di Giulio de MARTINO
Cinque maggio 2021: sono duecento anni esatti dalla morte di Napoleone Bonaparte (Ajaccio, 15 agosto 1769 – Longwood, Isola di Sant’Elena, 5 maggio 1821).
In realtà, l’«ardua sentenza» di manzoniana memoria è stata pronunciata da generazioni di storici: il generale còrso fu il protodittatore del «nouveau régime», fu il despota erede di una rivoluzione mancata, fu però anche il «padre giovane» dell’Europa unita. Adesso sono i musei storici e archeologici che si esprimono – con discrezione e pochi imbarazzi – attraverso il linguaggio silenzioso, ma assai evocativo, dei cimeli, dei busti e delle opere d’arte.
I Mercati di Traiano hanno aperto (e riaperto) al pubblico mescolando le statue e le lapidi con i reperti della mostra Napoleone e il mito di Roma. Invece, al Museo Napoleonico di Palazzo Primoli, si evoca: Napoleone ultimo atto. L’esilio, la morte, la memoria: una mostra specificamente dedicata agli ultimi anni di colui «che si nomò due secoli l’un contro l’altro armati».
Si tratta di ottime occasioni – per chi ha visto il colossale film muto di Abel Gance Napoléon (1927) o ha conservato nel proprio giardino mentale, dai tempi del liceo, l’urna con le ceneri di Napoleone – per chiedersi se ne fuoriesca ancora un qualche demone, in questa nostra epoca priva di miti che non siano quelli televisivi.
La comoda chiave di accesso a tutte e due le mostre ci è offerta dal busto marmoreo del bibliofilo e archeologo tedesco Johann Joachim Winckelmann (1717 -1768) che, in genere, si vede ai Capitolini e che adesso è in esposizione ai Traianei. A Winckelmann dobbiamo la nascita di quello che, in senso storico, definiamo «neoclassicismo» e che, in realtà, è stato il «mito di fondazione» dell’Europa moderna: il rapporto genealogico con l’antica Grecia e con l’antica Roma. Napoleone pagò un prezzo altissimo all’ambizione di resuscitare all’inizio del secolo XIX la grandezza dell’antico: in questo Winckelmann lo precorse e gli spalancò la strada.
Nella mostra dei Mercati Traianei va in scena la rincorsa di Napoleone – e del dotto fratello Luciano Bonaparte (1775 – 1840) – verso le gigantesche personalità del mondo ellenistico e romano: Alessandro Magno, Annibale, Scipione l’Africano, Cesare, Bruto, fino ad arrivare al dio Marte in persona. Proprio Antonio Canova scolpì in marmo Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore (1803-1806) e ne vediamo la copia a Palazzo Bonaparte a Roma.
Invece, al Museo Napoleonico – nelle stanze del conte Pietro Primoli, che sposò Carlotta Bonaparte e abitò nel Palazzo dove, ai piani superiori, si trova la casa-museo di Mario Praz – va in scena la vicenda, umbratile e serotina, di Napoleone nell’isola di Sant’Elena: l’esilio, la morte e, poi, la resurrezione simbolica nella Francia del secondo Ottocento ad opera del nipote Carlo Luigi Bonaparte (1808 –1873).
Esplorando le ascendenze culturali di Napoleone, vediamo che il discrimine tra i neoclassici e i romantici passò proprio di lì. Mentre i primi cercarono di rivivere integralmente e in tutte le sue forme, pure dentro un’epoca tutt’affatto diversa, la trascendenza dell’antichità classica, i secondi ne avrebbero accettato il destino di irrevocabile «decadenza» e la tonalità emotiva di «frammento» e di «rovina», cogliendone l’apparizione nel contemporaneo soltanto come fantasmatica.
Roma antica fu archetipo politico e militare per Napoleone Bonaparte fin dalla giovinezza, ma lo stato pontificio e la città di Roma sarebbero stati annessi all’Impero francese soltanto dal 1809 al 1814. In quegli anni Napoleone immaginava un passaggio di testimone tra la vecchia e la nuova capitale imperiale e si adoperava, nei due luoghi, per «spostare» opere d’arte, aprire musei, scavare aree archeologiche, edificare monumenti moderni a imitazione degli antichi.
