Enea Silvio Piccolomini. Iconografia, Ritratti d’Invenzione: Parte III, fino al XVII sec.

di Roggero ROGGERI

1-Collaboratore di Pellegrino di Mariano (notizie dal 1449, Siena, 1492)

Collaboratore di Pellegrino di Mariano. Un papa (Pio II?) consacra una chiesa (1462 circa).Tempera su pergamena
Pienza, Palazzo vescovile, deposito, Antifonario A. VII

Ritenuta da Enzo Carli un probabile ritratto di Pio II, ipotesi giustamente messa in dubbio da Laura Martini, la miniatura della iniziale I, al foglio 103 r di un Antifonario del Duomo che reca lo stemma papale e presenta oltre a questa, solo altre quattro miniature rovinatissime, raffigura la scena di un pontefice che benedice una chiesa. Il papa indossa una veste bianca, sopra la quale porta un piviale blu lapislazzulo, in capo il triregno, le mani sono coperte da guanti bianchi e la destra, con le tre dita estese, è in atto benedicente. Il volto, poco leggibile a causa dell’usura, è rivolto verso l’edificio religioso oggetto della consacrazione. Quest’ultimo presenta una struttura architettonica stilisticamente avvicinabile alle chiese romanico – gotiche, con tre navate di impianto basilicale ed una facciata caratterizzata da un portico sostenuto da due colonne in marmo, tre porte di ingresso architravate, in cui quella centrale di maggiori dimensioni rispetto alle laterali, due bifore a tutto sesto al centro del prospetto frontale, sormontate da un rosone piuttosto elaborato.

Difficile pensare che la chiesa, data la difformità assoluta, possa essere identificata con il Duomo di Pienza, considerando anche la contemporaneità dell’esecuzione della miniatura alla costruzione pientina, altrettanto poco plausibile è l’identificazione del pontefice raffigurato come Pio II. A parte una generica somiglianza con la forma del viso, corto ma tondo, quel poco che si riesce a percepire dei lineamenti: naso piccolo, labbra carnose e mento largo, portano ad escludere, con buona certezza, che il protagonista della miniatura possa essere un reale Enea Silvio Piccolomini. 

Fonti e bibliografia

CARLI, Pienza. La città di Pio II, Roma, 1993, p. 134 ; MARTINI, Tabule pictae e altri ornamenti per la Cattedrale di Pienza, in A. ANGELINI (a cura di), Pio II e le arti. La riscoperta dell’antico da Federighi a Michelangelo, Cinisello Balsamo, 2005, p. 272

2-Pellegrino di Mariano (Siena, doc. dal 1449 – m. 1492)

2-Pellegrino di Mariano. Ritratto di Pio II ? (1462).Miniatura su pergamena
Pienza, Palazzo Borgia, Museo diocesano

Il canonico G. B. Mannucci, in un articolo uscito nell’ottobre 1925 sulla rivista La Lettura, edita dal Corriere della sera, così, descrive la miniatura, contenuta nel graduale I, recante, a suo avviso, il volto di Pio II, un tempo custodita nel museo della Cattedrale ed oggi conservata nel museo diocesano di palazzo Borgia: Le miniature in esame e che riproduciamo sono quelle attribuite a Sano di Pietro e a Pellegrino di Mariano, pittori senesi che nel 1462 hanno lavorato nei corali di Pienza per ordine di Pio II, come apparisce dai libri di pagamenti fatti per conto del papa da Nicolò di Piccoluomo Piccogliuomini. Esse rappresentano: la Natività; il battesimo di Gesù; l’Annunciazione; San Martino che offre il mantello al viandante; San Lorenzo; San Pio I; un santo profeta e Pio II. […] Nei corali pientini si trova pure raffigurata l’immagine di Pio II nascosta in un fregio della prima pagina del graduale I. Questo ritratto interessantissimo di Enea Silvio Piccolomini è certamente sfuggito a quanti critici e storici si sono interessati della vita e delle opere del pontefice umanista. In questa piccola miniatura, che riproduciamo quasi al naturale, ci sembra che la testa sia piuttosto grande, come ce la descrive il Campano e ce la raffigura il Guazzalotto, sorretta da un collo corto come si conviene ad un uomo di statura mediocre: i lineamenti netti e ben determinati, malgrado l’adipe un po’ floscia che ingrossa la gola, rende cascanti le guancie e conferisce alla figura un’espressione singolare di deperimento. La fronte alquanto corrugata, lo sguardo, le labbra strette, ma ben pronunziate, par che rianimino quel volto avvizzito; par quasi che l’anima voglia reagire contro l’infiacchimento della materia non senza che una certa bonarietà temperi l’atteggia mento severo, il cipiglio della fisionomia! Se poi si pensa che i corali di Pienza furono fatti miniare da Pio II nel 1462 e proprio due anni avanti la sua morte, si può affermare con tutta franchezza che questo suo nuovo ritratto, che oggi apparisce in una miniatura sconosciuta di un suo contemporaneo e vivente lo stesso pontefice, sia da ritenersi come la pietra di paragone, alla quale si debbano saggiare le altre immagini di Pio II contemporanee o di poco posteriori, per stabilire se e quali si possono considerare come veri suoi ritratti.”

