La cappella del Sancta Santorum, mirabile esempio di unione tra arte e spiritualità. Storia e immagini

di Francesco MONTUORI

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 M.Martini e F. Montuori

SANCTA  SANCTORUM  Cose Sante fra le Sante

Si affacciano sulla piazza San Giovanni in Laterano edifici sacri di grande importanza (fig.1): il Battistero (9), la Loggia delle Benedizioni (7), il Palazzo lateranense sede della diocesi di Roma (6), il Triclinio di San Leone III (17) e, non ultimo per importanza, la Scala Santa (16) che permette di raggiungere la cappella di San Lorenzo in Palatio ed il Sancta Sanctorum, la cappella privata dei papi prima della fondazione della basilica di San Pietro.

Fig.1 Piazza San Giovanni in Laterano in un disegno del Nolli del 1748

Giovanni Gaetano Orsini, membro di una delle più importanti famiglie della città, eletto al soglio pontificio nel 1277 con il nome di Niccolò III, può essere considerato a un tempo ideatore e iniziatore di una concezione dell’Urbe come sede del papato e capitale della cristianità. Sarà Niccolò III a ridisegnare ed a ricostruire l’antica cappella dei palazzi lateranensi dedicata a San Lorenzo in Palatio ad Sancta Sanctorum che era stata fondata almeno fin dal VIII secolo.

Era in questo luogo dove venivano da secoli custodite le più venerate reliquie della cristianità e fra queste l’antica e miracolosa immagine archerotipo – cioè non fatta da mano umana – del Salvatore; “Hic etiam anno 1280 palatium Lateranense…fecit perfici, necnon et basilicam ad Sancta Sanctorum…”.

Sarà Sisto V a trasferire in un edificio più appropriato, progettato da Domenico Fontana nel 1589, il “Sancta Sanctorum” al fine di conservare nel migliore dei modi la cappella privata dei papi (fig2);

Fig.2 Domenico Fontana 1585. L’edificio della Scala Santa (Foto Montuori)
Fig.3 La Scala Santa (Foto Montuori)

la scala d’Onore del palazzo lateranense che ne permette l’accesso dalla metà del ‘400 fu, con molta fantasia, identificata con quella del Pretorio di Gerusalemme, la scala che Gesù percorse durante il processo cui lo sottopose Ponzio Pilato (fig.3).

E’ un semplice edificio: da un atrio di accesso si affronta la Scala Santa, affiancata da altre quattro scale, composta da 28 gradini di marmo, originariamente, per protezione, rivestiti in legno e toccati solamente dalle ginocchia dei fedeli oranti. La tradizione vuole che i 28 gradini di marmo fossero trasportati da Gerusalemme a Roma dall’imperatrice sant’Elena, madre di Costantino; essi furono messi in opera dalle maestranze cominciando dall’alto, proprio per impedire che fossero calpestate.

Le cinque scale conducono al primo piano alla cappella di San Lorenzo in Palatio, affrescate da maestri pittori e mosaicisti fra il 1587 e il 1588: Andrea Lilli, Giovan Battista Ricci, Giacomo Stella, Paris Nogari, Paul Bril, Giovanni Baglione (fig.4). E’ nella cappella di San Lorenzo che si trova la porta di bronzo che permette l’accesso al Sancta Sanctorum.

Fig.4 La cappella di San Lorenzo (Foto Montuori)
Fig.5 Il Sancta Sanctorum Foto Montuori
Fig.6 Il Sancta Sanctorum. La volta con l’affresco dei simboli dei quattro evangelisti Foto Montuori

 IlSancta Sanctorum sarà la cappella privata del papa Niccolò III e dei pontefici per tutto il periodo che San Giovanni al Laterano fu la chiesa più importante della città. E’ un perfetto volume verticale di sette metri di lato, impostata su un alto zoccolo marmoreo alto circa otto metri coperto da una volta a crociera affrescata, sostenuta da quattro colonne dorate angolari (fig.5). La decorazione della cappella utilizza le tecniche del mosaico e dell’affresco: sulla volta a crociera sono raffigurati ad affresco i simboli dei quattro evangelisti sullo sfondo di un cielo stellato (fig.6).

Il mosaico è utilizzato per ornare lo spazio sacro della cappella del Sancta Sanctorum. il prezioso contenitore delle reliquie più venerate dell’antichità; nella parte terminale delle quattro pareti otto colonne tortili sostengono archetti trilobi modanati nei cui spazi sono rappresentati la vergine Maria col Bambino, gli apostoli, i santi, i pontefici (fig.7).

Fig.7 Il lato ovest del Sancta Sanctorum Foto Montuori
Fig.8 Niccolò III fra i santi Pietro e Paolo offre al Cristo il modellino dell’edificio. Foto Memmo Caporilli 2006

Nelle scene dipinte sulle alte pareti della cappella è raffigurato per ben due volte il committente Niccolò III: mentre offre al Cristo il modellino dell’edificio tra i santi Pietro e Paolo (fig.8) e, in forma simbolica, fra le figure delle lunette a mosaico, mentre compie il miracolo di San Nicola, del quale l’Orsini assunse il nome come papa. Vengono rappresentate la lapidazione di Santo Stefano, il martirio di San Lorenzo e di Santa Agnese.

