di Elvira D’AMICO
Una serie di paliotti ricamati di gusto non comune, siti nella chiesa palermitana degli Oratoriani sotto il titolo di S.Ignazio al’Olivella (fig.1),
presenta come elemento comune il cuore fiammeggiante, simbolo dell’Ordine e discendente direttamente dallo stemma del fondatore di esso, San Filippo Neri (fig.2).
Questo si compone di elementi attinenti alla figura del Santo, sia dal punto di vista araldico che del simbolismo religioso convenzionale: oltre al cuore esprimente il vincolo della carità che deve unire i confratelli oratoriani, i due gambi di giglio, simboli dell’innocenza e della purezza, virtù proprie del Santo fondatore e le tre stelle, amorevole atto di devozione a lui, che nel proprio stemma gentilizio caricava tre stelle d’oro (1) .
L’alto livello delle maestranze che li realizzarono ci è testimoniata dalla documentazione d’archivio relativa a valenti artisti che sin dagli inizi del secolo XVIII forniscono il disegno di alcuni manufatti in tessuto della chiesa. Così nel 1722:
“Antonius Barone raccamator riceve o.124,16 per attratto e magistero d’un palio di palmi 12 per servitio dell’altar magiore riccamato d’oro et argento e seta di diversi colori, designato d’architettura iuxta forma contratti in attis meis sub 7 giugno 1721, …. o.5 per alcune festine d’oro nelle colonne alla Salomona o.4 per prezzo delle cornicette di rame dorato poste attorno detto palio, tt.18 per prezzo di tela bianca per riparo del riccamo per sopra detto palio… o.8 de Santacolumba solute Gaetano Gazzara Architetto ut dicitur per il disegno in piccolo e rifatto in grande a assistenza della fabbrica di detto palio” (2).
Il documento, già citato dal Meli (1939), che pubblico per la prima volta per intero, attesta dunque che il rinomato architetto Gaetano Lazzara è incaricato di disegnare un “palio” “designato d’architettura” con “colonne alla salomona”, per l’altar maggiore della chiesa, poi ricamato da uno dei più famosi artigiani del tempo, mastro Antonino Barone, manufatto oggi disperso.
Esso doveva dunque rientrare nella categoria del “prospetto apparato”, recando una composizione architettonica caratterizzata da colonne tortili, elemento frequente, oltre che nei paliotti a ricamo (fig.3), anche in quelli a commessi marmorei, in argento o in legno intagliato e intarsiato del periodo barocco, manufatti che spesso sono generati dalla medesima temperie culturale (3).
Un altro recente rinvenimento documentario ci informa poi che il rinomato pittore classicista-barocco Antonino Grano nel 1702 viene incaricato di disegnare una “Cappella con ricami a fiori alla pittoresca sopra raso di Fiorenza a color di latte” per i padri filippini, poi ricamata da mastro Giovan Battista Carbone, questa ancora esistente (4).
Tale commissione attesta che nel capoluogo siciliano, oltre che i pittori “ornamentisti” ritenuti i probabili designers dei parati sacri (5), anche insospettabili pittori di soggetti sacri fossero chiamati a cimentarsi nel suggestivo settore dell’arte del ricamo (6). Il Grano (1660 ca.-1718), che in alcune pale sacre tradisce in effetti la sua propensione alla raffigurazione dettagliata di parati ricamati (7) (fig.4),
si era cimentato anche in disegni specifici per paliotti d’altare, di cui non sono noti i corrispettivi in tessuto. In uno di questi (fig.5) troviamo elementi che entreranno a far parte del bagaglio culturale delle botteghe dei ricamatori palermitani, come la ghirlanda floreale che incornicia la figura dell’Immacolata o i girali fioriti che ne costituiscono la bordura.
Nella “cappella” ricamata dell’Olivella (fig.6) dunque il Grano, lungi dal limitarsi alla mera delineazione dell’elemento floreale, il più richiesto e diffuso perché portatore di svariati significati simbolici, immette elementi ornamentali di arredo desunti dai suoi schizzi e disegni, adoperati indifferentemente per suppellettili sacre o profane, eseguiti in collaborazione con l’architetto Giacomo Amato (databili tra l’ultimo ventennio del secolo XVII e i primi anni del XVIII) e oggi conservati alla Galleria Regionale della Sicilia.