L’esame della fisionomia del prelato qui effigiato decisamente non corrisponde ad altre immagini contemporanee di Pio II, inoltre, la presenza della mitria e non del triregno e la posizione seminascosta della figuretta, fanno propendere per l’ipotesi che non si tratti di un piccolo ritratto del Piccolomini.

Fonti e bibliografia

B. MANNUCCI, I codici miniati di Pienza, in “La Lettura”, 10, Milano, 1925, pp. 791 – 793 ; CARLI, Pienza, la città di Pio II, Roma, 1993, p.133

3-Nardo Rapicano (attivo a Napoli nella seconda metà del XV secolo)

Nardo Rapicano, PIUS II, papa, Oratio: “Pii II pont. max. responsio ad Francorum oratores in concilio Mantuano pro Ferdinando rege”, Parigi, Bibliothèque Nationale de France.

Nel 1458 moriva Alfonso d’Aragona, aprendo la questione relativa alla sua successione sul trono di Napoli.
Già nel 1440 Alfonso aveva designato il figlio illegittimo, Ferdinando, quale suo erede e, sia nel 1441 che nel 1443, con la nomina a Duca di Calabria, si era assicurato che il Parlamento dei baroni del Regno approvasse la sua scelta.
Il diritto di Don Ferrante a succedere ad Alfonso fu confermato poi da due bolle papali: nel 1443 da Papa Eugenio IV e nel 1451 da Papa Niccolò V.
Ciononostante alla morte di Alfonso, le rivendicazioni francesi tornarono a farsi sentire e nello stesso anno il nuovo papa, Callisto III, disconobbe i diritti di Ferdinando I sul Regno di Sicilia, dichiarando il trono vacante e aprendo così la possibilità ad un ritorno di Renato d’Angiò. Possibilità che non potette concretizzarsi in quanto, un mese dopo la promulgazione della bolla, il Papa morì e il soglio fu occupato da Pio II (Enea Silvio Piccolomini), il quale si mostrò favorevole a Ferdinando, consentendo finalmente la sua incoronazione ufficiale, che avvenne nel duomo di Barletta, il 4 febbraio 1459, alla presenza del legato apostolico cardinale Latino Orsini

Nardo Rapicano, PIUS II, papa, Oratio: “Pii II pont. max. responsio ad Francorum oratores in concilio Mantuano pro Ferdinando rege”, Parigi, Bibliothèque Nationale de France. Particolare

Poiché gli angioini non recedevano dalle loro pretese, la legittimazione del successore di Alfonso fu definitivamente sancita da Pio II in occasione della Dieta di Mantova, convocata nel Maggio del 1459 per convincere i regnanti europei ad affrontare una nuova crociata contro gli ottomani.
La sua orazione in favore di Ferdinando, insieme ai due discorsi pronunciati dall’ambasciatore napoletano Andrea di Santa Croce, sono raccolti nel Manoscritto NAL 3198 conservato presso la Biblioteca Nazionale Francese.

Tra le peculiarità di questo manoscritto, realizzato presumibilmente nella bottega napoletana di Nardo Rapicano, si segnala il frontespizio miniato al Folio 1v in cui, oltre al ritratto di Pio II, sono presenti due piccoli medaglioni con gli splendidi ritratti coronati di Alfonso e Ferrante.

L’effigie del papa si trova in alto a sinistra del bellissimo foglio riccamente decorato. Pio II appare di profilo, rivolto alla destra dello spettatore, vestito in abiti pontificali con ricco piviale a fondo rosso ricamato in oro, stolone chiuso con un grande fermaglio e triregno.  Lo sguardo è rivolto verso l’alto, intento a fissare l’apice della sottile croce d’oro che tiene con la mano sinistra, mentre la destra è in atto benedicente. Pur essendo stato eseguito pochi anni dopo la morte del Piccolomini, il piccolo ritratto non presenta alcuna somiglianza (tranne gli occhi grigio-azzurri) con le reali fattezze del pontefice.

Fonti e bibliografia

PUTAURO MURANO – E. AMBRA (a cura di), Libri a Corte. Testi e immagini nella Napoli aragonese, catalogo della mostra, Napoli, 1997, pp. 24, 31, 126 – 128 ; M. BOLLATI (a cura di), Dizionario Biografico dei Miniatori Italiani. Secoli IX-XVI, Milano, 2004, pp. 896-898

4-Bernardino di Betto Betti detto il Pinturicchio o Pintoricchio (Perugia, 1452 circa – Siena, 1513)

Storie della vita di Pio II (1503 – 1508) Affreschi Siena, Duomo, Libreria Piccolomini

Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Enea Silvio Piccolomini parte per il concilio di Basilea, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini
Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Enea Silvio Piccolomini parte per il concilio di Basilea, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini. Particolare

Lo splendido ciclo di affreschi ha goduto nel tempo di importanti contributi storico-artistici che ne hanno giustamente amplificato la fama e gli approfondimenti. In questa sede, trattandosi di uno studio iconografico incentrato sulla figura di Enea Silvio Piccolomini, ci limiteremo a dare alcune notizie essenziali sull’opera, volgendo la nostra attenzione soprattutto al modo in cui Pio II viene rappresentato.

