di Nica FIORI
Roma va ammirata di notte, in pieno chiarore lunare, quando le grandi masse architettoniche appaiono più pure e maestose. Così sostengono molti romani e ciò vale a maggior ragione nelle aree archeologiche, dove è più piacevole passeggiare rispetto alle trafficate vie cittadine.
Dopo la manifestazione “Tenera è la notte”, che si è svolta a luglio presso le Terme di Caracalla, la Soprintendenza Speciale di Roma, diretta da Daniela Porro, propone ora “Caracalla Effetto Notte”, un nuovo ciclo di aperture serali e performance nelle serate del 2, 9, 18, 25 e 30 settembre, dalle ore 20 alle 23 (figg. 1 e 2).
Queste aperture speciali, realizzate in collaborazione con Electa, offrono ai visitatori due diverse modalità di fruizione delle grandiose architetture termali: una passeggiata “libera” in superficie per ammirare i mosaici, le decorazioni architettoniche, i resti delle vasche, le palestre, la natatio e il frigidarium, oppure una visita guidata che consentirà anche di scoprire i sotterranei, il Mitreo e la Mela Reintegrata di Michelangelo Pistoletto.
Le Thermae Antoninianae, nome ufficiale delle terme costruite da Caracalla (imperatore dal 211 al 217), sono l’esempio più grandioso e meglio conservato di edifici termali di età imperiale. Furono costruite a partire dal 212 d.C., come mostrano i bolli laterizi, e per il loro approvvigionamento idrico fu creato un ramo speciale dell’Acqua Marcia, l’Aqua Antoniniana Iovia, che oltrepassava la via Appia sul cosiddetto Arco di Druso.
Certo Caracalla, importante storicamente per aver promulgato nello stesso 212 la Constitutio Antoniniana, un editto che concedeva la cittadinanza a tutti gli abitanti liberi dell’impero, non aveva badato a spese per realizzare quest’opera pubblica (inaugurata nel 216) che consentiva a tutti i romani di usufruire dei bagni in ambienti lussuosissimi, che comprendevano straordinarie opere d’arte come i celeberrimi Ercole Farnese e Toro Farnese, che sono ormai vanto del Museo Archeologico di Napoli, le grandi vasche di granito riutilizzate nelle fontane di Piazza Farnese o il mosaico con ventotto figure di atleti, conservato nei Musei Vaticani. Il complesso venne dotato di un recinto esterno dagli ultimi due imperatori della dinastia dei Severi, Elagabalo e Alessandro Severo, mentre successivamente intervennero con restauri Aureliano, Diocleziano e Teodorico (figg. 3 e 4).
Nella loro più ampia estensione, le Terme di Caracalla misurano m 337 x 328, dimensioni superate solo dalle Terme di Diocleziano. Il recinto esterno era costituito da un portico, di cui non resta quasi nulla. Sui suoi lati si aprono due grandiose esedre, che includevano una sala absidata centrale, preceduta da un colonnato e fiancheggiata da due ambienti minori, uno dei quali ottagonale. Sul lato di fondo un’esedra schiacciata, munita di gradinate, nascondeva le enormi cisterne.
Tra gli edifici del corpo centrale, la cui pianta è più o meno simile a quella delle altre terme più antiche (in particolare quelle di Traiano), oltre alla piscina scoperta (natatio) e alle palestre, ci colpisce in particolare il salone centrale (frigidarium), che misura m 58 x 24 ed è coperto da tre grandi volte a crociera, poggianti su otto pilastri, fiancheggiati un tempo da altrettante colonne di granito. Il calidarium, di cui resta in piedi solo una parte, doveva essere di forma circolare, di m 34 di diametro (figg. 5 e 6).
