I misteri del culto di Mitra rivivono in una imponente mostra a Villa Savorelli di Sutri (VT) fino al 13 maggio

di Nica FIORI (foto di Francesca Licordari)

Sutri, Vulci e i misteri di Mitra

Villa Savorelli

La visita del suggestivo mitreo di Sutri si arricchisce fino al 13 maggio 2018 dell’approfondimento sul culto di Mitra in Etruria nella mostra che gli viene dedicata a Villa Savorelli

Mitra, raffigurato nell’atto della tauroctonia mentre compie il suo sacrificio, colpisce ancora, non certo il toro, perché si tratta di un rito archetipico che si è compiuto una sola volta, ma la nostra fantasia, che a Sutri (Viterbo) trova l’ambiente ideale per evocare gli affascinanti misteri del suo culto. L’esposizione, che si è inaugurata a Villa Savorelli il 1° dicembre, non lontano quindi dal giorno natale di Mitra (solstizio d’inverno), ha come titolo “Sutri, Vulci e i misteri di Mitra. Culti orientali in Etruria” e presenta, attraverso un suggestivo allestimento, gli straordinari gruppi scultorei del mitreo del III secolo d.C. rinvenuto a Vulci nel 1975 e il confronto tra le testimonianze di due centri nevralgici dell’Etruria meridionale. La mostra, curata da Simona Carosi e Tommaso Valeri, è stata organizzata dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale e dall’Amministrazione Comunale di Sutri e sarà visitabile fino al 13 maggio 2018. Come ha ricordato la Soprintendente Alfonsina Russo, la mostra si riaggancia a una precedente esposizione dedicata a Mitra a Vulci nel 2016, in concomitanza con il convegno internazionale sullo stesso tema, “che ha inteso analizzare un fenomeno dell’antichità che ha trovato in Etruria meridionale e nel comparto romano-laziale un territorio privilegiato di diffusione”.

Il mitraismo

Il mitraismo è un culto di origine orientale, da mettere in relazione con il mazdeismo (detto anche zoroastrismo, VII sec. a.C.), la religione iranica che prende il nome da Ahura Mazda, il dio benefico creatore del cosmo, che si contrappone al demone distruttore Ahriman (Angra Mainyu). Mitra, conosciuto come garante della fedeltà e dei patti, ma anche come divinità solare, rimasto in ombra per lungo tempo, fu elevato a grande splendore sotto il regno di Artaserse II (404-358 a.C.). Era festeggiato nella festa detta Mitragan nel solstizio d’estate, cui prendeva parte anche il re adornato con una corona solare su un carro processionale. Era presentato anche come dio della guerra, funzione che sarebbe diventata preponderante in Occidente e che gli avrebbe conquistato gli animi dei legionari romani, che lo venerarono come Sol invictus.

Furono le truppe di Pompeo a introdurlo nel mondo romano già nel 67 a.C. dopo averlo conosciuto da pirati cilici, ma si affermò a partire dal II secolo d.C., con Antonino Pio, ed ebbe il massimo successo nel III secolo. Sullo sfondo di una Roma pagana in calo di valori, il mitraismo offriva ai suoi fedeli, attraverso un cammino iniziatico di sette livelli, la certezza di una vita migliore, terrena e ultraterrena. Alla base di questa religione misterica era la credenza in un complesso sistema astrologico, in cui i pianeti e i segni zodiacali venivano divinizzati e instauravano con l’uomo un rapporto di fiducia e devozione. Mitra, ereditando dal dio Sole il compito di guidare la corsa dei pianeti, è descritto nell’atto di far ruotare gli astri nel cielo. Ma quest’ordine cosmico è il risultato della sua vittoria sul toro selvaggio. Con la sua uccisione, Mitra compie un atto di animazione del cosmo e si fa garante di salvezza eterna per i fedeli, come sottolinea una frase graffita nel mitreo romano di Santa Prisca: “Et nos servasti aeternali sanguine fuso” (“E ci salvasti attraverso l’aspersione del sangue eterno”, espressione che verrà ripresa da Sant’Agostino in un sermone riferendosi a Cristo).