La grande sala, adiacente al fianco sinistro del Duomo di Siena, fu ricavata, per volontà del cardinale Francesco Tedeschini (o Todeschini) Piccolomini, nipote di Enea Silvio, arcivescovo di Siena, modificando alcuni ambienti che ospitavano in precedenza la canonica, allo scopo di ricavare un luogo destinato ad accogliere l’importante patrimonio librario dello zio.

Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Enea Silvio Piccolomini ambasciatore alla corte del re di Scozia, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini
Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Enea Silvio Piccolomini incoronato poeta dall’imperatore Federico III, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini
Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Enea Silvio Piccolomini incoronato poeta dall’imperatore Federico III, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini. Particolare

I lavori di trasformazione durarono dal 1492 al 1502. Il 29 giugno 1502 fu stipulato, con Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, il contratto per la decorazione parietale della sala.

Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Enea Silvio Piccolomini fa atto di sottomissione a papa Eugenio IV, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini
Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Enea Silvio Piccolomini, vescovo di Siena, presenta Eleonora del Portogallo all’imperatore Federico, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini
Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Enea Silvio Piccolomini, vescovo di Siena, presenta Eleonora del Portogallo all’imperatore Federico, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini. Particolare

Gli affreschi furono realizzati tra il 1503 e il 1508, compresi alcuni periodi di interruzione, come, ad esempio quello che seguì la morte improvvisa del committente, divenuto papa Pio III il 22 settembre 1503, e morto il 18 ottobre successivo. I lavori vennero fatti riprendere, attorno al 1505, dagli eredi del papa, i fratelli Giacomo e Andrea che rispettarono in toto il progetto decorativo voluto da Francesco. Il complesso lavoro di ideazione e preparazione dei disegni e dei cartoni vide all’opera, oltre al capo bottega, anche il giovane Raffaello, a cui si devono alcuni disegni preparatori che, indubbiamente, influenzò il lavoro del Pinturicchio. Per l’esecuzione degli affreschi, il maestro umbro si avvalse della collaborazione di vari artisti, tra cui i senesi Girolamo del Pacchia e Giacomo Pacchiarotto.

Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Enea Silvio Piccolomini riceve da Callisto III il cappello cardinalizio, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini
Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Enea Silvio, nominato papa, entra nella basilica di san Pietro, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini
Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Enea Silvio, nominato papa, entra nella basilica di san Pietro, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini. Particolare

Il ciclo pittorico, incentrato su dieci episodi salienti della vita di Pio II, succedentisi in ordine cronologico, tratti dagli stessi Commentarii di Enea Silvio Piccolomini e dalla biografia del papa redatta da Giovanni Antonio Campano, sono inscritti in altrettante grandi arcate, separate da finti pilastri decorati a grottesche, tanto da simulare un arioso loggiato, delimitato, in basso, da un parapetto ornato di altorilievi all’antica, sul quale si leggono, in corrispondenza delle varie scene, iscrizioni descrittive dell’episodio raffigurato.

Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Pio II tiene un’orazione alla Dieta di Mantova, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini
Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Canonizzazione di santa Caterina, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini
Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, Canonizzazione di santa Caterina, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini

La parete di nord-est della Libreria accoglie i quattro riquadri riguardanti la giovinezza di Enea Silvio, quella di sud-est mostra, in due scene, il futuro pontefice nelle vesti di vescovo e cardinale, mentre in quella di sud-ovest sono rappresentate, in quattro episodi, vicende che vedono protagonista Enea Silvio Piccolomini divenuto papa Pio II.

I quattro riquadri riguardanti la giovinezza di Enea Silvio sono i seguenti:

  1. a) Enea Silvio Piccolomini parte per il concilio di Basilea; b) Enea Silvio Piccolomini ambasciatore alla corte del re di Scozia; c) Enea Silvio Piccolomini incoronato poeta dall’imperatore Federico III; d) Enea Silvio Piccolomini fa atto di sottomissione a papa Eugenio IV.

Tutte e quattro le scene mostrano un Enea Silvio giovane e imberbe, alto e slanciato, con lineamenti fini e delicati, i lunghi capelli biondi, elegantemente vestito e rappresentato in atteggiamenti aggraziati e quasi femminei. Evidente è, in questo caso, la necessità, da parte dell’Artista e, probabilmente, anche del committente, di rendere gli anni giovanili del futuro pontefice, ammantati di un’aura quasi mitica, fantastica e dolce, in linea con lo stile pittorico, coloristico e rasserenante di Pinturicchio. Ovviamente, questo intento non poteva essere raggiunto con una rappresentazione realistica della vera fisionomia del giovane Enea Silvio, anche se lontana pure nel ricordo dei contemporanei, che doveva essere molto meno attraente dell’efebico personaggio che qui lo impersona.

