Le parole della fotografia. Dal carcere di Ventotene: la memoria del dolore (alle Terme di Diocleziano, fino al 13 giugno)

di Giulio de MARTINO

Con la mostra fotografica: “La memoria del dolore. Un progetto di rinascita” ha riaperto, con qualche affanno e frettolosità organizzativa, la sede delle Terme di Diocleziano del Museo Nazionale Romano.

Precisiamo che non siamo di fronte a un evento esclusivamente artistico. Promosso dalla Commmissaria Straordinaria del Governo, già eurodeputata, Silvia Costa, insieme al Museo Nazionale Roma delle Terme di Diocleziano e al Ministero per la Cultura, ci si propone di far conoscere – anche attraverso le fotografie – le idee e le finalità del piano di restauro, recupero e riuso di uno dei luoghi più oscuri della nostra storia: l’ex carcere borbonico di Santo Stefano, situato su di un isolotto a 2 chilometri ad est dell’isola di Ventotene.

Fig. 1 Salvatore Braca, L’ergastolo di Santo Stefano (Ventotene)

La storia ci ricorda che vi sono stati rinchiusi – per oltre 200 anni, con condanne molto severe – detenuti comuni e uomini politici come Luigi Settembrini, Silvio Spaventa, in epoca borbonica, il regicida Gaetano Bresci in epoca unitaria, e, durante il Fascismo, Umberto Terracini, Sandro Pertini e tanti altri. Quel carcere, è stato, però, anche il luogo in cui fu scritto – nel 1941 – il Manifesto, ad opera di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann, che prospettava un’Europa unita e federata, sul modello degli Stati Uniti d’America.

Da cinquant’anni il complesso versa in gravi condizioni di abbandono e di degrado che stridono con la bellezza e l’enigmaticità dei luoghi. Silvia Costa è la Commissaria Straordinaria del Governo per il piano di recupero. Sotto il suo impulso, a giugno – finanziato con 70 milioni di euro dal Fondo per lo “Sviluppo e coesione 2014-2020” – prenderà avvio il Concorso internazionale di progettazione per creare a Santo Stefano, entro il 2025, spazi multifunzionali per l’arte e la cultura, mentre i lavori di messa in sicurezza dei luoghi e le iniziative di coinvolgimento attivo della popolazione e del Comune di Ventotene hanno già avuto inizio.

Questo è ciò che attiene all’evento politico e al progetto socioeconomico. Per attingere, invece, ciò riguarda la fotografia sarà bene mettere tra parentesi l’occasione politica e entrare dentro il linguaggio delle immagini.

Fig. 2 Mohamed Keita, Flànerie a Santo Stefano, 15×20 (2020)

Se i generi delle fotografia ne qualificano la tecnica e lo sguardo, sicuramente il primo ad essere evocato dalle immagini è quello della foto di architettura. Non appaiono nelle immagini persone, ma soltanto mura, ambienti, fughe di archi e scorci di paesaggio. Sicuramente il luogo offre più di una suggestione. Infatti il carcere rispecchia, nella maniera più ortodossa, quel modello di costruzione carceraria definito panopticon e che, ideato in età illuministica, è stato eretto da Michel Foucault – in Sorvegliare e punire (1975) – a simbolo della nuova civiltà del controllo e della manipolazione sociale. Da una torretta centrale, un limitato numero di guardiani riesce agevolmente a sorvegliare un elevato numero di celle e di prigionieri.

Fig. 3 Raffaela Mariniello, Panopticon, 30×40, (2020)

Ma la fotografia, con le mute parole delle sue immagini, è in grado di suscitare un ulteriore movimento di sentimenti e una corrispondenza fra l’autore e il fruitore. Una sorta di «colpo d’occhio» comune. L’immagine mentale genera una «estetica delle rovine» di goethiana memoria. In quanto edificio abbandonato, degradato, fatiscente, il carcere parla e la fotografia – più del progetto avveniristico e lodevole del recupero e delle nuove funzionalità – evoca il sentimento del vuoto, dell’assenza, della lontananza. L’ergastolo di Santo Stefano diroccato diventa il cimitero del carcere.

Fig. 4 Mohamed Keita, Cella di Santo Stefano, (2020)

La fotografia ha, inoltre, da mettere in campo il «linguaggio dell’astrazione»: la geometria degli spazi, le linee fratte, le luci che disegnano poligoni di ombra. Ecco che gli obiettivi e le inquadrature si allontanano dagli oggetti e dagli ambienti e ricercano le pure forme disegnate dalla luce. Non seguono la metafisica delle Carceri di Piranesi, l’utopia segregativa, l’epica della fuga, ma piuttosto le suggestioni della surrealtà, i perimetri della Gestalt.

L’ultima mossa è quella dell’allestimento che lascia che si incontrino immagini di fotografia e ambienti arcaici, le mura carcerarie e le mura delle terme. Così la percezione estetica insegue i colori e gli odori, i vapori e i venti, i presentimenti e i ricordi. Un trascorrere continuo dai luoghi della gioia ai luoghi del dolore.

Giulio de MARTINO   Roma  30 maggio 2021

La mostra

“La memoria del dolore. Un progetto di rinascita. Il carcere di Santo Stefano/Ventotene”

a cura di: Marco Delogu

foto di: Marco Delogu, Raffaella Mariniello, Mohamed Keita

allestimento e strutture autoportanti di: Giacomo Lattari

video di: Salvatore Braca

dal: 19 maggio al 13 giugno 2021

MUSEO NAZIONALE ROMANO TERME DI DIOCLEZIANO. Via Enrico de Nicola, 78, 00185 Roma