Particolarmente interessante è la visita dei sotterranei, scavati agli inizi del Novecento e restaurati nel 2019, che comprendevano gli ambienti di servizio quali i depositi di legname, l’impianto di riscaldamento e quello idrico, nonché una fitta rete di piccole gallerie che serviva per la posa delle tubazioni in piombo e la gestione dell’acqua. Nell’impressionante dedalo di gallerie carrabili sotterranee (percorribili per sei chilometri) si svolgeva l’attività frenetica delle terme, che funzionavano grazie alla miriade di schiavi che trasportavano il legno e lo immettevano nelle caldaie per scaldare sia l’acqua delle vasche, sia l’aria che passava entro tubuli di terracotta dentro le pareti degli ambienti termali e sotto i pavimenti marmorei. In effetti, mentre al di sopra i romani si rilassavano trascorrendo un paio d’ore tra la sauna (laconicum), le varie vasche degli edifici termali (calidarium, tepidarium e frigidarium) e i massaggi, senza trascurare lo sport e la cultura (vi erano anche due biblioteche), nei sotterranei dominavano il fuoco e la fatica.
All’interno degli ambienti ipogei è stato collocato già da qualche anno un antiquarium che espone i più bei frammenti lapidei dell’edificio, sopravvissuti alle spoliazioni cinquecentesche (fig. 7). Si tratta di 45 reperti marmorei suddivisi in 7 isole. Le trabeazioni architettoniche finemente lavorate sono sistemate in armadiature metalliche e i capitelli, tra cui quelli monumentali provenienti dal frigidarium sono montati su false colonne per restituire, anche se parzialmente, la visione dal basso per la quale erano nati, suggerendo tutta la grandiosità dell’intero complesso .
Il Mitreo, che pure occupa un ambiente sotterraneo, è il più grande di quelli conosciuti a Roma e allo stesso tempo uno dei più particolari (fig. 8). In santuari di questo tipo, detti spelea perché imitavano delle buie grotte, si svolgevano i riti misterici del dio solare Mitra. Il culto di questo dio, di origine indo-iranica, arrivò a Roma probabilmente nel 67 a. C., portato dai soldati di Pompeo reduci dalle campagne in Oriente, ed ebbe ampia diffusione tra il II e il IV secolo d. C., in contemporanea con il primo cristianesimo. Secondo il mito, Mitra sarebbe nato invincibile (Sol Invictus era uno dei suoi appellativi) da una roccia generatrice il 25 dicembre (solstizio d’inverno), giorno che diventerà poi il Natale di Cristo, e sarebbe stato assunto in cielo dopo aver ucciso un toro, simbolo di vita, per allontanarlo dal dio del Male e rendere possibile col suo sangue la rigenerazione del creato.
La liturgia mitraica, che prevedeva sette gradi di iniziazione, era diffusa soprattutto tra i soldati e vi aderirono anche alcuni imperatori, tra cui Caracalla. Il mitreo fu rinvenuto in occasione dei grandi sterri eseguiti nella zona delle terme all’inizio del Novecento. A esso si accede dall’ingresso che si affaccia sulla via Antoniniana e dal quale si entra anche nelle gallerie. Si articola in una serie di più ambienti, il primo dei quali è una sorta di vestibolo d’ingresso. Da questo, oltrepassando una soglia in travertino e un passaggio, si giunge in un altro ambiente, chiuso anch’esso da una porta o da un cancello. Si entra quindi nel santuario vero e proprio, consistente in un’aula rettangolare con volte a crociera, pavimento a mosaici bianchi e neri e pilastri in mattoni. Tra i pilastri corrono i banconi inclinati che ospitavano i fedeli durante le cerimonie sacre. L’aula misura m 25 x 10. Purtroppo non si è conservato l’apparato decorativo, presumibilmente distrutto dai cristiani, tranne che per un blocco di marmo, di fattura molto rozza, che doveva rappresentare la petra genetrix, ovvero la pietra generatrice con un serpente tra le rocce, dalla quale doveva uscire il busto del dio.