Le due scene intermedie rappresentano:

  1. a) Enea Silvio Piccolomini, vescovo di Siena, presenta Eleonora del Portogallo all’imperatore Federico;
  2. b) Enea Silvio Piccolomini riceve da Callisto III il cappello cardinalizio

Entrambi i riquadri mostrano un Piccolomini ancora con lineamenti generici e idealizzati in cui, però, traspare una serietà ed una consapevolezza nuova, legate al suo status e alle nuove responsabilità che questo comporta.

Gli ultimi quattro riquadri raffigurano:

  1. a) Enea Silvio, nominato papa, entra nella basilica di san Pietro; b) Pio II tiene un’orazione alla Dieta di Mantova; c) Canonizzazione di santa Caterina; d) Pio II, ormai morente, giunto ad Ancona, da inizio alla crociata.

In questi ultimi episodi che rappresentano alcuni degli avvenimenti più importanti del suo breve pontificato, forse anche per la maggior vicinanza temporale dei testimoni al soggetto raffigurato, si percepisce, pur nella imprescindibile forte idealizzazione che pervade tutto il ciclo, una miglior aderenza iconografica alle reali sembianze del pontefice, soprattutto quando è ritratto di profilo, segno di una probabile conoscenza diretta, da parte dell’Artista, della medaglia del Guazzalotti, una delle testimonianze più affidabili delle reali fattezze di Pio II.

Fonti e bibliografia

CARLI, Il PIntoricchio, Milano, 1960, p. 78 ; MISCIATELLI, La Libreria Piccolomini nel Duomo di Siena, Siena, 1968, pp. 19 – 34 ; ANGELINI, Pinturicchio e i suoi: dalla Roma dei Borgia alla Siena dei Piccolomini e dei Petrucci, in A. ANGELINI (a cura di), Pio II e le arti. La riscoperta dell’antico da Federighi a Michelangelo, Cinisello Balsamo, 2005, pp. 521 – 530, 537 – 544 ; CACIORGNA – R. GUERRINI, Biografia, autobiografia e tradizione classica nella Libreria Piccolomini, in M. LORENZONI (a cura di), Le pitture del Duomo di Siena, Cinisello Balsamo, 2008, pp. 148 – 167

5-Francesco da Acquanegra (attivo nella prima metà del sec XVI), attribuito a

Francesco da Acquanegra, attribuito a. Statua di Pio II (terzo, quarto decennio del XVI secolo?)
Polimateriali Grazie di Curtatone (MN), Santuario della Beata Vergine delle Grazie

La scultura è parte integrante dello straordinario impalcato ligneo a doppia loggia, realizzato da frate Francesco da Acquanegra a partire dal 1517, che orna tuttora le pareti lunghe della navata del Santuario della Beata Vergine delle Grazie presso Mantova. Questo sacro edificio fu visitato da Pio II, recatosi a Mantova, nel 1459, per la Dieta che avrebbe dovuto decidere la costituzione della Crociata contro gli ottomani, da lui fortemente sostenuta, in almeno due occasioni. La prima volta fu per tre giorni, dal 19 al 21 ottobre 1459 e la seconda il 16 gennaio 1460.

Francesco da Acquanegra (attribuito a), Statua di Pio II, Grazie di Curtatone (MN), Santuario della Beata Vergine delle Grazie. Particolare

In occasione della prima visita, il pontefice dispose che fosse realizzata una statua che lo raffigurasse in abiti pontificali e che fosse, alla base della scultura, apposta la seguente frase:

Da i sette colli, Madre Alma di Dio, / Ove fui posto a dare al mondo essempio, / Ne vengo ad adorarti in questo Tempio, / Con le chiavi e col manto humile e Pio.
Bartolomeo Passerotti, Ritratto di papa Pio V, Baltimora, The Walters Art Museum
Francesco da Acquanegra (attribuito a), Statua di Pio II, Grazie di Curtatone (MN), Santuario della Beata Vergine delle Grazie. Particolare

