di Michele CUPPONE*
È uno dei capolavori superstiti di Caravaggio tra i più sfortunati, il Seppellimento di santa Lucia, che l’umidità ha letteralmente corroso nel corso dei secoli tanto che, della pittura originale, molto è andato perduto. E, allo stesso tempo, è un dipinto sul quale scarseggiano le fonti e su cui sono sorti diversi equivoci nel tempo.
Scrivevo di tutto questo nella seconda edizione di Caravaggio a Siracusa. Un itinerario nel Seicento aretuseo, curato assieme a Michele Romano e edito da Le Fate (Ragusa, dicembre 2020). Quest’edizione ampliata e aggiornata seguiva di appena sei mesi la prima, dove pure non era mancata qualche novità, benché le ricerche fossero state penalizzate dalle restrizioni legate alla pandemia ancora in corso. Sei mesi nei quali era stato possibile approfondire non solo l’iconografia e la fortuna copistica del Seppellimento, ma anche alcune fonti trascurate, nell’assenza del documento principe, da sempre cercato invano, che chiarisse una volta per tutte la genesi della pala d’altare: l’atto di commissione.
Ma ecco che, nel solco delle precedenti ricerche legate al tema, il Romano, in collaborazione con Dario Bottaro, torna con una nuova pubblicazione: Caravaggio. Il Seppellimento di Santa Lucia a Siracusa. La fortuna critica e il culto aretuseo, ancora una volta edito da Le Fate di Alina Catrinoiu, pp. 68, euro 10. Il catalogo è, per contenuti, da ritenersi complementare rispetto al precedente; e se in Caravaggio a Siracusa il peso specifico degli approfondimenti sul capolavoro di Merisi è indubbiamente più rilevante, una sola, concreta novità su tutto, della nuova pubblicazione, vale di diritto a quest’ultima un posto speciale nella bibliografia caravaggesca. Si tratta di un documento settecentesco, o per meglio dire della riproduzione fotografica di un documento, posseduta da un privato. Non è dato (eppure sarebbe fondamentale) sapere come il proprietario dell’immagine abbia acquisito la stessa, il che costituisce un ostacolo alla ricostruzione della provenienza, contestualizzazione e analisi più accurata del foglio sciolto originale, per cui la prudenza è d’obbligo e non è del tutto scontato l’ingresso della novità nelle sedi scientifiche.
In più occasioni sono stati avanzati e poi in qualche modo chiariti alcuni dubbi sull’autenticità di foglietti volanti recanti importanti testimonianze caravaggesche, con la differenza, piuttosto limitante, che in questo caso tutte le speculazioni si basano su di una fotografia; e che, viene istintivamente da pensare, per i suoi contenuti il documento è troppo bello, non vorremmo dire per essere vero ma, quanto meno, per la capacità di soddisfare oltre ogni immaginazione la curiosità di chi ha studiato a lungo la vicenda siracusana di Caravaggio: nella densità delle informazioni che vi troviamo figurano personaggi ben noti di quella storia. Ammettiamo comunque, non senza una certa dose di ragionevolezza in virtù di un primo esame della grafia e dell’ingiallimento e del più generale stato della carta (o carte? nemmeno questo è chiarissimo), e sempre per quanto consentito da uno scatto, che il documento sia attendibile. Fatto questo presupposto, proseguiamo nella lettura e nella sua esegesi, a integrazione e parziale rettifica di quanto pubblicato nel nuovo volume.
La foto di collezione privata riproduce una trascrizione, databile agli anni 1773-1801 quando la diocesi aretusea era retta dal menzionato Giovanni Battista Alagona, di un documento del 10 settembre 1608 di natura senatoriale, come lascia pensare la dicitura «Senato di Siracusa» che compare nell’intestazione, pur notando come la formulazione del testo richiami gli atti notarili. Sembra che vi sia stato un ordine preciso di affidare quella «scrittura» del tardo XVIII secolo alla Deputazione di Santa Lucia da parte della «Camera» e dello stesso Alagona, di cui ricordiamo un certo interesse per il Seppellimento che, infatti, farà copiare da Raffaele Politi nel 1797. Questa premessa che qui facciamo corrisponde in realtà a un passaggio finale della trascrizione settecentesca, seguito soltanto dall’indicazione dei testimoni dell’atto, il nobile siracusano Francesco Moncada e il giudice regio Gaetano Abbela.