La particolarità di questo mitreo è data da una buca rettangolare, un unicum nei mitrei romani, dove secondo molti studiosi si potrebbe riconoscere la fossa sanguinis per il sacrificio del toro (taurobolium), che veniva ucciso su una grata in ferro posta sopra la buca, dentro la quale si trovava l’iniziato, pronto a ricevere il bagno del sangue dell’animale. Altri ritengono, invece, che fosse una botola per qualche apparizione spettacolare, perché il taurobolium era più tipico della religione di Attis e Cibele. Ma, come si legge nella guida delle Terme di Caracalla edita da Electa, “la prima ipotesi ben si collega con la religiosità di Caracalla e della sua famiglia, indirizzata a un sincretismo che quasi accomunava divinità classiche e orientali in un unico culto e che mescolava, nello stesso edificio, già all’interno di un bagno imperiale, una statua di Afrodite, un’iscrizione dedicata a Serapide Kosmokrator a cui poi è stato eraso il nome del dio egizio per sostituirlo con quello di Mitra, e infine la fossa per il taurobolium connessa con il culto di Mitra e di Attis”.
Questa cerimonia può sembrare raccapricciante, ma i riti cruenti nell’antichità erano tutt’altro che rari. L’immolazione del toro selvaggio assumeva un valore di redenzione universale e quindi, aspergendosi del suo sangue, si otteneva la purificazione dai peccati. La partecipazione al banchetto mistico dava invece agli iniziati vigore fisico e saggezza spirituale, ovvero l’energia per combattere contro i demoni del Male.
Anche l’arte odierna è di casa nelle Terme di Caracalla. La Mela Reintegrata di Pistoletto è una grande installazione collocata nei sotterranei (fig. 9). È stata realizzata nel bianchissimo marmo di Carrara per riagganciarsi alla classicità del luogo. La mela è un simbolo che, come ha dichiarato l’artista, “viene da lontano, attraversa tutta la storia che abbiamo alle spalle, partendo dal morso, che rappresenta il distacco del genere umano dalla Natura e l’origine di quel paradiso artificiale che si è sviluppato fino a raggiungere le dimensioni totalizzanti di oggi. La Mela Reintegrata rappresenta l’entrata in una nuova era nella quale mondo artificiale e mondo naturale si ricongiungono producendo un nuovo equilibrio planetario”.
La grande cicatrice ricucita, che la contraddistingue, fa pensare a un grosso morso reintegrato con gigantesche graffette, ovvero l’invito di Pistoletto a riconnettere le due parti (mondo artificiale e mondo naturale) all’insegna di una nuova armonia, con lo scopo di superare tutte le contrapposizioni. La Mela Reintegrata è il secondo dono del maestro al monumento dopo il Terzo Paradiso, che si può ammirare in un’aiuola del grande giardino (fig. 10). Le opere di Pistoletto testimoniano la vocazione al contemporaneo delle Terme di Caracalla, arricchite negli ultimi anni da diverse mostre, installazioni e performances di arte contemporanea.
Nelle stesse Terme giovedì 9 e sabato 18 settembre andrà in scena, alle ore 21, “Frigidarium21” di Riccardo Vannuccini, che propone il tema centrale delle migliaia di persone che frequentavano le Terme di Caracalla, come memoria del nostro passaggio sulla Terra. Lo spettacolo verrà portato in scena dalla compagnia Le Scarpe di Van Gogh all’interno del progetto Muses, a cura di Artestudio (figg. 11 e 12). Si tratta di una performance di teatro-danza fisico ed emozionale, basato sul corpo e sul movimento di gruppo, ispirata dagli spazi monumentali delle Terme di Caracalla, come elemento di suggestione e di riflessione. I visitatori potranno assistere allo spettacolo senza nessun aumento sul costo del biglietto d’ingresso.
Con questa manifestazione le Terme di Caracalla, come ha dichiarato la direttrice Mirella Serlorenzi, “confermano la loro natura di straordinario palcoscenico dove poter svolgere eventi dal vivo e un luogo dove l’antico dialoga armoniosamente con altre forme di arte” .
L’accesso alle Terme di Caracalla è consentito solo con la Certificazione verde Covid-19 (Green Pass), con mascherina obbligatoria. Le visite si svolgeranno nel rispetto delle norme di distanziamento e contingentamento con prenotazione obbligatoria, anche il giorno stesso, per un massimo di 20 persone a turno di visita.
Nica FIORI Roma 5 settembre 2021
Terme di Caracalla. Viale delle Terme di Caracalla, 52 Roma