Così è ad esempio per la testina femminile coronata sullo sfondo di una conchiglia, da cui si dipartono ghirlande(fig.7),
che ora viene dotata di ali angeliche (figg. 8,11), oppure per le protomi leonine, ideate per la consolle del viceré d’Uzeda (fig.9), che egli traspone sui parati della chiesa filippina – ora sgorganti da arbusti ora poggianti su cornucopie che riversano fiori – caricandoli di significati simbolici attinenti al martirio di S.Ignazio d’Antiochia, titolare della chiesa (figg.10-11).
Presente è sul parato il doppio ramo che incornicia tabelle o scudi, elemento ricorrente nei disegni del pittore, che ora fiorisce dei gigli presenti sullo stemma oratoriano(fig.10), alternandosi talora con la palma del martirio(fig.12), a racchiudere il cuore filippino, non ancora fiammeggiante, ma improntato al massimo naturalismo, come il tappeto floreale che fa da sfondo all’intero parato.
Si direbbe insomma che nella concezione del Grano gli elementi floreali, già spartiti da galloni dorati costellati delle stelle “filippine” a ricamo (fig.11-12), siano sapientemente alternati ai motivi di designe propri del bagaglio romano del pittore, scaturenti talora gli uni dagli altri in un giuoco illusionistico di stampo ancora prettamente barocco (figg.10,11).
Il più antico dei paliotti “filippini” ancora esistenti, oggi conservato alla Galleria Regionale della Sicilia(fig.13), denota già il gusto d’eccezione di questi manufatti, essendo a mezzo tra ricamo ed oreficeria, realizzato con ricami in corallo e fili di seta policroma, con l’inserto di parti dipinte e l’apposizione di placche di rame dorato, a rappresentare il motivo di una scenografica terrazza in prospettiva con la balaustra sovrastata dai simbolici vasi fioriti e in centro la fontana della vita e della rigenerazione spirituale (8).
Gli “avanti altari” più tardi della chiesa, ancora inediti, continuano la tradizione di arte ed alto artigianato dei manufatti sin qui esaminati.
Essi inoltre, essendo ancora adoperati per “apparare” gli altari nelle principali festività liturgiche (fig.14), ci testimoniano la funzione primaria che dovevano assolvere e per la quale furono commissionati e realizzati nei secoli passati, facendoci immergere nell’atmosfera originaria che li generò.
Alla fine del ‘600-inizi del ‘700 risale un virtuosistico paliotto, tutto a ricamo imbottito ed applicato, in filati dorati con l’aggiunta di pietre ed elementi a rilievo, a motivi di fiori carnosi e foglie ricurve che rivestono tutta la superficie, a contorno del cuore filippino fiammeggiante, in un horror vacui trionfo dello stile barocco (fig.15).
L’alta qualità formale e l’attingimento ad elementi da designer costituiscono le caratteristiche di un altro paliotto ricamato in seta, oro e pietre, databile al ventennio 1720-30, che descrive sezioni di cornici e di consolle in filati d’oro e d’argento, sovrastate da motivi esotici piumati che accolgono rari elementi floreali in seta, presentando ormai una netta preponderanza dei motivi stilizzati del rocaille su quelli naturalistici del barocco di pochi anni prima (fig.16).
Un’elegante pianeta, probabilmente facente parte dello stesso completo, riporta entro uno spazio più ristretto gli stessi motivi rocaille del paliotto (fig.17).
Molto acceso è un altro palio in seta rossa, pure della prima metà del secolo XVIII (fig.18), tutto a ricami in oro e argento, di nuovo col cuore filippino centrale immerso entro cespi di foglie, ispirato al fantasioso stile Bizarre nella versione “lussureggiante”, in uso nei tessuti francesi degli inizi del ‘700,
con l’aggiunta, sul piviale abbinato, di fioriture esotiche e cornucopie (fig.19) che acuiscono, tramite la resa esclusiva in lucidi filati metallici, il clima irreale che emana dai tessuti Bizarre.
La preziosità e l’eleganza formale contraddistinguono pure i paliotti ricamati della fine del secolo XVIII e degli inizi del successivo, interamente ricamati in filati dorati e recanti ancora il simbolo oratoriano del cuore fiammeggiante. In uno di questi il cuore, reso da un lucido corpo metallico sagomato al centro di una spessa raggiera, è adagiato entro una superficie costellata di mazzetti floreali e circondato da una larga bordura e da composizioni vegetali di gusto ancora barocchetto (fig.20).
In un altro il cuore, costituito da un ricamo a rilievo da cui si irradia la raggiera, è racchiuso entro una cornice ovale di stile impero ed affiancato da due eleganti composée con anfore entro volute di gusto neoclassico, mentre all’intorno del manufatto corre una bordura continua di girali fioriti (fig.21).
Elvira D’AMICO Palermo 12 dicembre 2021