Torniamo al 1608. Quello del 10 settembre non è – ma gli scettici direbbero, piuttosto, che non sarebbe – un documento qualsiasi bensì, si fatica almeno inizialmente a riconoscerlo come tale, il tanto ricercato atto di commissione del Seppellimento di santa Lucia.
La richiesta viene dal senato aretuseo per intercessione, nemmeno a dirlo, del pittore Mario Minniti e del nobile ed erudito Vincenzo Mirabella: già nel 1724 Francesco Susinno tramandava che vi fu un intervento ‘promozionale’ da parte di Minniti, mentre nel 1613 Mirabella testimoniava la sua frequentazione in città con il lombardo. Il soggetto da dipingere è la santa patrona «in posa di dolore» e con lei dovranno comparire il popolo e il clero «adorante»: quest’ultimo riferimento sembra avvalorare la suggestione, avanzata da chi scrive in Caravaggio a Siracusa, che assieme al vescovo benedicente nel quadro appaia, al centro e in atteggiamento dolente, un chierico.
Proseguendo nella lettura scopriamo che Merisi avrebbe dovuto consegnare la pittura entro fine dicembre: si avrebbe anche qui un’ulteriore conferma, dell’ipotesi, avanzata da molti studiosi, che la pala sarebbe stata terminata entro il 13 del mese, giorno in cui si onora la santa vergine. Il compenso pattuito risulta essere di quaranta onze di cui otto di acconto e, ancora una volta, leggiamo qualcosa che conforta quanto è stato sospettato in passato: che cioè Minniti potesse aver prestato un supporto logistico all’amico dei tempi romani il quale, presso la sua bottega, avrebbe potuto fornirsi di colori, della tela e del telaio. Inoltre, conoscendo evidentemente l’instabilità di Merisi e quasi presagendo un suo nuovo, improvviso allontanamento dalla città, si prevede che in tal caso saranno gli stessi Mirabella e Minniti a risarcire la committenza.
Da un documento del 19 agosto 1608 sappiamo che la notte precedente Caravaggio era stato coinvolto a Malta in una rissa. Per tale motivo egli sarebbe stato posto in stato di fermo, cui seguì una rocambolesca fuga dall’isola («funibus scalando»), come noto già dal successivo documento del 6 ottobre 1608. Si è sempre pensato, anche per l’assenza di ulteriore documentazione esplicita, che l’evasione fosse avvenuta solo qualche giorno prima, agli inizi di ottobre, e che in quello stesso mese il pittore fosse approdato a Siracusa. Ma la nuova traccia settecentesca mette in discussione tale ricostruzione, rendendo ammissibile che l’artista sia giunto in città in tempi più precoci e in un arco temporale piuttosto ristretto (tre settimane, in concreto), vale a dire dopo il 19 agosto ed entro i primi di settembre (prima del 10). Se così fosse, verrebbe smentita l’ipotesi, invero poco fortunata, secondo cui l’artista, da Malta, sbarcò a Gela e sostò a Caltagirone prima di giungere a Siracusa.
Va precisato pure che fra il 19 agosto e il 6 ottobre si pone un documento maltese del 27 agosto, legato all’inchiesta che seguì la rissa, dove è nominato esplicitamente Caravaggio («Michaelem Angelum») e, tuttavia, non è specificato se egli risulti in stato di detenzione o se, meno verosimilmente, sia già fuggito.
Nel primo caso, l’approdo sulla costa siciliana sarebbe avvenuto tra gli ultimi giorni di agosto e i primi dieci del mese successivo e dunque la commissione del quadro si sarebbe concretizzata in tempi ‘record’: un po’ come avvenuto due anni prima, quando Caravaggio sembra essere ancora presente nei feudi laziali dei Colonna attorno al 23 settembre 1606, mentre il successivo 6 ottobre a Napoli gli si affida già la realizzazione di una pala d’altare per Niccolò Radolovich. Ci si può spingere a supporre, senza alcun riscontro documentario e così come è stato adombrato nel caso Radolovich, che a Siracusa il pittore giunse praticamente con un contratto in tasca, frutto di precedenti contatti e accordi. Non si può neppure trascurare del resto la possibilità, che presentavo in Caravaggio a Siracusa, che l’artista avesse sostato in città già nel luglio 1607, entro l’11: a questa data fece scalo la flotta di cinque galere su cui, a quanto pare, egli si imbarcò nel viaggio da Napoli a Malta.
