di Nica FIORI
La Compagnia di Gesù, sorta nella prima metà del XVI secolo per iniziativa di Ignazio di Loyola, ha esercitato una grande influenza sulle vicende storiche di diversi paesi e sulla promozione della cultura, suscitando con il suo operato grande ammirazione e feroci ostilità, tanto da venir soppressa nel 1773 sotto Clemente XIV per poi essere ricostituita nel 1814 con papa Pio VII.
Ispirati dagli ideali della Controriforma, i Gesuiti giocarono un ruolo rilevante anche in campo artistico, sostenendo che non potesse esistere un vero contrasto tra fede e arte, e che l’avversione per il “bello”, tipica dei calvinisti e degli anabattisti, fosse una sorta di eresia.
Forti di queste convinzioni, non di rado gli stessi padri e fratelli si sono cimentati nelle arti figurative. È questo il caso del fratello Andrea Pozzo (Trento 1642 – Vienna 1709), del quale a Roma ammiriamo, tra le altre cose, spettacolari affreschi nel Corridoio delle camerette di sant’Ignazio nella Casa Professa del Gesù e la volta nella Chiesa di Sant’Ignazio.
Architetto, pittore e teorico dell’arte, Pozzo può essere considerato il fondatore di una dottrina sistematica della prospettiva. Dai suoi scritti derivarono, in effetti, tutti gli insegnamenti per la costruzione di finte architetture di soffitti plastici e vedute, grazie ai quali gli artisti dell’epoca esercitarono quell’arte illusionistica che caratterizzò l’età barocca non solo in Italia, ma anche nell’Europa centrale, nell’America Latina e persino in Cina (fig. 1).
La sua entrata nella Compagnia, che avvenne nel 1665, all’età di 23 anni, quando era un artista già formato, cominciò nel segno dell’umiltà e dell’obbedienza, tanto che all’inizio faceva lavori di tutt’altro genere, come il cuoco o il sarto, attendendo pazientemente di poter dipingere.
Fu solo intorno al 1680 che a Roma gli venne affidato l’incarico di decorare il corridoio di accesso alle camere di sant’Ignazio: un luogo di passaggio, che era stato dipinto a tempera intorno alle finestre e arricchito di vetrate tra il 1661 e il 1676 da Jacques Courtois detto il Borgognone (1621-1676, fratello coadiutore della Compagnia dal 1661 fino alla morte), e che Pozzo trasformò in un’esuberante celebrazione della santità del fondatore della Societas Jesu.
Le quattro camerette nell’antica Casa Professa, attigua alla chiesa del Gesù, dove il santo aveva vissuto negli ultimi anni della sua vita (e dopo di lui altri padri generali tra cui san Francesco Borgia) erano meta di continuo pellegrinaggio ed erano state trasformate in cappelle già nel 1602, ancora prima della canonizzazione del santo, che risale al 1622.
Nella splendida facciata d’ingresso al corridoio Andrea Pozzo dipinse in alto il Ritratto di Sant’Ignazio (basandosi sulla sua immagine postuma, perché in vita il santo non si fece mai ritrarre) entro un medaglione, al di sotto del quale si legge “Ingredere aediculas / olim incolae nunc patrono / S. Ignatio sacras” (“Entra nelle camerette sacre a Sant’Ignazio, un tempo abitante, ora patrono”). Ai lati della porta sono le figure dei giovani gesuiti Luigi Gonzaga e Stanislao Kostka, dalle fattezze dolcissime, che sarebbero poi diventati santi (la S. davanti ai loro nomi è stata aggiunta in seguito) (figg.2 e 3).
Varcando la porta ci rendiamo conto che, con incredibile maestria, Pozzo è riuscito a creare sulle piatte superfici delle pareti e sulla curva della volta l’illusione di uno spazio infinito, pieno di complessi motivi architettonici e di figure umane e celestiali. L’impressione è quella di trovarsi non in un corridoio di passaggio, ma in una di quelle gallerie, tipiche dei palazzi nobiliari, che esaltano con gioiosa magnificenza le imprese e le ascendenze del casato, anche se in questo caso si esaltano le virtù spirituali di Ignazio di Loyola (fig. 4). Sulla parete di sinistra, tra finti pilastri, un finto quadro raffigura la Sacra famiglia, mentre altri riquadri, presentati da coppie di angeli con vasi di fiori, raffigurano miracoli postumi: I miracoli dell’olio della lampada di S. Ignazio nella grotta di Manresa, S. Ignazio libera un indemoniato, Effigie di S. Ignazio ritratto da mano angelica (immagini 5 e 6).
Sulla parete destra, ritmata da quattro finestre, troviamo raffigurati altri miracoli, ovvero S. Ignazio appare ad alcuni prigionieri e li conforta, S. Ignazio appare a una monaca inferma e la guarisce, S. Ignazio, invocato dalle preghiere, spegne l’incendio di una casa. Nella volta altre raffigurazioni, in particolare S. Ignazio in gloria portato in cielo dagli angeli e L’urna del Santo circondata da angeli, sono inserite entro finte architetture contenenti anche ovali con scene monocrome, creando una visione globale che sembra unire cielo e terra (figg. 7 e 8).
