“Volendo Monsignor Massimi un Ecce Homo …”; svelato l’ideatore della famosa gara pittorica tra Caravaggio, Cigoli e Passignano ?

di Marcantonio MASSIMO

Marcantonio Massimo (Roma nel 1999) ha seguito il corso di laurea in Studi storico-artistici presso “La Sapienza”, Università di Roma, discutendo la tesi su “La committenza Massimo e la gara pittorica tra Caravaggio, Passignano e Cigoli”, relatrice la Professoressa Caterina Volpi. Attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Storia dell’arte presso la medesima università.. Esordisce su AboutArt con un saggio di notevole rilievo che potrebbe far luce su uno dei “quesiti caravaggeschi” dibattuto per anni, concernente la cosiddetta “gara Massimo” nella quale si sarebbero misurati Caravaggio, Cigoli e il Passignano; in questo scritto il giovane studioso propone una possibile risoluzione del dilemma del vero committente della gara e apre perfino alla possibilità che il recente Ecce Homo di Madrid possa esserne l’esito; con questo  importante contributo inizia la collaborazione con la rivista.

Ecce Homo Massimo: Caravaggio, Cigoli e Passignano messi a confronto. L’ideatore della famosa competizione pittorica fu Monsignor Innocenzo Massimo.

Da tempo si tenta di dare una corretta interpretazione alla nota competizione pittorica avvenuta tra Caravaggio, Cigoli e Passignano, nota come gara Massimo, o Massimi che dir si voglia (la famiglia è la medesima, la Massimo di Roma). La vicenda è narrata nel 1628 da Giovan Battista Cardi, nipote del Cigoli, ed è rimasta avvolta nel mistero e finora sfuggita ai tentativi di ricostruzione dei fatti, principalmente a causa della mancanza di documenti storici.

“Volendo Monsignor Massimi un Ecce Homo che gli soddisfacesse, ne commesse uno al Passignano, uno al Caravaggio et uno al Cigoli senza che l’uno sapesse dell’altro”, così racconta il Cardi nella biografia dello zio pittore.[1]
Caravaggio, Cigoli, Passignano (da Finestre sull’Arte, 2014)

La scoperta nell’Archivio Massimo a Roma di due ricevute[2], una di mano del Caravaggio, datata 25 giugno 1605, e l’altra del Cigoli, del marzo 1607, relative a dipinti commissionati dal facoltoso ed influente nobile romano Massimo Massimo (1576-1644), proprietario del Palazzo Massimo alle colonne, mecenate, Maresciallo del Popolo romano, Conservatore di Roma, Caporione di Parione, ha complicato ulteriormente la faccenda.

Da subito infatti si è tentato di collegare tali ricevute con la predetta gara, elaborando ipotesi che, tuttavia, non permettono di chiarire l’intricata questione, come risulta dalle incongruenze emerse tra ricostruzioni e fatti storici.

Attraverso la rilettura dei documenti noti e lo studio dei possibili candidati all’interno della genealogia della Famiglia Massimo, ho elaborato un’ipotesi che permette di far luce sull’oscuro caso.

Dal raffronto tra il testo del Cardi, che dà la prima notizia della gara, e le due ricevute menzionate, emerge un’importante differenza proprio nei titoli usati: il primo allude ad un ecclesiastico; quelli usati dai due pittori indicano invece un laico.

Il Cardi e successivamente anche il Baldinucci indicano il committente della gara come “Monsignor Massimi e “Monsignore dei Massimi” rispettivamente, mentre nelle ricevute i due pittori si riferiscono al committente Massimo Massimo come “Illustrissimo Signore” e “Nobile Signore”.

Le due diverse testimonianze alludono dunque a persone diverse, da un lato un prelato, dall’altro un secolare, da cui risulta evidente che il Monsignore della “gara” non può certo essere Massimo Massimo, che era indubitabilmente laico. Si tratta quindi di due commissioni ben separate e di due committenti diversi ma della stessa famiglia, e non di uno solo.

Tra i possibili chierici di Casa Massimo ho individuato in Innocenzo Massimo (1581-1633) l’ideatore e il promotore della competizione. Egli era un mecenate, amante delle belle arti, era un personaggio molto spesso impegnato in commissioni artistiche di vario genere, esperto e perfettamente capace di giudicare l’abilità di un artista. Nasce a Roma nel 1581, si laurea in diritto civile ed ecclesiastico all’Università di Perugia nel 1605, viene quindi nominato Referendario di Segnatura nello stesso anno, Vicelegato di Ferrara nel 1607, Vescovo di Bertinoro dal 1613. Gli furono affidati molti incarichi diplomatici, in particolare fu Nunzio ordinario presso la Corte medicea nel 1621 e 1622, poi Nunzio in Spagna  dal 1622 al 1624. Su nomina del Re di Spagna divenne Vescovo di Catania nel 1624 dove vi si trasferì da Roma nel 1626 e lì rimase – salvo brevi puntate a Palermo e Roma – fino alla sua morte, avvenuta nel 1633. Tornato in Italia dalla nunziatura a Madrid rimase profondamente legato al Re e alla Corte spagnola, coi quali continuava a scambiare regali sontuosi e ad intrattenere relazioni diplomatiche, anche per mezzo di lettere, in lingua spagnola e spesso cifrate.