Dovettero, in realtà, trascorrere molti lustri per vedere realizzata la statua del papa. La scultura dovrebbe risalire, infatti, al terzo – quarto decennio del XVI secolo ed è tradizionalmente attribuita a frate Francesco di Acquanegra, anche se, la quasi perfetta somiglianza con il volto di papa Pio V (1504 – 1572), fa sospettare allo scrivente una datazione più tarda, dopo il 1566, data dell’inizio del pontificato di Antonio Ghislieri, quasi che, l’ignoto plastificatore, avesse voluto omaggiare il pontefice Pio regnante, dando le sue fattezze alla statua di Pio II. La scultura è affiancata, a destra, dalla statua di Carlo V (1500 – 1558) e, a sinistra, da quella di Filippo II (1527 – 1598). Pio II appare assiso su un trono di colore rosso, il suo volto è barbuto, ossuto, con le guance incavate e un importante naso adunco, molto lontano da qualsiasi somiglianza con le vere sembianze di Enea Silvio Piccolomini, e molto prossimo, invece, come si è affermato più sopra, alla fisionomia di papa Pio V. La mano destra è in atteggiamento benedicente, mentre la sinistra tiene una croce a tre braccia. La figura del pontefice è vestita con un piviale azzurro con fasce rosse. L’abito e adornato con placchette dorate, vetri colorati, perle e applicazioni su tela dipinta. Il corpo è sostenuto da un’intelaiatura interna formata da bastoni di legno incastrati nel basamento ed è costituito da strati di fogli di tela e carta incollati e dipinti. Il viso e le mani sono modellati in tela gessata e dipinta.

Fonti e Bibliografia

Donesmondi, Historia dell’origine, fondatione, et progressi del famosissimo Tempio di S. Maria delle Gratie, in campagna di Curtatone fuori di Mantoua, con la descrittione del Monastero dignissimo, sue giurisdittioni, & altre attinenze della sopradetta Santa Casa, Casale, 1603, pp.148-152 ; BERTELLI, «Ne vengo ad adorarti in questo tempio con le chiaui, e co’l manto humile, e pio». I Papi al Santuario della Beata Vergine delle Grazie, in R. ; SALVARANI (a cura di), I Gonzaga e i Papi. Roma e le corti padane fra Umanesimo e Rinascimento (1418-1620), atti del convegno (Mantova – Roma, 21-26 febbraio 2013), Città del Vaticano, 2013, pp. 107-123. ; PARRINI, Pio II con la barba, Centro Studi Pientini, marzo 2018
* Le immagini di questa scheda sono state eseguite da Paolo Bertelli e autorizzate dalla Diocesi di Mantova con lettera del 07 settembre 2020, prot. N. 1210/20

6-Bernard van Rantwijck (attivo a Siena dal 1573 al 1596)

Bernard van Rantwijck, Pio II accoglie ed espone la reliquia di sant’Andrea a Ponte Milvio,
Pienza, Palazzo Borgia, Museo Diocesano
Bernard van Rantwijck, Processione della reliquia per le vie di Roma verso San Pietro, Pienza, Palazzo Borgia, Museo Diocesano

Le due tele fanno parte della serie di cinque dipinti con le storie della traslazione della reliquia di sant’Andrea apostolo, eseguite poco prima del 1583 da Bernard van Rantwijck su commissione del vescovo di Pienza e Montalcino, Francesco Maria Piccolomini, per adornare la cappella di sant’Andrea da lui fatta costruire a Siena, in via di Città, nel palazzo Piccolomini, ora Patrizi, attuale sede dell’Accademia degli Intronati.  I cinque quadri, con modalità ancora sconosciute ed in epoca imprecisata, giunsero a Pienza. In un primo tempo furono tenuti nelle stanze del seminario vescovile. Nel 1973, tre delle cinque opere furono rubate, ma, dopo un fortunato recupero, l’intera serie è oggi custodita nel museo diocesano di palazzo Borgia.

Tutto il ciclo pittorico ruota attorno alla vicenda del salvataggio della reliquia della testa del Santo ed è chiaramente ispirato alla descrizione narrata nell’VIII libro dei Commentari. Nel 1460, Tommaso Paleologo, dietro accorata sollecitazione di Pio II, che lo invitava a lasciare Patrasso, in cui la reliquia era custodita, città considerata ormai non più sicura e sotto la minaccia ottomana, decise di portare in salvo la sacra testimonianza. Partito nel 1461, il Paleologo giunse ad Ancona e, dopo numerose difficoltà e lunghe soste forzate, riuscì, nella Pasqua del 1462, insieme alla delegazione che lo accompagnava, guidata dal cardinal Bessarione, a consegnare solennemente, a Ponte Milvio, nelle mani di Pio II, la preziosa reliquia. Da qui, con una magnifica processione guidata dal pontefice, cui parteciparono tutte le autorità religiose, accompagnate da un’immensa folla di fedeli, la testa del Santo fu traslata in San Pietro.