Il tutto va osservato, però, da un punto di vista privilegiato, contrassegnato sul pavimento da una rosa marmorea, corrispondente nella volta alla Gloria del santo. Solo spostandosi verso un estremo del corridoio e guardandosi attorno, si scopre che le travi del soffitto, apparentemente dritte, sono invece curve, e che gli angeli e i putti sui muri sono distorti, o meglio anamorfizzati (immagini 9 e 10). Anche quella che sembra una profonda cappella alla fine del corridoio, con tanto di angeli musicanti all’opera davanti a una finta pala d’altare raffigurante Sant’Ignazio, è in realtà dipinta su una parete piatta e obliqua (immagine 11). Spostandosi di nuovo verso la rosetta di marmo, si può notare come le linee del sistema prospettico convergano tutte verso il centro.
Ed è proprio in questo modo che Andrea Pozzo impone un unico “punto di vista”, quello gesuitico, per farci capire che dobbiamo liberarci dalla condizione di apparenza e di falsità che potrebbe trarci in inganno, perché solo una è la verità, e questa verità coincide con la visione di Dio. Questa visione “monoculare” viene più volte riaffermata nei suoi scritti. Nella Perspectiva pictorum et architectorum, un trattato pubblicato a Roma nel 1693 e tradotto ben presto in varie lingue, egli scrive:
“Essendo la prospettiva una mera finzione del vero, non s’obbliga il pittore di farla parer vera da tutte le parti ma da una determinata” e in seguito afferma: “Se poi a cagione del sito irregolare l’architettura fuori del punto si deformi alquanto; e se le figure tramezzate fuori del punto commune havranno anch’esse qualche deformità; ciò (…) non è difetto ma lode dell’arte, che dal suo punto fa parer proportionato, diritto, piano o concavo ciò che tale non è”.
La composizione ottica, altissima espressione di genialità tecnica e artistica, denota da parte del suo autore una complessa visione iconologica, teologica e spirituale. Dalla filosofia aristotelica agli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, che portano alla conoscenza del Sé attraverso la meditazione, Pozzo deve aver elaborato una profonda dottrina, che lo ha portato a realizzare immagini cristiane di grandissima forza evocativa, creando un vero e proprio “theatrum” ignaziano, uno spazio meditativo introduttivo agli ambienti sacri della Casa.
Sicuramente più nota ai romani è la volta della chiesa di Sant’Ignazio soprattutto per l’originale idea da parte di Andrea Pozzo di ricoprire il vano della cupola (mai costruita) con una finta dipinta su tela (1685).
Ricordiamo che la chiesa, costruita tra il 1626 e il 1650, può essere considerata una creazione propriamente gesuitica, visto che è stata progettata dal padre Orazio Grassi e affrescata da Pozzo nella volta, nel presbiterio e nel catino dell’abside (tra il 1693 e il 1695), con una pittura che presenta una tale libertà espressiva da sembrare molto più moderna di quanto non sia in realtà (immagini 12, 13 e 14).
Nel rappresentare al centro della volta la Gloria di sant’Ignazio, l’artista raddoppia illusionisticamente lo spazio della chiesa, dando vita a uno spazio virtuale che trova la sua perfetta fusione con quello reale, purché l’osservatore si ponga al centro della navata, da dove sono state calcolate tutte le linee di fuga del sistema prospettico. Spostandosi da questo punto si perde la visione unitaria e si ha la sensazione di un crollo delle architetture, come in un metaforico smarrimento della ragione.
Al di sopra delle architetture dipinte in prospettiva, si apre lo spazio celeste, dominio della Luce. Secondo quanto scrive lo stesso Pozzo, nel mezzo della volta è raffigurato il Cristo che comunica un raggio di luce al cuore di Ignazio, che poi viene da esso trasmesso alle quattro Parti del mondo, che “investite di cotanto lume stanno in atto di rigettare i deformissimi Mostri o d’idolatria, o di eresia, o di altri vizi“(immagini 15 e 16).
In realtà, oltre alla figura di Cristo, sono rappresentate anche quelle di Dio e dello Spirito Santo, evidentemente aggiunte per rispondere all’esigenza religiosa di raffigurare la Trinità. Sempre dalla figura di Cristo parte un altro fascio luminoso che si dirige verso uno specchio concavo nel quale è iscritto il monogramma di Gesù (IHS), simbolo della forza spirituale che sorregge l’opera della Compagnia in terra di missione.
Nelle due estremità della volta sono raffigurati due bracieri colmi di fuoco, a significare i due mezzi più efficaci per la conversione delle anime: l’Amore divino e il Timore di Dio. Il fuoco, attributo di Ignazio (il cui nome deriva dal latino ignis=fuoco), era un motivo ricorrente nelle prediche dei Gesuiti e lo si ritrova nella decorazione della sacrestia della chiesa. La visione del mondo di Andrea Pozzo non prevede la presenza di diavoli, ma solo di angeli, bellissimi e incorporei, sospesi in cielo con alata leggerezza. Gli angeli sterminatori, secondo le parole del Pozzo, “minacciano rovina ai perversi, ma il timore del divino castigo può produrre la conversione ed essere motivo di salvezza“.
