potere, di buon governo e di conquiste militari.
Vediamo in particolare come Lucio Giunio Bruto e Marco Giunio Bruto, presi a modello dalla Francia rivoluzionaria, insieme ad altri simboli repubblicani quali il berretto frigio (pilleus), il fascio littorio e il pugnale dei cesaricidi, cedono il posto nel cuore di Napoleone alle figure dei grandi condottieri Giulio Cesare, Alessandro Magno, Annibale e poi ancora ad Augusto, il primo imperatore romano, e a Carlo Magno, il re franco che diede vita al Sacro romano Impero, del quale Napoleone si sentiva diretto erede.
Nel dipinto di Jacques-Louis David, Napoleone valica il Gran San Bernardo (è presente una riproduzione), sono proprio i nomi di Annibale e di Carlo Magno a essere ricordati in basso a sinistra, insieme a quello di Napoleone.
Tra le opere esposte troviamo i ritratti dei due Bruti, di Annibale, di Cesare, di Augusto, di Costantino, provenienti dai Musei Capitolini e dal Museo della Civiltà Romana, un bronzo con Alessandro Magno a cavallo dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il grande bronzo di Lorenzo Bartolini proveniente dal Louvre, raffigurante Napoleone I Imperatore, in cui il sovrano è ritratto con la corona d’alloro e le fattezze di un imperatore romano.
La macro-sezione si chiude con la morte e l’apoteosi di Napoleone, considerato un eroe antico (assimilato a Ercole) ma anche un santo e un taumaturgo, in continuità con i re del medioevo francese. Ce lo ricorda l’incisione di A.C. Masson, proveniente dal Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts di Ajaccio, tratta dal celebre dipinto di A.J. Gros, Il generale Bonaparte visita gli appestati di Jaffa. Ma, proveniente dallo stesso museo di Ajaccio, c’è anche una sua raffigurazione con il diavolo:
del resto un personaggio complesso come lui, il cui temperamento autoritario non poteva adattarsi alla libertà agognata dalla rivoluzione, ha suscitato tanta discordanza nei giudizi. Fu vera gloria? Si sarebbe domandato Manzoni nella sua celebre ode Cinque maggio, rispondendo subito con “Ai posteri l’ardua sentenza”.
Come viene evidenziato nella seconda macro-sezione della mostra, dedicata al rapporto di Napoleone con l’Italia e Roma, l’imperatore, divenuto re d’Italia, viene raffigurato con immagini iconiche di sovranità, tra cui l’erma di Napoleone I con la corona, realizzata da G.B. Comolli e conservata nella Galleria d’arte moderna di Milano.
Tra i protagonisti del panorama artistico romano del tempo troviamo Antonio Canova in un ritratto proveniente dai Musei Capitolini, e un busto canoviano raffigurante Pio VII, ancora dai Musei Capitolini, esposto nella sala dedicata al complesso rapporto che Napoleone ebbe con il Papato e la religione. Nella sala ci colpisce in particolare la raffigurazione satirica di un gallo che offre un fascio di rami secchi a un gatto con la tiara, che allude alle pesanti condizioni di pace offerte da Napoleone a Pio VI con il Trattato di Tolentino del 1797. Fu in seguito a quel trattato che vennero ceduti i territori occupati dai francesi e innumerevoli opere d’arte furono portate a Parigi. Il pontefice fu fatto prigioniero e morì in Francia nel 1799.
Fu il successore Pio VII che, dopo la caduta di Napoleone, mandò Canova a trattare per la restituzione delle opere d’arte sottratte all’Italia e in buona parte esse furono recuperate.
In sintonia con il luogo ospitante è l’approfondimento sullo scavo della Basilica Ulpia. Fu proprio il Governo Napoleonico, infatti, ad avviare nel 1811 la sistemazione dell’area a sud della Colonna Traiana, che era circondata da una fossa maleodorante, secondo la nuova tendenza di valorizzare il patrimonio storico artistico di epoca classica, abbattendo case ed edifici religiosi successivi, ritenuti di scarso valore, come avvenne per il Conservatorio delle zitelle di Sant’Eufemia, la cui “luttuosa” circostanza del trasferimento viene raccontata in un audio dalla Madre Superiora.
Iniziarono così gli scavi che portarono alla scoperta e alla sistemazione del settore centrale della Basilica Ulpia e di parte della piazza del foro traianeo, completata nel 1815 da papa Pio VII dopo il suo ritorno a Roma.
Ancora oggi il percorso di visita dei Fori Imperiali inizia proprio scendendo nel cosiddetto “Recinto Pontificio”, che corrispondeva al concetto di “Museo delle rovine”, con la collocazione lungo il perimetro dell’area recintata dei materiali architettonici e scultorei ritrovati nel corso degli scavi. Tra questi reperti vi erano pure le imponenti statue di 4 Daci, attualmente conservate in collezione permanente nel Museo dei Fori Imperiali, accostate a una testa di Dace, prestata dai Musei Vaticani, ritrovata nello stesso contesto.