I dipinti che, dal punto di vista iconografico, rivestono interesse per il nostro studio, sono gli ultimi due della serie, in cui il protagonista delle scene è Pio II: Pio II accoglie ed espone la reliquia di sant’Andrea a Ponte Milvio e Processione della reliquia per le vie di Roma verso San Pietro. Il primo quadro vede il pontefice che, a ponte Milvio, sopra una tribuna in legno, osservato da una folla di fedeli inginocchiati, riceve tra le mani il reliquario. Il papa, in vesti pontificali e col triregno, è circondato da numerosi vescovi e cardinali tra cui si distingue, per il suo abito nero, il cardinal Bessarione. Il volto è frontale rispetto allo spettatore, il viso largo è l’unico ricordo della reale fisionomia del Piccolomini, altrimenti estremamente generica. Il secondo dipinto, ultimo della serie, mostra la solenne processione svoltasi per le vie di Roma per portare la reliquia da ponte Milvio a san Pietro. Pio II, al centro della scena, sostiene il reliquiario con la testa del Santo, preceduto da una lunghissima schiera di alti prelati che tengono fronde di palma tra le mani. Enea Silvio, protetto da un baldacchino rosso, portato da alcuni gentiluomini di corte vestiti di nero, indossa piviale e triregno ed è seguito da un folto gruppo di persone, probabilmente i maggiorenti della città, e da personaggi appartenenti al suo seguito, anch’essi dotati del ramo di palma. I lineamenti del pontefice sono totalmente inventati, curioso il fatto che, mentre nella precedente scena, il papa presenta un volto imberbe, in questa raffigurazione, Pio II sfoggia una folta e ben curata barba bianca.

Fonti e bibliografia

PADOVANI – B. SANTI, La donazione del vescovo Francesco Maria Piccolomini e la vicenda senese di Bernardo Rantwyck (parte prima), in “Arte Cristiana”, 696, 1983, pp. 162 – 165; PADOVANI, Le cinque tele di “maestro Bernardo Fiammingo” con le storie della reliquia di sant’Andrea, in “Arte Cristiana”, 696, 1983, pp. 159 – 161 ; S. PICCOLOMINI, I Commentari, II, VIII libro, a cura di L. TOTARO, Milano,1984, pp. 1500 – 1503 ; MARTINI, Museo Diocesano di Pienza, Siena, 1998, pp. 136, 142 – 145 ; RONCHEY, Andrea, il rifondatore di Bisanzio. Implicazioni ideologiche del ricevimento a Roma della testa del patrono della chiesa ortodossa nella settimana santa del 1462, in M. KOUMANOUDI – C. MALTEZOU (a cura di), Dopo le due cadute di Costantinopoli (1204, 1453): Eredi ideologici di Bisanzio, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Venezia, 2006, pp. 262 – 265 ; S: MAMMANA – R. ROGGERI, Echi senesi nell’arte di Bernard van Rantwijck: il ciclo pittorico delle storie della reliquia di sant’Andrea Apostolo nel Museo Diocesano di Pienza, in “Valori Tattili”, 5/6, 2015, pp. 100 – 112.

7-Autore ignoto della metà del XVI secolo

Autore ignoto della metà del XVI secolo. Pio II riceve le chiavi della città di Sassoferrato. Affresco. Sassoferrato, Palazzo dei Priori

L’affresco, di modesta qualità, è conservato a Sassoferrato, nella seconda sala del Palazzo dei Priori e rappresenta Pio II che, seduto su un faldistorio, sotto ad un rosso baldacchino, affiancato dai cardinali Perotti e Oliva e da una terza figura dal capo cinto d’alloro, probabilmente il suo segretario, Giovanni Antonio Campano, riceve le chiavi della città di Sassoferrato dagli ambasciatori Patrignano Rosselli e Adriano Adriani, inginocchiati davanti a lui. La parte sinistra della scena è occupata da quattro personaggi in abiti secolari che assistono all’evento. Sullo sfondo si notano alcuni edifici a rappresentare la città. Il pontefice, in atto benedicente, indossa, sopra ad una bianca veste, un piviale giallo e porta in capo il camauro. Singolare è la fisionomia, completamente inventata, che vede un Pio II dotato di una fluente barba bianca. Questo particolare, mai presente in tutta l’iconografia conosciuta del Piccolomini, a parte l’altro caso del santuario di Santa Maria delle Grazie, presso Mantova, e omesso pure dal Platina e dal Campano, trova unico riscontro in un verso del poeta Tridentone Parmense dal quale si evince che, nel 1464, quindi nel periodo estremo della sua esistenza, il papa si fosse fatto crescere una barba “rubiconda”: “En ut barba genas decorat rubiconda seniles?”

Nella parte inferiore dell’affresco si legge la scritta: SENTINATES OCCISO TIRANNO AD SANTISSIMAM MATREM ECCLESIAM REVERTUNTUR PIO II PONT. MAX. SEDENTE, a ricordo del fatto che, sotto il pontificato di Enea Silvio Piccolomini, e precisamente, con atto ufficiale del 3 settembre 1460, Sassoferrato si affrancò dalla tirannia di Aloisio dei conti Atti, tornando sotto il governo diretto della Santa Sede.

Devo a Matteo Parrini, che ringrazio, l’immagine e le notizie aggiuntive riguardanti l’opera in esame.

