di Francesca LICORDARI
Traiano. Costruire l’Impero, creare l’Europa.
1900 anni fa moriva a Selinunte, in Cilicia, l’Optimus princeps, quel Marco Ulpio Traiano che aveva portato l’Impero Romano alla sua massima espansione. Un eccezionale condottiero, ma anche un abile innovatore e costruttore, cui si devono celebri monumenti quali il complesso del Foro e dei “Mercati”, che da lui prendono il nome, a Roma e il Portus a Fiumicino. Proprio in occasione dell’anniversario della morte i Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali gli dedicano un’ampia mostra rievocativa, Traiano. Costruire l’Impero, creare l’Europa (dal 29 novembre 2017 al 16 settembre 2018), in cui sono ripercorse le gesta del primo imperatore provinciale, nato a Italica in Spagna (vicino Siviglia) il 18 settembre del 53 d.C.
L’esposizione, ideata dal sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce e curata dagli archeologi Marina Milella, Simone Pastor e Lucrezia Ungaro, può contare oltre che su una ricca selezione di opere provenienti dalle collezioni capitoline e da musei archeologici italiani e stranieri, quali statue, ritratti, decorazioni architettoniche, monete, calchi della Colonna Traiana, anche su installazioni multimediali e interattive, come modelli in scala, rielaborazioni tridimensionali e filmati, il tutto illustrato con la tecnica dello storytelling, con voci di “personaggi storici” che accompagnano il visitatore lungo il percorso.
E proprio con un racconto a ritroso inizia l’itinerario espositivo, entrando nella tomba dell’imperatore, il basamento della Colonna Traiana, ricostruito in colore giallo oro all’ingresso della Grande Aula, per ricordare l’urna dorata che doveva accogliere le sue ceneri. Fatto eccezionale per l’epoca era che la sua sepoltura si trovasse in una zona tanto centrale di Roma, quando le leggi funerarie obbligavano la realizzazione dei sepolcri al di fuori dello spazio sacro urbano. Ma Traiano era un “giusto”, uno dei pochi pagani ad essere collocato tra i beati da Dante nel XX Canto del Paradiso. Secondo il sommo poeta, infatti, dopo la morte la sua anima andò nel limbo, ma il suo spirito fu richiamato in vita grazie alle preghiere di papa Gregorio, ottenendo così la salvezza.
Il suo operato, destinato a una grande fama, inizia nel 97 d.C. quando l’imperatore Cocceio Nerva decise
prima di adottarlo e poi di associarlo al trono (diventerà imperatore l’anno seguente), dando il via a quello splendido e magnifico periodo della storia romana definito degli “imperatori adottivi”, verificatosi per un succedersi di eventi che ha fatto sì che per circa sessant’anni gli imperatori morissero senza discendenti diretti, consentendo, quindi, l’adozione di valide persone di fiducia.
Traiano si distinse dal punto di vista militare conquistando la Dacia, odierna Romania, in due campagne belliche nel 101-102 d.C. e nel 105-106 d.C. E proprio a queste imprese, raccontate sul fusto della Colonna Traiana come in un libro a fumetti, conclusesi con il suicidio del valoroso re nemico Decebalo, e sulle metope del trofeo celebrativo di Adamclisi in Romania, del quale è esposto un modellino del Museo della Civiltà Romana, è dedicata la seconda sezione della mostra. Simbolo di questo periodo sono le statue di Daci prigionieri che ornavano il Foro di Traiano, realizzate in marmo lunense e in pavonazzetto. D’altronde tutto il Foro, costruito utilizzando il bottino di guerra, era un omaggio alla conquista della Dacia. I Daci, normalmente esposti nella Grande Aula, sono stati riallestiti in una delle tabernae laterali, con l’aggiunta delle teste trovate durante gli scavi del Foro di una ventina di anni fa. Queste ultime sono state realizzate in marmo bianco e dovevano essere inserite sul corpo a parte, dopo che la statua era già stata sbozzata e lavorata direttamente in cava. Questi personaggi mostrano un aspetto fiero, di chi ha perso la propria indipendenza, ma ha mantenuto dignità e orgoglio propri. Sono abbigliati con il costume tradizionale costituito da una corta tunica, dalle brache (segno distintivo degli stranieri visto che i Romani non portavano i pantaloni) e da un mantello ricadente sulla schiena, fissato sulla spalla destra da una fibula circolare. Sulla testa indossano il pileus, il tipico berretto a punta, e sono soliti portare barba e baffi.
E dopo i Daci, anche i Parti sono assoggettati a Roma, anche se per un breve periodo, quando con la conquista e l’istituzione della provincia della Mesopotamia nel 115 d.C. sarà raggiunta la massima espansione dell’Impero. A ricordare questo evento è la ricostruzione del trionfo postumo di Traiano, con i personaggi di un modellino di cerimonia trionfale lungo 18 metri, in mostra allestito solo in parte per problemi di spazio.