Oltre che per la decorazione pittorica, il grandioso interno, a croce latina, colpisce i visitatori per la festosa sontuosità dei suoi marmi policromi e degli stucchi. I due altari dedicati a San Giovanni Berchmans e a San Luigi Gonzaga sono stati progettati dallo stesso Pozzo (immagine 17).
Nella controfacciata dell’edificio è l’iscrizione commemorativa dell’apertura della chiesa al culto in occasione del Giubileo del 1650. È affiancata dalle allegorie della Religione e della Magnificenza, mentre al di sopra è posto lo stemma del cardinale Ludovico Ludovisi (finanziatore della chiesa), sostenuto da due putti, dai quali partono festoni sorretti da altri putti, motivi questi che si ripetono lungo la navata. L’insieme è tradizionalmente attribuito ad Alessandro Algardi. Il fregio, pur rivelando la sua sostanziale omogeneità mostra come la resa plastica delle figure della navata sia lontana dal classicismo algardiano, condizionata com’è dalle esigenze di una correzione prospettica.
Lo stesso illusionismo, che è di casa nella chiesa, caratterizza anche la piazzetta di Sant’Ignazio: uno spazio di modeste dimensioni, ma costruito secondo le regole della scenografia teatrale, così da dare l’illusione di una maggiore profondità (immagine 18).
È sicuramente l’opera più riuscita dell’architetto Filippo Raguzzini (1727-28), anche se all’epoca è stata criticata aspramente e Francesco Milizia, alludendo all’originaria professione di disegnatore di mobili del progettista, definì “ridicole case a foggia di canterano” i palazzetti che chiudono la scena. Invece, proprio queste case movimentate superano abilmente la difficoltà di creare un sagrato che fronteggi degnamente la massiccia mole della chiesa dedicata all’importante santo, che tanto contribuì alla rinascita del cattolicesimo, in contrapposizione alla riforma protestante di Martin Lutero.
Un’altra opera spettacolare di Andrea Pozzo è l’altare di Sant’Ignazio nella chiesa del Gesù, del quale si consiglia la visita alle ore 17,30, quando viene messa in funzione con un accompagnamento musicale e un’audioguida la “macchina barocca”, ovvero l’apparato scenografico dell’insieme. Una tela attribuita allo stesso Pozzo copre la nicchia dell’altare e come un sipario sale e scende con un sistema di bilancieri per scoprire la statua del santo, che originariamente era di Pierre Legros, ma, essendo stata fusa durante l’occupazione francese nel 1798, ne rimase solo la pianeta e in seguito, nel primo Ottocento, le parti mancanti vennero realizzate in stucco e argentate nello studio di Canova, probabilmente da Adamo Tadolini (immagine 19).
Breve biografia di sant’Ignazio
Nato nel 1491 nel castello basco di Loyola, in Spagna, il nobile Iñigo Lopez de Loyola visse dapprima alla corte di Madrid, come paggio del re Ferdinando il Cattolico, quindi si arruolò nella milizia. Costretto a letto da una grave ferita alla gamba riportata durante l’assedio di Pamplona, voleva leggere romanzi cavallereschi, ma, in mancanza dei libri richiesti, gli portarono due libri di argomento sacro che gli infiammarono il cuore e gli cambiarono la vita. Fu nel monastero di Monserrat che, dopo una specie di veglia d’armi, depose i paramenti militari davanti all’immagine della Madonna e subito dopo entrò nel monastero di Manresa, in Catalogna. Scelse inizialmente di condurre una vita ascetica in grotta, che lo portò a un forte indebolimento fisico e sull’orlo del suicidio, finché ebbe una “grande illuminazione” che gli fece vedere con occhi nuovi la realtà delle cose. Si recò in pellegrinaggio a Gerusalemme e, in seguito, volendo abbracciare il sacerdozio, si dedicò agli studi universitari dapprima in Spagna e poi a Parigi, dove studiò per sette anni. Fu a Montmartre che, insieme a un gruppo di amici, tra cui Francesco Saverio (anche lui futuro santo), fondò l’ordine che sarebbe stato approvato a Roma da Paolo III nel 1540.
Il nome di Compagnia di Gesù è dovuto alla visione di Gesù Cristo con la croce sulle spalle che egli ebbe nel 1537 a La Storta, sulla via Francigena, mentre si recava a Roma con i compagni (immagine 20). Il termine “compagnia” deriva dalla formazione cavalleresca del santo, che voleva creare una sorta di milizia al servizio di Cristo. Primo generale della Compagnia di Gesù, Ignazio inviò i suoi compagni come missionari in giro per tutto il mondo per creare scuole, istituti, collegi e seminari, penetrando attraverso la predica, la confessione e l’istruzione in tutti gli strati sociali. Nel 1548 pubblicò gli Esercizi spirituali e nel 1554 le Costituzioni dell’Ordine. Morì in una delle camerette della Casa Professa il 31 luglio del 1556. Fu proclamato santo nel 1622 da papa Gregorio XV.
Nica FIORI Roma 25 luglio 2021