 

Fig.9 La pavimentazione cosmatesca, il presbiterio e l’altare. Foto Montuori

Lungo le pareti corre un sedile marmoreo continuo. Il pavimento, opera di maestri cosmateschi, è disegnato da un sistema di dischi di porfido su fondo bianco connessi da serpentine; lungo le pareti laterali le lastre di porfido acquistano forma rettangolare (fig.9).

Su uno dei lati della cappella del Sancta Sanctorum due colonne definiscono il presbiterio sulla cui volta dorata si ammira un mosaico di Cristo Pantocreator del XIII secolo (fig.10),

Fig.10 Mosaico del Cristo Pantocreator, XIII secolo Foto Montuori
Fig.12 Il Cristo acheropita Foto Memmo Caporilli 2006

il Salvatore, seduto in trono con la mano destra benedicente e con un rotolo del Vangelo nella sinistra (vedi sotto fig.11); celata dall’altare, un’ immagine su legno del Cristo acheropita di cui rimangono tenuissime tracce (fig.12).

Fig.11 Il Salvatore benedicente seduto in Trono Foto Montuori

L’immagine più volte restaurata, mutò completamente volto quando Alessandro III fece sovrapporre all’originale l’immagine che ora vediamo, dipinta su seta.

Sotto l’altare papale si aprono due sportelli in bronzo che proteggono l’arca di cipresso contenente il tesoro: reliquiari d’oro e d’argento, miniature, oggetti di incalcolabile valore.

La cappella del Sancta Sactorum rappresenta un significativo manifesto di una fase di “tradizione e rinnovamento della cultura figurativa a Roma; un’opera scritta a quattro mani ma in perfetto equilibrio fra le parti: da un lato il Magister Cosmatus che definisce il rivestimento marmoreo, i capitelli delle colonnine angolari, il disegno della pavimentazione della cappella e del vano di accesso; dall’altro un architetto, probabilmente legato alle cerchie cistercensi, che opera sulla parte gotica e meno tradizionale della costruzione.

La ripresa dell’opera musiva si configura in chiave di recupero, sia iconografico che stilistico, della tradizione per questa tecnica che il medio evo mutuò dal mondo classico. La volta del presbiterio reca al centro, su fondo dorato, il busto del Salvatore entro un clipeo multicolore sorretto da quattro angeli; sottolinea Tomei (nota1) come gli angeli mostrino una forte libertà compositiva nello scatto laterale delle ali, nella torsione dei colli, nei panneggi mossi e frastagliati (fig.13).

Fig.13 Volta del presbiterio. Gli angeli sorreggono il busto del Salvatore Foto Montuori
Fig.14 Volta del presbiterio. Dettaglio del mosaico. Foto Montuori

Filari di tessere del mosaico arancioni e rosse usate come linee di contorno per volti, mani, braccia arricchiscono la luminosità generale della composizione (fig.14) e contrastano stilisticamente con l’immagine del Cristo che colpisce per la sua arcaica fisionomia, per il volto scavato e ieratico, la fissità dello sguardo, la frontalità della rappresentazione.

Il mosaico del Sancta Sanctorum segna senza dubbio un momento fondamentale per gli ulteriori sviluppi della tecnica musiva. Ci troviamo di fronte al prodotto di una bottega di artigiani che opera in una fase del medioevo, il 1272, l’epoca del soggiorno romano del maestro fiorentino Cimabue. Nulla si è conservato di questo soggiorno; tuttavia

“certe arcigne tipologie facciali, chiaroscuri piuttosto accentuati, …fanno pensare ad una conoscenza da parte dei maestri del Sancta Sanctorum di alcuni elementi formali del linguaggio cimabuesco”.

Rimane l’origine genuinamete romana, contrassegnata da tratti decisamente antichizzanti, evidenti nell’articolazione e scelta dei partiti decorativi che fa pensare ad una stretta analogia fra le decorazioni del Sancta Sanctorum e gli affreschi della basilica superiore di San Francesco ad Assisi, dove ugualmente operarono pittori di formazione romana.

Tutta l’opera, in parte recentemente restaurata, si rileva di altissimo interesse: testimonianza di una tendenza della pittura romana tesa a fondere in un originale soluzione, forti influenze stilistiche bizantine con un linguaggio occidentale ricco di citazioni classiche e già aperto alle soluzioni più innovative suggerite dalla maniera gotica della nuova cultura europea.

Francesco MONTUOR 16 Maggio 2021

NOTA

Alessandro Tomei. La Pittura e le Arti Suntuarie: da Alessandro IV a Bonifacio VIII (1254-1303).