Tutto il creato trae beneficio da questa infusione di vita, a cominciare dalla terra, e infatti dalla coda del toro morente spuntano le spighe, dal sangue la vite e dal seme gli animali utili, come si vede nelle immagini, per lo più scolpite, della tauroctonia. Il serpente e lo scorpione, mandati dal dio del male Ahriman, cercano di contrastare la dispersione di questi elementi vivificanti, ma inutilmente; vi è pure un cane, che lecca il sangue del toro: sono tutti animali che richiamano costellazioni celesti. Dopo essersi purificato, Mitra festeggia la vittoria insieme al Sole con un banchetto, quindi sale in cielo sulla quadriga solare. Questo racconto mitico era  raffigurato nei mitrei, quei luoghi di culto simili a grotte (“spelaea”), dove gli adepti si riunivano per compiere il sacrificio rituale e partecipare al pasto sacro. Luoghi che Tertulliano, uno dei più noti padri della Chiesa del II-III secolo, definisce “castra tenebrarum” (accampamenti delle tenebre), evidenziando l’organizzazione dei fedeli in milizie sacre e l’oscurità degli ambienti di culto: scelta questa che veniva giudicata contradditoria rispetto alla natura essenzialmente solare del dio. La grotta in realtà richiama il microcosmo (al di sopra è raffigurata la volta celeste) e la nascita di Mitra, che era definito petrogenito e raffigurato nudo con un pugnale in mano mentre esce dalla roccia.

È interessante notare come, qualche secolo dopo, anche in ambito cristiano si afferma la scelta dell’antro tenebroso, a partire dalla prima grotta del monte Gargano, per venerare San Michele, l’arcangelo difensore del giudizio divino (nonché custode e guida delle anime verso il cielo), che viene festeggiato il 29 settembre, intorno all’equinozio d’autunno, quando il sole passa dall’emisfero settentrionale dello Zodiaco a quello meridionale, scendendo quindi “agli inferi”, nelle cui tenebre l’arcangelo ricaccia il drago satanico contro cui ha combattuto nel cielo. Questa data un tempo era sacra a Mitra, come del resto l’altro equinozio. Nell’iconografia consueta il dio era accompagnato da due simbolici portatori di torce. Il primo, Cautes, veniva rappresentato con la fiaccola alzata a significare l’aspetto primaverile del dio, come pure il giorno; l’altro Cautopates, aveva invece la fiaccola abbassata a simboleggiare il sole autunnale, e insieme la notte.

Il mitreo di Sutri

Panorama di Sutri

Il mitreo di Sutri si trova all’interno del parco archeologico che comprende, oltre Villa Savorelli, anche l’anfiteatro romano scavato nella roccia (databile agli ultimi decenni del I secolo a.C.) e l’attigua necropoli rupestre della via Cassia. È stato identificato da alcuni studiosi come mitreo per la sua posizione (è stato scavato nel tufo, unendo insieme tombe più antiche) e per la conformazione, che evoca i banchetti sacri e le cerimonie iniziatiche degli adepti, anche se è stato trasformato in chiesa suddividendo lo spazio rettangolare in tre navate, scandite da pilastri tufacei, e con l’aggiunta di un altare e dell’affresco della Madonna del Parto, che dà il nome attuale alla chiesa. Ai lati sono visibili i caratteristici podia, ovvero i banconi dove i mitriaci prendevano posto sdraiati alla maniera romana per il banchetto mistico. Sulla volta troviamo raffigurato San Michele Arcangelo, il cui culto, come ho accennato prima, ha ereditato qualcosa dalla religione di Mitra, così come il Natale di Cristo è subentrato al Natale di Mitra.

La Madonna del parto
Affresco con San Cristoforo

Nel vestibolo quadrato che precede il luogo sacro, e che in origine doveva accogliere gli aspiranti ai misteri di Mitra, troviamo nella parete di accesso alla chiesa degli affreschi medievali raffiguranti San Cristoforo sulla destra, la Madonna a sinistra e al centro una scena interessantissima, proprio perché mette in relazione il mitreo con l’arcangelo Michele. Vi è raffigurata l’apparizione dell’arcangelo a Monte Sant’Angelo, sul Gargano, dove è venerato in una grotta, secondo quanto racconta Iacopo da Varazze nella sua Legenda Aurea.

Affresco nel Vestibolo del mitreo di Sutri

Egli racconta che in Puglia “nel 390 nella città di Siponto c’era un uomo di nome Gargano, che secondo alcuni aveva preso nome dal monte, oppure era stato il monte a prendere nome da lui”. Mentre Gargano stava pascendo il suo bestiame sulle pendici del monte, un toro si allontanò e salì verso la sommità. Dopo essere stato a lungo cercato, il toro fu trovato in cima al monte all’ingresso di un antro. Il proprietario, esasperato dal fatto che quell’animale “tendeva a sbandarsi, gli scagliò contro una freccia avvelenata, ma la freccia come colpita dal vento, si rivolse contro di lui”. Il fatto portentoso fu poi spiegato da un’apparizione dell’Arcangelo Michele al vescovo di Siponto. Queste sarebbero state le sue parole: “Sappiate, gente, che quell’uomo è stato colpito dalla sua stessa freccia per mia volontà. Io infatti sono l’arcangelo Michele, e ho stabilito di abitare questo luogo e di proteggerlo, divenendo suo vigile e custode, e dandone segno evidente con questo prodigio”. Il vescovo e i cittadini andarono poi in processione fino alla grotta, ma timorosi rimasero al di fuori, pregando sulla soglia.

