La rinascita della basilica paleocristiana nella Roma del IX secolo. I Santi Quattro Coronati

di Francesco MONTUORI

Migranti sull’About

di M. Martini e F. Montuori

 ANTICHE  CHIESE  DI   ROMA

I  Santi Quattro  Coronati

Prima Parte

Nel primo ventennio del IX secolo l’influenza delle basiliche orientaleggianti – Santi Sergio e Bacco, Santa Sofia a Costantinopoli – decadde a favore dei prototipi paleocristiani romani del IV secolo, le grandi basiliche di San Pietro e di San Paolo.

Tuttavia gli architetti romani della prima metà del IX secolo non ebbero come unico modello San Pietro o San Paolo. Solo nelle chiese della prima età carolingia essi si attennero strettamente ai prototipi del IV secolo; nelle fabbriche più tarde, innalzate fra l’820 e l’850, preferirono ispirarsi alle basiliche romane della prima metà del V secolo, Santa Sabina e San Giovanni e Paolo.

Furono fondate così Santa Cecilia, San Marco, San Martino ai Monti: Santa Cecilia manca già del transetto e della struttura architravata che separa la navata centrale da quelle laterali; la chiesa di San Marco, sebbene un po’ più tarda (827-44), rivela ancor oggi l’ordinamento originario con navata centrale delimitata da arcate su colonne, abside semicircolare e cripta ad anello; infine San Martino richiama piuttosto la basilica di Santa Maria Maggiore. Si manifesta un ritorno alla pura bellezza della pianta basilicale originaria.

La fase finale di questa rinascita della basilica paleocristiana è rappresentata da due chiese erette durante il pontificato di Leone IV (847-855): Santa Maria Nova e, in particolare, i Santi Quattro Coronati.

Misteriosa è la dedica della chiesa dei Santi Quattro Coronati.

Secondo un’antichissima tradizione, cinque scultori si erano rifiutati di scolpire la statua di un idolo pagano, essendo di fede cristiana. Furono perciò condannati al martirio. Ma i quattro soldati Severo, Severiano, Carpoforo e Vittorino che dovevano ucciderli si rifiutarono. Furono anch’essi martirizzati: sono loro i santi Quattro Coronati. Resta comunque il fatto che la chiesa è particolarmente venerata dai marmorari e scalpellini di Roma, in ricordo dei loro sfortunati predecessori.

Fig. 1 Antonio Tempesta, immagine di Roma, dettaglio. 1593
Fig. 2 Basilica dei Quattro Santi Coronati, vista zenitale

 

Il complesso dei Santi Quattro Coronati sorge su un’altura, in realtà una propaggine del più vasto colle del Celio che si conclude nel pianoro del Laterano, mentre a nord ovest domina a precipizio la valle che la separa dal colle Oppio (fig.1). Imponenti strutture architettoniche prospettano lungo la via in salita dei Ss. Quattro che dal Colosseo conduce al Laterano (fig.2). A circa metà della salita si erge alta la Torre Maggiore, caratterizzata da due potenti speroni; da via dei Querceti è possibile ammirare in tutta la sua imponenza volumetrica l’abside della grande basilica (fig.3).

Fig. 3 Abside della basilica (fotografia di Lia Barella)

La facciata principale si apre su un piccolo slargo della via dei Ss. Quattro ed è rivolta verso San Giovanni in Laterano, la chiesa cattedrale della città. La facciata intonacata risale al XVII secolo, quando nel complesso erano ospitate le orfane e per questo le semplici finestre rettangolari, protette da grate, sono rialzate in modo da impedire alle fanciulle abbandonate l’affaccio verso la città (fig.4).

Fig. 4 Fronte di ingresso ai cortili interni (fotografia Turismo Roma)

Oggi il complesso dei Santi Quattro Coronati appare come un convento fortificato, racchiuso com’è da una cinta muraria e sormontato da una Torre; l’ingresso è costituito da un’arcata suggestivamente sovrastata dal basso e originale campanile romanico. Al di là si apre la profonda prospettiva di due cortili, con un doppio portico che precede l’antico portale della basilica.