Ma torniamo al documento del 10 settembre 1608. Se risulta arduo immaginare che a quella data si stesse trattando a distanza con un detenuto nelle carceri maltesi, vi è una specifica espressione nel testo sui cui non è stato posto a sufficienza l’accento, relativa ai materiali da utilizzarsi per la pittura, che fa pensare che l’ormai evaso fosse già presente nella città siciliana: «et più la tela et telaro di fabbrica richiesta dallo pittore medesimo». Caravaggio, dunque, appare avere avuto un ruolo attivo nella contrattazione con la committenza e già prefigurava le modalità operative presso la bottega di Minniti.
Del documento pubblicato da Michele Romano riportiamo a seguire una trascrizione integrale ex novo che rivede alcuni termini (vedi in particolare i grassetti sulle modifiche più evidenti), tale da consentire una piena leggibilità e maggiore comprensione del testo. Per la stessa ragione sono stati modernizzati in parte gli accenti e la punteggiatura.
Resta in conclusione da sottolineare come vada ancora approfondita l’origine (e l’autenticità) del documento, con un un’esortazione a farsi avanti rivolta a chi sia in grado di fare luce a tal proposito. Allo stesso tempo ci si chiede perché mai, ammettendo per assurdo che si tratti di un falso, chi lo ha prodotto, in tal caso qualcuno ben informato, abbia indicato una data incongrua e che crea una complicazione per la conoscenza di Caravaggio, comunque sempre in continua evoluzione.
Michele CUPPONE Roma 13 Luglio 2021
1608
10 Settembre
Senato di Siracusa
Codesto Senato della piazza di Siracusa per intercessione di Mario Minniti pittore et illustre Vincenzo Mirabella dà mandato a Michelangiuolo Meriggi Caravaggio di una pittura con l’effigie et imagine di Santa Lucia in posa di dolore et ancora effigie varie di popolo et Clero adorante, che questa pittura il Michel Angelus la debba aver finita con tutta perfetione et con quella eccellentia d’artificio che potrà maggiore et così [finito?] et perfetto collocarlo nel loco suddetto di Santa Lucia fori le mura non oltre il mese di dicembre dello anno medesimo.
Tale Camera promette et si obbliga [pa]gare al detto pittore Michel Angelus la somma qaranta onze sempre come di sopra consegnato et finito et perfetto da ogni parte debba come promette debba esecuire il Michel Angelus. Tale Camera promette otto onze acconto et fornire presso bottega del Minniti tutti li colori necessari di olio finissimo et più la tela et telaro di fabbrica richiesta dallo pittore medesimo perché la pittura bene venga secondo l’arte et il suo sapere et quelle cose cose perfette da diligente et accurato maestro.
Per conto del Michel Angelus che illustrissimo Vincenzo Mirabella et illustrissimo Mario Minniti li quali spontaneamente etcaetera et con ogni meglio modo et decoro et dichiarano che tutto quello che si contiene nella certa diligenza dello illustre maestro et particola existente in ditto istrumento et di più convengono insieme che in evento che esso partisse prima di aver finito la pittura medesima tale camera sarà onorata et satisfacta etcaetera da lor medesimi et non dichino un altro modo ma nel modo infrascritto.
Tale Camera et illustrissimo et Reverendissimo et Vescovo Alagona ordina: codesta scrittura venga per intero affidata alla deputazione interessata affinché tale mandato possa testare in quassivoglia modo la gioia dei fedeli tutti.
A nome et favorem dell’illustrissimi deputati et prelati et [domini?] di Reggio Senato l’illustrissimo Francesco Moncada siracusano testibus et illustrissimo Gaetano Abbela iudex Reggio.
*Leggi l’articolo successivo: È un falso il primo “documento” di Caravaggio a Siracusa