I Passage parigini e la modernità effimera in mostra nell’opera di Kérozen a Nantes.

di Elena GRADINI

Favet Neptunus eunti

In occasione dell’esposizione “NANTESETNANTESETNANTES, Regards d’artistes” organizzata dall’Associazione degli “Amis du Musée d’Arts de Nantes” dal 21 Settembre al 10 Ottobre 2021, l’artista italo-francese Kérozen espone la sua opera Passage Pommeraye, un pannello monumentale realizzato in olio e oro su nove tele delle dimensioni di 240 x 300 cm.

Réne Kérozen, Passage Pommeraye

L’opera nasce come introspezione interiorizzata di uno dei luoghi particolarmente cari all’artista durante i suoi soggiorni nella città di Nantes, luogo che per sua stessa genesi identitaria favorisce il viaggiatore nel suo vagare cittadino. Tale infatti è il motto della città Favet Neptunus eunti (Nettuno favorisce il viaggiatore).

L’Opera con l’artista Réne Kérozen

Kérozen è un artista poliedrico che nel corso della sua lunga e brillante carriera pluritrentennale ha abituato lo spettatore a tutta una serie di transizioni fisiche ed emozionali legate ai luoghi che egli riesce a catturare con il suo sguardo prensile in linea con il suo sentire interiore. In questa occasione, lasciati i dolci paesaggi italiani della Ciociaria, scelta come suo buen retiro adottivo circondato da ulivi nodosi e quiete colline addormentate sotto cieli azzurri, l’oggetto dell’indagine si sposta oltralpe, nel Nord, in quella parte di Bretagna affacciata sull’Oceano Atlantico e battuta dal vento, e qui, in occasione dei suoi frequenti viaggi, ha posato il suo interesse sul Passage Pommeraye, un suggestivo passage ottocentesco su più piani, dalla splendida architettura, che collega diverse strade ad altezze diverse e dove lo sfalsamento tra i livelli che supera il dislivello tra le strade da cui si accede lo rendono ancor più unico.

Una Galleria coperta in stile liberty, un luogo multifunzionale deputato agli acquisti, all’incontro, ma soprattutto, al vagare per puro piacere. Ed ecco allora che piace immaginare l’artista dal suo animo parigino, squisito erede di tutta quella tradizione letteraria francese di fin de siècle, vagare tra gli spazi coperti in cerca di uno stimolo non ben definito, quasi À la recherche del suo personalissimo tempo perduto, tempo passato sedimentato tra ricordi, che si fonde e mescola con il presente in sfocate e remote suggestioni cariche di significati simbolici che Kérozen una volta acquisiti nel suo animo trasforma in simboli grafici, in colorate immaginifiche suggestioni che rimandano ad un andirivieni senza sosta tra il ricordo e il presente attuale.

L’opera Passage Pommeraye cattura lo sguardo in modo ipnotico e catapulta il visitatore in quel clima parigino caro ai tanti autori che, a cavallo tra la fine dell’Ottocento e gli albori del Novecento, hanno intuito prima degli altri l’irreversibile tramonto di un tempo che lentamente sfioriva per lasciare spazio a quella modernità effimera, liquida, feroce e a tratti alienante che ben è stata descritta da autori come Benjamin nei suoi “Passages di Parigi”,  opera cardine che si presenta come una ricostruzione globale di un secolo, l’Ottocento, colto nello specchio di una città come Parigi, e indagato nei suoi elementi apparentemente marginali, quali la moda, il gioco, il collezionismo, la merce, la prostituzione, i passages.

In questo vagare apparentemente superfluo c’è tutta la rappresentazione di un sogno da cui la cultura europea ha dovuto destarsi: un risveglio che è stato poi la crisi delle ideologie ottocentesche e che ha lasciato spazio a quel sentimento di vuoto esistenziale ben descritto da Charles Baudelaire ne Lo spleen di Parigi , dove l’enigmatico protagonista è un flâneur solitario che si aggira per i «labirinti di pietra» di Parigi e ama appassionatamente l’esplorazione della vita moderna, il viaggio in fondo alla notte, in quell’abisso dove sono sospesi per un eterno attimo il bene e il male.

Kérozen riesce a catturare nella sua opera questa sorta di deriva storica che purtuttavia abita ancora nell’anima delle città, poiché se  è vero che tutto cambia per mano del progresso e dell’inesorabile scorrere del tempo, è anche altrettanto vero che l’anima identitaria di un luogo non perisce mai, anzi, si aggrappa ferocemente nelle pieghe delle strade, nei vicoli, tra le fessure delle case, e va ad abitare sui panorami di pietra e d’acqua che identificano un luogo dimodoché, per quanto possa sembrare trasformato, certe sensazioni resteranno sempre come impalpabili presenze sospese nell’aria, la cui funzione è quella di destarci anche solo per un momento dalla banalità del quotidiano e condurci inconsapevolmente ad un tempo antico e lontano fatto di ricordi e suggestioni, che sa di buono per lo spirito.

Locandina mostra Nantes

Sono le psicogeografie dei luoghi, i quali si presentano come lo specchio interiore delle nostre coscienze, capaci di sollevare un ricordo più o meno piacevole e che l’artista è riuscito a catturare nella sua opera che confonde antico e nuovo, stasi e movimento, in quel suo brulicare incerto ed indefinito di persone senza una meta precisa. All’interno di questo sguardo osservante Kérozen si è fatto carico di tutto questo amalgama letterario che ha trovato ancora profondi esiti nella cultura artistico letteraria degli anni Cinquanta del Novecento con il Situazionismo di Guy Debord.  Un movimento che critica la società capitalistica e l’industria culturale con azioni e strumenti per superare l’arte borghese, quali l’urbanismo unitario, il Dètournement e la Deriva situazionista, definibile come uno smarrimento volontario della rotta, della direzione, un vagare senza scopo, a pratica di liberazione da dispositivi ambientali percepiti come autoritari. E il senso di questa perdita è quello di abituarsi ad aprire la mente verso nuovi e inattesi aspetti della realtà, soprattutto se fatta nei luoghi che solitamente si vivono. Uno sperimentare che ha in sé l’occasione di trasformazione, di far cambiare direzione a chi lo pratica da certi estranianti e alienanti meccanismi culturali. È così che dietro la sua opera Kérozen è riuscito a concentrare tutta la forza espressiva dell’arte e delle trasformazioni culturali che hanno sconvolto Parigi e l’Europa tutta dal finire della Belle Époque sino alla modernità a noi più prossima.

Elena GRADINI   Roma 26 settembre 2021