Plautilla Bricci, aperta alla Galleria Corsini l’esposizione sulla “Architettrice” che rivaleggiò con Bernini

di Alessandra MASU

Dopo gli studi pioneristici di Consuelo Lollobrigida, culminati nella prima monografia su Plautilla Bricci. Pictura et Architectura Celebris. L’architettrice del Barocco Romano (Gangemi Editore International, 2017), si è appena inaugurata a Palazzo Corsini la prima personale dedicata alla prima architetto donna professionista in Italia: Plautilla Bricci pittrice e architettrice. Una rivoluzione silenziosa (fino al 19 aprile 2022).

Una mostra che somma dunque diversi primati, tanto più necessaria dato che l’artista era già stata portata all’attenzione del grande pubblico nella biografia romanzata di Melania Mazzucco (L’architettrice, Einaudi 2019) e che Plautilla Bricci (Roma, 13 agosto 1616 – post 6 settembre 1690) e le romane in genere sono state sottorappresentate (e anche, francamente, misrappresentate, come per esempio Claudia del Bufalo) nella recente antologica  milanese Le Signore dell’Arte.

In una rinnovata Galleria Corsini con rete wi-fi, un’app di supporto alla visita e una nuova illuminazione, la mostra, a cura di Yuri Primarosa, riunisce per la prima volta l’intera produzione grafica e pittorica dell’artista, con una sezione sul suo capolavoro architettonico purtroppo perduto: Villa Benedetta-Il Vascello. In apertura, una parete delle ‘talentuose’ accosta il Ritratto (o Autoritratto) di Faustina Maratta (Corsini) e l’Autoritratto di Artemisia Gentileschi da Palazzo Barberini alla Ragazza col compasso (un’Allegoria dell’Architettura o dell’Astronomia) della Galleria Spada, già sulla copertina del libro della Mazzucco, e soprattutto a un Ritratto di architettrice probabile effigie della Bricci, da una collezione privata californiana.

 Pittore attivo a Roma alla metà del XVII secolo Ritratto di architettrice Los Angeles, collezione privata

Come quasi tutte le sue colleghe, anche Plautilla era figlia d’arte, e nella bottega del padre Giovanni (figlio di un materassaio-rigattiere ligure emigrato a Roma negli anni ’60 del Cinquecento) acquisì molto di più che i rudimenti nel disegno e nel colorire. Oltre a essere un pittore di matrice arpinesca, Giovanni Bricci era infatti anche poligrafo e poeta, attore e commediante, musicista e compositore. La madre, Chiara Recupiti, di origini napoletane, potrebbe essere stata parente di Ippolita, la virtuosa cantatrice al servizio del cardinal Montalto.

Plautilla Bricci, Madonna con Bambino, Roma, Santa Maria in Montesanto

Come Orazio Gentileschi per Artemisia, Giovanni non solo provvede all’apprendistato della figlia ma anche a crearle la prima rete di contatti e occasioni professionali. Deve essere sua la regia del debutto di Plautilla con la Madonna col Bambino di Santa Maria in Montesanto (1640 circa). Mentre Orazio aveva deciso di introdurre Artemisia come un “miracolo in pittura”, il Briccio lancia Plautilla come miracolo di virtù: sul retro della tela la firma della giovane artista (“depinta circa l’anno 1640 da Plautilla Bricci romana zitella”) è accompagnata dalla relazione di un evento prodigioso: a finire l’opera sarebbe stata la Madonna stessa!

Questo esordio le garantì un posto di rilievo nell’industria della produzione in serie di immagini devozionali e deve aver attirato l’attenzione di colui che sarà il suo mentore e committente privilegiato: l’abate Elpidio Benedetti. Elpidio era figlio della bolognese Lucia Paltrinieri e di Andrea, un ricamatore nativo di Poggio Mirteto di cui in mostra è visibile la pianeta “paonazza” e la borsa per il corporale (1622) donati da Gregorio XV Boncompagni all’arcidiocesi bolognese che aveva retto per nove anni prima di salire al soglio pontificio.