Fig. 5 Primo cortile. Il lato est del complesso dominato dalla torre di Leone IV (fotografia di Gianfranco Zecca)

Dopo essere entrati ed aver percorso un largo corridoio che passa sotto la Torre si accede al primo cortile. I due bracci dell’originaria basilica leonina sono stati trasformati in due portici seicenteschi. Avanzando al centro del primo cortile e voltandosi verso l’entrata si può apprezzare come su di essa si erge la Torre che, originariamente, si elevava su tre più piccole colonne, oggi tamponate (fig.5). Si attraversa quindi un primo porticato su cui si apre la cappella di San Silvestro per accedere al secondo cortile che occupa oggi lo spazio dove insisteva in origine la navata centrale della basilica carolingia. Al portico di fondo si appoggia l’antica facciata della basilica di Leone IV.

Lo spazio del cortile corrisponde all’incirca alla metà est della navata centrale della basilica leonina; le pareti laterali del cortile sorgono al posto dei colonnati che delimitavano la navata della grande basilica.

Fig. 6 Pianta del complesso con la basilica di Leone IV dopo l’incendio del 1084. In verde le parti conservate; in azzurro chiaro le parti ricostruita sotto Pasquale II e in azzurro scuro le parti ricostruite dallo stesso papa nella seconda fase. (elaborazione di Lia Barella)

Dal lato opposto invece è il portico antistante la chiesa e il soprastante coro delle monache. Sotto il portico si apre il portale della basilica (fig.6).

La basilica dei Santi Quattro Coronati somigliava, nella sua forma originaria, a San Martino e ancor più a Santa Cecilia. L’atrio, i colonnati, l’abside semicircolare, la mancanza del transetto, le finestre con archi a doppia ghiera trovano corrispondenza nei due modelli romani; inoltre la cappella di Santa Barbara, addossata alla navatella sinistra, a pianta quadrata con colonne angolari, volta a crociera e tre absidi somiglia per posizione e funzione a quella di San Zenone a Santa Prassede.

Tuttavia si rilevano nella basilica dei Quattro Santi alcune rilevante innovazioni stilistiche.

I colonnati della navata centrale sono interrotti, a metà del loro sviluppo, da un pilastro a cui era addossata una parasta determinando la divisione della navata centrale in due grandi campate che contrastava il fluire dei colonnati tipico delle chiese dell’XI secolo. Inoltre l’accesso all’atrio del grande complesso dei Quattro Coronati è sovrastato da una Torre quadrata che crea nella zona di ingresso una variante particolarmente rilevante. Particolarità queste del tutte estranee alle chiese paleocristiane romane.

Fig. 7  Planimetrie generale del complesso e legenda
elaborazione di Lia Barelli

In ogni caso nella prima metà del IX secolo si manifesta un ritorno alla pura bellezza della pianta basilicale, alla netta contrapposizione fra il corpo longitudinale e il transetto o l’abside, alla semplicità degli alzati.

Dobbiamo a Lia Barella nel suo “Il complesso monumentale dei Ss. Quattro Coronati a Roma”– Viella editrice 2009 – una esaustiva descrizione del complesso monumentale. Esso si caratterizza per una molteplicità di emergenze architettoniche : i due cortili di accesso; il portico del secondo cortile con sovrastante coro delle monache; la basilica vera e propria; il chiostro cosmatesco con la cappella di Santa Barbara; il monastero benedettino e il refettorio delle monache; l’oratorio di San Silvestro; la stamperia con il sovrastante Salone Gotico; il palazzo cardinalizio del XII-XIV secolo (figg.7 e 7bis).

Fig. 7bis  Planimetrie generale del complesso e legenda (elaborazione di Lia Barelli)

La ricostruzione di Leone IV (847-855)

In questo secolo che vide l’affermarsi a Roma della rinascenza carolingia, il cardinale prete dei Ss. Quattro divenne papa nell’ 847 con il nome di Leone IV. La sua prima preoccupazione fu quella di ricostruire il complesso, ormai fatiscente in forme, per l’epoca, veramente grandiose.

Alla conclusione dei lavori, arrivando dalla cattedrale di San Giovanni si incontrava prima un portico formato da arcate su colonne alternate a pilastri, inglobato nella facciata dominata dalla massiccia Torre. Tramite tre porte si passava ad un cortile definito da un quadriportico; da qui si poteva accedere ad un corpo di fabbrica di forma trapezoidale probabilmente destinato alla residenza del clero; nel braccio ovest si aprivano altre tre porte per le quali si accedeva alla navata centrale e alle navate laterali della basilica. Questa era di notevoli dimensioni rispetto a quella in seguito realizzata: di circa 30 metri di larghezza e 55 di lunghezza, aveva tre navate divise da colonnati architravati e un abside con sottostante cripta semianulare. Le navate laterali erano prive di finestre mentre quella centrale era illuminata da una teoria di finestre localizzate fra gli intercolumni della navata. Altre tre finestre si aprivano nella facciata e nell’abside (fig.8).

