di Consuelo LOLLOBRIGIDA
La violenza contro le donne è aumentata dell’8% nell’ultimo anno. Non passa giorno, o quasi, che non si venga raggiunti da una notizia di aggressioni più o meno efferate nei confronti di una donna. E il 25 novembre, ormai dal 1981, è stato scelto come giorno per celebrare il ricordo delle vittime, condannare gli assassini, educare al rispetto delle differenze, di cui quella di genere è solo una tra tante.
Il 7 dicembre è stata inaugurata a Roma, a palazzo Braschi, una toccante mostra fotografica che narra storie di violenza di quattro donne. Segni. Questo il titolo che le curatrici – Consuelo Corradi e Alessandra Mauro – hanno scelto con il preciso intento di lasciare una traccia, un segno appunto, nello spettatore.
Inaugurata dal neo assessore alla Cultura del Comune di Roma Miguel Gotor, dalla soprintendente Vittoria Marini Clarelli, da monsignor Carlo Maria Polvani, in rappresentanza del Pontificio Consiglio della Cultura, che ha fortemente sostenuto e incoraggiato il progetto.
L’esposizione si muove su tre diverse chiavi di lettura. La prima è quella delle immagini, scattate da Simona Ghizzoni e Ilaria Magliocchetti Lombi, due giovani fotografe, che hanno saputo raccontare una realtà difficile, nascosta e largamente diffusa con sensibilità e senza retorica.
Le 42 fotografie evocano, con l’immediatezza propria del mezzo, la violenza attraverso dei simboli – i segni – un mazzo di chiavi, una luce dietro a una porta, un campo aperto, e fanno entrare nel doloroso mondo quotidiano di Anna, Lucilla, Sara e Valentina. Le loro storie sono storie di violenza, di fughe, di paure, di rifugi; ma, le loro storie finite bene, anche grazie all’aiuto del Centro Donna Lilith di Latina, sono anche storie di speranza. Come ha detto monsignor Polvani:
«Il segno diventa simbolo; simbolo di una realtà che quando è narrata, come in questo caso, prende più forza e diventa valore educativo».
Il progetto Segni è stato già ospitato dall’I.C.S. Margherita di Navarra a Monreale e dal Liceo Scientifico Statale Galileo Galilei di Palermo. Proprio con l’obiettivo di guidare i più giovani e aiutarli a trovare gli strumenti concreti, culturali e educativi, per contrastare il fenomeno della violenza contro le donne, rendendoli protagonisti e attori del cambiamento, la mostra-progetto nei prossimi mesi coinvolgerà anche altre scuole del territorio nazionale, perché – come ha detto Gotor – «la violenza contro le donne ha una radice storica, culturale, antropologica e sociologica». Il confronto educativo deve diventare il perno di un processo di emancipazione culturale, anche e soprattutto tra generazioni diverse.
Il confronto tra generazioni diverse, che abbraccia alcuni secoli, è il tema di Hi Woman! La notizia del futuro aperta l’11 dicembre al Palazzo Pretorio di Prato e che per la prima volta fa conversare delle artiste con una collezione storica di un museo italiano.
Curata da Francesco Bonami, con la collaborazione di Rita Iacopino, la mostra ospita 22 artiste contemporanee che si confrontano con il tema dell’Annunciazione, di cui il Museo Civico conserva alcune delle testimonianze più interessanti della pittura italiana dal ‘300 all’’800.
«Con questa mostra – sottolinea Rita Iacopino, direttrice del Museo – ancora una volta Palazzo Pretorio si interroga sul tema del dialogo tra i molti contemporanei possibili, tra passato e presente».
Le 22 artiste, ognuna con una propria annunciazione da rivelare, dialogano con le opere della collezione permanente creando, attraverso la pittura, la scultura, il video e il suono, a volte delle sintonie e a volte dei cortocircuiti potenti e carichi di stimoli per il pubblico.
Huma Bhabha, Irma Blank, Koo Donghee, Marlene Dumas, Isa Genzken, Jessie Homer French, Roni Horn, Jutta Koether, Andrew LaMar Hopkins, Maria Lassnig, Babette Mangolte, Lucy Mc Kenzie, Aleksandra Mir, Susan Philipsz, Paola Pivi, Maja Ruznic, Jenny Saville, Fiona Tan, Genesis Tramaine, Andra Ursuta, Marianne Vitale, Lynette Yiadom-Boakye sono le creatrici di una nuova annunciazione, quella della loro arte. Scrive Francesco Bonami :
«Che uno creda o meno poco importa. L’annunciazione a Maria dell’angelo Gabriele della sua gravidanza rimane, reale o meno che sia, un’immagine cardine dell’iconografia di una buona parte del genere umano. Maria si trova depositaria del futuro del mondo. Una condizione – continua il curatore – che la donna ha sopportato per un’infinità di tempo. Creatrice assoluta senza mai poter avere il credito di questa sua immensa creatività».
Con questo confronto pop, il dialogo tra passato e presente diventa un mezzo per indagare la creatività femminile, senza sfiorare il femminismo o il politicamente corretto.
La mostra è stata pensate come un esercizio di ricerca di un’intimità perduta, quella stessa intimità che Gabriele toglie a Maria per sempre scaraventandola al centro del mondo in cambio di nulla. Nel saluto all’angelo c’è tutta la storia umana. L’uomo che impone la sua decisione senza possibilità di contradditorio e la donna che viene beatificata con il dono della creazione ma privata della sua libertà di scelta.
Il visitatore si trova quindi ad apprezzare l’Annunciazione di Giovanni da Milano o quelle di Lorenzo Monaco, Andrea di Giusto o Mariotto di Nardo con Yellow Towel (2004) di Marlene Duman, o Her arrival III (2020) di Maja Ruznic.
Have you seen me before ?, opera del 2008 dell’italiana Paola Pivi, è stata scelta come logo dell’esposizione:
«un’opera d’arte con atteggiamento positivo, divertente verso la vita. Una dimensione umana in questi tempi di difficoltà umane».
Consuelo LOLLOBRIGIDA Roma 12 dicembre 2021