di Silvana LAZZARINO
Inaugurato a Roma lo scorso 30 ottobre alla Sala Nagasawa dell’Ex Cartiera Latina, tramite pittura, fotografia e video, l’artista mette in scena pensieri di libertà, dignità e speranza con l’immagine femminile nel ruolo salvifico dell’umanità.
L’esposizione è aperta fino al 21 novembre 2021
Tra passato e presente, tra memoria e tempo dove fatti, situazioni si ripetono entro la spirale di una circolarità a raccontare i processi esistenziali in cui è dato all’individuo la possibilità di cambiare per il proprio benessere quello e dell’ambiente in cui vive, si inserisce il percorso espositivo con protagoniste le opere di Barbara Duran artista italiana di origine cosmopolita nota a livello internazionale, il cui titolo racchiude un sentire di speranza in cui sia data dignità ad ogni essere vivente, poiché ciascuno è parte di un universo in cui sentirsi libero e accolto nella propria specificità e unicità.
“WHITE Progetto di Barbara Duran” è infatti il titolo che accompagna la mostra, la cui conferenza stampa si è svolta il 29 ottobre scorso, allestita nella Sala Nagasawa dell’Ex Cartiera Latina di Roma (Via Appia Antica, 42) dove è visibile fino al 21 novembre 2021.
Patrocinato da Regione Lazio, Parco Regionale dell’Appia Antica, MIBAC, Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, e ancora da Fondazione Il Gabbiano, Without Borders Festival, Valentina Moncada, Galerie Metanoia, Centre Culturel Italien Paris, il progetto espositivo che vede come responsabile Silvia Savoca, restituisce attraverso opere su tavola, tela carta di riso, e poi video dove il colore assume un ruolo importante sul piano evocativo e simbolico, un viaggio ad incontrare l’immagine della donna nella sua fragilità e coraggio, grazia e bellezza, smarrimento e decisione, per sottolineare poi il ruolo salvifico della stessa figura femminile essendo portata ad accogliere e generare, a proteggere e difendere.
Curata da Studio Urbana, la mostra presenta centottanta opere circa, di cui centoventidue inedite realizzate dal 2016 e il 2021 – oli su tela e su tavola, pigmenti e tecniche miste su carta di riso, acquarelli su carta, punta d’argento su carta preparata a mano, video- suddivise in quattro cicli dove sono rappresentate personalità femminili dell’iconografia antica e moderna dipinte su tele di diversi formati con cui è restituita una rappresentazione che andando oltre le regole formali tradizionali, mette in campo l’idea dello scomparire e riapparire a partire dalla scomposizione e ricomposizione dell’immagine rafforzata dal movimento grazie al valore dato allo spazio nel dialogo diretto con lo stesso segno pittorico.
Sono immagini che raccontano dolore, sofferenze, sopraffazioni di donne ingiustamente private della propria dignità e libertà da cui scaturiscono emozioni forti che inviano a riflettere su come solo guardando al sentimento di amore si possano superare contrasti, incomprensioni, e ritrovare fiducia nell’ascolto e nel reciproco sostengo per un’interazione e integrazione sul piano sociale, culturale e religioso.
A riguardo la stessa artista Barbara Duran scrive:
“Accanto alla memoria, forte è anche il sentimento del dolore, che nasce da una riflessione sulle violenze e sulle sopraffazioni proprie dei regimi autoritari, in cui viene cancellata ogni forma di dignità umana. In questo contesto la figura femminile si riconfigura nel suo ruolo salvifico, quale artefice della salvezza collettiva, colei che accoglie e genera, che difende e protegge sé stessa e l’altro.”.
I quattro cicli in cui sono distribuite le opere esposte mettono in luce come i diversi linguaggi visivi che procedono dalla pittura al disegno al video, abbiano permesso a Barbara Duran grazie anche all’imponenza dello spazio espositivo a disposizione, di far diventare questo progetto White
“un abbraccio di persone, fra persone. Un abbraccio di luoghi, fra luoghi” come scrive Silvia Savoca che sottolinea come “i tetti alti, provvisti di travi, e la profondità della sala sono sembrati a noi di Studio Urbana i fattori ideali per realizzare una nave su cui salire tutti insieme e abbandonarci fino al termine del viaggio”.
A sottolineare il legame tra immagine classica, rinascimentale, barocca e contemporanea restituendo alle figure femminili una luce intensa a convogliare quel dolore che diventa totale e universale, sono le grandi tele presenti nel ciclo “White” dove la figura femminile è rappresentata quale grande madre/matrigna, Eva/Lilith, e poi la Deposizione e ancora Artemide/Artemisia pronte a difendere la propria dignità, donne oltraggiate e indomite. Di danza tratta il video “White” presentato a Parigi ne 2016, in cui una donna adulta danza e appare, come epifania, anch’essa salvifica (e dolente) che aspetta, difende, ricorda e protegge come le divinità arcaiche, una figura archetipica, un’Artemide dei nostri giorni che balla davanti ad un mediterraneo bellissimo e ostile, antico e contemporaneo.
