redazione
Un nuovo ambiente, in perfetto stato di conservazione, emerge dagli scavi della villa di Civita Giuliana, la villa suburbana a nord di Pompei indagata dal 2017 e che ha già restituito un carro cerimoniale e una stalla con i resti di tre cavalli; oggi torna alla luce la stanza degli schiavi, mettendo in evidenza uno spaccato davvero eccezionale della realtà quotidiana di una parte del mondo antico solitamente destinata a rimanere all’oscuro.
Grazie all’affinamento della tecnica dei calchi inventata da Giuseppe Fiorelli nell’Ottocento, si possono vedere letti e altri oggetti in materiali deperibili, che permettono di acquisire nuovi interessanti dati sulle condizioni abitative e di vita degli schiavi a Pompei e nel mondo romano. Come ha sottolineato lo stesso Ministro Franceschini sottolineando come “Pompei dimostra che oggi il sito archeologico è diventato non soltanto una meta tra le più ambite al mondo, ma anche un luogo dove si fa ricerca e si sperimentano nuove tecnologie … Grazie a questo nuovo importante ritrovamento si arricchisce la conoscenza sulla vita quotidiana degli antichi pompeiani, in particolare di quella fascia della società ancora oggi poco conosciuta. Pompei è un modello di studio unico al mondo”.
Il rinvenimento è avvenuto non lontano dal portico della villa dove, nel gennaio 2021, fu scoperto un carro cerimoniale attualmente in restauro. A pochi passi da lì emerge ora uno dei modesti alloggi degli addetti che si occupavano del lavoro quotidiano in una villa romana, inclusa la manutenzione e la preparazione del carro. Nell’ambiente, dove sono state trovate tre brandine in legno, infatti, è stata rinvenuta una cassa lignea con oggetti in metallo e in tessuto che sembrano far parte dei finimenti dei cavalli. Inoltre, appoggiato su uno dei letti, è stato trovato un timone di un carro, di cui è stato effettuato un calco.
I letti sono composti da poche assi lignee sommariamente lavorate che potevano essere assemblate a seconda dell’altezza di chi li usava. Mentre due hanno una lunghezza pari a 1,70 m circa, un letto misura appena 1,40 m per cui potrebbe essere di un ragazzo o di un bambino. La rete dei letti è formata da corde, le cui impronte sono parzialmente leggibili nella cinerite, e al di sopra delle quali furono messe coperte in tessuto, anch’esse conservate come cavità nel terreno e restituite attraverso il metodo dei calchi. Al di sotto delle brandine si trovavano pochi oggetti personali, tra cui anfore poggiate per conservare oggetti, brocche in ceramica e il “vaso da notte.” L’ambiente era illuminato da una piccola finestra in alto e non presentava decorazioni parietali. Oltre a fungere da dormitorio per un gruppo di schiavi, forse una piccola famiglia come lascerebbe intuire la brandina a misura di bambino, l’ambiente serviva come ripostiglio, come dimostrano otto anfore stipate negli angoli lascati appositamente liberi per tal scopo.
Lo scavo dell’ambiente rientra in un’attività che il Parco Archeologico di Pompei sta portando avanti insieme alla Procura di Torre Annunziata, guidata dal Procuratore capo Nunzio Fragliasso. Risale a pochi mesi fa il rinnovo di un protocollo d’intesa tra Procura e Parco archeologico per il contrasto alle attività di scavo clandestino nel territorio pompeiano, che vede impegnati anche il Nucleo Tutela patrimonio culturale Campania e il Nucleo investigativo Torre Annunziata dell’Arma dei Carabinieri. Oggetto di un saccheggiamento sistematico per anni, dopo un’indagine della procura, la villa di Civita Giuliana è dal 2017 oggetto di scavi stratigrafici che hanno restituito una serie di nuovi dati e scoperte a cui si aggiunge ora la stanza degli schiavi. Purtroppo, anche in questo ambiente, una parte del patrimonio archeologico è andato perduto a causa dei cunicoli scavati dai tombaroli che, in tutta la villa, hanno creato un danno complessivo stimato in quasi 2 milioni di euro.
Roma 7 novembre 2021 (da AgCult)