Fonti e bibliografia

AVESANI, Epaeneticorum ad Pium II Pont. Max. libri V, in D. MAFFEI (a cura di), Enea Silvio Piccolomini. Papa Pio II. Atti del convegno per il quinto centenario della morte e altri scritti, Siena, 1968, p. 58 ; PIEPER, Pienza. Il progetto di una visione umanistica del mondo, London, 2000, p. 590 ; BOARELLI, Alcuni esempi dell’arte diplomatica del pontificato di Pio II, in “Canonica”, 6, 2016, pp. 61 – 65 ;PARRINI, Pio II con la barba, Centro Studi Pientini, marzo 2018

8-Anonimo del XVI/XVII secolo

Anonimo del XVI/XVII secolo. Ritratto di Enea Silvio Piccolomini come poeta laureato. Olio su tela, misure sconosciute. Bologna, Archivio storico dell’Universi

Il dipinto, già reso noto da Matteo Parrini, è conosciuto solo attraverso una fotografia di modesta qualità, sufficiente però a comprendere lo scarso livello esecutivo dell’opera, forse una copia modesta di un originale perduto. Interessante è comunque l’aspetto iconografico della tela che rappresenta un giovane Enea Silvio, dalla fisionomia completamente inventata che, rivestito di una cappa scarlatta, tiene con la mano destra una corona d’alloro. Sullo sfondo, in lettere capitali, compare la scritta: AENEAS SILVIUS POSTEA PIUS II. Il dipinto vuole, con molta probabilità, ricordare l’episodio, avvenuto il 27 luglio del 1442, quando il Piccolomini, inviato dall’antipapa Felice V alla Dieta di Francoforte, venne incoronato poeta dall’imperatore Federico III d’Asburgo.

Si ignorano le ragioni della presenza del ritratto a Bologna ma esso rimane, comunque, un’importante testimonianza del periodo giovanile del Piccolomini, molto raramente rappresentato.

Fonti e Bibliografia

PARRINI, Pio II con la barba, Centro Studi Pientini, marzo 2018

9-Jacopo Negretti detto Palma il Giovane (Venezia, 1544-1628)

Il grande dipinto fa parte di un ciclo di sette tele, eseguite da Palma il Giovane, tra il 1591 e il 1593, per la chiesa veneziana dei Crociferi, allo scopo di esaltare la Santa Croce.

Jacopo Negretti detto Palma il Giovane, Pio II riforma la costituzione dell’ordine dei Crociferi e Alessandro III ne stabilisce la regola (1591 – 1593), Venezia, Chiesa di Santa Maria Assunta (o dei Gesuiti), Sagrestia.

I Crosechieri (traduzione veneziana dei Crociferi) sorsero, privi di una regola certa e comune, per dare assistenza ai feriti e agli ammalati nel periodo delle crociate. Pur mantenendo la memoria di un crociato fondatore, di nome Cleto, l’Ordine faceva risalire la propria fondazione ai primi secoli del Cristianesimo, avendo assunto l’emblema delle tre croci collocate al centro del vuoto sepolcro di Maria.

Jacopo Negretti detto Palma il Giovane, Pio II riforma la costituzione dell’ordine dei Crociferi e Alessandro III ne stabilisce la regola (1591 – 1593), Venezia, Chiesa di Santa Maria Assunta (o dei Gesuiti), Sagrestia. Particolare

Il periodo più luminoso dei Crociferi coincise, probabilmente, con l’iniziativa intrapresa da papa Alessandro III (1159-1181), grato per l’ospitalità e l’aiuto ricevuti dai vari monasteri dell’Ordine, in seguito alla persecuzione da lui subìta da parte di Federico Barbarossa, di riunire, nel 1169,  le sparse comunità monastiche sotto una regola comune, cosa che portò ad un rilancio dell’Ordine che a Venezia vide, il 23 giugno del 1221, stipulare, proprio nella sua chiesa, la pace fra Venezia e il Patriarca di Aquileia, Bertoldo. Non brillando, in seguito, i Crociferi per la morigeratezza dei costumi e per l’osservanza della Regola, Pio II, già durante la Dieta di Mantova, nel 1459 e, più compiutamente nel 1462, allo scopo di ricondurli ad una maggiore disciplina, ordinò che i religiosi dovessero indossare, per il futuro, una tunica azzurra con uno scapolare dello stesso colore, e che avessero sempre con sé una croce d’argento. Indubbiamente, la riforma voluta dal papa non raggiunse gli esiti sperati se, in occasione della preparazione della mai realizzata crociata contro i Turchi, di cui Pio II fu lo sfortunato artefice, si giunse, nel 1464, all’esproprio di tutti i loro beni.

Il dipinto veneziano mostra, in contemporanea, i due episodi più significativi della storia dell’Ordine, papa Alessandro III, in lontananza, sulla destra dello spettatore, istituisce la Regola comune per i Crociferi mentre, sulla sinistra, in primo piano, Pio II è raffigurato nell’atto di consegnare ai rappresentanti dell’Ordine, che già indossano la veste cerulea, la croce d’argento che essi dovranno sempre tenere con sé e mostrare in ogni occasione. Sotto alla figura del pontefice, sull’alzata del gradino, si legge, in lettere capitali, la scritta:

CRUX ARGENTEA HABITUSQUE CAERULEUS CRUCIFER TRADITUA A PIO P.P. II ANNO 1462

Il papa è qui raffigurato con una fisionomia generica, non corrispondente né all’età né all’aspetto fisico reale che il Piccolomini doveva avere in quegli anni quando, precocemente invecchiato a causa dei numerosi malanni che lo affliggevano, era ben lontano dall’aspetto nobile, sano e vigoroso con cui il grande pittore veneziano, che ne ignorava, ovviamente, l’aspetto, lo volle rappresentare.