Andrea Benedetti esercitava anche un’attività parallela di mercante d’arte nella sua bottega in Banchi nel rione Ponte, trattando opere dei nomi più ricercati del momento: da Guido Reni a Rutilio Manetti. Dunque, come Plautilla, Elpidio è cresciuto nella bottega paterna frequentata da artisti, intellettuali e committenti. Elpidio diventò un artista dilettante, in stretto rapporto con maestri come Gian Lorenzo Bernini (di cui è esposto un busto in terracotta di papa Alessandro VII), Pietro da Cortona, Andrea Sacchi, Giovan Francesco Grimaldi e Giovan Francesco Romanelli, autore della Madonna del Rosario per la chiesa dei Santi Domenico e Sisto a Roma, restaurata per l’occasione nel laboratorio delle Gallerie Nazionali. Ma Elpidio puntò in alto, a una carriera ecclesiastico-diplomatica, servendo prima il cardinale Giulio Mazzarino (evocato in mostra da un potente Ritratto del cardinale Giulio Mazzarino di Cortona e poi Jean-Baptiste Colbert, nelle funzioni di agente di Luigi XIV, e diventando quindi una figura chiave nel dialogo politico e artistico tra Roma e Parigi.

Plautilla invece dedicò tutta la sua vita all’arte, non sposandosi mai e vivendo prima con la sua famiglia e quella della sorella Albina, quindi (dal 1678 sicuramente al 1690) col fratello e collaboratore Basilio nella casa di fronte a S. Francesco a Ripa di cui l’abate le aveva concesso l’usufrutto a vita. Il sodalizio con Benedetti fu decisivo per Plautilla, che grazie al suo appoggio poté cimentarsi in opere pubbliche di grande prestigio e visibilità come la cappella e la pala d’altare di San Luigi IX a S. Luigi dei Francesi (1676-1680) – lavori finanziati dall’abate -, nella progettazione di monumenti e interventi urbanistici ideati da Benedetti (cenotafio del cardinal Mazzarino, 1657; scalinata di Trinità dei Monti) e nella realizzazione di edifici complessi come la villa di delizie sul Gianicolo: brainchild e testamento spirituale di Benedetti.

Fu proprio questa commissione a richiedere il conio di un nuovo termine – quello di “architettrice” -, che compare nel contratto di capitolato siglato nell’ottobre del 1663. Nell’atto firmato appunto “Plautilla Briccia architetrice” si specifica che la Signora è sia la disegnatrice che la responsabile del cantiere, come verrà ribadito nel successivo accordo del 1665. A rivendicare la piena ‘maternità’ delle più rilevanti tra le sue prove di pittura, Plautilla firma, non con un semplice fecit , ma con IN[nvenit] la pala del Re Santo e con la formula invenit et pinxit la lunetta con la Presentazione del Sacro Cuore di Gesù all’Eterno Padre (1669-1674) per il Laterano, oggi in Vaticano.

Plautilla Bricci, Presentazione del Sacro Cuore di Gesù all’Eterno Padre

Nel 1662-1663 iniziarono i lavori della sua creazione più ambiziosa e famosa, la Villa Benedetta fuori Porta San Pancrazio, detta “il Vascello” dalla metà del XVIII secolo per la visionaria facciata verso la città a forma di nave arenata sugli scogli, distrutta nel 1849 dagli assalti francesi contro la Repubblica Romana. A quel cantiere presero parte artisti del calibro di Bernini e Cortona, ma fu Plautilla a dirigerne le maestranze: una “rivoluzione silenziosa”, come recita il sottotitolo della mostra, resa possibile dall’incontro con un mecenate illuminato come Elpidio Benedetti che evidentemente intendeva importare nella capitale pontificia quell’apertura al talento femminile che aveva determinato il successo in Francia di artiste italiane delle più diverse discipline: dall’attrice, letterata e poetessa Isabella Andreini a Virginia da Vezzo Vouet, apprezzata pittrice alla corte di Luigi XIII e Anna d’Austria.