Il famoso erudito e mecenate Cassiano dal Pozzo, nel suo diario del viaggio in Spagna del Cardinale Francesco Barberini[3] del 1626, descrive un magnifico regalo del nunzio “Monsignor dé Massimi”, regalo che mostra la passione, gusto e abilità di Innocenzo nelle scelte d’arte: un tavolino in commesso di pietre dure molto apprezzato dal Re, che ancora oggi continua a fare magnifica mostra di sé nel Museo del Prado.[4]

E’ importante rilevare che il diario di Cassiano individua Innocenzo Massimo col solo titolo prelatizio sul cognome, come poi faranno anche Cardi e Baldinucci[5] successivamente, ne consegue quindi che all’epoca tale uso non dava adito a dubbi sull’identità del Monsignore in questione. L’indicazione di Cassiano confermerebbe dunque l’attuale ipotesi che identifica il prelato Innocenzo Massimo col misterioso Monsignor dé Massimi.

Nei documenti dell’Archivio Massimo Innocenzo è sempre citato col titolo di Monsignore, al contrario non ho mai trovato alcun caso in cui si alluda a Massimo in tale maniera.

Anche volendo prescindere dalla questione del titolo, ritengo comunque che l’autore della gara non possa essere stato Massimo Massimo, infatti, egli commissiona al Caravaggio un primo dipinto, una Incoronazione di spine, consegnata entro il giugno 1605, e poi direttamente un secondo quadro, da consegnare il primo agosto successivo, come risulta dalla ricevuta del Caravaggio in Archivio Massimo:

“Io Michel’Angelo Merisi da Caravaggio mi obligo di pingere all Illustrissimo Signor Massimo Massimi per esserne prima stato pagato un quadro di valore e grandezza come è quello ch’io gli feci già della Incoronatione di Crixto per il primo di Agosto 1605 – In fede ò scritto e sotto scritto di mia mano questa questo di 25 Giunio 1605 – Io Michel’Ang.lo Merisi”.

Il committente era evidentemente rimasto molto soddisfatto del primo dipinto, e così tanto soddisfatto da pagargli addirittura in anticipo per intero la seconda opera ancora da realizzare, forse per assicurarsi che la avrebbe portata a compimento velocemente.

Non avrebbe quindi avuto senso per Massimo Massimo aver architettato un concorso di pittura, per di più occulto e dunque a suo esclusivo uso e consumo, al fine di scegliere un dipinto che invece aveva appena commissionato direttamente al Merisi: non al vincitore della gara quindi, ma a uno dei perdenti, secondo il Cardi. Ciò sarebbe stato illogico e non in linea con l’idea stessa della competizione, e anche col racconto dello stesso Cardi.

Le ricevute dei pittori Cigoli e Caravaggio rilasciate a Massimo Massimo sono dunque relative a commissioni estranee alla gara. La ricevuta del Caravaggio conferma di aver già consegnato un’Incoronazione di spine, ma non specifica il soggetto del quadro ancora da dipingere, indica solo che questo debba essere di dimensioni e qualità simili al precedente.

Ipotizzo inoltre che il Caravaggio non abbia mai rimesso tale secondo dipinto a Massimo Massimo, e ciò, sia per le note vicende giudiziarie e di ordine pubblico in cui incappò Michelangelo nell’estate del 1605, sia per il fatto che il committente aspetta il 1607 per affidare al Cigoli la commissione dell’agognato pendant che invano aveva aspettato di ricevere dalle mani del Caravaggio, ormai definitivamente lontano da Roma.

L’incarico al Cigoli del marzo 1607 ci pone la seguente domanda: come mai proprio il Cigoli, atteso che il committente era un munifico mecenate che aveva impiegato artisti di tutte le latitudini, da Tarquinio Ligustri a David Teniers?

Forse perché membro dell’Oratorio di S. Filippo Neri? o forse proprio perché nel frattempo poteva essere avvenuta la celebre competizione tra i tre pittori, e, nella scelta del rimpiazzo di Caravaggio, Massimo Massimo potrebbe esserne stato influenzato: sia per mezzo dell’osservazione diretta dell’opera in casa del suo parente Innocenzo – che sicuramente avrà avuto modo di frequentare mentre era a Roma – sia attraverso l’elogio del vincitore da parte del medesimo Innocenzo , il cui gusto e passione per l’arte erano noti e ci vengono comunque riconfermati proprio attraverso tale sua invenzione.