Tutto questo è raffigurato con una certa grazia narrativa dal pittore medievale e a noi viene spontaneo collegare in qualche modo il toro raffigurato nella scena all’ingresso della grotta del Gargano, con il gruppo della tauroctonia mitraica, che presumibilmente può essere stato allontanato da questo mitreo (databile al III secolo) nel momento della sua consacrazione all’Arcangelo Michele, non oltre il VII secolo, mentre la trasformazione in chiesa è riferibile al XIII-XIV secolo, quando divenne un luogo di transito e di sosta per i pellegrini della via Francigena.

Una lastra marmorea votiva con scena di tauroctonia, rinvenuta presumibilmente a Sutri, si trova attualmente nel Museo Nazionale Romano Terme di Diocleziano, mentre un rilievo è murato nel Casale di Vicus Matrini, una antica stazione (mansio) della via Cassia nel territorio di Sutri.

La mostra

Dopo aver visitato il mitreo di Sutri, si sale lungo il colle Savorelli fino ad arrivare alla villa omonima, dove possiamo fare un confronto con altri mitrei dell’Etruria. Ricordiamo che nel 2014 nella Civita di Tarquinia è stato individuato un mitreo, da cui proviene il gruppo scultoreo recuperato dai carabinieri del TPC (Tutela Patrimonio Culturale) e allestito dalla Soprintendenza archeologica nel museo di Tarquinia. Il mitreo (II secolo) si inseriva in una domus più antica (fine II secolo a.C.), in un ambiente identificato grazie al rinvenimento del frammento con il cane, che apparteneva allo stesso gruppo scultoreo ritrovato dai carabinieri. Vi è poi il mitreo di Vulci, vero protagonista di questa mostra, che è stato scoperto nel 1975 nel corso di scavi condotti dalla Soprintendenza, in una vasta e sfarzosa abitazione contigua alla domus del Criptoportico.

Mitra tauroctono, da Vulci

Come si vede da una gigantografia, l’aspetto è simile a quello della maggior parte dei mitrei noti, con un corridoio centrale e banconi laterali, che sono sostenuti da archetti a tutto sesto, forse in relazione con le sette sfere celesti e i sette gradi di iniziazione. Sono stati rinvenuti nel mitreo: il gruppo maggiore di Mitra tauroctono, nella consueta iconografia ma mancante della testa; il gruppo minore sempre con tauroctonia sul cui retro è raffigurata la roccia da cui nasce Mitra; la statua del Cane, nell’atto di aggredire il toro; la scultura del Corvo, l’uccello che fa da messaggero del Sole e che corrisponde al Corax, il primo grado della scala iniziatica posto sotto la tutela di Mercurio (anche lui messaggero degli dei); la rappresentazione di Cautes, uno dei due assistenti di Mitra, raffigurato col solito abbigliamento orientale, ma mancante della fiaccola; un trapezoforo con protome di grifo e una piccola Erma terminante con una testa di Dioniso, la cui presenza è da mettere in relazione con l’uso del vino durante il banchetto.

Oltre a questi materiali, che costituiscono il clou dell’esposizione, troviamo anche reperti ceramici, quali lucerne e vasi, in particolare un’olla con tre anse e tre prese, decorata da un serpente che sale ad abbeverarsi ad una delle tre vaschette sull’orlo del vaso. Gli è accanto un’altra olla, proveniente dalla villa romana in località Bancaccia di Guidonia Montecelio, ancora più interessante perché mostra Mitra tutto nudo (sembra ermafrodito perché ha seni piuttosto vistosi), nell’atto della tauroctonia. Appare strano il fatto che non compaia il solito mantello al vento che lo contraddistingue, ma la presenza del serpente, del cane e dello scorpione non lascia dubbi sull’appartenenza a un contesto mitraico.

“Sutri, Vulci e i misteri di Mitra. Culti orientali in Etruria”

1° dicembre 2017 – 13 maggio 2018

Orari di apertura dell’area archeologica di Sutri: dal martedì al venerdì: dalle 9.00 alle14.00 (visita al Mitreo e a seguire alla mostra, una volta ogni ora a partire dalle 9.00 con ultima visita alle ore 13.00); sabato e domenica: dalle 9.00 alle 16.00 (stesse modalità con ultima visita alle ore 15). Lunedì chiuso.

di Nica FIORI (foto di Francesca Licordari)

Biglietto: € 5,00.

biglietteria.parco@comune.sutri.vt.it