Ricordiamo qui, per inciso, la magnifica riapertura – nel dicembre del 2016, con il prof. Antonio Paolucci – del «Braccio Nuovo» del Museo di Antichità classiche nei Musei Vaticani, a ricordare il rientro a Roma dalla Francia, nel 1816, delle opere d’arte confiscate in Italia da Napoleone in forza del trattato di Tolentino (1797), per l’impegno di Antonio Canova.
Tra il 1811 e il 1814, l’area archeologica dei Fori Imperiali – a sud della Colonna di Traiano – fu oggetto di scavi promossi dal Governo Napoleonico di Roma. In analogia, Napoleone aveva fatto realizzare, tra il 1806 e il 1810, la Colonna Vendôme a Parigi. Su questo trade-off tra passato e presente ci illumina l’esposizione curata ai Traianei da Claudio Parisi Presicce, Massimiliano Munzi, Simone Pastor, Nicoletta Bernacchio.
L’ordito classicista si scherma, a volte, per dare evidenza alla trama storica, politica e militare. Alla fine, però, comprendiamo che per Napoleone il mito di Roma non fu semplicemente un espediente volto all’estetizzazione della sua intrapresa politica e militare. La romanità ebbe per lui un vero e profondo significato storico: fu bussola geopolitica, fonte continua di ispirazione. Per questo risulta difficile distinguere cosa vi sia di finto e di manieristico nell’epopea del Primo Impero e cosa invece vi sia di tragicamente autentico.
Il mondo classico è stato – dai Discorsi di Machiavelli in poi – modello insuperabile per gli uomini politici di prima età moderna che si formarono su Livio, Tacito e Svetonio. Anche Napoleone – fin dalla gioventù – vi trovò una fonte di ispirazione. Rientrano nel «cesarismo» di Bonaparte la centralità dell’esercito, il rapporto contrastato con il Papato, l’interesse per l’Egitto, la nomenclatura politica e istituzionale, finanche alcune parti del «Code Napoléon». Napoleone insomma – al di là delle «oscillazioni del gusto» e dello «stile impero» – portò a nuovi e imprevisti sviluppi quella che era stata una delle più influenti tradizioni di pensiero politico dell’Europa moderna.
Certamente vi fu chi nutrì diffidenza per il titanismo napoleonico e scelse la via di una satira malevola e spesso caustica e liberatoria.
L’interesse per la romanità da parte di Napoleone passò ai suoi ritrattisti, adulatori e propagandisti che non esitarono a recuperare l’iconografia, la statuaria, i bassorilievi, la moda romana, per rappresentarlo ed esaltarlo. Giova, però, ricordare che l’ossessione imperiale e romanistica sarebbe transitata dalla Francia all’Italia sabauda – come la storia ci insegna – e avrebbe innescato l’infausto nazionalismo italiano, contagiando ambiziosi leader politici, ancora un secolo dopo la morte di Bonaparte.
Ai Traianei prevale l’approccio museografico e di archeologia delle immagini per evidenziare come nell’arte napoleonica si pratichi il recupero di simboli e figure del passato al fine di inscenare una concezione epica del potere moderno, legittimando un regime la cui forza e il cui consenso poggiavano essenzialmente sul successo dell’impresa militare. Nella mitografia del leader politico trovano nuovo impiego l’aquila romana, le statue equestri, i busti coronati d’alloro.
Anche nella pittura e nell’incisione della stagione neoclassica di parte napoleonica prevalgono la narrazione allegorica e suggestiva del nuovo Divo, la raffigurazione delle sue battaglie e dei suoi trionfi. Lo scopo è di sollecitare nel pubblico una vera e propria identificazione emotiva nel leader e nel suo successo.Per questo, la pittura battaglista ed enfatica degli artisti napoleonici avrebbe interrotto, per alcuni decenni, il percorso del verismo borghese e del soggettivismo sentimentale che, avviatosi nel primo ‘700, sarebbe tornato in evidenza nel secondo ‘800.