Il progetto originario del 1812 degli architetti Giuseppe Camporese e Giuseppe Valadier prevedeva una piazza pseudo-ellittica con al centro degli emicicli da un lato la Colonna Traiana e dall’altro una fontana, da realizzare ex novo. Il progetto fu poi ridimensionato dall’architetto ticinese Pietro Bianchi (lo stesso di piazza del Plebiscito a Napoli) con la creazione di una sola esedra intorno alla Colonna Traiana. L’orientamento trasversale, ipotizzato all’epoca per la Basilica Ulpia, si è poi rivelato diverso da quello reale, messo in luce negli scavi più recenti.
La terza e ultima parte della mostra approfondisce alcuni aspetti relativi alla ripresa di modelli antichi nell’arte e nell’epopea napoleonica, come ad esempio quello dell’Aquila romana, simbolo del potere imperiale. Sono esposte in mostra due aquile, quella in bronzo dorato del 7° Reggimento Ussari, e quella di Waterloo, raffigurata ferita, provenienti entrambe dal Musée de l’Armée di Parigi.
Nell’approccio all’Antico, oltre allo studio dei classici latini (Napoleone amava Cornelio Nepote, Plutarco e soprattutto il De bello gallico di Cesare) fu fondamentale la Campagna d’Egitto, un’impresa militare e culturale, raccontata attraverso alcune opere, come la stampa di K. Girardet dal Museo Napoleonico di Roma, raffigurante Il generale Napoleone Bonaparte alle Piramidi, e la statuetta in bronzo di C.J. Meurant Bonaparte su un dromedario, prestata dal Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts di Ajaccio. Del resto l’arte plurimillenaria della Valle del Nilo, così come aveva affascinato Roma dopo la conquista dell’Egitto da parte di Ottaviano, avrebbe affascinato la Francia napoleonica, provocando una vera egittomania.
Il percorso prosegue con un riferimento ad Alessandro Magno, celebrato nella mostra con cinque lastre in stucco con Il Trionfo di Alessandro Magno in Babilonia di Bertel Thorvaldsen, nella versione conservata nei Musei Civici di Pavia e derivata dal fregio eseguito dal celebre scultore per il Palazzo del Quirinale nel 1812.
L’opera originale, anch’essa in stucco, è considerata il capolavoro dello scultore danese e si trova nella Sala delle Dame nel Palazzo del Quirinale, ambiente che ancora oggi mantiene l’arredo di gusto neoclassico con cui fu allestita nel 1812 per accogliere la famiglia di Napoleone, sotto la guida dell’architetto Raffaele Stern. Bonaparte era ovviamente evocato nella figura del grande re macedone, che dopo aver annesso l’Egitto si era spinto nelle sue conquiste sempre più a est, entrando da trionfatore a Babilonia, per poi giungere fino alla Valle dell’Indo.
Si torna quindi a volgere lo sguardo a Roma, la cui Colonna Traiana è raffigurata in un modello. Dopo la realizzazione dei calchi voluti da Luigi XIV e giunti a Parigi nel 1671, questo capolavoro della statuaria romana divenne fonte di ispirazione e imitazione per molti artisti francesi. Ma fu proprio con Napoleone che la Colonna ebbe la sua imitazione più celebre e allo stesso tempo originale: la Colonna Vendôme a Parigi, celebrazione di un impero e di un imperatore. E dalla stessa Colonna deriva il motivo della Vittoria alata che scrive sullo scudo, presente in un calco del Museo della Civiltà romana e accostato alla riproduzione fotografica di un dipinto di Andrea Appiani (Il Generale Bonaparte e il Genio della Vittoria).
La mostra si conclude con il famoso quadro Napoleone con gli abiti dell’incoronazione, dipinto da François Gérard nel 1805 e conservato ad Ajaccio, nel Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts: il dipinto raffigura Napoleone con la corona di alloro e lo scettro con l’aquila e rappresenta la maestosa utilizzazione dei simboli imperiali di Roma.
La mostra è assolutamente da non perdere per tutti gli appassionati di storia e di archeologia e ci fa capire come nel periodo napoleonico il mito di Roma entra in una fase nuova, caratterizzata da un uso politico che non è limitato all’élite culturale, ma entra in ampi settori della società. Per i francesi della Rivoluzione il mito di Roma non si associava all’etnicità. Nonostante nei romani di allora scorresse (presumibilmente) sangue romano e nei francesi quello gallico, i francesi si ritenevano i veri eredi dei romani. Roma era un mondo antico da imitare, tanto che si affermò la terminologia romana di consoli, tribuni, senato, ma le parole non corrispondevano a quelle antiche e ben presto la Roma repubblicana cedeva il passo con Bonaparte a quella imperiale. Nel momento in cui Napoleone divenne primo console, egli esercitava già una sorta di dittatura e, proprio come avvenne con Augusto a Roma, furono gli stessi repubblicani a offrirgli il titolo d’imperatore.
Nica FIORI Roma 7 febbraio 2021
“Napoleone e il mito di Roma”
Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali, via IV Novembre, 44 Roma Fino al 30 maggio 2021
Orario: dal lunedì al venerdì 9,30 – 19,30 (la biglietteria chiude un’ora prima)
Biglietto museo + mostra: € 15,00 intero (€ 14 per i residenti a Roma); € 13 ridotto (€ 12 per i residenti). L’ingresso è gratuito per gli aventi diritto e per i possessori della MIC card (prenotazione obbligatoria)