Nel campo specifico dell’architettura, le first ladies Jacquette de Montbron (1542-1598), al servizio di Caterina de’ Medici dal 1587, e Margherita d’Austria (1522-1586), moglie di Ottavio Farnese duca di Parma e Piacenza, la Madama dell’omonimo Palazzo romano, erano dame dell’alta nobiltà che si cimentarono prevalentemente in progetti edificatori nei loro possedimenti. La Montbron introdusse in Périgord il modello della villa italiana. Margherita d’Austria fornì all’architetto Francesco Paciotto i piani per il Palazzo Farnese di Piacenza, poi completamente ripensato dal Vignola. Comunque, un primato condiviso tra Francia e Italia.

Se come pittrice la traiettoria di Plautilla va dall’icona iperarcaizzante (addirittura acheropita) di Santa Maria in Montesanto al classicismo premarattesco della pala di S. Luigi, come architettrice nella Roma barocca non poteva che assorbire l’idea berniniana del “gran teatro” del mondo che le ispirò, sia lo scenografico drappo in stucco all’ingresso della cappella di S. Luigi, che l’elaborazione del primo progetto della Villa (1663, conservato presso l’Archivio di Stato di Roma) nella Pianta per il piano nobile in collezione privata (già resa nota da Carla Benocci nel 2018 ma esposta per la prima volta a Palazzo Corsini), successiva al viaggio in Francia dell’abate nel 1664.

Plautilla Bricci S. Luigi IX di Francia , San Luigi dei Francesi

In quell’occasione Benedetti ricevette il delicato incarico di fare da intermediario tra Colbert, che aveva indetto il concorso per il nuovo Louvre, e gli artisti italiani interpellati, a cominciare da Bernini. Nella complessa vicenda della gara per il Louvre, Benedetti appoggiò esplicitamente Bernini, consolidando un legame conveniente per entrambi: per Benedetti, che raggiunge in quell’anno il culmine della stima presso la corte francese e perciò della sua carriera, e per Bernini animato dalla consueta determinazione a primeggiare nella competizione con i colleghi. Eppure il modello della villa è francese, precisamente la dimora di Vaux-Le-Vicomte progettata da André Le Notre per il ministro Nicolas Fouquet. Benedetti la visitò nel 1664, e ne rimase così affascinato da inviare a Roma un disegno che suggeriva come modificare il progetto iniziale della sua villa al rientro nell’Urbe.

La ricerca archivistica su Plautilla e la sua cerchia, le aggiunte al catalogo impostato dalla Lollobrigida, le indagini sulle personalità di Giovanni Bricci  (nei saggi di Riccardo Gandolfi e Maria Barbara Guerrieri Borsoi) e Andrea Benedetti (Magda Tassinari), e il restauro di diversi dipinti (tra cui lo Stendardo della Compagnia della Misericordia di Poggio Mirteto) e dei progetti architettonici dell’Archivio di Stato di Roma concorrono alla ricostruzione dei lineamenti salienti di una figura di artista quietamente rivoluzionaria e perciò diversa e alternativa alla stella fatta di luci e ombre caravaggesche di Artemisia Gentileschi.

Plautilla Bricci, Nascita del Battista, 1675, Poggio Mirteto, Oratorio di San Giovanni

La scelta di metodo e, direi, culturale di non voler integrare la storia dell’arte con gli studi di genere più aggiornati (penso per esempio al lavoro che stanno conducendo da anni storiche come Simona Feci e Benedetta Borello sulla condizione giuridica delle donne e le relazioni femminili dentro e fuori la famiglia nella Roma dell’età moderna, o ai contributi della storica dell’architettura Nicoletta Marconi sulla presenza femminile nei cantieri edili di Roma e provincia tra XVII e XVIII secolo) lascia spazio a futuri approfondimenti su temi cruciali come la definizione stessa di architettrice a livello europeo (in particolare a proposito delle first ladies semi professioniste come Lady Anne Clifford e Lady Elizabeth Wilbraham), le condizioni e il mercato del lavoro per le artiste nella Roma barocca, o le relazioni tra donne artiste, intellettuali e committenti che, nella mostra in questione, è accennato solo in catalogo a proposito di alcuni ritratti femminili e della collaborazione – in qualità di illustratrice – di una collega iscritta all’Accademia di San Luca, Teresa dal Po, con l’editore romano Francesco Tizzoni finanziato da Plautilla e dal fratello Basilio.

Alessandra MASU  R oma  7 novembre 2021