di Nica FIORI
Presentati gli scavi del santuario della dea Vacuna a Montenero Sabino
“Otium rogat sedens / tuis viator aedibus, Vacuna …”
(Il viandante che siede presso il tuo tempio, o Vacuna, chiede riposo …).
Giovanni Pascoli, in questi due versi tratti dal suo poemetto Fanum Vacunae, collega il nome Vacuna con vacatio, cioè il riposo, facendo propria un’etimologia popolare.
Vacuna è in realtà una dea arcaica e misteriosa, che già ai Romani dell’età augustea appariva tale. Il suo ricordo ci è giunto, oltre che da fonti epigrafiche, da alcuni autori latini, tra i quali Orazio, che in un’epistola (I, 10) fa cenno a un sacello ormai fatiscente (fanum putre Vacunae) presso la sua villa di Licenza. Il grammatico Porfirione, commentando quell’epistola, aggiunge che il culto di Vacuna è diffuso tra i Sabini e che il suo aspetto è incerto, tanto che alcuni pensano sia Bellona, altri Minerva, altri Diana. Varrone, e rifacendosi a lui Dionigi d’Alicarnasso, la assimilano a Vittoria: una dea che doveva favorire il buon esito di un’azione.
Ovidio nei Fasti (VI, 305-309) la paragona, invece, a Vesta e descrive la sua festa invernale nel corso della quale gli agricoltori, stando davanti ai fuochi vacunali, le offrono in un piatto gli stessi cibi offerti a Vesta: farro tostato e pane cotto sotto la cenere. Plinio (Storia nat., III, 109) parla dei nemora (boschetti) sacri a Vacuna in Sabina e di un’isola fluttuante in mezzo al lago di Cotilia (attuale lago di Paterno). Secondo un’etimologia oggi accreditata, Vacuna potrebbe derivare da Lacuna, in quanto legata all’elemento acquatico e in particolare al lago (in latino lacus) di Cotilia, famoso nell’antichità per le acque solforose.
Le ultime importanti novità sulla presenza di questa dea in Sabina sono emerse nel piccolo paese di Montenero Sabino (RI), dove, in occasione del rientro in loco di una stele votiva dedicata a Vacuna, donata dai proprietari al Comune – che l’ha collocata nella Biblioteca comunale a Palazzo Bonacasata -, sono stati presentati i risultati degli scavi, effettuati in località Leone, che hanno portato al rinvenimento di un edificio della media età repubblicana, da identificare probabilmente con il santuario di Vacuna. Ne hanno parlato i responsabili della campagna di scavi Aldo Borlenghi, professore dell’Université Lumière Lyon 2, e Marylise Marmara dell’UMR 5138 ArAr (archeologia e archeometria).
L’evento si è svolto lo scorso 19 dicembre 2021 nel Castello Orsini e ha visto la partecipazione di una nutrita platea, quanto mai interessata all’archeologia del territorio e a quella che è stata definita dai relatori come “la dea sabina per eccellenza”.
Alessandro Betori, funzionario archeologo della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma e la provincia di Rieti, ha ricordato che gli scavi sono stati dati in concessione all’Università di Lione 2 in questo piccolo borgo della Sabina, che è al di fuori degli itinerari turistici, e appare pertanto incontaminato, ma che era un tempo “un sito strategico per il controllo delle rotte della transumanza (che si connettevano con quelle del sale)”, determinanti per l’apporto dei Sabini alla prima storia di Roma.
Il culto di Vacuna, che incarna una figura di dea madre a fondo agreste e guerriero, segue gli itinerari della transumanza e migrazione dei Sabini dalla conca aquilana fino a Roma. Vacuna, in effetti, è una dea che scorta le greggi, cosa che in altri siti fa Ercole.
Troviamo attestazioni del suo culto ad Amiternum, Borbona, Posta, Cittaducale (dove forse aveva sede il santuario maggiore, presso il locale lago di Paterno), a Cures, nella pianura laziale (il fanum di cui parla Orazio), nella grotta di San Michele a monte Tancia, a Cerchiara di Poggio Fidoni, che ha restituito due altari con dedica.
Come ha illustrato il direttore degli scavi Aldo Borlenghi, nel cippo di Montenero Sabino la dea è chiamata Vacona, unica attestazione con questa variante del nome, spiegabile forse per la vicinanza al territorio umbro e quindi alla lingua locale.
Vi si legge:
Q. TOSSIUS Q. [F.] / VACONAE / D. D. L. M.
Le ultime lettere vanno sciolte in “dono dedit libens merito” e pertanto il significato è: “donò a Vacona volentieri e con merito”. Il donante è Quinto Tossio (figlio) di Quinto.