Da tale fatto si può ipotizzare che la gara possa essere avvenuta tra il 1605 ed entro il 1606, prima della partenza definitiva da Roma del Caravaggio. Innocenzo inoltre era stato a studiare all’Università di Perugia fino al 1605, quando, a conclusione dei suoi studi, viene nominato Referendario di Segnatura, e dunque, anticipare la competizione ad una data precedente apparirebbe improbabile. Massimo Massimo si sarebbe dunque deciso ad usare proprio il vincitore della competizione occulta indetta da Innocenzo quando la speranza di poter avere il secondo dipinto di Caravaggio era sfumata a causa della definitiva partenza di questo da Roma.

Nella biografia scritta dal Cardi la descrizione temporale della sintetica e scarna storia dell’Ecce Homo dipinto dal Cigoli “tenutolo appresso di se Monsignore mentre stette in Roma fu poi portato a Firenze e venduto al Severi” concorda cronologicamente con le principali notizie sulla vita di Monsignor Innocenzo, che mostrano un uomo impegnato – a causa dei molti incarichi diplomatici – in frequenti viaggi e lunghi soggiorni anche in terre straniere, lontano dalla sua casa romana. In tale ottica il Cardi aveva perfettamente ragione a sintetizzare riguardo ai molteplici viaggi dell’ideatore della gara “mentre stette in Roma”, e ci dà quindi un’altra informazione sul dipinto, ossia che partì proprio da Roma alla volta di Firenze dove venne alienato, oltre a dare una ulteriore conferma sull’attuale ipotesi dell’identità dell’architetto della gara.

La contemporanea presenza dell’Ecce Homo a Roma nella stanza da letto di Massimo Massimo fino al 1644[6], e a Firenze parecchi anni prima, si può spiegare proprio con l’ipotesi delle due committenze separate e distinte. Anche il fatto di avere replicato il medesimo soggetto per il committente laico potrebbe non essere stato affatto casuale, ma esser dipeso dal concorso pittorico di Monsignor Innocenzo: o per esplicita richiesta di Massimo Massimo; o per volontà di replica del Cigoli.

Paradossalmente è stato proprio il ritrovamento contemporaneo delle due quietanze la causa della confusione ingenerata nella ricostruzione della competizione: hanno dato l’impressione che il committente del Merisi nella famiglia Massimo fosse stato uno solo, Massimo Massimo, e che questo fosse stato anche l’architetto della famosa gara. Tale gara appariva però alquanto improbabile a causa del troppo tempo passato tra una commissione e l’altra, quasi due anni a giudicare dalle due ricevute dei pittori.

Per concludere ribadisco il fatto che le committenze sono due e distinte e che i quadri di Massimo Massimo non hanno nulla a che vedere con quelli della competizione di Monsignor Innocenzo, sono completamente indipendenti dalla gara.

Ecce Homo, già asta Ansurena, Madrid

Ciò vale a poter affermare che i dipinti ipotizzabili come aventi fatto parte della “gara Massimo” hanno dimensioni a noi perfettamente sconosciute e non devono necessariamente rispettare le dimensioni dei grandi quadri appartenuti a Massimo Massimo. Nella ricerca dei possibili candidati tale vincolo non risulta dunque affatto necessario.

In particolare l’Ecce Homo apparso in asta a Madrid[7] e subito ritirato, prescindendo qui dalle questioni di indole stilistica che vanno affrontate dagli esperti della pittura del Caravaggio, potrebbe in linea teorica, se di mano del Merisi, ben essere il dipinto della committenza di Monsignor Innocenzo Massimo, che ho ipotizzato poter essere avvenuta verso la fine del periodo romano del Merisi.

Marcantonio MASSIMO   Roma 17 ottobre 2021

NOTE

[1]      G.B. Cardi, Vita di Ludovico Cigoli [manoscritto del 1628], a cura di G. Battelli, Firenze 1913.
[2]      R. Barbiellini Amidei, Io Michelangelo Merisi da Caravaggio. Ancora a Palazzo Massimo, in “Art e Dossier” 1987.
[3]      C. dal Pozzo, Diario del viaje a España del cardenal Francesco Barberini, a cura di A. Anselmi, Madrid 2004.
[4]        D.G. Cueto, I doni di monsignor Innocenzo Massimo alla corte di Spagna e la crisi di uno stile diplomatico, in “L’arte del dono: Scambi artistici e diplomazia tra Italia e Spagna, 1550-1650”, Cinisello Balsamo 2014, pp. 201-221.
[5]       F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno, Firenze [1763-1773], ed. F. Ranalli, 1845-1847.
[6]      Inventario dei beni d Massimo Massimo redatto alla sua morte nel 1644 ad istanza dei figli, in L. Sickel, Caravaggios Rom. Annäherungen an ein dissonantes Milieu, Berlin 2003.
[7]      Casa d’Aste Ansorena, asta di aprile 2021.