Fig. 8 Ipotesi ricostruttiva del complesso al tempo di papa Leone IV (elaborazione di Lia Barelli)

Leone IV, riutilizzò come fondamenta della navata centrale le sostruzioni di epoca tardo antica; ed è proprio la riutilizzazione di più antiche mura, evidenti in molti punti della fabbrica leonina, che spiegano le irregolarità e le asimmetrie riscontrabili nel nuovo impianto chiesastico e che testimoniano come Leone IV fece ogni sforzo per trasformare il suo titulus in un monumento che testimoniasse la continuità della nuova architettura paleocristiana con la tradizione della basilica romana. La renovatio rappresentò il substrato culturale per far rivivere il glorioso passato della città di Roma rimuovendo le suggestioni orientaleggianti e valorizzando gli elementi stilistici della tradizione paleocristiana.

La basilica di Pasquale II (1099-1118)

La storia del complesso fu stravolta a seguito di un evento catastrofico verificatosi nel XI secolo. Nel 1084 il principe normanno Roberto il Guiscardo per soccorrere Gregorio VII mise in fuga l’imperatore Enrico IV che era entrato a Roma con il suo esercito. Seguirono violenti saccheggi e la città fu data alle fiamme. L’incendio raggiunse il complesso dei Ss. Quattro provocando gravi danni alle strutture della basilica di Leone IV, fra cui il crollo della navata centrale della basilica e parte dell’abside.

Pasquale II tentò un restauro in due fasi. Nella prima fase restaurò l’abside e impostò due grandi pilastri cruciformi fino a sorreggere le capriate di copertura; in una fase successiva ridimensionò la basilica impostandola su cinque pilastri di cui i primi due orientati in senso orizzontale. Furono sostituite le architravi sulle colonne  con arcate. Pasquale II ridusse lo spazio sacro a quello occupato dalla basilica attuale. Realizzò tre navate più piccole, di cui le laterali sormontate da gallerie e un transetto, mentre l’abside rimase quello preesistente. Quanto rimaneva dell’ex navata centrale, priva di tetto, divenne un secondo cortile che terminava in un nuovo portico.

Varcata la porta si coglie in un’unica vista di insieme l’interno della basilica che è nella sostanza quella consacrata da Pasquale II nel 1116: un’aula a tre navate di cui le laterali sormontate da gallerie, conclusa da un alto transetto sul quale si apre una grande abside. Le navate sono separate da due file di quattro colonne con capitelli corinzi e compositi. Sul fondo due grandi pilastri sostengono l’arco trionfale che immette nel transetto. Due coppie di trifore con colonne più piccole dotate di capitelli ionici e parapetti di marmo permettevano l’affaccio dalla galleria. Lo sviluppo longitudinale era ridotto a circa la metà dell’edificio della grande basilica leonina ed è segnalata dai pilastri cruciformi prossimi al muro di fondo che limita il portico del secondo cortile (fig.9).

Fig. 9 Il complesso alla fine del XVII secolo. In verde la basilica e la cappella di San Silvestro, in giallo il monastero e il conservatorio delle orfane (elaborazione di Lia Barelli)

Dal tempo di Pasquale II si conserva il bellissimo pavimento di mosaico cosmatesco (il termine viene dal nome di una delle famiglie di scultori-architetti operanti a Roma fra XII e XIII secolo, i Cosmati). La parte più preziosa della decorazione è quella lungo l’asse centrale della basilica costituita da una successione di rotae, dominata al centro della navata da una più grande rota di porfido (fig.10 e 11).

Fig. 10 Interno della basilica (fotografia di Gianfranco Zecca)
Fig. 11 Il pavimento della basilica di Pasquale II visto dall’alto (fotografia Turismo Roma)

Per il pavimento furono riutilizzati marmi antichi fra cui molte lastre provenienti da catacombe. Del tutto perduto è invece l’affresco che ricopriva la volta dell’abside commissionato da Pasquale II.

Il transetto fu ricavato sfruttando gli alti muri della primitiva navata, di cui mantiene la larghezza. Gli spazi delle due navate laterali della grande basilica ebbero una nuova destinazione: quella di sinistra divenne un monastero benedettino, quella di destra la residenza del clero titolare.

La Basilica di Pasquale II, arricchita di nuovi arredi,  fu consacrata il 20 gennaio del 1116.

Francesco MONTUORI  7 aprile 2021