Dopo la guerra arriva la pace che si diffonde nelle province: le divinità romane si mescolano a quelle locali e i veterani dell’esercito vanno a vivere nelle nuove terre romanizzate. Le terre conquistate si riempiono di monumenti e di infrastrutture, seguendo un programma edilizio che prevede costruzioni di pubblica utilità per sostenere l’economia delle popolazioni locali e che diffonde le competenze ingegneristiche dei Romani, come il ponte sul fiume Alcantara in Spagna o gli archi onorari di Leptis Magna in Libia e di Thamugadi in Algeria, in mostra testimoniate dai modelli del Museo della Civiltà Romana. Ma anche in Italia si ricordano i suoi interventi. Ad Ancona l’arco onorario doveva accogliere i visitatori nel porto, mentre quello di Benevento è stato realizzato per celebrare l’apertura della via Traiana, una variante della via Appia che accorciava il percorso tra la città campana e Brindisi, con un programma decorativo che esalta gli interventi dell’imperatore in politica interna ed estera, quali le provvidenze verso i cittadini e le province e l’istituzione degli alimenta per garantire un futuro ai bambini orfani, poveri e bisognosi.
Dal punto di vista ingegneristico e architettonico come non evidenziare anche gli interventi dell’architetto di corte Apollodoro di Damasco, artefice degli impianti portuali di Civitavecchia e di Porto, illustrati nella sezione “Verso Roma” con filmati e con un plastico in cui si riconosce il celebre esagono del Porto di Fiumicino. Quest’ultimo, arretrato rispetto a quella che era la linea di costa in modo da essere protetto dai venti e dalle correnti, che avevano insabbiato il precedente Porto di Claudio, è stato l’eccellente soluzione che ha permesso a questo impianto di funzionare per secoli in maniera ottimale, sfruttando anche la particolare forma geometrica che consentiva l’attracco di un maggior numero di navi contemporaneamente. E sempre grazie a Traiano fu portata a Roma nel 109 d.C. l’aqua Traiana dalla zona del Lago di Bracciano, che alimentava il Trastevere.
Monete e decorazioni dei monumenti illustrano la propaganda traianea, esaltando la potenza e la prosperità dell’Impero, come i fregi con Vittorie, sfingi, e grifoni allestiti in maniera inedita nella sezione “Messaggi di pietra”. Gli amorini che abbeverano i grifoni nei fregi della facciata meridionale della piazza del Foro di Traiano riprendono il tema della decorazione del portico del Foro di Cesare e del tempio di Venere Genitrice, ricostruito proprio da Traiano come omaggio alle origini dell’Impero. Per l’occasione sono stati ricongiunti il fregio con amorini divergenti che emergono da foglie di acanto ai lati di un cratere, proveniente dai Musei Vaticani e un frammento del Pergamon Museum di Berlino.
Non possono essere trascurati nemmeno i personaggi della famiglia imperiale, in particolare le donne che lo circondavano, dalla sorella Marciana, alla moglie Plotina alla nipote Matidia, che ottennero addirittura il titolo di Auguste. Dalle fonti dell’epoca pare che queste donne fossero molto attive nelle scelte ideologiche e politiche, come confermato dagli onori loro tributati, dalla monetazione loro dedicata e dalla divinizzazione dopo la morte. Plotina, in particolare, era sempre a fianco del marito, seguendolo nelle spedizioni militari e dandogli preziosi consigli. Sono in mostra gli splendidi ritratti di queste donne dalle acconciature elaborate, spesso con capelli posticci, che hanno dettato la moda del periodo.
La vita privata dell’imperatore è trattata anche nella sezione “Traiano privato” dedicata alle sue dimore come la “Privata Traiani” sull’Aventino e la grande villa ad Arcinazzo Romano. Della prima possiamo solo farci un’idea con un filmato realizzato apposta per l’occasione dall’Associazione di speleologia urbana Roma Sotterranea, perché di fatto è inaccessibile. Ciò che emerge è una residenza dal raffinato apparato decorativo con affreschi con elementi vegetali e animali, maschere, nature morte e paesaggi idilliaci.
La villa di Arcinazzo Romano fu attribuita all’imperatore sulla base delle fistulae recuperate alla fine dell’Ottocento. La ricca decorazione è evidenziata da frammenti di affreschi e da stucchi con tracce di doratura. L’intero apparato pittorico dell’ambiente XVI, crollato sul pavimento a opus sectile, è stato recuperato grazie all’assenza di spoliazioni di quella parte del complesso. I restauri, ancora in corso, hanno consentito di rimettere insieme migliaia di piccoli frammenti, riportando alla luce uno straordinario esempio di decorazione murale romana di epoca traianea. Si tratta di scene con architetture di interni e di vita pubblica, dove personaggi togati sono riuniti davanti a maestosi templi o intenti a celebrare riti. L’ambiente XVIII, come evidenziato nell’esposizione, è, invece, caratterizzato da una ricchissima decorazione a stucchi con scene mitologiche.
L’allestimento della mostra è stato realizzato in chiave pop, con l’uso di colori e luci che illuminano i reperti in maniera insolita, come il verde proiettato sul ritratto di Traiano del tipo decennalia, scelto come icona dell’esposizione. A farci capire quanto la fama di questo imperatore si sia protratta nei secoli in Europa un’installazione dell’artista romena Luminița Ţăranu, collocata nella via Biberatica, reinterpreta in chiave contemporanea la “spirale” della Colonna Traiana.
di Francesca LICORDARI (le foto sono dell’autrice) Roma dicembre 2018