La datazione risale alla seconda metà del I secolo a.C. (fine dell’età repubblicana o inizio dell’età augustea).
Il cippo in arenaria, alto poco meno di un metro, è stato trovato negli anni ’50 del Novecento in un sito dove da sempre si rinvenivano materiali archeologici, come monete e frammenti architettonici e ceramici, destando curiosità e interesse. Parliamo di una piccola altura, ricoperta di vegetazione e con tre terrazze artificiali, sostenute o definite da muri a secco affioranti e affacciate sul tracciato di un antico asse viario di attraversamento del territorio.
È in questo luogo che nel 2019 è stato aperto un cantiere-scuola dell’università di Lione, che, dopo una prima campagna di sondaggi, ha portato a importanti risultati, in particolare all’identificazione di un edificio (m 17, 5 x 14,5), che doveva essere costituito da più ambienti, secondo una planimetria che ricorda quella di altri santuari italici.
Secondo un’ipotesi ricostruttiva questo edificio-santuario comprendeva tre ambienti quadrangolari a ovest, che si affacciavano su un ambiente rettangolare al centro, seguito da un altro della stessa lunghezza ma più stretto a est. Il tutto collocato nella terrazza mediana di oltre 1000 mq racchiusa da un muro a nord; altri muri di terrazzamento sono a est e a ovest e risalgono al III secolo a.C.
Dello stesso periodo è anche una fossa, dove è stata trovata una grande quantità di ceramica a vernice nera, tra cui un piccolo cratere, e un utero in terracotta: un ex-voto che attesta il culto femminile dedicato alla dea.
Del resto gli ex-voto anatomici offerti alla divinità raffigurano l’organo per il quale si chiede e si ottiene la guarigione. E Vacuna, assimilata dai Romani a Vittoria o ad altre divinità guerriere, doveva avere legami anche con i culti della fertilità, così come con il culto dell’acqua e le sue virtù curative.
Anche le monete rinvenute nel corso degli scavi sono per lo più di età repubblicana e confermano la frequentazione del sito a partire dalla seconda metà del III secolo a.C.
Nell’edificio repubblicano sono stati trovati pavimenti in cementizio a base fittile con decorazione a tessere bianche a forma di losanghe, pure del III secolo a.C., tra i pochissimi esempi conosciuti in Italia di questo tipo (detto signino).
Tra i decori ci colpiscono quello di un emblema raffigurante un fiore a sei petali e un altro che ricorda un delfino, animale sacro a Dioniso.
Cosa che potrebbe essere un indizio della presenza di una sala dedicata al banchetto, presumibilmente legata al culto di Vacuna.
I piani pavimentali sono delimitati da muri costruiti con blocchi di calcare di varie dimensioni legati con argilla.
Dagli scavi effettuati nel 2021 sono emerse una decina di sepolture che non sono di epoca romana, ma di epoca successiva, come risulta dall’analisi con C14.
L’edificio repubblicano già a partire dal IV secolo ha subito spoliazioni dei materiali da costruzione e nel momento di abbandono del santuario sono state scavate delle tombe, a volte a cassone, a volte senza alcuna protezione. Queste tombe sono forse da mettere in relazione con l’esistenza della chiesa di San Giovanni in Leone, localizzabile nell’area sulla base della toponimia e delle fonti medievali.
Oltre ai reperti antropologici, sono stati rinvenuti nel sito anche resti botanici e faunistici, tra cui quelli di bovini, capre, maiali, cani, galli e altri animali non identificati, dei quali è stato fatto un inventario che specifica il numero di frammenti ritrovati e il numero degli individui.
Gli scavi a Montenero Sabino nel colle di Leone proseguiranno almeno fino al 2024. I risultati finora ottenuti, con l’individuazione del santuario di Vacuna e di molti reperti archeologici, permettono di far luce su un sito della Sabina, dove il patrimonio culturale e archeologico si sposa magnificamente con quello paesaggistico, e il borgo medievale di poche anime, dominato dal Castello Orsini (inserito tra le dimore storiche del Lazio), non può che trarre vantaggio da questi studi.
Ovviamente la Sabina più antica rimane un territorio ancora in gran parte da indagare, perché la conquista romana, che avvenne nel 290 a.C. a opera del console Manio Curio Dentato, portò alla sua romanizzazione, facendola di fatto scomparire sul piano politico, ma non su quello culturale e geografico. In realtà la Sabina contribuì fortemente alla storia di Roma già nell’età regia con Tito Tazio, che regnò insieme a Romolo dopo il celebre episodio del “ratto delle Sabine” da parte dei Romani, e con il secondo re Numa Pompilio, mentre in epoca imperiale si ricorda come proveniente dalla zona di Rieti l’imperatore Vespasiano.
Nica FIORI Roma 2 gennaio 2022