Bibliografia

RIDOLFI, Le Maraviglie dell’Arte (ediz. 1924, a cura di D.F. von Hadeln), II, , Venezia 1648, p. 182; CIBRARIO (a cura di), Descrizione storica degli Ordini Religiosi, terza edizione, vol. I, Napoli 1846, p. 188 ; IVANOFF-P. ZAMPETTI, Palma il Giovane, Bergamo 1980, pp. 576-577, n. 320

10-Rutilio Manetti (Siena, 1571 – 1639)

Rutilio Manetti (Siena, 1571 – 1639). La consacrazione da parte di Pio II dell’arcivescovo Antonio Piccolomini (1599)
Affresco. Siena, Palazzo Pubblico, Sala del Capitano

L’affresco occupa una lunetta che fa parte di un vasto complesso decorativo riguardante l’ampio salone, oggi sala del Consiglio, dell’appartamento un tempo destinato al Capitano del Popolo, all’ultimo piano del Palazzo Pubblico. Tale ambiente presenta una copertura a botte che crea, nel raccordarsi con le pareti sottostanti, una serie di vele e lunette. L’intero ciclo fu eseguito in circa nove anni, dal 1592 al 1600. In questo salone si trovano, in realtà, due lunette che vedono come protagonista Pio II. Sulla parete nord est, la lunetta sotto la vela XI, raffigura Pio II che dona alla città di Siena la reliquia del braccio di San Giovanni Battista alla presenza di numerosi cardinali, databile al 1592, attribuita dubitativamente a Bernard Van Rantwijck ma completamente inutilizzabile per uno studio iconografico del personaggio a causa del pessimo stato di conservazione, con numerose e importanti lacune che non permettono di distinguere le fattezze del pontefice. La seconda lunetta, collocata sulla parete sud ovest, sotto alla IV vela, rappresenta La consacrazione da parte di Pio II dell’arcivescovo Antonio Piccolomini, ed è decisamente meglio conservata e quindi utile per un valido confronto iconografico. Attribuito, per ragioni stilistiche, a Rutilio Manetti, l’affresco rappresenta il momento in cui, il 19 aprile 1459 (anche se la data ufficiale dei documenti, compresa la bolla Triumphans Pastor, risulta essere quella del 23 aprile), Pio II eleva il Vescovado di Siena ad Arcidiocesi e sede metropolitana, affidando il pallio al vescovo di Siena allora in carica, Antonio Piccolomini della Modanella (Siena, 1425 circa – 8 novembre 1459). La scena mostra il papa che, all’interno di una chiesa, davanti all’altare, sta ponendo sulle spalle del nuovo arcivescovo, inginocchiato davanti a lui, il pallio, simbolo del compito pastorale che attende chi lo indossa. I due personaggi principali sono circondati da alti prelati abbigliati con ricchi indumenti liturgici. Pio II, seduto su un faldistorio, indossa i sacri paramenti ed il triregno. La sua fisionomia è completamente inventata, con lineamenti generici, senza alcuna tangenza con il volto reale di Enea Silvio Piccolomini.

All’estrema destra della lunetta, sopra la base di un pilastro, si legge la scritta:

PIUS II PONT. MAX./SENESEM PATRIA/ECCLESIAM ANTONI/UMQUE PICCOLOMI/NEUM GENTILEM SU/UMTUNC ILLIUS EPI/SCOPUM ALIARUM SEX/ECCLESIARUM ME/TROPOLITICA DI/GNITATE CONDE/CORAT ANNO DNI/MCDLIX.

Nella fascia che contorna la centinatura, inoltre, compare la seguente iscrizione dedicatoria, dovuta al Capitano del Popolo in carica, Orazio Marinelli, che data al 1599 l’esecuzione dell’affresco:

HORATIUS PET. F. MARINELLUS POP. CAP. ET DNI EIUS COLLEGE MEMORIAE ERGO FAC. CUR. KAL. MAII: MDXCIX.

Fonti e bibliografia

BORGHINI, La decorazione. Le decorazioni pittoriche del secondo piano, in C. BRANDI (a cura di), Palazzo Pubblico di Siena. Vicende costruttive e decorazione, Cinisello Balsamo, 1983, pp. 295 – 296, 302 – 303 ; TORRITI, Tutta Siena contrada per contrada. Nuova guida illustrata della città e dintorni, Firenze. 2000, p. 50 ; CIAMPOLINI, Pittori senesi del Seicento, Siena, 2010, p. 277