Ad “un nuovo modo di percepire la realtà” conduce il secondo ciclo “Appearing through invisible” presentato nel 2016 a Torino Esposizioni di Torino, con l’immagine femminile restituita da una figura bianca, diafana, in movimento nel suo apparire e scomparire quale espressione del mito salvifico femminile, leggero come parte dell’aria, teso a esorcizzare le contraddizioni, i dualismi che attraversano la terra, a rimandare ad una sorta di archetipo di Artemide che “mette in discussione l’ordine conosciuto”. Restituite quali “apparizioni liquefatte, dedalee tremule viventi e mosse” sono le figure del terzo ciclo “Servae. Icone liquide” presentato nel 2018 al Castello di Santa Severa, che come spiega Ignazio Venafro rappresentano
“una reminiscenza organica che diventa evento come persona, un teatro dell’anima come fosse aurora, come forse un’aria che attraversa l’essere nel suo esserci circolare, nella sua epifania molteplice di Artemide Leucotea Afrodite Ilizia Eos Astarte Persefone Core Demetra, e Antigone, colei che mette in discussione l’ordine conosciuto e grida, grida, grida: ‘non sono qui per unirmi nell’odio ma nell’amore…’”.
Il quarto ciclo con 122 opere inedite” IS Land” presentato in questa occasione per la prima volta rappresenta il sogno o la visione possibile di un’isola in cui tutto ciò che è oggi volgarità, odio, distanza, incomprensione venga abbattuto e cancellato per desiderare un futuro migliore “Un’isola, in lontananza – la lontananza della mente e a volte del cuore – appare. È epifania? Epilogo? Sogno, visione? È apparizione. È tutto ed è nulla, ma c’è”…..di cui “Ognuno potrà decidere che farne, scorgendola con lo sguardo intrapsichico che ne crea il tramite: contemplarla, raggiungerla, approdare, andare oltre, cambiare rotta, accostarvisi, la scelta di un’azione determina una conseguenza e l’isola è un Telos.”
Di questa serie colpisce la forza del colore: a riguardo Benedetta D’Ettorre in catalogo scrive proprio riferendosi al colore
“A tratti diventa denso, corposo ma, allo sguardo successivo, acquisisce assoluta leggerezza. Ecco che il colore assume totale ambiguità: ad una certa ora, quel giallo potente, quel rosso sanguigno, il blu impenetrabile e l’azzurro sottile si fanno acqua, cielo o forse terra….”
Così il giallo diventa squillante, il porpora definisce con tocchi vaporosi e potenti città incantate, cupole, ricordi sfumati di una Venezia sospesa, e poi l’azzurro abbraccia cieli evanescenti e acque nel loro passare dalla quiete all’agitazione.
Un progetto questo di Barbara Duran che parte da lontano ad abbracciare l’uomo e i luoghi che abita per ripesare l’armonia nella sua universalità. Un progetto in cui l’artista immagina, sogna prevede e come sottolinea nel suo testo Renato Miracco per fare questo Barbara Duran si trasforma “in un’Artista-Sciamano.” La stessa artista precisa come il progetto sia
“dedicato a tutti coloro che fuggono dalle guerre, dalle ingiustizie, dalla tortura. Alle donne, alle madri, alle sorelle, agli uomini, ai fratelli, ai figli. A tutti gli esseri viventi che soffrono e che hanno il diritto di vivere. Dedicato alle nostre sorelle e ai nostri Fratelli”.
Ad accompagnare il percorso espositivo è il Catalogo edito da d’Arte Studio Urbana al cui interno sono i testi di Renato Miracco, Ignazio Venafro, Barbara Duran, Benedetta D’Ettorre, Silvia Savoca, Simona Cirelli, Maria Azahara Hernando Ibáñez.
Attraversando diversi linguaggi tra pittura, fotografia e video arte, Barbara Duran, le cui opere sono esposte in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero, vive e lavora tra Orvieto e Roma. Nel 2007 ha inaugurato “Studio Urbana” spazio indipendente di produzione culturale, di cui è direttore artistico insieme a Corrado de Grazia fotografo internazionale. Uno spazio visto quale luogo di ricerca, formazione, diffusione della cultura e dell’arte in ogni aspetto e luogo di pratica, volto a privilegiare le contaminazioni con al centro l’estetica quale principio di conoscenza e comunicazione, ma anche quale progetto, utopia e visione.
Oltre ad aver esposto in Italia e all’estero Barbara Duran ha curato esposizioni personali e collettive collaborando con istituzioni e gallerie d’arte. Si è dedicata alla produzione e realizzazione di cortometraggi e video nell’ambito dei propri progetti espositivi. Il suo lavoro è attualmente esposto in collezioni private e pubbliche, sia italiane sia straniere.
Silvana LAZZARINO Roma 2021
White Progetto di Barbara Duran
a cura di Studio Urbana
Responsabile di progetto: Silvia Savoca
Catalogo: Editore d’Arte Studio Urbana
Sala Nagasawa Ex Cartiera Latina Roma. Via Appia Antica, 42 Roma
Orario: dal martedì al venerdì ore 12.00 – 18.00; sabato e domenica ore 11.00 – 18.00. chiuso il lunedì (solo su appuntamento); dal 30 ottobre al 21 novembre 2021
Per informazioni:
Silvia Savoca (responsabile di progetto) cell. 340.8016108; silviasavoca16@gmail.com
Sara Serpilli (responsabile di sala) cell. 351.8772850; sara.serpilli2@gmail.com
Ingresso: gratuito
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