Toni patetici e intimistici prevalgono, invece, nelle opere e nei cimeli presenti nella sezione dedicata alla nuova esposizione del Museo Napoleonico di Palazzo Primoli. La mostra Napoleone ultimo atto. L’esilio, la morte, la memoria ricostruisce bene i momenti estremi della vita di Napoleone. C’è la traccia dell’epopea napoleonica, ma, a partire dall’arrivo dell’Imperatore sconfitto sull’isola di Sant’Elena nell’Atlantico meridionale, vengono in primo piano i motivi dell’introspezione, dei ricordi familiari, della nostalgia del passato e dell’epilogo nel presente.
Non più battaglie e trionfi, sciabole e cavalli bianchi – che pure restano sulle principali pareti delle stanze – ma la sconfitta a Waterloo, l’esilio a Sant’Elena, la solitudine e i ricordi di Napoleone, fino alla morte e al ritorno delle ceneri a Parigi nel 1840. Si tratta di una tonalità diversa rispetto a quella dell’esposizione ordinaria del Museo. Il Napoleonico conserva un nucleo di materiali di importante valore storico sull’epopea di Napoleone e dei suoi familiari: anche in relazione con la città di Roma dove vissero la madre Letizia Ramolino, la sorella Paolina, il fratello Luciano e altri discendenti dei Bonaparte. Il fondo relativo agli ultimi anni di Napoleone, però, non era stato presentato prima nella sua interezza.
Si può così vedere un rilevante nucleo di 85 oggetti legati agli anni di Sant’Elena fra i quali la maschera tratta dal calco del volto di Napoleone preso dal medico Francesco Antonmarchi dopo la sua morte. Si vedono anche preziose tabacchiere, giochi di società, volumi provenienti dalla biblioteca, capi di abbigliamento utilizzati quotidianamente da Napoleone durante il suo ultimo esilio. Nel testamento – una copia del quale è presente nella mostra – è formulata la volontà di Napoleone di destinare tali oggetti al figlio al fine di trasmettergli una eredità spirituale e storica.
Sappiamo che l’Aiglon (Napoleone Francesco Giuseppe Carlo Bonaparte, Parigi, 20 marzo 1811 – Vienna, 22 luglio 1832), rimasto assai lontano dalle orme paterne, sarebbe scomparso assai giovane.
In un museo storico non poteva mancare l’attenzione per il tema della costruzione e trasmissione della memoria.
Da qui l’esposizione di documenti e volumi della biblioteca di Sant’Elena, come l’esemplare del Memoriale di Emmanuel de Las Cases posseduto dal figlio di Napoleone.
Giulio de MARTINO Roma 23 maggio 2021
Le mostre
Napoleone e il mito di Roma
Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali dal 26 aprile 2021 al 30 maggio 2021
Promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
A cura di Claudio Parisi Presicce, Massimiliano Munzi, Simone Pastor, Nicoletta Bernacchio
Progetto di allestimento Stefano Balzanetti, Simone Bove, Alessandro Di Mario, Eleonora Giuliani e Mario Maiorani per Wise design
Organizzazione Zètema Progetto cultura
Con la collaborazione di Iowa State University, College of Design per il concept grafico
Catalogo: Gangemi Editore
Napoleone ultimo atto. L’esilio, la morte, la memoria
Museo Napoleonico. Piazza di Ponte Umberto I, 1 00186 Roma, Lazio dal 5 maggio 2021 fino al 9 gennaio 2022
a cura di Elena Camilli Giammei
promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
Organizzazione di Zètema Progetto Cultura
L’Associazione Amici dei Musei di Roma ha finanziato l’intervento di manutenzione conservativa della litografie raffiguranti il Ritorno delle Ceneri di Napoleone a Parigi nel 1840.